Moto & Scooter
Ancora cambi automatici: CFMOTO lavora a un CVT

Spunta un brevetto CFMOTO che riguarda una tramissione CVT applicata a un bicilindrico mai visto sulle moto del brand cinese. Cerchiamo di capire dov'è la novità e dove potremmo vedere questa tecnologia
L’anno dei cambi automatici è stato il 2024, ma il fuoco di fila delle grandi Case in questo settore non poteva non lasciare strascichi. In particolare tra le aziende cinesi, sempre desiderose di tenere il passo della concorrenza occidentale: e così non stupisce più di tanto scoprire un brevetto di CFMOTO relativo a un cambio automatico.
A dire il vero sì, stupisce, perché il cambio è di tipo CVT con cinghia e pulegge, sistema noto e diffuso: per cui i brevetti riguardano di solito qualche dettaglio costruttivo che in questo caso è un metodo per dissipare più efficacemente il calore, uno dei grandi problemi che limita la diffusione del CVT. Certo, da noi c'è anche il tema "culturale" che per molti il CVT è il tratto fondamentale che distingue la moto dallo scooter; ma tecnicamente è un sistema di trasmissione molto furbo. Consente infatti di far lavorare il motore sempre vicino al suo regime ottimale, migliorando l’efficienza ma anche le prestazioni in accelerazione – fatto questo tanto più evidente quanta minore è la coppia disponbile, tanto che sui 50 cc a prestazioni codice il CVT può migliorare lo spunto sui primi 200 metri anche del 25%.
Nei CVT di questo tipo una delle due pulegge è collegata al motore da una frizione centrifuga (che attacca o stacca in base all’equilibrio tra delle molle e delle massette) e l’altra è collegata all’uscita della trasmissione. Le pulegge sono divise in due metà semiconiche che possono muoversi lungo il loro asse avvicinandosi o allontanandosi, e collegate da una cinghia a sezione trapezoidale. Il movimento reciproco delle due metà di ogni puleggia costringe la cinghia a poggiare su porzioni diverse dei semiconi, ruotando di fatto su diametri diversi e ottenendo un ampio range di rapporti di trasmissione.

Cambio CVT: pregi e difetti
I CVT basati su cinghia e pulegge hanno il pregio di essere meccanicamente semplici ed economici, ma hanno importanti limiti. Il primo è l’efficienza o il rendimento, ovvero la quantità di potenza assorbita dalla trasmissione. Mentre un classico cambio a ingranaggi in buone condizioni può superare il 95%, ovvero assorbire solo il 5% della potenza in ingresso, un CVT normalmente sta sotto il 90%, e in qualche condizione può arrivare al 75%: il che è tutt’altro che ottimale per consumi e prestazioni.
La ragione dello scarso rendimento è che un CVT normalmente non trasmette le coppie con un accoppiamento di forma (i denti degli ingranaggi), ma sfruttando l’attrito (tipicamente quello della cinghia sulle pulegge). Dal momento che le forze di attrito sono limitate a valori anche 100 volte inferiori al limite di resistenza meccanica dei denti, ne risulta il secondo problema dei CVT: la coppia trasmissibile non è particolarmente elevata, il che costringe a ricorrere a soluzioni speciali (cinghie rinforzate in acciaio o cinghie dentate) sui motori meno che utilitari. Infine, la potenza dispersa per attrito si trasforma in calore, che costituisce un ulteriore problema di queste trasmissioni: e il brevetto CFMOTO si propone come dicevamo di migliorare questo aspetto.
Non si tratta quindi di rendere l’esperienza di guida più simile a quella di una moto con cambio a marce, come era stato fatto fin dal 2008 sul Suzuki Burgman 650 SV (lato scooter) e sull’Aprilia Mana 800 (lato moto), veicoli ormai lontani nel tempo per cui questa soluzione è un po' scomparsa dall’orizzonte dei cambi automatici. Su entrambi il sistema era controllato non tramite le classiche molle e massette, ma per via elettronica, il che consentiva di realizzare 6 posizioni prefissate delle pulegge simulando 6 rapporti (mentre il CVT ne offre per definizione infiniti, potendo passare con continuità da qualunque rapporto a un altro all’interno del suo range di funzionamento).

Soluzione semplice, perfetta per l'Asia
Avremmo dunque una soluzione ben più semplice rispetto a un cambio robotizzato come quelli di Yamaha e BMW, per non parlare del doppia frizione DCT di Honda. Questo spiega perché chi volesse arrivare sul mercato con un cambio automatico in tempi brevi, come probabilmente CFMOTO ambisce a fare, possa pensare di rivolgersi a questa tecnologia. Peraltro CFMOTO arriva dal mondo ATV, dove i CVT sono piuttosto diffusi; e la soluzione che vediamo nel brevetto, con un alberino di uscita a valle della seconda puleggia, sembrerebbe rimandare a questo mondo; tuttavia nel testo si parla esplicitamente di "powertrain motociclistico", anzi particolarmente "integrato" nel veicolo.
Parliamo insomma di un motore diverso dai twin paralleli attualmente adottati da CFMOTO; non è il 450, non è il 700 di origine Loncin e non è il 790 KTM. Potrebbe quindi esserci spazio per un nuovo motore, dedicato forse a modelli più asiatici che occidentali visto che in Asia il CVT ha più seguito che da noi, sia sulle auto che sulle moto (ad esempio la Benda Chinchilla 350 vista a Eicma o la Regal Raptor DD1000 che monta un V-Twin di origine CFMOTO). All'interno del brevetto – ma le immagini sono spesso puramente indicative, se non volutamente fuorvianti – sembra di riconoscere la 1250TR-G, la "interpretazione" di CFMOTO della BMW R 1250 RT con il motore motore V-twin 1.279 di origine KTM.

Un trend evidente e uno nascosto, ma ancora più importante
Insomma, il trend dei cambi automatici non sembra doversi arrestare, se non altro a livello di proposte da parte delle Case. Ricordiamo che nel 2024 sono arrivate BMW (ASA sulla R 1300), Honda (DCT aggiornato sulle NC, Africa Twin ed NT, e-clutch sulle CB650), Yamaha (Y-AMT sulle piattaforme CP2 e CP3), KTM (AMT sulla 1390 Adventure) e anche Kawasaki (Z 7 e Ninja 7 Hybrid).
La risposta cinese potrebbe essere un CVT? Sembra probabile, e noi aspettiamo di poter aggiornare la nostra tabella dei cambi automatici sul mercato. Ma c'è un'altra considerazione da fare: il fatto che le aziende cinesi siano sempre più propense a brevettare le loro soluzioni (CFMOTO ha decine di brevetti depositati negli ultimi anni) lascia intendere che la cultura industriale del Paese stia diventando più favorevole anche al rispetto della proprietà intellettuale occidentale, non sempre tutelata negli ultimi decenni di tumultuoso sviluppo tecnico e commerciale del gigante asiatico.
Il che, a prescindere dallo specifico di questo CVT, è senz'altro una buona notizia.





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