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Suzuki GSX-R: la storia della supersportiva più longeva di sempre

Fabio Tagliaferri
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Oltre un milione di esemplari venduti. Basta questo dato a far capire l’importanza della GSX-R, una supersportiva che per quattro decenni è stata un riferimento della categoria, che, trascendendo lo status di mezzo di trasporto (molto veloce), è diventata anche un fenomeno culturale. A 40 anni dal suo debutto, ripercorriamo la storia della Superbike di Hamamatsu su Dueruote.it

Chissà se nel lontano 1984, quando i tecnici di Hamamatsu progettarono la prima GSX-R della storia, si immaginavano che, 40 anni dopo, fossimo ancora a parlare di lei, e che da quella moto nascesse una delle dinastie più longeve e vincenti del panorama motociclistico mondiale.
La GSX-R infatti nacque per la prima volta nel 1984, come una vera e propria moto da pista con targa e frecce.  Declinata in varie versioni e cilindrate, è stata rimossa dai listini europei alla fine del 2022 per le sempre più stringenti normative Euro 5.
Soprattutto a cavallo degli anni ’80 e ’90, ha contribuito ad alzare sensibilmente l’asticella delle prestazioni, facendo tesoro, nel corso degli anni, di tutta l’esperienza accumulata nelle competizioni. Ciò ha consentito alla supersportiva giapponese di evolversi rimanendo sempre al passo con i tempi e, talvolta, anticipandoli.

GSX-R 750: LA GENESI

Tutto iniziò nel 1984, con l’esposizione al Salone di Colonia della GSX-R 750, una vera e propria race replica creata con il solo scopo di vincere in pista, sfruttando l’esperienza accumulata nelle gare di endurance.
Per l’epoca aveva una scheda tecnica rivoluzionaria: il quattro cilindri in linea da 749 cc erogava 106 CV a 10.500 giri, e l’ago della bilancia si fermava a soli 176 kg. A raffreddare i bollenti spiriti del propulsore ci pensava il celebre sistema misto aria-olio denominato SACS (acronimo di Suzuki Advanced Cooling System), più leggero del raffreddamento a liquido.
Proprio la leggerezza è il mantra seguito dalla squadra di progettisti che, sotto la guida di Etsuo Yokouchi, hanno creato un telaio a doppia culla in tubi di alluminio a sezione quadrata, con rigidezza variabile in funzione delle zone. La ciclistica è completata da una forcella telescopica regolabile da 41 mm e da un ammortizzatore posteriore con sistema Full Floater. I cerchioni erano da 18”, mentre il sistema frenante contava su una coppia di dischi da 300 mm all’anteriore e su un disco singolo da 280 mm al posteriore.
Ecco la prima "Gixxer" della storia: la GSX-R 750 del 1985

GSX-R 1100 (1986-1997)

Nel 1986, oltre ad aggiornare in alcuni dettagli la 750, Suzuki lanciò sul mercato la GSX-R 1100, capace di alzare ancora più in alto l’asticella delle prestazioni: i cavalli salgono a 130, il peso arriva a 197 kg a secco e la velocità massima sfiora i 260 km/h effettivi. Anche la ciclistica fu evoluta di conseguenza, con l’arrivo del sistema elettromagnetico NEAS, in grado di controllare la forcella anteriore e l’ammortizzatore di sterzo. Ma il merito più grande della GSX-R 1100, è stato quello di riuscire, per prima, a coniugare la potenza e la coppia di una grossa cilindrata con la maneggevolezza tipica di cilindrate minori. La 1100 verrà aggiornata nel 1989: crescono la cilindrata e il diametro dei carburatori, e di conseguenza potenza e velocità massima. A crescere è anche il peso, che si attesta sui 210 kg a secco. Da segnalare l’arrivo dei cerchi da 17” e, sul piano ciclistico, un nuovo telaio, sempre in alluminio, abbinato ad una nuova forcella. Esteticamente, le linee sono più tondeggianti e slanciate e arriva lo scarico 4 in 2. Nel 1990 arrivano la forcella a steli rovesciati e nuovi cerchi che ospitano pneumatici da 130/60-17 e 180/55-17, l’anno successivo la forcella viene sostituita con una Kayaba da 43 mm regolabile e la potenza cresce ancora, arrivando a 143 CV a 9.500 giri/min. Sempre nel 1990, il doppio faro anteriore viene conglobato nel cupolino. Il 1992 è poi l’anno che segna il canto del cigno del poderoso motore raffreddato con il sistema SACS. Al suo posto, nel 1993, arriva un nuovo sistema di raffreddamento a liquido, che consente di far crescere la potenza fino a 155 CV; aumenta però anche il peso, che arriva a toccare i 231 kg a secco. La 1100 è ormai una maxi a tutti gli effetti, con la sua evoluzione che prosegurà per gli anni successivi attraverso una progressiva diminuzione del peso e attraverso nuove colorazioni fino al 1997, quando la 1100 uscirà di produzione.

il 1992 è l’anno che segna l’arrivo del raffreddamento a liquido, visti i problemi di surriscaldamento accusati dal sistema SACS

GSX-R 750 (1988-1996)

Nel frattempo lo sviluppo della 750 non si era certo fermato, e così nel 1988, dopo aver fatto sì “scuola” tra le concorrenti, ma senza aver vinto nelle gare endurance quanto avrebbero voluto i vertici di Suzuki, arriva la versione denominata “J” , con grandi cambiamenti in dote. Tanto per cominciare, le linee, ispirate nelle forme e nelle livree alle moto da Endurance, sono adesso più raccordate e filanti, con il doppio faro tondo anteriore che arriva anche in Italia, ma la vera novità riguarda quello che le nuove carene nascondono alla vista. Il motore, pur conservando lo stesso layout, subisce profonde modifiche ed eroga 112 CV, presentando una corsa più corta (da 48,7 mm si passa a 44,7 mm) che favorisce un allungo migliore. Il telaio mantiene lo stesso disegno a doppia culla del precedente, ma è adesso più rigido e compatto. Le novità nella ciclistica riguardano anche l’introduzione di cerchi da 17”, abbinati ad una nuova forcella da 43 mm ed a freni a disco più grandi. Nel 1990 arrivano una forcella a steli rovesciati ed un incremento di potenza fino a 115 CV con un ritorno ad una corsa più lunga. Nuovi sono anche le grafiche e il terminale di scarico lucidato. Nel 1991 i due fari tondi vengono conglobati in un unico gruppo ottico inserito all’interno del cupolino. Sensibile l’incremento di peso, che arriva a toccare i 208 kg a secco. In seguito, come accaduto per la 1100, anche sulla 750 il 1992 è l’anno che segna l’arrivo del raffreddamento a liquido, visti i problemi di surriscaldamento accusati dal sistema SACS. Lo sviluppo proseguirà fino al 1996, anno in cui viene presentata la famosa serie “SRAD”.

GSX-R 750 (1996-1999): LA SERIE SRAD

Il 1996 è l’anno che segna una profonda rivoluzione nella produzione della GSX-R 750, con l’arrivo della serie SRAD, acronimo di Suzuki Ram Air Direct. La nuova 750, creata utilizzando le geometrie della RGV500 da Gran Premio, a cui si ispira anche esteticamente, presenta un telaio tutto nuovo a doppia trave in alluminio, che porta l’interasse a 1.400 mm. Il telaio doppia culla in alluminio della serie precedente, benché sviluppato di anno in anno, era obsoleto, e la GSX-R faticava a tenere il passo della concorrenza. Da segnalare anche un’importante cura dimagrante che ha ridotto il peso della “Gixxer” a soli 179 kg. Novità importanti anche nel motore, con la potenza che sale a ben 130 CV all’albero a 11.500 giri, merito anche del sistema SRAD, che, oltre ad aver dato il soprannome a questa serie della GSX-R, funziona sfruttando le prese d’aria sul cupolino, aumentando la pressione dell’aria da immettere nel motore, e di conseguenza la potenza erogata.
Le forme della “SRAD” richiamano le RGV 500 dell’epoca, con il codone monoposto di forma ogivale che le dona quintali di personalità.
Nel 1998 arriva l’iniezione elettronica tramite l’utilizzo di corpi farfallati da 46 mm, che insieme ad un airbox maggiorato fanno crescere la potenza fino a 135 CV.
Il codone di forma ogivale domina la sagoma delle GSX-R "SRAD"

GSX-R 600 (1992-2000)

Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, gli sforzi di Suzuki erano stati direzionati, come abbiamo visto, nello sviluppo della 750 e della 1100, ma il mercato richiedeva anche cilindrate più piccole e meno impegnative sia psicologicamente che fisicamente. Honda, Yamaha e Kawasaki non erano rimaste a guardare, e sul finire degli anni ’80 avevano tutte a listino una sportiva da 600 cc. Fu così che nel 1992 Suzuki presentò la GSX-R 600, con l’obiettivo di primeggiare in tutte le comparative. Suzuki lo fece nel modo più semplice ma efficace possibile, ossia inserendo un motore da 599 cc direttamente nel telaio della 750.
In particolare, il propulsore, raffreddato a liquido, è stato ottenuto intervenendo sui valori di alesaggio e corsa, con valvole e carburatori più piccoli, ma era comunque in grado di erogare 106 CV a 12.600 giri. Per il resto, la 600 del 1992 è essenzialmente identica alla 750 dell’epoca, con il peso che si attestava sui 208 kg a secco. Anche lo sviluppo della 600 ha seguito le tracce della 750, con aggiornamenti minori, principalmente di natura estetica, fino al 1997, anno in cui il sistema SRAD è arrivato anche sulla cilindrata più piccola.
L’obiettivo era quello di creare la 600 cc più prestazionale sul mercato, e per questo furono introdotti un nuovo motore ed un nuovo telaio. La potenza era cresciuta fino a 110 CV a 11.800 giri, mentre il peso era sceso addirittura a 174 kg a secco. L’estetica riprendeva fedelmente quella della 750, con il codone monoposto di forma ogivale a dominare il retrotreno.
Negli anni successivi, fino alla presentazione del nuovo modello nel 2001, gli aggiornamenti riguarderanno principalmente le grafiche.
A partire dal 2000, le forme della GSX-R diventano più affilate. La GSX-R 600 del 2004 non fa eccezione

Quella del 2011 rappresenta, ad oggi, l’ultima versione della Suzuki GSX-R 750, che per due decenni è stata l’unico anello di congiunzione tra le 600 e le 1000

GSX-R 600-750 (2000-2017)

Cambia il millennio, cambia anche la 750, che si presenta tutta nuova. Il motore è più compatto e il telaio è più leggero. Per compensare le dimensioni più ridotte, viene allungato il forcellone, che porta l’interasse a 1.410 mm. La 750 eroga ben 141 CV e il peso scende a soli 166 kg a secco. A dare anche un’idea visiva di questi numeri così taglienti ci pensa la linea rinnovata: le forme sono più filanti e appuntite, soprattutto nel codone e nel cupolino. Si arriva così al 2004, quando ormai solo la casa di Hamamatsu crede nella cilindrata di mezzo, la 750 che, benché non più in uso nel mondiale SBK, è l’unica in grado di coniugare l’esuberanza di una 1000 con la dinamicità di una 600. Così, come la 600, nel 2004, anche la 750 viene rinnovata, con l’obiettivo di aumentare la potenza e la pienezza di erogazione, con un occhio di riguardo al peso. La potenza del motore sale dunque a 148 CV grazie a preziosi affinamenti del motore, che beneficia, tra l’altro, di valvole in titanio, di corpi farfallati più leggeri e di luci di passaggio ridisegnate alla base dei cilindri.
Il telaio, realizzato per estrusione, si è anch’esso alleggerito e compattato, ma la cura dimagrante ha riguardato anche i minimi particolari, come il quadro strumenti e il faro posteriore a led.
Rinnovata anche nell’estetica, praticamente indistinguibile dalla 600, la 750 presenta forme ancora più affilate. Fa la comparsa la lente poliellissoidale per il faro anteriore, che caratterizzerà la Gixxer per tutti i modelli successivi. Nel 2006 la GSX-R 750, denominata K6, continua ad essere l’unica 750 superbike sul mercato, e prosegue la sua naturale evoluzione stringendo un profondo legame di parentela con la “sorellina” 600, con cui condivide integralmente il telaio a doppia trave in alluminio, le carene e la ciclistica (esclusa la forcella, più pregiata sulla 750).
Anche il motore, che deriva integralmente dal 600, con alesaggio e corsa aumentati e con alimentazione e scarico adeguati di conseguenza, è totalmente rinnovato rispetto al modello precedente ed eroga adesso 150 CV, con l’ago della bilancia fermo a 163 kg a secco.
La GSX-R è ormai nel pieno della sua maturità stilistica, con linee più moderne che sono state da base anche dei modelli degli ultimi anni. Nel 2008, infatti, la 750 K8 rimane invariata nella sostanza, andando incontro ad affinamenti di varia natura ma principalmente estetici, con il faro anteriore che “abbraccia” tutto il cupolino, ed elettronici, con l’arrivo delle mappature motore.
Si arriva così al 2011, anno in cui la 750 va incontro ad un nuovo aggiornamento che, complice un telaio rinnovato, vede scendere il peso di ben 8 kg rispetto alla versione del 2008. Nonostante la conferma dei 150 CV a 13.200 giri, il lavoro effettuato sul 4 cilindri in linea lo ha portato ad essere ancora più corposo ai medi regimi. La linea rimane molto simile a quella dei modelli precedenti, ma arrivano nuove colorazioni e nuovi gruppi ottici dal design più minimale.
Quella del 2011 rappresenta, ad oggi, l’ultima versione della Suzuki GSX-R 750, che per due decenni è stata l’unico anello di congiunzione tra le 600 e le 1000. Verrà commercializzata in Italia fino al 2017. Da segnalare, nel 2015, l’edizione limitata 30th Anniversary, con livrea dedicata.

GSX-R 1000 (2001-2017)

Dopo 4 anni di assenza, ossia dall’uscita di produzione della 1100, all’alba del nuovo millennio Suzuki torna alla ribalta, in grande stile, anche nella massima cilindrata, con il lancio della GSX-R 1000, che segue fedelmente le orme della 750 dell’epoca, conservando le stesse misure ciclistiche e le stesse carenature ridisegnate. Aumenta leggermente il peso, che arriva a 170 kg, a causa del motore maggiorato e del telaio in alluminio con travi più spesse. Ad aumentare sensibilmente è il dato della potenza: con 161 CV dichiarati a 10.800 giri, la 1000 di Hamamatsu è la Superbike più poderosa dell’epoca, e sarà in grado di primeggiare in molte comparative.
L’inizio del nuovo millennio ha rappresentato una versa e propria corsa all’oro per quanto riguarda le supersportive 1000, con le case giapponesi che si sfidavano a colpi di schede tecniche con numeri sempre più imponenti. In quest’ottica di evoluzione continua, nel 2003 viene lanciata la GSX-R 1000 K3, più potente (164 CV), più leggera (168 kg), con nuove sospensioni e con pinze freno ad attacco radiale. Il look, più affilato, trasmette maggior aggressività. È però il 2005 l’anno che segna l’arrivo della 1000 più iconica, con l’arrivo della K5. Vittoriosa nel mondiale SBK con Troy Corser, totalmente rinnovata nel design, eroga ben 178 CV e pesa solo 166 kg a secco, per un rapporto potenza peso a dir poco impressionante. Cavalli che cresceranno a 185 con la versione K7 del 2007, la quale porterà in dote anche le mappature motore e, a causa dell’Euro 3, un doppio silenziatore, che contribuisce a far aumentare il peso fino a 172 kg a secco. La versione del 2009 sfoggia invece un nuovo motore più compatto che ha consentito di allungare il forcellone e di migliorare di conseguenza la trazione. Esteticamente cambiano i gruppi ottici, anteriore e posteriore, le forme delle prese d’aria frontali e del doppio scarico.
Si arriva così alla penultima versione della GSX-R 1000, quella del 2012, quando ormai tutte le supersportive sono provviste di aiuti alla guida elettronici. Ebbene, Suzuki non ne fa utilizzo sulla Gixxer, ad eccezione delle 3 mappature motore che vengono confermate. Ritorna invece il silenziatore singolo, che alleggerisce visivamente e fisicamente la moto di 2 kg, e arrivano nuove sospensioni e nuovi freni Brembo con pinze monoblocco. Complice un periodo storico non proprio sensazionale per le supersportive, per vedere una GSX-R 1000 totalmente nuova bisognerà attendere fino al 2017. L’attesa non ha fatto altro che alzare le aspettative degli appassionati, che Suzuki ha ampiamente ripagato, con una superbike potentissima e al passo con i tempi. Già, perché oltre ai 202 CV erogati dal motore quattro cilindri a fasatura variabile e ai 167 kg a secco, arriva un’elettronica completa e raffinata che si avvale di una piattaforma inerziale IMU a 6 assi. Anche il design viene completamente rinnovato: riprende gli stilemi tipici della GSX-R e li reinterpreta in chiave moderna, come il gruppo ottico anteriore che torna ad essere di forma ovale, in mezzo alle due prese d’aria fameliche.

Complici l’arrivo della normativa Euro 5 e il fatto che il segmento delle supersportive sia ormai un mercato di nicchia, la GSX-R 1000 è uscita dai listini europei alla fine del 2022, rimanendo invece in vendita in America, dove le normative antinquinamento sono meno stringenti.

Se le moto sono oggi così performanti e sofisticate, così belle da farci battere il cuore, lo dobbiamo anche a Suzuki e alla GSX-R. In ogni caso, senza la GSX-R, il mondo sarebbe un luogo un po’ più triste.

40 anni sempre al massimo

Non possiamo sapere, ad oggi, se la Gixxer tornerà mai a trovarci in Europa. Quello che invece possiamo fare, è constatare il grande contributo che ha saputo dare per 4 decenni a tutta l’industria motociclistica, perché se le moto sono oggi così performanti e sofisticate, così belle da farci battere il cuore, lo dobbiamo anche a Suzuki e alla GSX-R. In ogni caso, senza la GSX-R, il mondo sarebbe un luogo un po’ più triste.
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