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Honda RC211V, la vittoria nel DNA
Quando alla fine degli anni novanta, i costruttori giapponesi decisero che era arrivato il momento di giubilare le 500 2T, in casa Honda decisero di puntare sulla 5 cilindri che avrebbe poi vinto i titoli MotoGP 2002 e 2003 con Valentino Rossi e 2006 con Nicky Hayden
Nel 1998 i giapponesi avevano deciso: il destino delle 500 due tempi era segnato. Dopo essersi riuniti ad Hamamatsu, città simbolo del motorismo nipponico, proposero alla FMI la nascita delle nuove MotoGP da 990 cc a quattro tempi.
In casa Honda c’era da lavare l’onta della deludente NR500 a pistoni ovali, che aveva tradito le aspettative 20 anni prima. Così, a fine 1998 la casa dell’ala dorata mise Heijiro Yoshimura a capo del nuovo progetto, nome in codice J03A, chiamando a collaborare con lui altri progettisti esperti come Noboru Yamashita (responsabile motore) e giovani emergenti come Yuzuru Ishikawa (progettista telaio).
Yamashita inizialmente pensò ad un motore 3 cilindri in linea, che per regolamento poteva pesare meno (135 kg). Con un 4 cilindri le prestazioni potevano però essere migliori, ma visto che il regolamento imponeva lo stesso peso (145 kg) anche con 5 cilindri, il V5 diventa un’opzione valida. Anche se rappresentava una grande incognita per le vibrazioni.
Ma Yamashita scoprì che con un angolo di 75,5° e una bancata sfalsata, il quinto cilindro avrebbe bilanciato ogni fase degli altri quattro e il motore avrebbe potuto non vibrare affatto, risultando compattissimo, Tra l’altro il V5 rispettava un’altra convinzione di Yoshimura: immaginando l’ingombro del motore racchiuso in una sfera, minore è il diametro della sfera, migliore sarà il posizionamento nel telaio, il concentramento delle masse e la guidabilità della moto.
Yoshimura aveva idee rivoluzionarie anche per la ciclistica e, immaginando un mix fra velocità e motocross, ordinò un esperimento: la RC45 V4 SBK venne modificata con posizione di guida ispirata alle CR motocross, potizzando la MotoGP quasi fosse una Supermoto. La carenatura era ridotta al minimo e la posizione sottosella del serbatoio dava maggiore libertà del pilota in sella. E la compattezza del motore consentiva di creare una moto più piccola della precedente NSR500. Quasi una 250.
Il 28 dicembre 2000 viene messo in moto il primo V5 al banco, che supera abbondantemente i 200 CV. A fine gennaio 2001 il progetto J03A è approvato e la potenza massima al debutto sarà di 230 CV, oltre 40 CV in più della NSR500. Intanto si studia il telaio, che Ishikawa consegna in tempo per lo shake-down a marzo.
il 10 aprile 2001 la Honda MotoGP V5 entra in pista per la prima volta a Sugo con il collaudatore Manabu Kamada. A maggio e giugno si svolgono altri test, mentre in occasione del GP di Catalunya, Honda annuncia ufficialmente che la sua futura MotoGP sarà una V5. Ad agosto, in occasione della 8 Ore di Suzuka, la moto viene presentata al pubblico. L’onore del primo giro spetta a Doohan, bandiera Honda e campionissimo della NSR500, mentre dopo la gara la proveranno anche Rossi, Edwards e Ukawa. E a Rossi non piace particolarmente, tanto che chiede di avere comunque ai box la “vecchia” NSR500 per l’anno successivo.
In una simulazione di gara a Motegi, Shinichi Itoh, pilota ed esperto collaudatore, abbassa di dieci secondi il tempo con cui Rossi aveva vinto l’ultimo GP del Giappone con la NSR500. È la conferma definitiva. A ottobre il prototipo J03A diventerà RC211V, la MotoGP che vincerà al debutto, surclassando le 500 superstiti e dominando le stagioni MotoGP 2002 e 2003 con Valentino Rossi, per poi chiudere la sua formidabile carriera con la vittoria del titolo 2006 con Nicky Hayden.
Yoshimura aveva colpito l’obiettivo. E per ironia della sorte, era toccato proprio a lui, che giovane ingegnere e appassionato pilota motocross, era stato uno dei “ribelli” a costruire in segreto il primo motore Honda 2T da corsa. Era il 1970 e Yoshimura, assunto da poco e al centro ricerche, era stato beccato da Soichiro Honda mentre lavora al motore 335A. Un codice per nascondere l’esperimento di alcuni giovani ingegneri per correre nel motocross, che avevano capito che per battere gli avversari serviva un motore più leggero e potente dei 4T di pari cilindrata. Quando Soichiro trova Yoshimura in un angolo del reparto, la domanda è perentoria: “Perchè?”. Yoshimura sa bene quanto al fondatore non piacciano i 2T, ma trova il coraggio di spiegare i suoi perché. Dieci giorni dopo, davanti a tutti i ribelli coinvolti, Soichiro professa uno dei suoi anatemi: “Se dobbiamo costruire un due tempi, allora dev’essere il due tempi migliore!” Da quel motore nasce la Elsinore 250 e una storia di successi fino alla NSR500”.