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Morte Kato: errore umano e pista pericolosa

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Resi  noti gli esiti della commissione d’inchiesta voluta dalla Honda per chiarire le dinamiche dell’incidente che costò la vita al giapponese. 'Scagionata' la moto: nessun guasto tecnico o meccanico. Il caso è chiuso per sempre ma a Suzuka nel 2004 n

Kato a Suzuka pochi giri prima dell’incidente fatale Dopo mesi di lavoro, la commissione d’inchiesta istruita dalla Honda per chiarire le cause che hanno portato alla morte di Daijiro Kato nella gara di Suzuka, ha emesso il suo verdetto: errore umano e pericolosità della pista, ma nessun coinvolgimento della Casa giapponese per quanto riguarda difetti o problemi tecnici e meccanici.
Lo sapevamo, era naturale e probabilmente vero, che si è trattato di un errore del pilota e non della moto. Ci sono state tante verità dopo l’incidente, nessuna delle quali ha mai chiarito al 100 per cento l’accaduto. C’è chi ha parlato di un problema causato dal ride by wire che come impazzito, spalancò gli iniettori della 211 del giapponese. Altri di errore del pilota, di una manovra brusca. Honda e Team Gresini (la squadra per la quale correva Kato) hanno sempre smentito questa versione. Secondo loro si era trattato di un errore umano, con l’aggravante della oggettiva pericolosità della pista. Questo è stato confermato anche dalla commissione d’inchiesta voluta dalla Honda e presieduta dal docente di tecnologia industriale dell'Univesrità Nihon di Tokyo, Ichiro Kageyama: un’affermazione grave, visto che la Honda è proprietaria della pista di Suzuka che al tempo ottenne l’omologazione. Quindi errore umano, di Kato, ma anche della federazione internazionale e del responsabile della sicurezza del motomondiale Franco Uncini, nello specifico che diede l’ok per correre su quel tracciato. Una catastrofe che si poteva evitare? Secondo noi sì, bastava non correre su quella pista. Kato ha sbagliato? Nessuno saprà mai (anzi, dirà mai) cosa è successo davvero in quegli attimi. Resta una famiglia (Daijiro aveva moglie e due figli piccoli) distrutta. La moglie ha cambiato casa e vive a poca distanza dal cimitero dove sono le ceneri del marito. Ogni giorno porta i bambini a “parlare” con il padre. Ma c’è anche la squadra che ha rischiato di collassare dopo la tragedia e che si è poi ripresa, grazie all’unione interna e al “miracolo” di Gibernau.
Fausto Gresini, team manager di Telefonica Movistar Honda, ha appreso la notizia, commentandola così:“Come noi abbiamo sempre sottolineato, dopo l‘analisi dei dati in nostro possesso, la moto non ha avuto problemi tecnici o meccanici. Prendo atto del lavoro fatto dalla commissione della Honda ma sotto questo profilo siamo sempre stati convinti di quanto affermato. Purtroppo questa sentenza non toglie nulla alla tragedia che ha vissuto la famiglia Kato e la nostra squadra. Mi sono ritornati alla mente quei tragici e dolorosi giorni e non me la sento di fare commenti particolari. Posso solo dire che quello che verificammo a suo tempo è stato confermato anche a livello più alto dalla commissione di inchiesta. Secondo me si è trattato di un lavoro che bisognava fare, se non altro per fare chiarezza e togliere di mezzo i dubbi e le indiscrezione che giravano su questa tragedia. Non ci sono punti oscuri, se non nella pista, e il fatto che nella stagione 2004 non si correrà a Suzuka non fa che confermare l’analisi che facemmo a suo tempo. Ora il caso è definitivamente chiuso: non c’è più spazio per illazioni e insinuazioni, ma nel mio cuore resta una grande tristezza per la perdita di un amico, Daijiro”.
Anche a noi manca un amico, un amico che ha sbagliato nel posto peggiore per farlo: a Suzuka. Il caso è chiuso, resta una pista sulla quale si corre solo nell’endurance e nelle gare locali (la vita di questi piloti non conta?), una commissione che ha scagionato la Casa, una vedova, due orfani.

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