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La moto più innovativa del 2024? Eccola qua: ha tutto, ma non lo dice

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Cambio robotizzato, frizione a gestione elettronica, start&stop, downsizing: tutte parole e tecnologie di cui abbiamo parlato quest'anno... una alla volta. Ma c'è un modello che le ha introdotte tutte insieme in un colpo solo, e che per questo merita secondo noi il titolo di moto più innovativa del 2024

Negli ultimi mesi abbiamo parlato tanto dei cambi robotizzati presentati in rapida successione da BMW, KTM e Yamaha, della frizione automatica Honda e di qualche altra tecnologia che sta avvicinando il mondo della moto a quello delle auto. Molto meno si è parlato di una moto che ha queste tecnologie, e molte altre, tutte insieme in un colpo solo, e il motivo è che lei non ha fatto niente per metterle in mostra, e noi non le abbiamo riconosciute subito. Restate con me perché voglio parlarvi di quella che per me è la moto più importante del 2024: la Kawasaki Z 7 Hybrid. È la più importante tecnologicamente, anche se non commercialmente. Vorrei dire che è evidente, perché con un aspetto così strano anche per i canoni piuttosto larghi a cui ci ha abituato Kawasaki, vendere tanto non sarà facile. Ma pensavo a una rivoluzione di trent’anni fa, quella della Ducati 916 appena festeggiata al WDW di Misano, e mi dicevo che alla fine gli stessi elementi tecnici della 916 c’erano già nella 851, che però nessuno ricorda. Perché per quegli elementi tecnici la 916 ha trovato una forma perfetta e memorabile, e secondo me bisogna ancora trovare una forma adeguata ai contenuti tecnologici di questa moto, che sono veramente straordinari e individuano un nuovo paradigma per le due ruote.

La prima moto full hybrid

Ci riuscirà Kawasaki? Ci riuscirà qualcun altro? Chissà. Per ora ad Akashi sono andati sul sicuro, infilando la tecnologia ibrida al cuore delle due gamme Z e Ninja che sono ben consolidate. Io penso però che identificare questo sistema con una nuda o una sportiva stradale sia un po’ riduttivo, e si debba andare un po’ oltre. Ma che cos’ha di così straordinario, questo sistema? Beh, col fatto che Kawasaki lo ha giustamente descritto come “full hybrid”, si sono fermati un po’ tutti lì. Vi avranno detto tutti che ci sono un motore termico, uno elettrico, una batteria e bla bla bla. Ma andiamo a vedere come sono organizzati questi elementi e cosa realizzano. Tanto per cominciare, abbiamo come dicevamo all’inizio un cambio robotizzato, che può funzionare sia in manuale con dei pulsantini al manubrio che in automatico. È automatizzata anche la frizione, che si occupa delle partenze da fermo. In modalità Eco, oltre a scalare tutte le marce e riportarsi in prima quando ci si ferma, la moto spegne il motore e lo riavvia in un lampo appena si gira il gas: è lo Start&Stop con motore-generatore che ben conosce chi ha guidato uno scooter Honda o Piaggio recente, ma che non era mai stato applicato su un motore bicilindrico di media cilindrata, tanto meno su una moto.

E per la prima volta... il downsizing!

Il motore elettrico, montato a monte del cambio, consente di avere anche la retromarcia: è la modalità “walk”, in cui la moto avanza o arretra piano a motore spento in base a come si ruota la manopola del gas. E il motore elettrico, combinato con quello elettrico, ha consentito di fare un’altra cosa che le auto fanno da un pezzo, e di cui anche i motociclisti iniziano a discutere: il downsizing. Downsizing significa fare motori più piccoli, dalle prestazioni più intelligenti. Le auto da un pezzo hanno ridotto la cilindrata e il numero di cilindri, ricorrendo alla sovralimentazione per avere motori più piccoli, leggeri ed efficienti e infine aggiungendo una componente elettrica sempre più importante. La Z 7 Hybrid fa downsizing rivolgendosi direttamente alla componente elettrica: il suo motore a magneti permanenti da 9 kW, montato dietro al bicilindrico dell’ultima Z 500, lo rende equivalente a un 700. Ma in realtà, come per tutti i sistemi ibridi, l’equivalenza dice poco, perché questa moto consuma meno della Z 500 e accelera più di una Z 1000.

Il sistema ibrido di Kawasaki

Veniamo allora al cuore della moto, il recente twin di Akashi 451 cc a corsa “allungata”, ma con specifiche dedicate. Tanto per cominciare, guadagna una gestione ride-by-wire, indispensabile per coordinare motore termico e motore elettrico. I corpi farfallati salgono da 32 mm a 36 mm, il rapporto di compressione da 11,3:1 a 11,7:1 e cambia la fasatura. Il motore è accordato per girare più alto, infatti ha 69,4 CV a 10.500 giri contro 45,4 CV a 9.000 giri sfruttando il fatto che a dare una mano ai bassi ci pensa il motore elettrico: risultato, 60,4 Nm a soli 2.800 giri contro 42,6 Nm a 6.000 giri. Per sfruttare i quali, sulla Z 7 Hybrid il twin di 451 cc è rapportato più lungo, in particolare le prime marce. Ma la Z 7 Hybrid è una ibrida “full”, quindi in grado di muoversi a zero emissioni: lo fa ricorrendo al motore elettrico, che può spingere la Z 7 Hybrid fino a 65 km/h in quarta marcia (essendo montato a monte del cambio lo sfrutta per funzionare a regime ottimale) con una autonomia permessa dai 1,37 kWh della batteria tra i 10 e i 15 km che in città non è poco.

Tanta tecnologia ha un prezzo. Anzi, un peso

Non c’è frenata rigenerativa, ma il motore ricarica la batteria attraverso l’alternatore, che sottrae una piccola quota di potenza quando non è richiesta (ad esempio marciando a velocità costante). La ciclistica conta su un telaio a traliccio di acciaio e sospensioni non regolabili, con forcella non rovesciata e mono con leveraggio. Freni a doppio disco da 300 mm, pinze assiali a due pistoncini, pneumatici un po’ più generosi della Z 500 col posteriore da 160/60 (contro 150/60), rispetto alla quale cambia soprattutto il peso: 227 kg in ordine di marcia, contro 167 kg sempre con 14 litri di benzina. Sono 60 kg in più, che vanno solo parzialmente nella batteria (13 kg) e nel motore elettrico, montato dietro a quello termico. Questo spiega in parte le quote da transatlantico, con un interasse di 1.535 mm contro i 1.375 mm della Z 500; l’avancorsa è di 104 mm contro 92 mm, la sella è a 795 mm contro 785 mm.

Kawasaki Z 7 Hybrid: cosa ci piace

La Z 7 Hybrid ha la tipica posizione da naked Kawasaki: busto non troppo eretto, manubrio piuttosto stretto e spiovente, serbatoio stretto e lungo. Accoglie bene il pilota e anche un eventuale passeggero, che sconta però la mancanza del maniglione. Inutile dire che appena sali sei subito curioso di capire come va. La moto si accende in modalità Sport con un minimo sussulto grazie al motore-generatore, che resta poi sempre attivo a supportare il bicilindrico Kawasaki. Il suo ronzio sommesso lo senti appena, quando la moto si muove o nelle pieghe a bassa velocità, specie se hai il casco aperto. La sua spinta è invece totalmente miscelata a quella del twin, e non la senti a meno di far ricorso al tasto verde dell’e-boost. Questo è la caratteristica più vistosa della moto. Garantisce per qualche secondo una spinta vigorosa, immediata e attiva in qualsiasi marcia e a qualsiasi regime, anche se ovviamente la si avverte di più nelle marce basse e alle basse velocità, magari da fermi quando si può far impallidire al semaforo più di una sportiva.

Prestazioni maxi, consumi mini

La spinta dura anche cambiando marcia, e cessa quando si chiude il gas o quando si esaurisce l’energia disponibile, che Kawasaki ha limitato per evitare che la parte elettrica si surriscaldi. Per lo stesso motivo, non si possono usare più di 3 e-boost completi consecutivi; devo comunque dire che nell’utilizzo normale, anche decisamente allegro, questo non mi è sembrato un vero limite. L’indicatore di ricarica torna comunque al 100% in pochi secondi. È allora vero che la Z 7 ha prestazioni da 700, al di là dei numeri di coppia e potenza? Globalmente senz’altro sì, in accelerazione anche di più. Kawasaki dice che in certe condizioni spunta meglio della ZX-10R, e probabilmente siamo vicini al vero. Il fatto è che l’e-boost è imparagonabile alla spinta di qualunque motore, perché si attiva immediatamente in qualunque marcia e a qualunque regime. La moto è una naked di taglio sportivo, quindi non comodissima di sella e molto esposta all’aria: ma in generale la Z 7 Hybrid non è affatto male nella maggior parte delle situazioni. Nella guida brillante il motore combinato è divertente, soprattutto sfruttando la cambiata manuale e l’e-boost; la personalità è quella del twin 500 di Akashi che ben conosciamo, un motore vivo, portato all’allungo e con una tonalità roca e coinvolgente. 

Sportiva quando serve, comoda in città.

La ciclistica è sana, con come prevedibile una grande stabilità legata alle abbondanti quote di interasse e avancorsa, mentre la discesa in piega non è delle più rapide e richiede di lavorare un po’ con il corpo. Il motore scende senza problemi ben sotto i 50 km/h in sesta marcia, senza strattonare grazie all’assistenza della parte elettrica, che come detto è sempre molto discreta e fa sì che nel salire di giri il twin giapponese sia “naturale”, con una progressione non particolarmente rapida a meno di richiedere l’e-boost. La cambiata è fluidissima se la si comanda con mezzo gas fino attorno ai 4.000 giri, nella parte centrale del contagiri sembra invece un po’ lenta, con una marcata esitazione tra un rapporto e l’altro, per poi tornare rapida agli alti regimi, dagli 8.000 in su. Forse l’esitazione nella parte centrale, fastidiosa quando si va allegri, è solo una questione di taratura elettronica. In città invece la Z 7 Hybrid è silenziosissima e fluida, con prestazioni da scooter L3 e la capacità di attraversare il centro senza mai accendere il twin parallelo. E quando questo accade, ci si accorge di colpo di quanto sia piacevole viaggiare nel silenzio e senza calore tra le gambe. Insomma, è una moto che offre il meglio dei due mondi, termico ed elettrico.

Kawasaki Z 7 Hybrid: cosa non ci piace

Detto delle tante doti di questo progetto, che peraltro è alla sua prima generazione e quindi ancora molto giovane, veniamo ai difetti. Al primo contatto, la Z 7 Hybrid non riesce a nascondere il peso. Nonostante il baricentro basso, quasi 230 kg non sono pochi, e per di più l’angolo di sterzo piuttosto ridotto non aiuta in manovra. Per fortuna la modalità walk dà una grossa mano. Un altro difetto dal mio punto di vista è una certa rigidità nelle impostazioni. Kawasaki ha le idee chiare sulle modalità di utilizzo: non si parte mai in elettrico, bisogna accendere il motore che poi si spegne passando in EV. La moto non si accende se non è in folle, ma la folle si inserisce solo a moto spenta per cui a volte ci si ferma in prima e non si capisce perché il motore non si avvii. La modalità automatica del cambio e lo Start&Stop ci sono solo in modalità Eco, mentre l’e-boost c’è solo in modalità sport. Il cambio non scala mai la marcia se il gas è aperto, per cui se sono in sesta a bassi giri e voglio riprendere veloce, non fa il kick-down scalando due o tre marce come i cambi automobilistici (ma anche il DCT Honda, per esempio) fanno. Viceversa, se il gas è chiuso è impossibile innestare la marcia successiva. La cambiata automatica è come detto prevista solo in mappa Eco, e solo con una logica molto prudente, simile a quella dei primi DCT Honda, che mette la sesta prima dei 60 km/h. Honda ha poi cambiato più volte le logiche, prima di arrivare a un comportamento gradevole anche per noi italiani. Sarebbe utile poter scegliere fra più mappe, come pure poter cambiare marcia e poi tornare in automatico, come fanno in generale i cambi di questo tipo: sulla Z 7 Hybrid, invece, una volta passati in manuale ci si resta se non si rimette espressamente il cambio in AT.

Regole troppo rigide

Ci sono insomma un po’ troppe regole, a volte incomprensibili: capisco che la mappa Eco nasca per minimizzare i consumi – peraltro davvero ottimi: oltre 20 km/h in autostrada, ma soprattutto oltre 30 km/h rilevati in città e circa 28 km/l in extraurbano – ma perché non avere l’e-boost? Se mi trovo in un sorpasso da chiudere rapidamente perché sopraggiunge un altro veicolo e sono in Eco, non posso cavarmi rapidamente d’impaccio, e la cosa può essere anche pericolosa. Veniamo infine all’e-boost, gioie e dolori. Gioie perché ti fa tornare bambino, e sicuramente piacerà da morire anche ai Gen Z. Dolori perché è vero che funziona sempre: ma sempre nello stesso modo, non è modulabile e ti dà una spinta così decisa che nelle marce basse può mettere in crisi la trazione, se si capita su un avvallamento o una sconnessione. Inoltre essere costretto a premere un pulsante quando vuoi accelerare forte è una complicazione, non una semplificazione. Hai una moto con frizione e cambio automatici, senza leve sulla sinistra, ma ti ritrovi a smanettare tra palette, mappe ed e-boost. Sarebbe bello avere una maggiore integrazione tra le funzioni e soprattutto avere il pedale del cambio, proprio perché il cambio manuale lo usi sempre, non è un giochino di cui ti stanchi subito, come sui vecchi Suzuki Burgman 650 SV e Aprilia Mana. Va detto che il costo della maggior parte di queste cose è praticamente zero, sono solo aggiustamenti software che probabilmente arriveranno nel corso del tempo.

Che forma avrà il futuro?

Chissà se arriverà anche una forma, una tipologia di moto nuova, adatta a questa tecnologia che unisce due mondi e dei due mondi si porta dietro il meglio, che abbiamo già visto, ma anche il peggio: complessità, peso e costi. La Z 7 Hybrid pesa 60 kg in più della Z 500 tra batteria, motore elettrico e componenti accessorie: i benefici del downsizing si vedono nei consumi, ma alla bilancia sono più che compensati dalla parte elettrica. Del resto con i full hybrid è così anche nelle auto, c’è poco da fare. Quanto ai costi, la Z 7 Hybrid è a listino a 12.999 euro, circa il doppio di una Z 500 che per carità, offre meno prestazioni, meno abitabilità e non offre la cambiata automatica e la modalità elettrica. Però l’aggravio di costi è veramente notevole, anche se con gli incentivi 2024 si può scendere di ben 4.000 euro, fino a 8.995 euro comprensivi di 4 anni di garanzia ufficiale. A questo prezzo, la Z 7 Hybrid è sicuramente una proposta interessante per chi vuole mettersi in casa un pezzo di futuro.

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