Motogp
Donington: snobbiamo le baruffe
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Seguite il nostro consiglio: ignorate la lite tra Rossi e Biaggi e concentratevi sui risultati ottenuti in Inghilterra da un grande campione e sullo spettacolo che ogni volta ci regala la 250 e la 125
Rossi a Donington ha conquistato la 46.ma vittoria
Vi avranno già bombardato di immagini e commenti più o meno nazionalpopolari sull’ennesimo scontro tra Vale e Max. Ignoratelo, per favore, non giustifica dieci secondi del vostro interesse e due milligrammi di cervello che potreste utilizzare in ben altro modo.
Ad esempio la floricultura o la nobile arte dell’origami.
Vi avranno già bombardato di immagini e commenti più o meno nazionalpopolari sull’ennesimo scontro tra Vale e Max. Ignoratelo, per favore, non giustifica dieci secondi del vostro interesse e due milligrammi di cervello che potreste utilizzare in ben altro modo.
Ad esempio la floricultura o la nobile arte dell’origami.
E’ ovvio che uno, appena sceso dalla moto dopo un gran premio, può anche dire una cosa della quale, magari, dopo si pente.
E’ successo anche a me, sempre con Rossi, quando, in un’intervista alla Rai, disse: “Vincere così è un orgasmo”. Eravamo in diretta alla tv di stato e, per poco, non ci arrivò l’esecrazione del santo padre in persona e una crisi di governo. Sciocchezze.
Ben più importante è la vittoria numero sette in stagione di Rossi, quarantaseiesima su cento. Cento come le vittorie di Jeremy Burgess da capotecnico, otto come i trionfi Honda quest’anno. A Biaggi “tirerà anche il culo” ma ha perso dal pilota più forte, dalla moto più in palla, dalla squadra migliore che rappresenta la Casa più grande del pianeta. Ora sappiamo quella che già sapevamo!
Con il KO di Ukawa il mondiale, a meno di rivoluzioni intergalattiche, il titolo è di Rossi (lo si sussurrava fin dai test precampionato). La Yamaha è la seconda forza, ma il gap da colmare è ancora profondo. La Suzuki, se c’è qualcosa che non va (gomme, problemi muscolari alle braccia di Roberts, livello tecnico di Gibernau) può anche prendere paga dalle due tempi e l’Aprilia è un pianto.
Alle volte uno si chiede: perché andare in giro per il mondo per scoprire che tutto è già scritto da tempo? Ma la sorpresa è sempre nell’aria. Può capitare sempre qualcosa. Ad esempio, una caduta in prova, un pollice che si incrina, una botta in testa. Il mondiale è stato vicinissimo alla svolta, ma Rossi ha fatto vedere che, anche acciaccato, è una brutta bestia. E qui ha fatto vedere la qualità del suo carattere: sembra un ragazzino che gioca e invece è un duro, ma di quelli veri. Anche se non ha la testa pelata, i tatuaggi che inneggiano a satana e i bicipiti che stracciano la camicia. Ha la forza della testa e dei nervi; in Gran Bretagna lo hanno capito anche i sassi. E’ lui l’unico che fa vestire di giallo panzoni gonfi di birra, bambine lentigginose, madri di famiglia e padri di famiglia con l’hobby della moto. E’ lui il personaggio cosmico, la reincarnazione del numero 46 che vuol dire una cosa sola: vittoria assoluta.
Ci restano due grandi spettacoli da vedere: la 250, Melandri contro Nieto, sfida tra due che il prossimo anno saranno in MotoGp a fare gli apprendisti. Due bei piloti, con l’italiano che ha più classe (e da un po’ anche una convinzione da far paura) e lo spagnolo cuore&coraggio.
Poi c’è la 125, ovvero la sfida tra la Gilera che rischia di ritrovarsi a fine stagione senza tecnici e pilota (i primi allettati da KTM, il secondo dall’Aprilia) e la Honda dello Junior Team Movistar Telefonica, il team più amato (e potente) in Spagna che ha in sella Dani Pedrosa, un campione del futuro che va forte anche nel presente. Spettacolo da serie A. Emozioni, tecnica, nervi. C’è solo qualche polemica di troppo, anche in 125, qualche sospetto, qualche ombra. Ma questo motomondiale è splendido. Peccato che la classe regina abbia un padrone che non molla nemmeno le briciole. Forse è per questo che i media amano tanto le “baruffe” televisive. Credetemi, poca roba di fronte ad una gara.
E’ successo anche a me, sempre con Rossi, quando, in un’intervista alla Rai, disse: “Vincere così è un orgasmo”. Eravamo in diretta alla tv di stato e, per poco, non ci arrivò l’esecrazione del santo padre in persona e una crisi di governo. Sciocchezze.
Ben più importante è la vittoria numero sette in stagione di Rossi, quarantaseiesima su cento. Cento come le vittorie di Jeremy Burgess da capotecnico, otto come i trionfi Honda quest’anno. A Biaggi “tirerà anche il culo” ma ha perso dal pilota più forte, dalla moto più in palla, dalla squadra migliore che rappresenta la Casa più grande del pianeta. Ora sappiamo quella che già sapevamo!
Con il KO di Ukawa il mondiale, a meno di rivoluzioni intergalattiche, il titolo è di Rossi (lo si sussurrava fin dai test precampionato). La Yamaha è la seconda forza, ma il gap da colmare è ancora profondo. La Suzuki, se c’è qualcosa che non va (gomme, problemi muscolari alle braccia di Roberts, livello tecnico di Gibernau) può anche prendere paga dalle due tempi e l’Aprilia è un pianto.
Alle volte uno si chiede: perché andare in giro per il mondo per scoprire che tutto è già scritto da tempo? Ma la sorpresa è sempre nell’aria. Può capitare sempre qualcosa. Ad esempio, una caduta in prova, un pollice che si incrina, una botta in testa. Il mondiale è stato vicinissimo alla svolta, ma Rossi ha fatto vedere che, anche acciaccato, è una brutta bestia. E qui ha fatto vedere la qualità del suo carattere: sembra un ragazzino che gioca e invece è un duro, ma di quelli veri. Anche se non ha la testa pelata, i tatuaggi che inneggiano a satana e i bicipiti che stracciano la camicia. Ha la forza della testa e dei nervi; in Gran Bretagna lo hanno capito anche i sassi. E’ lui l’unico che fa vestire di giallo panzoni gonfi di birra, bambine lentigginose, madri di famiglia e padri di famiglia con l’hobby della moto. E’ lui il personaggio cosmico, la reincarnazione del numero 46 che vuol dire una cosa sola: vittoria assoluta.
Ci restano due grandi spettacoli da vedere: la 250, Melandri contro Nieto, sfida tra due che il prossimo anno saranno in MotoGp a fare gli apprendisti. Due bei piloti, con l’italiano che ha più classe (e da un po’ anche una convinzione da far paura) e lo spagnolo cuore&coraggio.
Poi c’è la 125, ovvero la sfida tra la Gilera che rischia di ritrovarsi a fine stagione senza tecnici e pilota (i primi allettati da KTM, il secondo dall’Aprilia) e la Honda dello Junior Team Movistar Telefonica, il team più amato (e potente) in Spagna che ha in sella Dani Pedrosa, un campione del futuro che va forte anche nel presente. Spettacolo da serie A. Emozioni, tecnica, nervi. C’è solo qualche polemica di troppo, anche in 125, qualche sospetto, qualche ombra. Ma questo motomondiale è splendido. Peccato che la classe regina abbia un padrone che non molla nemmeno le briciole. Forse è per questo che i media amano tanto le “baruffe” televisive. Credetemi, poca roba di fronte ad una gara.
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