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Endurance: l'idea, la gara, la corsa. Tutto quello che c'è da sapere

di Riccardo Matesic
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Come si diventa piloti nel Mondiale Endurance? Come si aggancia un team? E come si corre una 24 ore? Quali i trucchi da sapere? Ne parliamo con Federico Natali, il pilota che abbiamo seguito nelle prove del recente Bol d'Or

Il momento magico della partenza, nel silenzio totale si sentono i passi dei piloti che corrono verso le moto spente (foto @David Reygondeau)
Federico Natali sulla Suzuki GSX-R 1000 del Team NoLimit nelle prove del Bol d'Or
“Che strana la vita. Ieri ero in pista al Paul Ricard, oggi alle 9 di mattina sono in fila con il carrello all'IperCoop”.
Ha il mal di pista Federico Natali, me lo scrive su WhatsApp la mattina del sabato in cui partirà la 24 ore del Bol d'Or. Lo abbiamo seguito nei giorni delle prove, abbiamo lavorato insieme, e abbiamo discusso assieme la sua difficile decisione di non correre. Ora, a distanza di un po' di giorni, proviamo a fare il punto. E a farci regalare qualche altra emozione dell'Endurance vista dal di dentro.

Federico, cosa è rimasto?
“Nel mio caso la soddisfazione di aver centrato la qualifica su un circuito difficile, dove ho girato pochissimo. Le traiettorie del Paul Ricard non sono intuitive e io ho rubato con gli occhi ai big che mi passavano. Non è andata male, ma rimaneva un gap sensibile con gli altri della mia squadra. Del resto, ero stato portato su da Codeluppi -il team manager, ndr- che confidava in me, ma ero l'unico superstite della squadra B che aveva corso la 24 ore di Le Mans”.
Parlaci dei top rider.
“Sono tutti ex piloti di mondiale, conoscono benissimo la pista e hanno moto molto più performanti delle nostre stock. Basti dire che la nostra alla ruota aveva 160 cavalli di potenza massima, contro le loro che orbitavano sui 210. Infatti sul Mistral ci piantavamo a 299 km/h, con gli ufficiali che ci passavano a 330 e più. Una ventata!”.

Già, il record in gara è stato segnato dalla R1 3ART Yam'Avenue all'incredibile velocità di 352,9 km/h. E si trattava, tra l'altro di una Superstock. Che preparazione si fa alla moto per correre una 24 ore?
“Correndo in Superstock poche cose. Il pezzo più importante probabilmente è la centralina Yoshimura settabile. Poi servono ovviamente i sistemi di sgancio delle ruote, per fare i cambi gomme in gara, il serbatoio con il bocchettone per i rifornimenti rapidi e i fari. Il resto è la consueta preparazione che si fa per correre. Con in più qualche dettaglio. Tipo un sistema con sgancio rapido per invertire il cambio, perché alcuni piloti lo usano con la prima in su e altri, come il sottoscritto, lo preferiscono stradale. Nel mio caso al cambio pilota veniva montato anche un codone specifico per me. Va dentro con un solo fermo rapido e cambia la mia seduta. Devo usarlo da quando mi sono rotto il bacino”.

E per la messa a punto?
“Si comincia a girare a turno e si cerca di concordare sulle modifiche dei settaggi. Di solito queste vengono dettate da quello dei 4 che va più veloce. Gli altri debbono un po' adeguarsi. Ma l'Endurance è una cosa strana, e le prove servono anche per imparare ad adattarsi”.

In che senso?
“Tanto per cominciare, in prova conviene girare con gomme usate. Perché in gara si cambiano ogni 3 ore. Quindi la maggior parte del tempo si starà dentro con pneumatici usurati. Inutile mettere a punto la moto con gomme nuove, come se si dovesse fare una gara di 15 giri. Poi bisogna imparare a guidare con sospensioni un po' morbide. Perché se sono dure si rischia di far lavorare troppo le gomme, che vanno risparmiate. Ed è inutile cercare il tempone, tanto in 24 ore di cose ne succedono, e non è la partenza avanti che cambia qualcosa. Meglio imparare a guidare la moto sopra i problemi”.

Succede spesso di dover guidare sopra i problemi?
“Succede sempre. Dopo qualche ora di gara l'olio delle sospensioni non è più lo stesso. Poi ci sono i piccoli danni. A Le Mans abbiamo rotto il cambio elettronico, e per mettere la marcia superiore usavamo un pulsante di massa montato sul manubrio sinistro per le emergenze”.

Come funziona il dialogo con il team quando sei dentro?
Se il problema ce l'hai tu che guidi, ti picchi una mano sul casco mentre passi; se invece il problema è la moto, alzi la gamba dalla pedana. In entrambi i casi non puoi entrare, perché il team deve essere pronto a riceverti. La prima cosa che fa chi è ai box è guardare gli intertempi, per capire quanto grave è il problema. Intanto si chiamano i meccanici, che si preparano con tutte le loro attrezzature. Solo quando ti scrivono box in lavagna puoi rientrare al passaggio successivo. A volte però ti chiedono di restare fuori. Così a Le Mans c'è stato qualcuno che sotto la pioggia ha dovuto continuare a girare con gomme finite, senza più battistrada. Bisogna sapersi adattare nell'Endurance, prendendo tempo e riportando la moto sana al box”.
Dunque un dialogo fitto con il team. Non è difficile vedere le lavagne di notte?
“Se hai il box a metà rettilineo è difficile distinguerla in mezzo alle altre. Al Paul Ricard avevamo il primo box, quindi la trovavi subito. A Le Mans avevamo l'ultimo e teoricamente sarebbe stato facile lo stesso. Però eravamo in un punto in cui si passa in sesta piena ed è già iniziato il curvone a destra. Ci ho messo un po' per imparare a leggere la lavagna. Piuttosto è difficile abituare gli occhi, quando si passa dalle zone molto illuminate dell'autodromo a quelle più buie”.

Si dorme di notte?
“Meglio di no. La pausa è di un'ora e mezza. Ti fermi, ti fumi una sigaretta, controlli il telefono e già mezz'ora se n'è andata. Di solito mi prendo una mezz'ora per sdraiarmi spogliato in furgone, ma senza dormire. Una volta che mi sono addormentato mi hanno chiamato in anticipo, perché un pilota era caduto e dovevo recuperare un po' del suo turno di guida. Ricordo la sensazione sgradevolissima del team manager che mi parlava e io che non capivo cosa mi dicesse. No, meglio non dormire”.

Sembra non ci sia tempo neanche per la pipì in questi casi.
“Infatti si fa nella tuta. Se capita che devi rientrare di corsa e non hai fatto in tempo, a ogni staccata ne fai un po'. Capita anche quando c'è la safety car, che ti prolunga il turno di guida”.

Quindi magari ti scappa e in più ti annoi a girare dietro l'auto.
“Quando c'è la safety car in realtà devi stare attento. Devi tenere calde le gomme. Poi, se sei in lotta con qualcuno, non devi farti fare il vecchio trucco della frenata improvvisa nei tratti dove si scorre”.

Vale a dire?
“Vale a dire che dove si scorre e si prende un po' di velocità, quello davanti all'improvviso frena e tu, che te ne stai bello rilassato, lo superi, prendendo 10 secondi di penalizzazione”.

Si litiga con gli altri piloti nell'Endurance?
“A parte Leblanc, con il quale ho discusso in pista sia a Le Mans che al Paul Ricard, no, l'atmosfera è rilassata”.

Come si entra in un team di Endurance?
“Mandando il curriculum alle squadre che possono essere interessate a ingaggiare piloti. Lo fanno in tanti, e a inizio stagione di solito viene fatta una sessione in circuito con tutti i candidati, per valutarli”.

Si paga?
“Ovviamente si. La cifra dipende dal valore del pilota. I più bravi pagano meno o non pagano, gli altri debbono mettere mano al portafogli”.

Di quanta gente è composto il team e che atmosfera c'è?
“Noi del team Nolimit eravamo in 22, perché abbiamo anche dei ragazzi giovani della scuola di meccanica, che fanno tirocinio. Da noi tutti fanno tutto. Abbiamo due cuochi che all'occorrenza sono anche meccanici. E lo stesso team manager, se serve mette la tuta ignifuga e fa i rifornimenti alle moto nei cambi pilota. Alla sera poi è bello restare a chiacchierare nell'hospitality dopo cena. Tutti hanno storie interessanti da raccontare”.

Continuerai?
“Mi sono già accordato con loro per il 2016”.
Foto @David Reygondeau
Foto @David Reygondeau
Foto @David Reygondeau
Foto @David Reygondeau
Foto @David Reygondeau
Bol d'Or 2015
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