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Il Giappone punta alla tecnologia per tutti

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A Eicma il colosso Astemo (nato dalla fusione tra Hitachi Automotive, Showa, Nissin e Keihin) mostra i suoi ultimi sforzi, tesi in particolare a ridurre complessità e costi per mettere le tecnologie più evolute alla portata di tutti

Non serve uno shock tutti gli anni. I giapponesi sono così: quando c’è da fare la rivoluzione la si fa, quando basta (o serve) l’evoluzione, si fa quella. E così dopo che l’anno scorso allo stand Hitachi Astemo (il colosso della tecnologia nato dalla fusione tra Hitachi Automotive, Showa, Nissin e Keihin) avevamo visto novità molto “forti”, in particolare con l’arrivo dei sistemi integrati che anticipavano la frenata automatica, questo è invece l’anno delle evoluzioni, con novità singolarmente molto interessanti, ma che più che al futuro e alla sofisticazione puntano al presente e alla riduzione dei costi. In questo Eicma è come se Showa, Keihin e Nissin fossero tornati a operare separatamente; in realtà l’integrazione, finanziaria e operativa, va avanti; semplicemente, il “core business” di ciascuna azienda continua a progredire per la sua strada, e la linea comune sembra essere una: trovare soluzioni per rendere le tecnologie meno costose e più abbordabili, e poterle offrire ai motociclisti su larga scala.

Uno sguardo alla strada

Certo, la tecnologia ADAS del fornitore giapponese è andata avanti. A differenza di Bosch, Astemo punta sulle videocamere e ha adattato alle due ruote le telecamere stereo con gestione integrata nella centralina motore sviluppate per le auto. Il sistema è pronto ad essere scalato verso il basso, anche alle moto di media e piccola cilindrata destinate al traffico urbano. A Eicma le telecamere – dalla semplice struttura costituita da obiettivo e sensore CMOS – erano montate o nel cupolino o sui supporti degli specchietti, e la centralina dedicata non era più integrata con la centralina motore, per aumentare la flessibilità del sistema. Il sistema Astemo è in grado di attivare il FCW (indicatore di collisione anteriore), l’EBA (assistenza alla frenata di emergenza), un booster della frenata, e l’AEB (frenata di emergenza autonoma). Inoltre coordina l’intervento della centralina motore e, dove presenti, delle sospensioni elettroniche, in modo che la eventuale decelerazione avvenga con la massima stabilità del veicolo. Le telecamere stereo funzionano in modo simile agli occhi umani: riconoscono non solo la presenza o assenza di oggetti e la loro distanza, ma possono anche rilevare forme e dimensioni e distinguere tra oggetti sovrapposti. Inoltre possono essere utilizzate per riconoscere cartelli stradali e mezzerie. I loro dati possono essere usati dai sistemi di controllo elettronico già presenti a bordo.

La pinza monoblocco ad alta tecnologia e basso costo

Molto interessanti le pinze monoblocco FSW (Friction Stir Welding) di Nissin, delle monoblocco di piccole dimensioni adatte a veicoli di fascia media, grazie al sistema di lavorazione semplificato che ne abbatte il costo. Normalmente una pinza monoblocco nasce, appunto, da un blocco di alluminio pieno che raggiunge la forma finale tramite lunghe e complesse lavorazioni di macchina utensile su più assi, in particolare sulla parte interna che deve accogliere i pistoncini e l’idraulica. Dal momento che la pinza deve essere dura e resistente, queste lavorazioni sono particolarmente difficili, ma se si vuole una vera monoblocco non c’è alternativa. Nissin ha cercato di avere una “quasi monoblocco”, con due aperture che semplificano drasticamente le lavorazioni ma non compromettono le qualità strutturali del componente grazie al processo di saldatura per attrito allo stato solido (FSW). Le pinze monoblocco a pistoncini contrapposti hanno ovviamente i pistoni su entrambi i lati del corpo, il che richiede elevata rigidità sui due lati. Nelle monoblocco FSW, viene realizzato un foro sull’esterno del corpo e l’interno del cilindro è lavorato inserendo un utensile attraverso il foro. Questa strada era già stata seguita sulle semi-monoblocco finora usate soprattutto da Yamaha, ma con risultati spesso criticati (specialmente sulle moto sportive e supersportive) perché i fori sono poi chiusi con dei “tappi” che inevitabilmente riducono la tenuta dell’insieme quando le pressioni diventano molto elevate, limitando quindi la massima forza frenante (questo componente è sempre stato uno dei primi ad essere sostituito da chi corre).

Se vi piace fondente

Nissin, invece, dopo la lavorazione dell’interno del foro salda i tappi con la saldatura FSW. Nella FSW viene inserito uno speciale utensile nella superficie di contatto fra il corpo e il tappo, poi la saldatura avviene per rotazione e applicazione di pressione: il calore generato dall’attrito modifica i materiali saldandoli insieme allo stato solido, senza liquefarli. Questa tecnologia consente alla giunzione di mantenere elevata resistenza e rigidità pur riducendo lo spessore, rendendo così il corpo della pinza piccolo e leggero, ma comunque rigido. Si tratta di una innovazione squisitamente tecnologica, ma che mette la tecnologia monoblocco alla portata di molte più tasche, e con essa la grande potenza e precisione nell’applicazione della forza frenante. Nissin crede così tanto nella tecnologia FSW da averla applicata anche alle sue monoblocco di alta gamma. In questo caso quel che si è ottenuto è una ulteriore riduzione di peso, e naturalmente di costo, senza perdere l’elevata rigidità (l’azienda parla di rigidità “equivalente” a quella di una monoblocco classica). Con l’occasione la pinza è stata completamente riprogettata. Aspettiamo di provare la nuova monoblocco FSW di Nissin, che non avrà magari prestazioni da MotoGP ma è una soluzione razionale per le esigenze di chi guida su strada e anche in pista a buoni livelli. A Eicma c'era un banco di prova con tre pinze Nissin: una assiale, una monoblocco tradizionale e una monoblocco FSW: la maggior consistenza del comando sembrava addirittura appannaggio di quest'ultima.

Heightflex, terza puntata

Il tema dell’assetto variabile sulle maxienduro sta diventando sempre più caldo. Showa è stata la prima a proporre una soluzione con il sistema Heightflex dedicato alle sue semiattive EERA e presentato a Eicma 2018. Si trattava inizialmente di una soluzione “passiva”, con un martinetto idraulico in testa al monoammortizzatore e alla forcella che faceva defluire l’olio quando ci si fermava, abbassando di 3-4 cm la sella, per poi farlo rifluire sfruttando l’energia del pompaggio delle sospensioni una volta ripartiti. Il processo, realizzato senza alcuna assistenza elettrica, poteva però richiedere fino a una trentina di secondi su asfalto liscio. Vista la scarsa pazienza dei motociclisti, l’anno scorso Showa aveva portato a Eicma una versione con assistenza elettrica, basata però su una centralina idraulica ABS modificata, in modo da contenere comunque il numero di componenti e i costi del sistema. Risultato: discesa sempre in 3 secondi, risalita in 5 secondi. Ancora troppo per gli scalpitanti motociclisti europei, per cui a Eicma 2023 abbiamo visto la terza puntata della miniserie “Heightflex”, con una pompa a ingranaggi dedicata e integrata nel piggy-back del mono (in questa versione la forcella non è interessata) che consente di sollevare la moto e ripristinare l’assetto in soli 2,5 secondi, la metà rispetto alla versione precedente; inoltre può sfruttare l’olio idraulico della sospensione, eliminando la necessità di una camera addizionale e delle relative tubazioni. Le due versioni precedenti restano in gamma, per offrire la funzionalità a prezzi più competitivi magari anche su modelli di fascia più bassa. Nel frattempo la tecnologia Showa EERA evolve, passando da una centralina separata a una integrata nel corpo sospensione e riuscendo a fare a meno del potenziometro lineare che misura l’affondamento (ora ricavato da un piccolo accelerometro integrato nel corpo sospensione). Oltre al costo ridotto che consente di proporlo su veicoli di categoria più bassa (limitandolo magari al solo monoammortizzatore), questa versione di seconda generazione ha anche una maggior precisione del controllo.

Il ride-by-wire per tutti

Un’altra direzione piuttosto chiara presa dai fornitori di tecnologia è la realizzazione di sistemi ride-by-wire semplificati, anche per motori di piccole dimensioni e magari monocilindrici (oltre a Astemo, lo abbiamo visto anche da Dellorto e Bosch). Si abbina a una mini-centralina e punta a migliorare il profilo di consumi e di emissioni su veicoli che costituiscono la stragrande maggioranza del mercato mondiale. Sappiamo che sul RBW si possono poi innestare ulteriori “componenti” come il controllo di trazione, le mappe motore, il quickshifter. Soprattutto, in questa fascia di mercato, migliora la flessibilità del motore nel funzionare con carburanti a basso ottano, o con alti contenuti di etanolo e via dicendo; di certo questa del RBW è una strada che verrà percorsa un po' da tutti visti i tanti benefici che comporta.
Il Giappone punta alla tecnologia per tutti
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