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Rossi nel mirino dei terroristi

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Il quattro volte campione del mondo minacciato esplicitamente dal gruppo terroristico che ha inviato tre pacchi-bomba in tre giorni ad obiettivi spagnoli. La sua colpa? Porta sulla moto l'emblema della Repsol

di Luigi Rivola



Il fatto.
Sabato 14 all'aeroporto della Malpensa è stato bloccato un pacco sospetto destinato al locale ufficio della compagnia aerea spagnola Iberia. Il pacco conteneva un finto libro "Le Novelle" di Giovanni Verga, che all'interno nascondeva una carica esplosiva e un congegno concepito per far esplodere la "bomba" al momento dell'apertura del libro.
Inizialmente sembrava che l'attentato non fosse stato rivendicato, anche se non era difficile supporre che dietro questa iniziativa criminale si celasse un gruppo terroristico spagnolo o filo-spagnolo, visto che analoghi pacchi-bomba erano stati spediti giovedì e venerdì alla redazione del quotidiano spagnolo El Pais e all'ufficio romano della Iberia.
Successivamente si è diffusa la notizia che una rivendicazione c'era stata e che questa conteneva anche minacce esplicite a Valentino Rossi in quanto testimonial della Repsol, la compagnia petrolifera spagnola che da anni compare sui fianchi delle carenature delle Honda ufficiali nella massima categoria del Motomondiale.
L'incredulità lasciava il passo, nel tardo pomeriggio di domenica, allo sgomento, quando, a conferma della notizia, si veniva a sapere che per il quattro volte campione del mondo di motociclismo era stato predisposto un piano di protezione personale.
Naturalmente non è stato possibile raggiungere Valentino, e anche i telefoni di suo padre e del PR della HRC, Carlo Fiorani, erano staccati. L'unico commento attendibile è venuto, nella sala stampa del Motor Show, da Carlo Florenzano Terenzi, della Honda Italia, che ha ripetutamente precisato che fra la Repsol e Valentino Rossi non intercorre nessun tipo di accordo e tantomeno una sponsorizzazione, visto che l'industria spagnola è sì sponsor della moto usata dal campione italiano, ma con un contratto che la lega alla HRC e quindi direttamente alla Honda.
Io non sono nessuno, quindi se anche racconto in giro che amo moltissimo la Spagna, che mi piacciono le abitudini spagnole e che mi affascina la storia di quel grande Paese, che addirittura ho contatti quasi quotidiani con colleghi spagnoli, nessuno pensa certamente di venirmi a cercare a casa e di tagliare i tubi dei freni della mia Honda CBX 1000 6 cilindri (tanto non frena comunque) per punirmi per quello che ritiene un grave "affronto".
Con Valentino è un altro discorso. Lui è un campionissimo dello sport, un fenomeno mediatico, un "personaggio", un miliardario (lo so che dovrei dire milionario, ragionando in Euro, ma miliardario rende meglio l'idea), un divo. Insomma, ha tutto ciò che noi normali sognamo invano, fuorché la normalità.
Una fortuna? Certo, ma anche una maledizione. A poco più di vent'anni è costretto ad andare in giro con un cappellaccio calato sulla fronte per non farsi riconoscere dai fans; una sera l'ho visto assediato da un branco di tardone che potevano ormai essere sue nonne, che lo palpavano urlando "Valentiiinoooo...", roba da rendere impotente un toro. Non lo so, perché non l'ho mai provato direttamente e mai lo proverò, ma la popolarità spinta a questi eccessi deve essere veramente insopportabile. Ed è indubbiamente pericolosa.
Chi è tanto popolare rischia grosso: il mondo è pieno di pazzi in libera uscita, che per invidia, per morboso affetto, per deviazione o altro, possono mettersi in testa di far del male a qualcuno, e chi emerge platealmente dalla massa è certamente più esposto di tutti gli altri. Ieri (1927) Charles Lindbergh divenne famoso in tutto il mondo per aver attraversato l'Atlantico su un piccolo aereo monomotore e scontò questo successo col rapimento e l'uccisione del figlio; oggi il terrorismo impazza nel mondo e per dare maggior risalto ai suoi crimini cerca di coinvolgere personaggi famosi, sapendo bene che il loro nome può produrre un botto più efficace di tante piccole bombe.
Il successo è una droga e un'impetuosa fonte di guadagno: dosarlo è ormai diventato impossibile, perché il meccanismo è diventato tale da accettare solo grandissimi protagonisti, relegando gli altri al ruolo di perdenti o di nullità. In realtà è un vero schifo, ma solo un grandissimo salto culturale potrebbe ridurre l'impatto del mito sulla gente, e un passo del genere va contro troppi e troppo grossi interessi, anche a quelli dei divi, che si lamentano, che fanno finta di voler sfuggire a questa melma, ma poi alla fine fanno i conti e ci sguazzano.
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