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MotoE e WCR, i campionati politically correct che non si fila nessuno

Marco Gentili
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MotoE e WCR, i campionati politically correct che non si fila nessuno
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MotoE e WCR, i campionati politically correct che non si fila nessuno
MotoE e WCR, i campionati politically correct che non si fila nessuno

Nascono (in teoria) con scopi nobili, ma alla fine si rivelano eventi poco seguiti, e di valore sportivo discutibile

Da che mondo è mondo, gli organizzatori dei campionati motociclistici legati alla velocità hanno lanciato campionati e trofei per cercare di allargare il bacino degli utenti e degli appassionati. Chi ha qualche capello bianco ricorderà il successo effimero (presto soppiantato dalla Superbike) della Formula TT tra gli Anni 70 e 80, delle varie Battle of Twins e Battle of Singles e le parabole più o meno lunghe, ma sempre basse in termini di interesse, del Mondiale Classe 80 (durato appena 6 anni) o di quello riservato ai Sidecar. Ogni campionato, a ben vedere, è figlio degli anni in cui è nato, nei quali rispondeva a precise esigenze. La Formula TT nasceva per rispondere alla domanda degli orfani del Tourist Trophy dal Mondiale, la 80 cc veniva incontro al successo su alcuni mercati delle moto di questa cilindrata, la BOT e la BOS a quello delle sportive alternative alle allora imperanti quattro cilindri giapponesi, e via discorrendo. Anche i campionati più recenti introdotti da FIM e Dorna sono figli dei tempi in cui viviamo: i tempi del politically correct, del rispetto dell'ambiente e dell’uguaglianza tra i sessi. Parliamo della MotoE e del WorldWCR – il campionato riservato alle donne – due operazioni che appaiono, a uno sguardo disincantato, più dettate dalla necessità di pulirsi la coscienza che non dal reale bisogno di creare eventi sportivi di appeal internazionale.  

MOTOE: FRULLATORI IN PISTA

Nato nel 2019, il campionato MotoE è riservato alle moto elettriche. Nel nostro Paese gli abbiamo riservato sin dall'inizio molta attenzione, anche perché la tecnologia su cui si basava era al 100% italiana, vista la scelta di farlo monomarca: prima Energica e ora Ducati. La spinta alla creazione di questa classe è dovuta a un duplice fattore: da un lato la necessità di solleticare un (inesistente) interesse da parte degli appassionati verso le corse con bolidi elettrici; dall'altro, la necessità da parte di alcuni costruttori di sviluppare la relativa tecnologia in un ambiente controllato, in vista di un debutto su strada. "MotoE è un percorso parallelo che ingloba l’innovazione sostenibile, mettendo in pista alcuni dei più entusiasmanti progressi della mobilità elettrica prima che raggiungano i motociclisti di tutto il mondo", si legge sul sito della MotoGP. Ma, a parte i dubbi di fondo (la mobilità elettrica raggiungerà mai su larga scala il mondo delle moto, per di più in un momento nel quale la domanda di elettrico frena anche negli scooter per la mobilità urbana?), resta una oggettiva insoddisfazione. Fino a oggi, infatti, la MotoE non ha fatto breccia nel cuore degli appassionati: sfidiamo chiunque a citare le prodezze sportive dei protagonisti di questo campionato. E i nomi degli stessi… Al momento attuale ci accontentiamo di valutare un numero di questo campionato, vale a dire i follower su Instagram: appena 22.100 in tutto il mondo. Possiamo dire senza giri di parole che della MotoE non frega niente a nessuno. Ci si aspettava un rilancio di immagine con l’arrivo di Ducati, ma finora resta un gran buco nell'acqua.  

WORLDWCR: UN GHETTO PER LE DONNE?

Più spinosa ancora è la valutazione che dobbiamo fare del WorldWCR, il neonato campionato riservato alle donne pilota. Dati alla mano, le donne nel Motomondiale hanno sempre avuto approcci sporadici, limitati alle classi minori e generalmente poco fortunati. Ma il numero di motocicliste è in costante crescita; come far emergere i talenti rosa allora? Due le soluzioni. La prima: provare a rendere meno “maschili” MotoGp e Superbike (incominciando col togliere le umbrella girl dalla griglia di partenza) e incentivare la competizione tra sessi. La seconda: prendere la strada che già esiste in moltissimi altri sport, e incentivare l’afflusso di ragazze facendo gareggiare donne e uomini in contesti differenti. Visto che come hanno sottolineato molti piloti di sesso femminile (le possiamo chiamare pilotesse o ci becchiamo dei "sessisti"?) gareggiare contro i maschi è difficile anche per le oggettive differenze fisiche di forza e prestanza tra uomo e donna, quest'anno è stato creato un campionato ad hoc, animato da alcune vecchie conoscenze del Motomondiale come Maria Herrera e Ana Carrasco, gli ultimi piloti donna a competere coi maschi nel Motomondiale. A un primo colpo d'occhio, però, la neonata categoria che corre come evento collaterale alla Superbike rischia di diventare una sorta di "riserva indiana", nel quale far correre le ragazze in attesa che scendano in pista i "piloti veri". L'importante è essersi lavati la coscienza e dire che, così facendo, si combattono gli stereotipi di genere.  

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