Anteprime
Quota 1000: tutte le Adventure col 21” del 2024
BMW, Ducati, Husqvarna, KTM, MV Agusta e Triumph su strada e in fuoristrada. In comune il 21” e il tassello, ma caratteristiche e personalità davvero molto molto diversi. Chi è la regina del 2024?
Se la tendenza del 21” è partita ormai da qualche anno, è nel 2024 che è esplosa in tutta la sua ampiezza: delle sei moto attorno ai 900 cc che abbiamo riunito per questa comparativa, due (KTM e Husqvarna) sono arrivate nella seconda parte del 2023 e le altre quattro sono novità 2024.
In comune hanno la misura della ruota anteriore da 21” (al posteriore abbiamo qualche 18” ma anche qualche 17”) e la possibilità di montare gomme tassellate, ma di fatto le singole novità disegnano un segmento dai contorni sempre più ampi, che vanno dalla declinazione più tecnica e leggera (BMW) a quella addirittura più sportiveggiante in senso stradale (MV Agusta). Vediamole una per una.
10 CV in più, 14 kg in meno
Finora la F-GS non era tra le BMW più amate: un po’ troppo pesante, paciosa nel motore e coperta dalla ingombrante ombra della sorella maggiore della serie R, “la” GS per antonomasia. Dopo diverse generazioni, BMW ha deciso di prendere di petto la questione differenziando nettamente le più famiglie: l’ultima R 1300 GS è un po’ più sportiva e stradale, e la F 900 GS diventa fuoristradistica in senso addirittura radicale. La F 900 GS è diventata infatti la più enduristica del gruppo, se intendiamo l’enduro all’italiana o in generale all’europea, fondi smossi e sentieri stretti che richiedono leggerezza ciclistica e rotondità di motore. E non è solo una questione di linea, perché la tedesca è off nell’animo, ricorda una Yamaha Ténéré 700 2.0: altrettanto tecnica nell’impostazione e malleabile di motore, ma con 30 CV in più e una ricca dotazione elettronica. Anche il serbatoio è piccolo – solo 14,5 litri – per contenere il peso in ordine di marcia a 219 kg, una manciata più della KTM che è la più leggera.Telaio Front e sospensioni miste Showa-ZF
La ricetta tecnica ha la peculiarità del telaio di tipo “front” in acciaio, mentre il pacchetto sospensioni conta su una forcella rovesciata Showa con steli da 43 mm, che col pacchetto EnduroPro (1.500 euro) diventa da 45 mm e guadagna il trattamento antiattrito al nitruro di titanio, e un mono ZF Sachs che col pacchetto EnduroPro diventa più professionale. Tanto per mettere le cose in chiaro, niente ESA, nemmeno in opzione. Freni Brembo con pinza assiale e non radiale, e forse l’unica deroga dal fuoristradismo hardcore è la ruota posteriore da 17”. Il nuovo bicilindrico in linea guadagna qualche cc ma soprattutto 10 CV (ora sono 105 CV); ha un rapporto alesaggio/corsa poco più che quadro, quindi orientato alla coppia ai bassi e alla regolarità di erogazione, e la fasatura a 270° con doppio contralbero di equilibratura. Ha guadagnato pistoni forgiati e componenti più leggeri per essere più rapido nei transitori, oltre a un cambio rivisto.Su strada: svelta e poco protettiva
Anche su strada la tedesca ricorda - fatte le debite proporzioni - una Ténéré 700: snella di ergonomia, dura di sella e poco protettiva. un attrezzo tecnico. A parte il cruscotto, non c’è molto che riporti al mondo BMW. Le pedane sono centrali come posizione, il manubrio correttamente rialzato e ottimo nella guida sia seduti che in piedi. Le sospensioni hanno un affondamento marcato in frenata, anche perché l’impianto frenante Brembo, pur con pinze assiali, è decisamente potente. Il motore rende facile andare forte, non mette in apprensione ed è sempre presente, anche se non allunga tanto. È comunque irriconoscibile rispetto alla generazione precedente, particolarmente in mappa Dynamic che lo rende davvero pimpante; il cambio resta più contrastato che sulle altre, anche se è migliorato. Vibra poco ed è adatto ai viaggi, dove il limite viene dalla poca protezione aerodinamica e dal piccolo serbatoio da 14,5 litri, che costringe a soste più frequenti. Di nuovo come per la Ténéré, la guida su asfalto di questa moto ricorda un po’ quello di una motardona: agile nei cambi di direzione, manubrio avanzato e grande controllo sulla ruota anteriore. Se fino alla generazione precedente questa era una BMW nel senso tradizionale del termine – versatilità e polivalenza – questa è una BMW di oggi: fa una dichiarazione di intenti netta, in questo caso in favore dell’utilizzo off-road. Leggerezza, serbatoio piccolo, dotazioni di livello: anche su strada è semplice, ma non per questo piatta e noiosa.Off-road: la migliore di tutte
E in off-road è in effetti la migliore del gruppo: triangolazione perfetta, col manubrio addirittura più avanti dell’asse forcella. Si guida benissimo in piedi, il serbatoio si allarga ma non ostacola la guida in piedi quando si vuole avanzare per scaricare il retrotreno. Veramente un’ergonomia cucita attorno alle esigenze dell’off, e dell’off nostrano. La controlli bene, fai quello che vuoi. Ottime le sospensioni, sostengono anche se spingi; ha la miglior forcella dopo quella di KTM, che però è meno efficace dietro, e il motore è giusto per quel che serve, spinge senza imbarazzare. Di base è la più economica del gruppo, cosa singolare per BMW: si parte da 14.600 euro c.i.m., anche se l’esemplare in prova tra colorazione, pacchetto Enduro e altri optional arrivava a oltre 17.600 euro.
Non ha forse finora avuto il successo commerciale che ci si aspettava, ma la DesertX resta una Ducati al 100% e questa versione Rally ne rappresenta l’animo esclusivo: il prezzo è salato – 22.740 euro c.i.m. – ma dal vivo è davvero coreografica e la qualità costruttiva è da fuoriserie. Tutte le parti a vista sono ricavate dal pieno, compresi mozzi, piastre forcella e comandi a pedale; le dotazioni tecniche sono al top con la forcella KYB 48 a cartuccia chiusa con trattamento Kashima sui foderi e DLC sugli steli, mono KYB con pistone da 46 mm e completamente regolabile, 250 mm e 240 mm di escursione rispettivamente.
Rispetto alla DesertX stantard ci sono anche l’ammortizzatore di sterzo Öhlins, i cerchi Excel alleggeriti (misure da 21”-18”), con canale più stretto e predisposti per le camere d’aria, un diverso punto di attacco del forcellone bibraccio in alluminio e l’elettronica con i 6 riding mode ricalibrati e sempre personalizzabili e la completa dotazione di ausili alla guida, tutti cornering. Lato gomme, tripla omologazione da quasi lisce a molto tassellate.
In comune con la DesertX base ci sono il telaio a traliccio e il motore Testastretta 11° da 937 cm3, desmo e con 110 CV a 9.250 giri/min che ne fanno la seconda moto per potenza dopo la MV. Rispetto alla Multistrada V2 ha una diversa calibrazione elettronica e rapporti più corti; il quickshifter è di serie. Anche i freni Brembo M50 radiali monoblocco sono gli stessi della DesertX base.
Su strada: alta e maestosa, ma affilatissima
La DesertX Rally incute un po’ di timore per la sua sella altissima, posta a 910 mm da terra, e si distingue da tutte le altre per la sagoma stretta e allungata. Per via del motore a L, l’unico non in linea di questo gruppo di moto, la Ducati è anche la più lunga di interasse con 1.625 mm. Detto questo, la guida è veramente gratificante: il motore ha sempre una personalità e un timbro unici, che nessun twin in linea fasato a 270° ha ancora raggiunto, ed è sempre presente come spinta. Resta un po’ di disagio nello scendere ai regimi più bassi, ma basta sfiorare la frizione e il Desmodue fionda la DesertX Rally fuori da ogni curva. Nonostante l’impostazione marcatamente fuoristradistica, la rossa resta una goduria sull’asfalto: complimenti al team di progetto. Bella la posizione in sella, manubrio largo e braccia correttamente distese, per una sensazione di grande controllo, e la componentistica di pregio non tradisce: la forcella KYB ha un bellissimo sostegno ed è l’unica che non scompare appena si frena, per quanto l’impianto Brembo M50 non scherzi affatto quanto a potenza decelerante.Off-road: sorprendentemente a suo agio
Certo, la protezione offerta dallo stretto cupolino è discreta ma ci sono concorrenti che fanno meglio, e la sella è un po’ scivolosa e soprattutto molto molto dura. In questo sembra un po’ una Ducati di una volta, rispetto alle ultime creazioni di Borgo Panigale che si sono molto ammorbidite, in senso figurato ma anche letterale. Questa sella limita un po’ il comfort già sulle medie distanze, peccato perché la posizione in sella e la protezione aerodinamica rendono piacevoli anche i viaggi in autostrada, che col serbatoio da 21 litri e i bassi consumi possono durare anche molto a lungo. Detto questo, la DesertX Rally non è una moto che obbliga ad andare forte: funziona bene anche al trotto, con un motore sufficientemente malleabile, tutto sommato poche vibrazioni e una risposta del gas sempre molto precisa. Capitolo off-road: non è certo compatta, è una motona alta di sella, africana: piastra di sterzo lontana, braccia distese ma la guidi bene anche in piedi, grazie a una triangolazione perfetta. Favoloso il motore, tanta coppia ma non imbarazza, erogata benissimo. Peccato per il serbatoio che si allarga subito tanto, rende più difficile avanzare. Il mono non scarta, nonostante non abbia il leveraggio, e bello l’attacco del freno, il più bello tra le radiali. Alla fine è anche qua fra le migliori.
Se tutte le moto della nostra comparativa (tranne forse BMW) guardano a sud e al mondo dei rally sulla sabbia, perlomeno dal punto di vista estetico, Husqvarna tiene fede alle proprie radici svedesi e punta a nord, nel nome e nelle cromie con un bellissimo blu scuro ma luminoso e accenti gialli. La Norden 901 è in realtà una versione riveduta e corretta della KTM 890 Adventure R, con la quale condivide il principale upgrade ovvero le sospensioni WP completamente regolabili e ad escursione maggiorata (240 mm), con la forcella XPLOR 48 e il mono XPLOR PDS montato senza leveraggi. Le ruote da 21”-18” calzano di serie gomme Pirelli Scorpion Rally STR.
La base della Norden è piuttosto tecnica, con il telaio in acciaio e il motore LC8c con funzione portante. Questa versione del bicilindrico parallelo austriaco compatta lo è per davvero, con dimensioni esterne minime nonostante la potenza di 105 CV a 8.000 giri. Si tratta di un motore dal potenziale ben più elevato, decisamente superquadro ma rivisto rispetto alle naked per ammorbidire la curva di coppia. Meno esplosivo e più rotondo del 790, è un motore che vibra poco e scende senza problemi sotto i 3.000 giri, mantenendo un bel cambio di carattere sopra i 6.000 e un allungo, per usare un eufemismo, davvero vivace.
Su strada: comfort e precisione, gran viaggiatrice
La Norden è un po’ più raccolta rispetto alla Adventure, nonostante la sella più alta a 895 mm ha le pedane più arretrate, l’angolo delle ginocchia più accentuato e il manubrio più alto. La posizione in sella resta alta, “sopra la moto” come sulla KTM, ma ha una taratura sia elettronica che ciclistica tutta più morbida, si sente che è più una esploratrice che una belvetta Ready To Race, specie perché in sella la protezione offerta dal plexi è davvero ottima a tutte le velocità, senza vortici e con una copertura che lascia fuori solo una piccola parte delle spalle. Anche il motore sembra leggermente meno esplosivo; resta comunque pronto e potente a tutti i regimi, potendo anche scendere senza strappare fino a 2.500 giri. Bene il quickshifter e benissimo l’allungo, che sommato al feeling “da naked” di questa piattaforma col serbatoio molto verticale per abbassare il baricentro, rende la Norden veramente piacevole da guidare. La forcella affonda molto velocemente in frenata nella prima parte di escursione, ma poi trova il sostegno che serve, e i cambi di direzione sono molto naturali: basta spingere appena sulle pedane per innescare il movimento.Off-road: una KTM più amichevole
È insomma una viaggiatrice allegra, più confortevole ma altrettanto efficace della KTM 890 Adventure su strada, e che promette di non fermarsi dove l’asfalto finisce. In questo caso senti che è della stessa famiglia, con l’ergonomia raccolta – pedane altissime – ma un manubrio un filo più alto sui riser, pur se non ancora ottimale. La avverti compatta, snella, si allarga un po’ di più rispetto a KTM avanzando sulla sella, ma è molto più confortevole rispetto alla 890 Adventure R, più adatta a fare tanti km anche sulla terra. È comunque a suo agio in fuoristrada, sembra un po’ una enduro col serbatoio maggiorato di una volta, e impressiona soprattutto per quanto è distinta dalla sorella in termini di feeling pur mantenendo la stessa ottima direzionalità e trazione.
La variante più tecnica della 890 Adventure, e sicuramente la più fascinosa grazie al parafango alto e alla livrea dedicata, è stata aggiornata pochi mesi fa aggiungendo un po’ di plastiche ai lati del plexi. La KTM incarna infatti nell’aspetto le forme delle dakariane contemporanee, col serbatoio a forma di “Z” e proteso verso il basso, e l’avantreno scarno tutto plexi staccato dalle altre plastiche per lasciare la massima visibilità a terra. Un look forte e tecnico, ma che non era mai stato troppo digerito; la MY24 è senz’altro meno divisiva – grazie anche al blu di Prussia usato per il serbatoio in abbinamento al bianco e all’arancio – pur mantenendo tutta la sostanza di una moto decisamente molto tecnica.
Ha il pacchetto sospensioni WP XPLOR con la forcella da 48 mm e il mono tipo PDS senza leveraggi, il motore bicilindrico LC8c da 105 CV inserito con funzione portante in un telaio in tubi d’acciaio e geometrie tipicamente KTM, quindi molto svelte: l’interasse di 1.528 mm è il più basso di tutte, come pure il peso di 215 kg in ordine di marcia. L’avancorsa è contenuta in 110,4 mm, ma di serie c’è l’ammortizzatore di sterzo, ovviamente WP.
Completissima la dotazione elettronica, controllata dal display TFT da 5” con in opzione connettività a smartphone e navigazione integrata. Completissima la suite elettronica con ausili tutti cornering, mentre il quickshifter è lasciato in opzione. Il cupolino tagliato basso lascia scoperta la parte alta del casco, ma offre una migliore visibilità quando si guida in piedi (e per chi viaggia tanto, in optional c’è lo spoiler superiore). C’è il riding mode Rally per l’enduro veloce e le gomme sono MITAS Enduro Trail con misure da 21”-18”.
Su strada: per nulla a disagio
Sulla carta è la moto più specialistica del gruppo, dovrebbe essere la meno a suo agio sull’asfalto; in realtà ha una posizione e un feeling quasi da naked, con le pedane arretrate, la seduta alta e il manubrio piuttosto basso. La snellezza aiuta l’inserimento in sella, ma lo schiumato della sella molto rigido limita il comfort, e il cupolino basso lascia un po’ scoperti casco e spalle. Le sospensioni lavorano bene, il trasferimento di carico è marcato ma l’assetto si stabilizza in fretta e ci sono buona direzionalità in frenata e buona trazione in uscita di curva. Il motore non ha la prontezza quasi imbarazzante del 790, ha tanta grinta ed è sempre pronto senza peccare di on-off; inoltre i due contralberi contrastano efficacemente le vibrazioni, pur senza eliminarle del tutto. Potente la frenata assicurata dall’impianto Brembo con pinze radiali; la ciclistica “corta” con baricentro basso regala invece cambi di direzione rapidi e naturali, e sensazioni sorprendentemente “stradali” nonostante la presenza del 21” davanti. Una bella moto da guidare, a qualunque regime e velocità.Off-road: perfetta, ma quel manubrio...
In off-road ha tanto potenziale, ma una triangolazione che come su tutte le 890 Adventure continuiamo a non capire: sella alta e dura e va bene, ma manubrio veramente troppo basso per la guida in piedi. Con due riser più alti il potenziale sarebbe enorme, mentre così è un po’ limitante, anche perché le pedane sono alte, vicine al piano sella. È in generale agilissima, più vicina a una media che a una maxi, ma anche molto stabile di avantreno sul brutto, non scarta e non scappa; magari lo fa un po’ di più dietro. Davanti è bellissima di forcella, con una taratura che privilegia l’utente esperto, non è così morbida per mangiare tutto ma ha il giusto sostegno per superare l’ostacolo in velocità. Il motore è pronto subito ma rabbiosetto quando entra in coppia, è meno lineare del twin BMW. È un bel motore, pastoso il giusto ma quando arriva ce n’è tanto. Insomma: se hai mestiere lei va in capo al mondo, pur con qualche limite ergonomico.
Una proposta fuori dal coro, sia per MV Agusta che per questa categoria. A Schiranna si sono spinti fuori dalla loro comfort zone, per quanto in azienda la cultura del tassello sia sempre stata presente anche se non “esplicitata” col marchio MV. La LXP Orioli, che prefigura la imminente Enduro Veloce, è una moto diversa dalle altre da tutti i punti di vista: più larga, più lunga, più pesante ma anche più potente.
I tecnici MV hanno inserito il loro triple, profondamente rivisto (cilindrata aumentata, misure di alesaggio e corsa meno superquadre, nuovi assi a camme, nuova calibrazione, nuovo scarico, cambio estraibile dal lato destro anziché sinistro) ma di intonazione comunque marcatamente sportiva, in una ciclistica tutto sommato convenzionale per una off-road: telaio in acciaio perimetrale, motore non portante, forcellone con link e un pacchetto sospensioni anche qui di pregio, al meglio di quanto offre ZF Sachs con forcella da 48 e mono assistito da leveraggio, entrambi completamente regolabili e con 210 mm di escursione.
MV non rinuncia alla sportività nemmeno lato freni, con un poderoso impianto Brembo Stylema all’anteriore, mentre le ruote Excel sono le canoniche 21”-18” con pneumatici Bridgestone A41 o AX41 tassellati come sul nostro esemplare. Il serbatoio è da 20 litri e i cavalli a disposizione sono 124 a 10.000 giri, valori entrambi più elevati tra tutte le partecipanti come pure quello del peso, di 237,5 kg in ordine di marcia.
Su strada: sportiva camuffata
In sella la LXP Orioli ci ricorda molto la vecchia Cagiva Elefant: lunga e larga, col manubrio lontano dalla sella che non regala subito feeling con la ruota anteriore. Dà la sensazione di essere una maxi - quello che la Turismo Veloce non è mai stata - e sembra un po’ una delle prime endurone bicilindriche, tagliate per funzionare sulla terra ma che poi la gente usava soprattutto per il turismo a lungo raggio su asfalto. È in queste condizioni che la LXP Orioli è infatti più a suo agio, anche se bisogna dire che il primo istinto che stuzzica in chi la guida – e lo fa per un periodo molto, molto lungo – è quello di stracciare il comando del gas e godere del sound e della spinta del suo motore con albero controrotante, che tutto può sembrare fuorché un motore pensato per il fuoristrada. Ha una progressione inebriante e un cambio marcia mozzafiato, e anche la ciclistica funziona meglio andando forte, col limite del marcato affondamento della forcella sottoposta alle micidiali forze generate dalle pinze Stylema. Sorprendente a questo proposito il comportamento delle Bridgestone Battlax AX41, dalla tenuta pazzesca per dei tassellati. Da vera granturismo il confort offerto dalla sella in Alcantara, la posizione ben inserita e il riparo aerodinamico del plexi con le intelligenti appendici laterali fumé che permettono di vedere bene il fondo stradale. La posizione in sella è come dicevamo molto distesa, e alle basse velocità il feedback della ruota anteriore non è altissimo, mentre il motore ha qualche risonanza dalla cassa filtro poco gradevole acusticamente e diventa più evidente la connessione non ancora perfetta del comando del gas e della risposta motore, con una fase un po’ vuota, un po’ “liquida” in prima apertura.Off-road: chiede i grandi spazi
Decisamente, la LXP Orioli vuole regalare emozioni su strada. E in off-road come si comporta? Beh, la coperta tirata in senso prestazionale dal lato dell’asfalto lascia inevitabilmente qualcosa da desiderare sulla terra, soprattutto se parliamo di un off-road “stretto” e non dei larghi spazi dell’Africa, dell’America o dell’Australia per i quali questa moto sembra più tagliata. La risposta del gas è anche in questo caso il suo limite: su asfalto puoi godere il cambio marcia agli alti, qui però dove devi dosare non ti aiuta, e invece servirebbe perché c’è una massa importante. Peccato perché la ciclistica è parsa valida, le sospensioni si comportano bene e anche la frizione è robusta; ma questo tre cilindri vuole scappare in alto, la ruota dietro cerca di scavare sempre, anche sul duro. Nel fuoristrada all’europea, come dicevamo, è un po’ fuori dal suo contesto.
Ultimo capitolo dell’ormai lunga storia della Tiger “small block”, questa 900 ha il triple più grande della piattaforma piccola di Hinckley. Un motore meno superquadro degli altri (con l’eccezione di BMW) e che ha sempre fatto della grande trattabilità il suo punto forte, persino al costo di sacrificare un po’ di personalità.
Questa ultima incarnazione del motore con albero T-Plane a scoppi irregolari ha però raggiunto quota 108 CV a 9.250 giri: il 13% di potenza in più, niente male in un colpo solo! La base tecnica non cambia sostanzialmente, con il telaio a traliccio e il grande serbatoio da 20 litri di foggia tradizionale, che determina un baricentro piuttosto alto. Anche il parco sospensioni della Rally Pro è il medesimo, con la forcella Showa da 45 mm e il mono sempre Showa abbinato a link con 240 mm e 230 mm di escursione rispettivamente e completamente regolabili. Ruote da 21”-17” e un peso di 228 kg in ordine di marcia.
Le novità del MY24 non si limitano al motore, perché ci sono una nuova sella più piatta e un nuovo manubrio montato su elastomeri, oltre a plastiche più filanti e un nuovo e scenografico TFT da 7” con aggiornamenti agli ausili elettronici, tutti cornering. Sei i riding mode di serie, come di serie sono quickshifter, manopole e sella riscaldati, TPMS e comandi retroilluminati. Una moto davvero completissima che non nasconde la sua indole da grande viaggiatrice, a prescindere da quale sia la superficie su cui ci si sta muovendo.