Scopri online su Dueruote la storia della Cagiva Elefant e come si è evoluto nel tempo uno dei più celebri modelli prodotti dalla casa motociclistica italiana
La genesi della Cagiva Elefant ha qualcosa di magico. È una storia di sogni, di cocciutaggine, di soldi - sì, anche - e di sport, quello duro ma vero. È una storia italiana che ha come protagonisti due varesini che hanno segnato la storia del motociclismo. Due personaggi estremamente diversi, eppure complementari: Claudio Castiglioni e Roberto Azzalin. Il primo voleva portare la sua azienda sul tetto del mondo, il secondo c’è riuscito.
E c’è riuscito in modo romantico, nell'accezione storico-letteraria del termine: combattendo contro lo strapotere nipponico di quegli anni con le stesse armi dei giapponesi. È bene così, quando si parla di leggende. La Cagiva Elefant esisteva già prima del modello che vedete nelle foto in apertura: era una adventure di quelle di un tempo; bel motore (twin Ducati) bel telaio, bella componentistica con soluzioni anche interessanti (vedi telaio scomponibile). Le linee squadrate che caratterizzavano le prime 350 e 650, i loro colori pastello, hanno però subito il giudizio impietoso del tempo.
L'elefante del deserto
Poi è arrivata questa qui, ed è stato un debutto con gran squillo di trombe. Già, aveva tutto ciò che potesse essere desiderato: un motore italiano, di grossa cilindrata e altrettanta personalita, il Ducati 904 a cinque marce, 70 cavalli buoni, iniezione elettronica (il futuro); poi una linea che raccontava di distese di sabbia e sogni africani e una livrea che era la ciliegina su una torta da gran cerimonia. Specie la livrea Lucky Explorer, in tondo rosso e doppio bordo verde e bianco, un rimando chiaro agli sponsor nicotinici portati dal mitico Tony Merendino nel mondo delle due ruote.
Bellissima, veloce, potente e bella da guidare, con quel bicilindrico borbottante e forzuto che si sposava perfettamente alla versatilità di una moto di fatto grande ma bilanciata e per certi versi leggera, grazie alle sovrastrutture in plastica e ai pochissimi fronzoli. La Cagiva Elefant 900 IE si è costruita un nome in Africa, vincendo la Dakar con Edi Orioli nel 1990, rompendo 4 anni di egemonia Honda. Una vittoria sudata e già sfiorata, ma mai colta in precedenza.
Dalle gare alla strada
Già, perché la Elefant da gara agguerrita e combattiva lo è da subito, e pure competitiva. Il colpaccio non riesce al debutto per un pizzico di sfortuna e per piccoli problemi di gioventù che Azzalin e la sua squadra, risolvono nel modo romantico di cui parlavamo all’inizio: andando a bussare in Casa Honda. Fu proprio il team HRC a fornire le soluzioni che ancora mancavano: carburatori tranquilli per tenere a bada la veemenza del propulsore (avete letto bene) e proiettori anteriori in grado di resistere alle buche e alle pietre (e fare quindi il loro dovere anche là, nel deserto). Un conto che sarebbe salato ancora oggi (oltre 15 milioni di vecchie Lire per il tutto), ma la strada aperta verso il successo e l’imperitura memoria.
E così, ancora oggi, di fronte alla Cagiva Elefant, non si può rimanere impassibili. Per ciò che è, per quello che rappresenta e pure per come si guida, ve lo dice uno che l’ha usata (e amata) tanto tanto tanto.
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