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Aprilia RS 250, l’ultima delle due tempi
La race-replica di Noale nacque a metà anni ’90 per celebrare i successi di Max Biaggi nel Mondiale; oggi, a oltre vent’anni di distanza, è un mito senza tempo. Scopriamone l’origine e le caratteristiche tecniche
Tutto ebbe inizio il 30 agosto 1987. In realtà la storia di Aprila nel motomondiale era iniziata già due anni prima, con la stagione ’85, ma in quel giorno di fine estate arrivò la conferma che la strada intrapresa era quella giusta. Loris Reggani vinse a Misano il primo Gran Premio per il marchio veneto, la classe era la 250 e la moto si chiamava AF1, che stava per "Aprilia Formula 1": indicazione senz'altro imprecisa ma suggestiva, gli Anni 80 erano così.
Quel successo, ottenuto con una struttura ancora tutto sommato amatoriale, spinse il patron Ivano Beggio a investire su di un vero reparto corse: una struttura interna che di lì a poco avrebbe portato Aprilia sul tetto del mondo delle piccole cilindrate. Nel 1992 arrivò il primo titolo iridato con Gramigni in 125; dal 1994 iniziò, con un giovanissimo Max Biaggi, il dominio nella 250.
Proprio da una costola della moto di Biaggi nel 1995 nacque il piccolo capolavoro oggetto del nostro racconto: la Aprilia RS 250. Già dal 1991 una nuova moto da corsa aveva sostituito la AF1 di Reggiani, e aveva preso il nome di RS 250 V. La V stava ad indicare l’architettura del motore: un bicilindrico, evidentemente a V, prodotto dall’austriaca Rotax in contrapposizione al vecchio bicilindrico in tandem della AF1 e con distribuzione a disco rotante.
La storia della RS 250 stradale iniziò con il arrivò sul mercato appunto nel 1995. Il suo obiettivo non era tanto di spopolare tra gli appassionati a livello di vendite; la 250 era una cilindrata “strana”, stretta tra le 125 italiane che spopolavano tra i sedicenni e le quattro cilindri 600 giapponesi desiderabili dai 18 anni (allora la patente A non prevedeva "gradini"). La nuova duemmezzo avrebbe dovuto soprattutto celebrare i successi in pista di Max Biaggi e Aprilia, offrendo ai più fanatici una vera replica della moto da corsa: altro che il marketing di oggi...
Aprilia non aveva medie cilindrate a listino, ma voleva dare agli appassionati il modo di togliersi qualche soddisfazione contro le 600 sulle strade guidate da loro predilette. Tuttavia Aprilia non aveva a listino nemmeno un motore 250 2T, e il tentativo iniziale di addomesticare il V2 Rotax da GP non diede risultati positivi. Si optò infine per un motore di produzione, pur se della concorrenza. Tramite un accordo con Suzuki, Aprilia si assicurò il propulsore della RGV 250 Gamma, che stava in quel periodo uscendo dai listini in Europa; il fattore concorrenza veniva quindi meno. Era un motore con buone prestazioni, ma il vero punto a favore dell’operazione era che il disporre di un’unità già pronta avrebbe lasciato i tecnici di Noale liberi di concentrarsi su quello che sapevano fare meglio: la ciclistica.
APRILIA RS 250, LA PRIMA SERIE
Ad ogni modo, Aprilia richiese a Suzuki alcune modifiche al propulsore, per meglio adattarlo alle proprie esigenze e per differenziarlo maggiormente da quello della RGV. Furono richieste modifiche ai passaggi del liquido di raffreddamento e al carter di alloggiamento della frizione, per riuscire a portare più olio nella zona dei dischi, per una miglior lubrificazione e una miglior dissipamento del calore. Rimanevano invariate le misure vitali di alesaggio per corsa (65 x 50,6 mm), la trasmissione con cambio a sei marce estraibile e l’avviamento a pedivella. Ad alimentare il V2 una coppia di carburatori Mikuni da 34 mm a valvola piatta e due pacchi lamellari: il disco rotante era ormai confinato al mondo delle corse.
La prima versione della Aprilia RS 250 erogava 61,2 cavalli di potenza a 11.500 giri con un peso di appena 141 kg a secco, per una velocità massima attorno ai 200 chilometri orari. Il telaio e la ciclistica erano raffinati: un bellissimo doppio trave in alluminio abbinato a un forcellone asimmetrico (a banana sul lato destro e con capriata d’irrigidimento con passaggio per la catena su quello sinistro) anch’esso in alluminio, marchio di fabbrica Aprilia. Poi forcella rovesciata WP da 40 mm regolabile in precarico e idraulica, un monoammortizzatore anch’esso pluriregolabile e doppio freno a disco anteriore da 298 mm con pinze Brembo a quattro pistoncini. Le misure delle gomme prediligevano l’agilità, con un 110/70 anteriore e un 150/60 posteriore, naturalmente da 17 pollici.
La moto fu svelata per la prima volta al salone di Colonia del 1994 e presentata con una bellissima livrea replica Reggiani, grigio, rosso e viola; ad incattivirla ancora di più il doppio scarico con due silenziatori in carbonio. L’impatto estetico della RS era forte, era una moto sportiva al 100%, pur se ben differente dalla sorella che faceva passerella la domenica in televisione. Il motore, come detto, era Suzuki invece che Rotax e pure la ciclistica era ben diversa. Non molto fedeli nemmeno le sovrastrutture, con un frontale più rastremato e un codone con un nuovo profilo.
Il risultato, tuttavia, non cambiò: la RS 250 piacque e divenne istantaneamente una moto di culto. Era leggera, sufficientemente potente e quel canto metallico del suo duetì la poneva di diritto in una classe differente da tutte le sportive stradali a quattro tempi. Sui percorsi più stretti e contorti, effettivamente, non aveva nulla da invidiare a rivali con il doppio dei cavalli e una cubatura quadrupla. Anche sul fronte commerciale la RS 250 si comportò piuttosto bene, aiutando la diffusione del marchio italiano in tutto il mondo.