Quotazione Moto&Scooter

Cerca

Seguici con

ADV
Moto & Scooter

Mike Hailwood's Ducati 900F1: monumento a due ruote

di Alan Cathcart, foto di Kyoichi Nakamura il 28/01/2009 in Moto & Scooter

Può davvero fare la storia una moto che ha vinto solo due gare? La risposta è "sì" se stiamo parlando della "mamma" di tutte le Superbike di Borgo Panigale, soprattutto se pilotata da "Mike the Bike"

Mike Hailwood's Ducati 900F1: monumento a due ruote
Chiudi
Il 3 giugno del 1978 è una data che è entrata di diritto nella storia del motociclismo: sono stati scritti fiumi di parole, infatti, per celebrare il vittorioso ritorno di Mike Hailwood al Tourist Trophy.
Non a caso il leggendario trionfo di "Mike the Bike" sull'Isola di Man in sella alla Ducati 900, undici stagioni dopo la sua ultima apparizione sul Mountain, è considerato da molti come il più grande evento motociclistico di tutti i tempi.

Se quel giorno d'estate di trentuno anni fa, mentre me ne stavo dietro alle barriere di protezione all'esterno del tracciato, qualcuno mi avesse detto che due decenni più tardi avrei avuto la straordinaria possibilità di provare la stessa moto che stava cavalcando quello che io consideravo "il mio eroe", l'avrei probabilmente preso per pazzo e invece è accaduto davvero, a Mallory Park, il circuito che vide Hailwood vincere di nuovo una settimana dopo la clamorosa affermazione sull'Isola.

Tutto ciò è stato possibile grazie alla generosità dei proprietari della moto, i fratelli Larry e Mark Auriana, e a colui che mise Hailwood nelle condizioni di poter battagliare con le Honda ufficiali, Steve Wynne della Sports Motorcycles.
L'opportunità di provare la moto vincitrice del TT del 1978 mi ha permesso di trovare la risposta a tante domande che mi ero posto quando, durante una ricongnizione prima della gara, Hailwood mi aveva superato presso la Schoolhouse Corner, a Ramsey.
Ricordo infatti che in quell'occasione la sua Ducati sembrava come ancorata a un binario per quanto era stabile, nonostante la media da capogiro con la quale Mike affrontava il Mountain e soprattutto benché l'asfalto fosse tutt'altro che esente da buche e avvallamenti.
In realtà, anche a causa della presenza sul campo dei tecnici ufficiali Ducati Franco Farné e Giuliano Pedretti, il lavoro svolto da Steve Wynne nell'allestire e sviluppare il mezzo con cui ha corso Hailwood è stato spesso sottovalutato.
Questo soprattutto quando, con grande rapidità, la Casa Madre mise in commercio la replica stradale della moto del pilota britannico, lasciando intendere che quella con la quale Mike aveva regalato a Ducati il suo primo titolo mondiale fosse una moto ufficiale al 100%, con tanto di livrea tricolore dedicata appunto all'Italia, mentre in realtà quelli erano i colori dello sponsor Castrol!
Non solo Wynne acquistò regolarmente le 900 TT1 con le quali fece correre Hailwood e il suo compagno di squadra Roger Nicholls, anche se il motore installato sulla moto di Mike all'ultimo minuto prima della gara fu in effetti preparato a Borgo Panigale, ma il tecnico inglese apportò ad esse una nutrita serie di modifiche, tuttora visibili, che ne migliorarono ulteriormente il comportamento.
Mike Hailwood's Ducati 900F1: monumento a due ruote
Nella foto a sinistra: un primo piano del mitico "coppie coniche" bolognese

All'epoca Ducati non aveva un vero e proprio Reparto Corse interno e quindi entrambe le moto vennero realizzate presso la Scuderia NCR, situata nelle vicinanze della fabbrica stessa, a partire dalla base delle NCR 900 da Endurance caratterizzate dal motore a carter tondi fusi in terra dotati di rinforzi secondo quanto permesso dai regolamenti F1.
Il basamento impiegava anche un filtro dell'olio a cartuccia (come quello che, in seguito, sarebbe stato adottato sul Pantah), un cambio con rapporti ravvicinati e una frizione a secco con dischi in metallo, mentre i coperchi esterni erano in magnesio.
Nonostante ciò, quando Wynne ricevette le moto verso la fine del 1977, per prima cosa le smontò completamente per poi riassemblarle apportando le modifiche che riteneva opportune.
Queste comportarono la maggiorazione del perno di biella e dei cuscinetti di banco, in modo da prevenire quello che era il principale problema dei grossi bicilindrici Ducati a coppie coniche: farli girare oltre gli 8.000 giri con l'imbiellaggio di serie, infatti, significare diminuire drasticamente l'affidabilità del motore.
Inoltre i pistoni NCR da 86 mm di diametro furono sostituiti con altri dell'americana Venolias da 87 mm, spediti in Inghilterra da Cook Neilson, che aveva vinto a Daytona in sella alla sua Ducati soprannominata "California Hot Rod" battendo una nutrita schiera di quattro cilindri giapponesi.
I nuovi pistoni innalzarono il rapporto di compressione fino a 11:1 e lo stesso fecero con la cilindrata effettiva, che divenne 883 cc.
Dopo essere stato accuratamente ribilanciato il bicilindrico Ducati era in grado di raggiungere tranquillamente i 9.500 giri, con Hailwood che era solito spingersi anche 1.000 giri oltre questa soglia, come ebbe modo di dichiarare al termine della sua vittoriosa gara a Mallory Park nella quale, una settimana dopo il trionfo sull'Isola di Man, mise di nuovo in riga i plurifrazionati (per di più su un circuito a loro più congeniale).
Sul banco prova della Sports Motorcycles la moto di Mike fece registrare una potenza massima pari a 87 Cv a 9.000 giri, il che la dice davvero lunga sulla validità progettuale del bicilindrico Desmo a coppie coniche e sulle doti di Steve Wynne come preparatore se si pensa che il motore non perse un colpo durante una gara impegnativa come il TT.
Questo risultato fu ottenuto anche grazie alla modifica dell'angolo incluso tra le valvole, (sul propulsore di serie era di 72°, mentre su quello da gara valeva 60°), alla maggiorazione delle valvole stesse (quelle s'aspirazione che misuravano 43,5 mm contro i 39 mm della 900 SS stradale), quelle di scarico (da 39,5 mm contro i 36 mm del modello standard), e agli alberi a camme "Super-Imola", che garantivano alle valvole di aspirazione un'alzata di 12,5 mm.
Inoltre, Wynne intervenne a livello di ingranaggi della distribuzione in modo da poterne variare la messa in fase.
Il tecnico britannico installò anche un'accensione della Lucas Rita, visto che le accensioni di fabbricazione italiana erano note per la loro scarsa affidabilità, e mantenne i carburatori Dell'Orto PHM da 40 mm, come richiesto dai regolamenti della categoria TT1, ma ne accorciò i collettori in gomma che li collegavano alle teste e li privò dei getti di compensazione in modo da rendere l'erogazione del motore più fluida in corrispondenza delle parziali aperture del gas.
Nell'ottobre del 1977, poi, Roger Nicholls bruciò a Brands Hatch la frizione della sua Ducati (appena arrivata dall'Italia alla Sports Motorcycles) durante la partenza della Powerbike International, tant'è che Wynne sostituì subito le molle della frizione con quelle del monocilindrico Ducati da 450 cc.
Allo stesso modo Steve intervenne anche sul cambio, visto che la quarta marcia tendeva a "saltare", ma ciò non fu sufficiente a risolvere il problema, così lo stesso Hailwood, grazie alle conoscenze maturate mentre era impegnato in Formula 1, si rivolse agli specialisti della Hewland Gears che realizzarono un cambio studiato appositamente, tuttora installato sulla moto, con il quale l'inconveniente fu eliminato in modo definitivo.
Mike Hailwood's Ducati 900F1: monumento a due ruote
Nella foto a sinistra: il telaio firmato Verlicchi è in tubi di acciaio al cromo-molibdeno

Al di là di questi interventi, tuttavia, la 900 NCR TT1 con la quale il compianto pilota inglese vinse sull'isola dei gatti senza coda rappresenta perfettamente, oggi come allora, il concetto (assai caro a Ducati) di derivata di serie, in quanto la moto una volta inforcata si dimostra molto simile alla sua replica stradale, la MHR.
Questo secondo la stessa filosofia che aveva portato la 750 SS ad essere nient'altro che la versione "street legal" della moto con la quale Paul Smart fece sua la 200 Miglia di Imola nel 1972.
Se non fosse per la presenza del radiatore dell'olio al posto del faro e per il classico contagiri meccanico Veglia a fondo bianco, la Ducati del grande Mike the Bike non sarebbe poi così diversa, almeno a livello di posizione di guida, da un qualsiasi bicilindrico Desmo a coppie coniche dello stesso periodo.
Anzi, le pedane sono perfino posizionate più in basso, dal momento che Hailwood non riusciva più a piegare bene la gamba destra in seguito a un incidente patito nel 1974 sul circuito del Nürburgring durante una corsa in auto.
Pur essendo stato prodotto dalla Verlicchi in cromo molibdeno, per risparmiare peso, il telaio riprende le stesse misure della 900 SS stradale, mentre il forcellone sembra uguale a quello di serie ma in realtà è più largo, in modo da poter ospitare un pneumatico di maggior sezione rispetto al modello con faro e targa.
In tema di componentistica l'avvento degli ammortizzatori a gas della Girling da 13", con i quali Wynne sostituì i più corti e meno efficaci Marzocchi previsti da NCR, rappresentò una vera e propria benedizione per coloro che impiegavano in gara i bicilindrici Ducati di grossa cilindrata negli anni Settanta, poichè miglioravano notevolmente la guidabilità del mezzo.
Alzando il retrotreno, infatti, essi diminuivano di fatto l'inclinazione del cannotto di sterzo, rendendo meno problematica la gestione del lungo interasse di ben 1.500 mm.
Nonostante i manubri della moto di Hailwood prevedano una forte inclinazione verso il basso, i gomiti e le spalle di chi guida vanno a disporsi in un modo sufficientemente comodo e lo stesso vale per le gambe, per via delle pedane basse, e per il bacino, ben accolto dalla sella.
Quest'ultima è caratterizzata da una imbottitura più pronunciata nella parte posteriore, in modo che il peso del pilota vada a gravare sull'avantreno, compensando così una distribuzione statica della massa che vede il 52% del carico a favore della ruota posteriore e il 48% di quella anteriore.
Inoltre, sempre a causa dell'incidente che aveva messo fuori uso la gamba destra di Mike, il comando del cambio con la prima rivolta verso l'alto si trova sul lato sinistro ed è dotato di un rinvio che attraversa il perno del forcellone.
Al di là del comfort, comunque, la posizione di guida limita la luce a terra.
Pur senza spingere oltre il dovuto, infatti, è piuttosto facile toccare l'asfalto con la punta degli stivali. Anche Hailwood dovette fare i conti con questo problema, visto che portò a termine la gara di Mallory Park con i piedi sanguinanti…
Mike Hailwood's Ducati 900F1: monumento a due ruote
Nella foto a sinistra: Catchart in azione sulla Ducati di Mike Hailwood

Mi aspettavo che la moto vincitrice del TT targato 1978 avesse un gran tiro ai bassi regimi e da questo punto di vista la Ducati non delude.
Nonostante la considerevole alzata delle camme, l'elevato rapporto di compressione consente al motore un'ottima spinta anche in uscita delle curve più lente, senza incertezze o strappi da parte della trasmissione. Il bicilindrico della moto di Hailwood equivale in trattabilità quello di una versione stradale fino ai 7000 giri, dopo di che la musica cambia e l'ago del contagiri schizza a grande velocità verso la soglia dei 10.000, accompagnato da una tonalità di scarico decisamente più intensa.
Ad ogni modo il motore dà la sensazione di girare molto liberamente, come se l'inerzia e gli attriti interni siano stati ridotti al minimo.
Il compianto Giorgio Nepoti e Rino Caracchi della NCR devono aver fatto un ottimo lavoro su quel bicilindrico a coppie coniche, un'opera che Steve Wynne ha ulteriormente affinato.
Qualsiasi sia la marcia inserita, infatti, la Ducati di Hailwood esce dalle curve senza problemi, supportata da un cambio i cui innesti risultano sempre morbidi e precisi, tanto che è possibile inserire le marce senza neppure tirare la frizione.
Nonostante la prima sia davvero molto lunga, l'accelerazione è paragonabile a quella delle moderne 600 da Supersport, rispetto alle quali la Ducati che ha vinto sull'Isola di Man pesa anche qualche chilo in meno visto che, con tutti i liquidi ma senza carburante, ferma l'ago della bilancia a quota 166 Kg.
Gli 87 Cv di potenza massima alla ruota vengono scaricati a terra in modo talmente rapido, una volta superati i 7000 giri, che è sempre meglio rialzare in fretta la moto prima di spalancare tutto il gas.
Di sicuro le caratteristiche della 900 TT1 NCR non si addicono a un tracciato tortuoso come Mallory Park, definito dallo stesso Wynne come "piuttosto ostico" e certamente più adatto alle peculiarità delle quatto cilindri giapponesi, il che aggiunge ulteriore valore alla vittoria ottenuta da Mike una settimana dopo il Tourist Trophy.
La Ducati ha infatti nella grande stabilità il suo punto di forza, al quale contribuisce anche l'ammortizzatore di sterzo Kawasaki montato sul lato destro del telaio. Grazie ad esso, tuttavia, le oscillazioni che la forcella innesca in piena accelerazione vengono smorzate solo in parte, quando la ruota anteriore incontra eventuali buche o avvallamenti.
In tal caso, infatti, emerge un discreto sottosterzo e bisogna ricorrere alle maniere forti per convincere la moto a mantenere la traiettoria ideale.
Per certi versi, dunque, la vittoria di Hailwood a Mallory rappresenta un risultato ancora più ammirevole del suo trionfo sul Mountain al TT, dal momento che Mike ha saputo gestire con autentica maestria un mezzo tutt'altro che appropriato alle piste ricche di curve strette.
Di sicuro uno degli aspetti attraverso i quali la Ducati poteva trarre vantaggio rispetto ai più pesanti quattro cilindri dell'epoca era la frenata.
I dischi Brembo anteriori in acciaio e le pinze a due pistoncini rappresentavano infatti un vero e proprio punto di riferimento nel 1978, anche se per ottenere il meglio dall'impianto bisogna applicare un trazione piuttosto importante sulla leva.
A questo, poi, va aggiunto l'abbondante freno motore del bicilindrico Desmo, che consente di fare a meno del freno posteriore, così come faceva lo stesso Hailwood.
Tutt'al più, nelle frenate particolarmente violente, è buona norma tenere due dita sulla leva della frizione, facendola slittare leggermente, in modo da evitare il bloccaggio della ruota dietro.
Alla luce di quanto detto sembra strano che Wynne non abbia voluto risparmiare peso, sostituendo il grosso disco posteriore con un'unità più piccola e leggera.
Forse temeva che, così facendo, le asperità dell'asfalto avrebbero potuto sollevare da terra il retrotreno con maggior facilità, ma è difficile dirlo.
In ogni caso il settaggio piacevolmente morbido degli ammortizzatori Girling rende la Ducati estremamente efficace anche sui tratti sconnessi, come ebbi modo di notare alla Schoolhouse Corner in quell'assolato giorno di trentuno anni fa…
Oggi, grazie alla sensibilità dei fratelli Auriana e di Steve Wynne lo spirito del grande Mike Hailwood, morto insieme alla figlia in un incidente stradale, rivive in questa moto che, periodicamente, viene esposta e utilizzata durante gli eventi motociclistici e nelle rievocazioni storiche di tutto il mondo.
Mike avrebbe senz'altro approvato…
Mike Hailwood's Ducati 900F1: monumento a due ruote
Chiudi

Per inserire un commento devi essere registrato ed effettuare il login.

ADV