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Suzuki Katana: il ritorno della leggenda

Valerio Boni
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Abbiamo provato la nuova Suzuki Katana sulle tortuose strade giapponesi. Ecco come è fatta e come va la moto che omaggia una storia lunga quarant'anni...

Il mondo delle due ruote a motore non è certo tra i più aperti ad accogliere elementi nuovi e gli esempi di dietrofront eccellenti sono numerosi. Se i problemi legati alla mobilità hanno favorito l'avvento del cambio automatico degli scooter, peraltro dedicati a un pubblico che non è propriamente quello degli appassionati, altri progetti sono naufragati. Ogni regola, però, ha sempre un'eccezione, e in casa Suzuki si chiama Katana.

La storia della Suzuki Katana

Quando al Salone di Colonia del 1980 fu presentata la GSX1100S rappresentava una vera e propria rivoluzione stilistica in un periodo storico nel quale le supersportive carenate non erano ancora nate, e le enduro monocilindriche erano ancora agli albori. Con grande coraggio ad Hamamatsu decisero di dare una scossa al settore, rivestendo quella che allora era la moto più prestazionale della gamma. Un'impresa affidata al designer più visionario di quegli anni, il tedesco Hans Muth, già autore di due progetti decisamente fuori dagli schemi, soprattutto se si considera che erano destinati alla produzione BMW: la R 90 S e la R 100 RS.
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Suzuki Katana: oltre gli schemi

Il risultato fu un “oggetto” che usciva dagli schemi, introducendo elementi stilistici nuovi, vere e proprie contaminazioni provenienti dal mondo aeronautico e da quello navale. Nessuno fino ad allora aveva avuto l'ardire di proporre su una moto di serie uno stile che da una parte ricordava quello del Concorde, dall'altra era un tributo alle navi da guerra giapponesi. Era un azzardo, una scommessa, ma la Katana centrò l'obiettivo diventando un'icona e un fenomeno sopravvissuto alle mode, esteticamente ancora attualissima nonostante siano trascorsi 40. A varie riprese, infatti, le eredi della prima GSX1100S sono rimaste in listino su vari mercati fino al 2001. L'idea di riprovarci è nata nel 2017, anno in cui Suzuki si presentò a Eicma con la Katana 3.0 Concept, rispettando scaramanticamente buona parte dell'iter seguito in passato. La base di partenza rimane quindi quella della gamma GSX, all'interno della quale c'è solo l'imbarazzo della scelta in termini di telai e configurazione di motori (per la precisione la donatrice è la GSX-S 1000), mentre per lo stile è stato chiamato un “Gaijin”, uno straniero. Se alla fine degli anni Settanta il più creativo era un designer tedesco, oggi la persona giusta per reinterpretare lo stile originale in chiave XXI secolo è il nostro Rodolfo Frascoli, autore delle linee di modelli prodotti da Triumph, Moto Guzzi e Piaggio.

Suzuki Katana: passato e presente

Quando il nome è importante, l'impresa di effettuare un remake è molto delicata, soprattutto se l'obiettivo non sono solo le prestazioni, ma bisogna catturare emotivamente i motociclisti divisi in due categorie: quelli più anziani, ormai ultracinquantenni che hanno vissuto la prima era Katana, e quelli di oggi, che ne hanno solo sentito parlare. Gli elementi caratteristici del progetto originale ci sono tutti, dal cupolino verticale alla sella bicolore, fino alle linee dai tagli netti, idealmente tracciati dalla spada dei samurai donatrice del nome. Il tutto non può che essere integrato in dettagli al passo con i tempi, e non mancano quindi i fari a led, il portatarga staccato dal parafango per alleggerire la coda, e il cruscotto digitale impostato sulle forme e sulle grafiche del passato. Suzuki ha scelto due sole colorazioni, una grigia e una nera, per sottolineare lo stile minimalista e un'impostazione di guida personalizzata, che si scosta da quella della naked GSX-S. Il manubrio in alluminio è rialzato, come la sella posta a 825 mm da terra, con una conformazione molto rastremata nella zona di congiunzione con il serbatoio, che per l'occasione è stato sensibilmente ridimensionato da 17 a 12 litri di capacità, sacrificando l'autonomia sull'altare dello stile e della guidabilità. In termini di prestazioni i giapponesi non hanno voluto correre rischi, così la scelta è caduta su un motore dal grande temperamento, quello della sportiva GSX-R1000R del 2005, un quattro cilindri che ha lasciato il segno, con una potenza adeguata, 110 kW a 10.000 giri, addomesticato quel tanto che basta per rendere la sua erogazione più corposa ai medi regimi. I tecnici hanno lavorato su diversi elementi, anche su quelli apparentemente meno tecnologici come il comando dell'acceleratore. La camma che trascina il cavo ha una sezione rotonda, ma ha una forma a parabola per rendere più progressiva l'azione nei primi gradi di apertura, ed eliminare in modo semplice ma efficace l'effetto on-off con le marce più basse inserite. Naturalmente non manca l'elettronica, sotto forma di un controllo di trazione, escludibile o selezionabile su tre posizioni, mentre non sono previste possibilità di modificare la mappatura e i programmi di guida.
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Suzuki Katana: la prova

Anche nel reparto ciclistico c'è un equilibrio tra tecnologia e tradizione, come dimostrano le sospensioni. Se la forcella a steli rovesciati da 43 mm è una Kayaba completamente regolabile, il monoammortizzatore permette di modificare il setup del precarico della molla e dell'estensione, senza possibilità di intervenire sulla compressione. Il telaio, un doppio trave in lega di alluminio, è quello della nuda S, abbinato a un impianto frenante che rafforza la collaborazione italo-giapponese: una pinza Nissin per il disco posteriore da 250 mm e due pinze radiali Brembo per la coppia di dischi da 310 mm montata all'anteriore. Del tutto nuovi sono infine i Dunlop Roadsport2, pneumatici configurati e omologati espressamente per la nuova Katana. I dettagli contano, ma una moto che non deve solo trasportare ma trasmettere emozioni deve convincere soprattutto quando ci si mette in sella. La posizione è meno estrema rispetto a quella degli anni Ottanta, a fare la differenza è il manubrio rialzato e non in due pezzi come allora. Ciò non significa che l'assetto sia turistico, perché la sella porta naturalmente a caricare l'avantreno, ma in misura non eccessivamente impegnativa per i polsi. In fase di progettazione non è stato trascurato il sound design, un elemento che fa la differenza su molte auto, che Suzuki ha trasferito sulla Katana con l'obiettivo di regalare alla moto una voce piena, ben integrata con la tonalità di aspirazione. Della nuova Suzuki piace la sensazione di totale controllo, favorita dalla sezione rastremata di sella e serbatoio, e si apprezza da subito la guida agile e precisa. Per presentarla alla stampa internazionale è stata scelta una soluzione inconsueta, a metà tra la prova su strada e quella in circuito: una strada panoramica di montagna lunga una decina di km, la Arashiyama-Takao Parkway chiusa al traffico per l'occasione. Il motore non rappresenta una sorpresa, nel senso che la generosità del quattro cilindri è nota, meno conosciuta è la capacità di essere controllato con delicatezza quando non si è alla disperata ricerca di sportività, e parte del merito va proprio a comando del gas modificato. 215 kg dichiarati a secco non sono un peso piuma, ma il peso in realtà si fa sentire solo quando c'è la necessità di fare inversione su una strada stretta e lo sterzo che arriva presto a fondo corsa richiede di effettuare la manovra in più riprese. Per il resto la manovrabilità è elevata, con un avantreno ben piantato, ma non per questo lento nei cambi di direzione, situazione nella quale dimostra al contrario una grande reattività. Le condizioni meteo variabili della giornata in cui si è svolto il test hanno consentito di mettere alla prova le varie impostazioni del controllo di trazione, che nella posizione standard, la 3, è sempre molto vigile, come dimostra il lampeggio continuo della spia sullo strumento quando si sceglie uno stile di guida dinamico. Bisogna tuttavia sottolineare che l'intervento non è violento, con continue quanto impercettibili correzioni, senza avvertibili tagli dell'erogazione se non si superano i limiti della fisica. Sotto questo punto di vista, quindi, si guida come una moto classica, quasi d'altri tempi, ma con la certezza di poter contare sull'intervento dei controlli elettronici di base, trazione e ABS, nel caso fosse necessario.
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Suzuki Katana: come una spada

L'ottantina di km percorsi non consente di avere un'idea completa di quale sia il carattere della nuova Katana, ma il bilancio è comunque positivo, grazie anche al bilanciamento tra telaio, motore e pneumatici che permette di adattare la guida alle necessità del momento. L'assetto standard è un po' rigido per la guida di tutti i giorni, ma si adatta alla perfezione a quella brillante suggerita da una strada come quella che ha ospitato la prova. Il tutto è condito da un impianto frenante efficace, con un'azione non aggressiva nella prima fase di azionamento della leva a prova di panico, ma con il quale non è difficile trovare un affiatamento dopo poche curve. L'elettronica limitata al controllo di trazione fa in modo che la gestione del motore sia affidata esclusivamente alla sensibilità del polso destro, perché il motore non è certo di quelli che si fanno pregare quando servono coppia e potenza. Sotto questo punto di vista si dimostra indubbiamente fedele al nome scelto, una vera e propria arma da samurai, o da... ninja se questo termine non fosse vietato in Suzuki.
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