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Perché non ha senso partecipare ai motoraduni invernali

Marco Gentili il 12/01/2018 in Attualità

Punto di vista politicamente scorretto su uno dei totem dei motociclisti: cosa spinge un essere umano a sfidare freddo, gelo e noie tecniche per il gusto di viaggiare in moto d'inverno?

Perché non ha senso partecipare ai motoraduni invernali
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Attenzione: il seguente post genera irritazione nel motociclista medio. Ed è vietato commentarlo con: "tu non sei un vero motociclista"

Tutti nella nostra vita da motociclisti ne abbiamo fatte, di cose strane. Riviste con l'occhio della maturità e degli anni che passano, ci riportano indietro ai tempi della nostra gioventù, ma con la testa di oggi non le rifaremmo di certo. Una di queste cose è senza dubbio il raduno invernale in moto, una delle prove di supplizio psicofisico che nella scala di valori sta tra "calcio nelle gonadi" e "tortura da parte di un gruppo di scagnozzi dei narcos colombiani".

Sì, so di essere politicamente scorretto, e che attaccare un pilastro dell'essenza motociclistica come i raduni invernali mi attirerà ben poche simpatie, ma ritengo assolutamente necessario oppormi a una piaga che parte dall'Elefantentreffen e arriva giù giù fino ai suoi epigoni (più o meno spuri) che finiscono in -treffen.

La scelta

Detto tra noi, qual è il disagio mentale che porta un essere umano a vestirsi come Amundsen durante la spedizione alla conquista del Polo Sud, imbarcarsi in un rischioso viaggio tra terreni ghiacciati e innevati, dormire all'addiaccio in soluzioni di fortuna e trascorrere alcuni giorni nel mezzo del nulla, con la colonnina di mercurio nella parte negativa della sua scala?

Io una volta l'ho fatto, lo ricordo bene. Era il 2004, la mia BMW R 1150 R era da pochi mesi la mia fedele compagna di viaggio sulle strade di mezza Europa (sì, amavo e amo ancora oggi viaggiare, tra strada e autostrada, soprattutto all'estero) e decisi di imbarcarmi nell'avventura in terra tedesca, spinto da quel sentire comune secondo cui "se non hai mai fatto un Elefantentreffen non sei un vero motociclista".

Un'esperienza da non ripetere

Fatta eccezione per la splendida compagnia, l'esperienza è stata qualcosa di disastroso. Il ghiaccio mi aveva mandato in pappa l'elettronica della moto, per farla ripartire sulla neve servivano preghiere indirizzate a tutte le divinità conosciute, faceva un freddo bestiale e, nonostante l'equipaggiamento (artigianale ma adeguato), mi si stavano staccando le dita delle mani. E meno male che - consci dei nostri limiti e del fatto che eravamo alla prima esperienza - avevamo scelto di dormire in albergo. La scelta del bivacco sarebbe stata insostenibile per un gruppo di ragazzi che, per quanto motivati, tentavano di riscaldare il proprio corpo sfruttando il potere calorico dell'alcol.

"Vabbé, ma vuoi mettere il clima, la gente, l'atmosfera...", dirà qualcuno. Tutto giusto e sacrosanto. Però il contesto fa passare il secondo piano i lati positivi - che pur ci sono - dell'esperienza mistica dell'Elefantentreffen. E' un po'come avere una bella donna che vuole fare l'amore con te: tra farlo sulla neve e farlo in una confortevole camera da letto, io preferisco la seconda soluzione. Certo, la donna è bella anche sulla neve, ma non è che ti godi così tanto l'esperienza.

Chissà cosa spinge alcuni motociclisti apparentemente normali a imbarcarsi in avventure del genere. Forse il bisogno di sentirsi più maschi? O la necessità di dimostrare a se stessi e agli amici di essere capaci di portare a termine un'impresa che ha del sovraumano? O ancora, il conformismo di un ambiente nel quale se non sei passato da un rito iniziatico non sei degno di appartenere alla casta?

A distanza di anni, avrei rinunciato all'etichetta di "motociclista" medio per un raduno ben più confortevole. E resto sempre più convinto che la moto è fatta per la bella stagione.

La replica: "E io difendo L'Elefantentreffen"

Caro Marco, ho letto il tuo pezzo sull'Elefantentreffen. Mi piace la tua vena provocatoria, ma questa volta non te la faccio passare liscia.... Continua a leggere la replica di Lorenzo Cascioli, clicca qui!
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