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Honda Hornet o Yamaha MT-07: qual è la miglior naked in commercio?
Nove stagioni da regina e la decima corona che non arriva. La Yamaha MT-07 è un po’ come Valentino Rossi, a cui la gioia del decimo titolo – in questo caso di naked più venduta in Italia – è stato negato – in questo caso dall’arrivo della Honda CB 750 Hornet. Le mettiamo a confronto serrato, punto per punto
Il confronto delle vendite nel segmento delle naked medie vede quest’anno, per la prima volta da quando apparve nel 2014, la Yamaha MT-07 seconda. Davanti a lei si è inserita la nuova Honda Hornet CB750: deliberatamente proposta come anti-MT-07 per caratteristiche e prezzo, la nuova naked di Tokyo ha così compiuto la sua missione.
il calabrone ha insomma spodestato la motardona “dark side of Japan”, ma cos’è successo esattamente? È stato il fascino del nome, l’effetto-novità, le specifiche tecniche più alte o c’è qualcos’altro? Per capirlo abbiamo preso MT-07 e Hornet e le abbiamo messe “l’un contro l’altra armate”.
Cos’è la MT-07
C’erano già state la MT-01 e la MT-03, ma la MT-07 è il cardine della famiglia MT “moderna” insieme con la “motardona dark” MT-09, arrivata pochi mesi prima a fine 2013. Allora era di rottura, oggi resta originale nel look; meno motard nell’impostazione di guida rispetto alla sorella a tre cilindri, ha in comune con lei due cose: il divertimento di guida e il prezzo super-competitivo. Facile, divertente e accessibile, la MT-07 ha avuto subito grande successo, arrivando a pesare quasi il 40% del suo segmento in Europa. Come da progetto, piace molto ai neopatentati o a chi è comunque alla prima moto e molto anche alle ragazze. È nata, ed è rimasta, orgogliosamente "no-frills": la prima edizione aveva in opzione anche l'ABS, l’elettronica non è mai arrivata e solo da quest’anno ci sono il cruscotto TFT e il quickshifter (opzionale); questo non ha comunque impedito alla MT-07 di divertire e far innamorare generazioni di motociclisti e motocicliste.Cos’è la Honda Hornet CB750
Arrivata tra discussioni e polemiche per aver raccolto l’eredità pesantissima della naked 4 cilindri più venduta e amata degli Anni 90 e 2000, la nuova CB750 Hornet le ha spazzate via con la forza di un progetto vincente in termini di prestazioni, dotazioni e rapporto qualità/prezzo, che fa un nuovo e notevole salto in avanti per la produzione giapponese. Non c’è più il motore 4 in linea col suo “ronzio” agli alti, ma il compatto twin monoalbero visita comunque volentieri le zone alte del contagiri e la guida sportiva è anche più gratificante che sulla sua antenata; inoltre la Hornet offre sospensioni e freni più raffinati della media del segmento e spinge molto dal lato della tecnologia: rivestimenti speciali del motore, brevetti per la distribuzione e i condotti di aspirazione e una completa dotazione elettronica, con il ride-by-wire e la possibilità di regolare separatamente la potenza, il freno motore e il controllo di trazione con anti-wheeling integrato.Ciclistica: come è fatta la MT-07
La MT-07 ha puntato tutto su un progetto estremamente razionale, con poco spazio per gli orpelli. Yamaha ha messo tutto quel che serviva ma nulla di più, ed è stata brava a nascondere le aree su cui ha risparmiato. Un semplice telaio a diamante in tubi d’acciaio attorno al motore, sospensioni non regolabili con forcella tradizionale (che nelle ultime versioni è agghindata per sembrare una rovesciata) ma comunque un bel leveraggio al retrotreno, freni con dischi da 298 mm e pinze assiali, che solo dal 2021 sono diventate semi-monoblocco, e una generale propensione al risparmio evidente nelle leve, nei comandi a pedale, nelle piastre forcella e insomma nelle solite cose (nota: la versione in prova, dotata di numerosi accessori tra cui leve, frecce, scarico, fa meno testo in questo senso). Bello in compenso il forcellone, in alluminio scatolato e arcuato sul lato destro e lasciato in evidenza dallo scarico basso. Dove Yamaha ha riversato tutto il suo proverbiale know-how è nella scelta delle quote e nell’amalgama degli elementi per portare come detto a una guida facile e intuitiva, ma anche divertente come ancora non si era visto in questa categoria. Ancora oggi la MT-07 resta la più corta della categoria in termini di interasse (1.400 mm) e avancorsa (90 mm), e una delle più leggere con appena 184 kg in ordine di marcia (14 i litri di benzina nel serbatoio). L’escursione delle sospensioni è di 130 mm sui due assi, mentre la gommatura è generosa: Michelin Road 5 da 120/70-17” anteriore e 180/55-17” posteriore. Lato elettronica, come sappiamo la MT-07 si conferma “analogica” offrendo solamente l’ABS, anche se da questo anno c’è un display TFT da 5”, dalla brillantezza e chiarezza veramente notevoli e che offre la possibilità di essere connesso a smartphone con la notifica delle chiamate e dei messaggi in arrivo; in opzione si può poi avere il quickshifter, soltanto a salire visto che non c’è comunque il ride-by-wire.Ciclistica: cosa offre di più la Hornet
Come la MT-07, la Hornet CB750 è il primo frutto di una piattaforma destinata a essere declinata in molteplici varianti di cui la prima, la Transalp 750, ha già debuttato con notevole successo. Per questo ha dovuto accettare qualche compromesso di cui per la verità all’atto pratico non si sente troppo l’effetto: la ricaduta più evidente non è nel telaio o nel motore, ma nel faro trapezoidale condiviso fra le due. Con un posizionamento di prezzo identico a quello della MT-07 – e volendo anzi offrire specifiche superiori – è evidente che anche la Hornet ha dovuto puntare su un progetto assolutamente razionale: se la Yamaha è senza fronzoli, diciamo che la Honda ne ha comunque pochi. Dentro quindi anche qui un telaio a diamante in tubi d’acciaio a fasciare il motore, a sua volta meno rifinito e “premium” nel colpo d’occhio rispetto a quello della CB650R; un telaietto saldato sempre in tubi e un forcellone scatolato in acciaio, essenziale nella costruzione così come lo scarico singolo che corre sul lato destro. Le sospensioni contano però su due unità più raffinate rispetto alla Yamaha, in particolare la forcella Showa SFF-BP da 41 mm rovesciata e a funzioni separate, mentre il mono sempre Showa è abbinato a un leveraggio e regolabile nel precarico. Escursione di 130 e 150 mm rispettivamente sui due assi. Specifiche superiori anche per i freni, con dischi a margherita da 296 mm abbinati a pinze Nissin ad attacco radiale, mentre nei pneumatici (anche qui Michelin Road 5) dobbiamo registrare la scelta di Honda di adottare un posteriore più stretto, da 160/60 R17, per favorire un’agilità che certo non risente del peso, praticamente allineato alla Yamaha con 190 kg in ordine di marcia (ma con un serbatoio da 15,7 litri).
Per il resto le quote ciclistiche della Hornet sono appena meno svelte ma sostanzialmente allineate a quelle della MT-07: interasse di 1.420 mm contro 1.400 mm, avancorsa di 99 mm contro 90 mm e una distribuzione delle rigidezze a sensazione piùttosto simile. Cambia invece la posizione di guida, che sulla Hornet è in generale più distesa: nonostante la sella sia più bassa (795 mm contro 805 mm sulla Yamaha), il manubrio più dritto e le pedane più lontane. L'assetto è naturale, col busto meno eretto che sulla MT-07 dove il manubrio è sensibilmente più in alto.
Un lato dove la Hornet punta a fare la differenza è naturalmente l’elettronica di bordo. Grazie a un progetto più recente di quasi 10 anni, Honda ha inserito il ride-by-wire che ha a sua volta permesso di implementare efficacemente la regolazione (su tre livelli) della potenza motore, del freno motore, un controllo di trazione con anti-wheelie integrato e il quickshifter (opzionale), il tutto raccolto in quattro riding mode.
Non c’è piattaforma inerziale e le funzioni non sono cornering, comunque c’è la funzione frenata di emergenza ESS, che fa lampeggiare gli indicatori di direzione in caso di forte decelerazione. Il display TFT da 5” offre inoltre non solo la connettività di base al telefono, ma il sofisticato sistema Honda Smartphone Voice Control che consente di interfacciarsi al casco e di gestire anche la musica e il navigatore audio controllandoli dal blocchetto sinistro (fortunatamente meno caotico di quello della Africa Twin, anche se questo display non è fra i più intuitivi da utilizzare).
Motore: come è fatta la MT-07
Yamaha ha “inventato” in era moderna (con la TRX 850 del 1995) il bicilindrico in linea con manovelle a 270° per assomigliare a un V-twin, e ne ha fatto un marchio di fabbrica con le sigle “CP” che indicano l’albero a croce (crossplane). Il CP2 della MT-07 mantiene dunque questa soluzione, applicata a un bicilindrico da 689 cc relativamente a corsa lunga per gli standard di quando uscì. Nella versione a piena potenza (esiste poi, come per la Hornet, la 35 kW da patente A2) eroga 73,4 CV a 8.750 giri con una robusta coppia di 67 Nm a 6.500 giri, ed è abbinato a un cambio a 6 rapporti con frizione non anti-saltellamento; l’alimentazione è a iniezione ma è del tutto assente, come abbiamo già detto, la gestione elettronica.Motore: cosa offre di più la Hornet
L’altro aspetto oltre all’elettronica su cui Honda ha puntato in maniera più evidente sono le prestazioni: la prima Hornet 600 con motore 4 in linea aveva 96 CV, e questa ne offre 92, sostanzialmente gli stessi e quasi 20 più della MT-07. Un risultato ottenuto ricorrendo a un motore di cilindrata maggiore (755 cc contro 689 cc) e più superquadro, ovvero a corsa più corta (63,5 mm contro 68,6 mm, nonostante la cilindrata maggiore) e capace di alloggiare valvole più grandi e girare più alto. Infatti la potenza massima di 92 CV è erogata a 9.500 giri e la coppia di 75 Nm a 7.250 giri, in entrambi i casi 750 giri sopra i valori Yamaha. Anche Honda ha adottato il manovellismo a 270°, come praticamente tutti i bicilindrici paralleli moderni, per dare più personalità anche timbrica al suo motore. La induzione è sempre a quattro valvole ma con distribuzione qui non bialbero bensì Unicam, il particolare sistema monoalbero brevettato che Honda utilizz anche sulle sue 450 da Cross e da Rally. Inoltre i canali di aspirazione “Vortex Flow Ducts” creano un flusso a vortice uniforme verso l’airbox. Il cambio è a 6 rapporti, qui però con frizione antisaltellamento e il quickshifter, sempre opzionale, qui funziona a salire ma anche a scendere grazie alla capacità del ride-by-wire di realizzare la “doppietta” in scalata.Guida: come va la MT-07
Bassa, raccolta, con poco sbalzo tra serbatoio e sella e il manubrio piazzato piuttosto in alto, la MT-07 è perfetta per le stature piccole e medie, pur accogliendo agevolmente (ma con le ginocchia più chiuse) anche chi è più alto. È impossibile confonderla: ci sali e dopo due metri te la senti in mano, col motore che frulla e spinge subito, e se lo richiami a bassa velocità ti porta fuori bene anche nelle marce alte, nonostante gli scuotimenti. Per il resto, vibra poco a qualunque regime. Incline all’impennata, la MT-07 sa in realtà muoversi con educazione. Anche con l’Akra che montava in opzione il nostro esemplare, è silenziosissima, scende in piega in un amen e ha un raggio di sterzata più che discreto. Sul veloce comunica sempre una bella solidità, e solo nei cambi di direzione più veloci si sente l’effetto della gommona posteriore più larga e piatta rispetto alla rivale. Se le si chiede di aggredire la strada non si tira indietro, ma è soprattutto il pacchetto sospensioni ad andare in crisi, in particolare la forcella che non riesce a gestire in modo omogeneo le inerzie e le richieste del freno anteriore, che vanta un "bite" piuttosto pronto. Il cambio resta sempre morbido negli innesti, anche senza quickshifter che non era montato sull’esemplare in prova.Guida: cosa offre di più la Hornet
Un po’ più grande e abitabile della rivale, la Hornet ha una posizione di guida più da naked classica, col manubrio non troppo alto e il serbatoio che si stringe meglio fra le gambe. Nei regimi di normale utilizzo su strada non fa sentire particolarmente di avere più birra della MT-07, piuttosto il suo motore sembra un po’ più regolare quando si scende a basso regime nelle marce alte. Quando si superano i 7.000 giri, però, il twin Honda continua a spingere e ad allungare con decisione accompagnato da un bel timbro di aspirazione, mentre il CP2 Yamaha va un po’ in affanno e rallenta la sua corsa. Tenendo il motore ad alti regimi si può quindi apprezzare tutta la cavalleria in più della Hornet, pur se la guida in queste condizioni richiede più attenzione. Se il telaio resta infatti irreprensibile anche ad alte velocità, è anche qui la forcella a soffrire di più, facendo perdere alla Hornet quell’irreprensibilità e facilità di utilizzo che la caratterizzano. In questo è infatti una Honda al 100%: ci sali ed è tua, pur se non ti invoglia esplicitamente a giocare come sa fare la Yamaha.
Quanto a elettronica, ferma restando la possibilità di cucirsi la moto addosso che la Yamaha non offre, abbiamo però trovato l’elettronica Honda un po’ invasiva. Non tanto nell’intervento, quanto per il fatto che una volta che l’ABS e soprattutto il Traction Control entrano in gioco, si disinseriscono con sensibile ritardo rispetto alle attese. Basta passare su un punto con un po’ di ghiaia a terra o un a chiazza d’erba per vedere la spia lampeggiare per molti metri, mentre il motore non spinge e soprattutto non sostiene in caso si sia in piega o anche solo in manovra, aspetto quindi piuttosto fastidioso.
In concreto, quindi, se parliamo di prestazioni effettivamente fruibili su strada, la Hornet ha un vantaggio meno importante di quanto raccontino i dati di targa: come abbiamo già visto in tutte le comparative precedenti, la MT-07 resta un osso duro anche per moto con più cavalleria. La Honda ha piuttosto una diversa personalità, altrettanto intuitiva e immediata ma più “disciplinata” rispetto alla MT-07. Anche rispetto all’ospitalità per il passeggero – che resta in entrambi i casi piuttosto sacrificato – la Hornet non è più accogliente della rivale.