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Moto & Scooter

L’estate dei "tuboni"

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Atala Master, 1988
Beta M6, 1983
Fantic Fast, 1989
Garelli Ciclone, 1983
Garelli Ciclone, 1986
Garelli Super Ciclone, 1992
Garelli Super Ciclone, 1992
Garelli Formuno, 1986
Garelli Formuno Raid, 1988
Gilera CB1, 1975
Gilera CB1, 1975
Gilera CB1, 1975
Gilera CB1, 1975
Gilera CB1, 1975
Gilera Bullitt, 1990
Gilera Bullitt, 1990
Malaguti Fifty HF, 1987
Malaguti Fifty Mistral, 1988
Malaguti Fifty Mistral, 1988
Malaguti Fifty Top, 1988
Malaguti Fifty Top, 1990
Malaguti Fifty Top, 1990
Malaguti Fifty Top, 1990
Malaguti Fifty Top Evolution, 1990
Malaguti Fifty Top Evolution, 1990
Pubblicità Malaguti Fifty
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Pubblicità Malaguti Fifty
Malanca Lord, 1980
Moto Biro's Grinta RL, 1982
Motron SV3 R ID, 1982
Motron SV3 R ID, 1983
Motron SV3 R, 1984
Motron GTO, 1985
Motron GTO R, 1988
Motron GTO R, 1989
MZV Cobra Safari, 1986, deve il nome al tubo che si allarga come la testa del serpente
Oscar College MCE, 1969
Oscar College Prototipo, 1975
Oscar College Prototipo, 1977
Peripoli Oxford, 1984
Peripoli Oxford, 1988
Testi Cricket 4M, 1981
Testi Cricket P4 A, 1975
Testi Cricket 4M, 1976
Unimoto Carrera LX, 1986

Anno 1983, alla fine della scuola si scatenano per la prima volta le orde dei tuboni. Quarant’anni fa esplode in tutto il suo fulgore la moda dei cinquantini a metà tra ciclomotore e moto, che capeggiati dal Malaguti Fifty caratterizzeranno una stagione irripetibile

Nel mondo delle moto le mode, si sa, vanno e vengono. La ruota da 21” scompare e poi ritorna, all’ondata delle 4 cilindri succede quella delle V-twin e poi dei bicilindrici paralleli, c’è il momento delle enduro e quello delle sportive. Alcuni fenomeni, però, restano unici nel corso della storia, come quello dei “tuboni”. Nati negli Anni 70 come evoluzione dei ciclomotori a pedali, i tuboni hanno vissuto una vera e propria età dell’oro nel decennio successivo per poi spegnersi rapidamente a inizio Anni 90, scomparendo in modo incredibilmente radicale: è più facile vedere per strada un vecchio Ciao o una vecchia Vespa che non un tubone.

Dal ciclomotore al tubone: un fenomeno tutto italiano

La storia dei tuboni è la storia dei successi nati un po’ per caso, sull’onda del passaparola. L’Italia degli Anni 80 era piena zeppa di ciclomotori che usavano un po’ tutti, e i ragazzi prendevano quel che ereditavano dallo zio o dal fratello maggiore mettendoci sopra le mani per renderlo più bello e più veloce. Non è un fenomeno solo italiano: in Francia c’erano le Mobilette, in Slovenia i Tomos e via dicendo. Solo italiano (perlomeno in quegli anni), però, è il fenomeno dei "tuboni". Molti ciclomotori avevano il telaio realizzato con tubi d’acciaio piegati e saldati. L’idea di rendere il tubo un elemento di design era in fondo abbastanza naturale, anche se i designer, in quegli anni, erano pochi e soprattutto non si occupavano di ciclomotori. La questione rimaneva quindi in capo ai tecnici, che facevano di fatto anche i designer, e i primi a risolvere la faccenda maggiorando il tubo portante del telaio e usandolo direttamente come serbatoio pare siano stati i bolognesi: la Oscar con il “College” e la Testi con il “Cricket”.
Oscar College MCE del 1969 con telaio semirigido, cambio a bilanciere e freni a tamburo, ma già "tubone"
Oscar College Prototipo degli Anni 70: sempre cerchi a raggi e stile americaneggiante ma ammortizzatori posteriori
Oscar College Prototipo degli Anni 80 con ruote a razze, freno anteriore a disco e stile più sportivo

Tuboni: i precursori

L'Oscar College nasce con il telaio monotubolare e senza pedali, ma monomarcia e con ciclistica semirigida (senza ammortizzatori posteriori); nel corso degli Anni 70 diventa “Mister College” con motore 4 marce e infine “Prototipo” guadagnando anche le sospensioni posteriori: a quel punto la trasformazione da ciclomotore a pedali a tubone può dirsi completa. Il “Cricket” della Testi nasce invece già come tubone fatto e finito al Salone del ciclo e motociclo di Milano del 1971: niente pedali, niente telaio semirigido e forcella a piastra singola, niente trasmissione monomarcia come i ciclomotori tradizionali; ha da subito un motore Minarelli a 4 marce e sospensioni meglio dimensionate, con forcella telescopica e forcellone con doppio ammortizzatore. Dal punto di vista dello stile richiama la moda americana dei “chopper”, con il manubrio spiovente, la sella biposto con schienale, le ruote a raggi e le parti cromate. Questa impostazione resterà caratteristica del mondo dei tuboni, che oscilleranno costantemente tra gli elementi sportiveggianti, quelli americaneggianti e quelli off-road (erano gli anni delle dakariane), spesso inseriti tutti insieme sullo stesso modello.
Testi Cricket P4 A con motore Minarelli a marce, doppio ammortizzatore, manubrio spiovente
Nella versione "Lusso" le influenze chopper sono ancora più evidenti
1981: cambia il decennio e il Cricket diventa un'altra cosa, quantomeno nel look
Il Gilera CB1 con sella lunga e ruote in lega

La crescita silenziosa

Il bacillo del tubone, comunque, non esplode subito. Al Salone del 1975 arriva il Gilera CB1, molto elegante anche se tecnicamente non proprio un tubone avendo per telaio… due tubi. Anche lui dotato di un classico motore monocilindrico 2 tempi da 49 cm3 raffreddato ad aria, con cilindro verticale, cambio a 4 marce e trasmissione finale a catena. Mantiene elementi yankee: le ruote a raggi, i parafanghi cromati, la sella bassa e lunga (optional) e il manubrio alto. Possiamo comunque dire che il fischio d’inizio della tubone-mania arrivi comunque da Bologna, dove Malaguti riesce a intercettare il trend giusto con il suo Fifty, prodotto fin dal 1974 ma che all’inizio del decennio nuovo diventa meno americaneggiante e più sbarazzino, con il freno anteriore a disco, le ruote in lega, un accenno di carene sul motore e il soffietto sugli steli forcella (di nuovo l'accostamento di elementi eterogenei: pista e fuoristrada) e soprattutto un’esplosione di colori e grafiche in piena sintonia con il periodo.
Il primo Fifty Top: avantreno quasi da cross con soffietti e protezione disco, raffreddamento a liquido, portapacchi
Il popolarissimo Fifty HF, motore "ad aria" ma carenature parziali e freno a disco anteriore
Fifty Top seconda serie: cupolino, espansione più sviluppata, puntale, niente portapacchi
Il Fifty Mistral punta al pubblico, anche femminile, dei paninari con abbinamenti alla moda
Malaguti propose una serie di riuscite pubblicità ispirate ai miti del momento, come i Blues Brothers

Arriva il Fifty (e i suoi cloni)

Il Fifty entra nel giro dei paninari (cosa che Malaguti cavalca anche nelle sue pubblicità, popolate di “galli” e “sfitinzie” in erba) ricevendo la consacrazione definitiva. Per lui sarà un crescendo di vendite, riconoscimenti e versioni: Fifty 50, AS, Black Special, Premium, RV, UP, HF, HF mix, HF colors, Full CX, Full CX mix, Full CX Colors, Mistral, Top, Top Colors, Top Mix, Evolution. Gli ultimi tecnicamente ambiziosi, tutti sgargianti: dei veri distillati di Anni 80. Il più diffuso è l’HF, alla portata di molti portafogli anche se il sogno di tutti resta ma il Top con raffreddamento a liquido, monoammortizzatore, carene più estese e strumentazione più ricca. Sull’onda di quel successo iniziano a proporli un po’ tutti: chi già li faceva (Garelli, LEM, Cimatti, Atala, Peripoli, Malanca, Italjet, Cimatti, Testi...) aggiorna le sue proposte; molti si buttano a capofitto nel settore, specialmente in Emilia Romagna dove l’indotto è fiorente tra motori, telai, sospensioni e freni e nascono aziende “meteore” come Unimoto, Motron, Moto Biro’s, Vicini e altre. C’è posto per tutti anche se, come sempre nel mondo dei paninari, le poche marche riconosciute come “giuste” spopolano e alle altre restano le briciole: “Fifty” diventa in pratica sinonimo di “tubone” e per semplicità agli amici si dice “io ho un Fifty” anche quando la marca è un’altra.

Evoluzione e declino

La partita dei tuboni resta comunque ristretta alle aziende specializzate in ciclomotori. Chi produce anche moto non ci entra mai: negli Anni 80 né Aprilia, né Cagiva né Gilera per esempio, e stranamente nemmeno Piaggio che ci prova timidamente con il Boss, che arriva tardi e vive un paio di stagioni (1988-1989) senza particolare successo; il brand di Pontedera non vive in quegli anni una fase particolarmente brillante col proprio marchio, e solo Gilera imbroccherà la formula con il Bullitt del 1990, arrivato quando ormai il sipario sul mondo dei tuboni sta per calare. Il Bullitt è ormai quasi una moto con il telaio doppio trave, il forcellone posteriore monobraccio con monoammortizzatore, il motore raffreddato a liquido con ammissione nel carter. Anche il prezzo è ormai vicino a quello di una moto 50; ancora più raffinato e costoso è l’altro canto del cigno del settore, il Fifty Top Evolution con il telaio misto acciaio-alluminio, il serbatoio spostato sotto la sella (nel “tubone” c’è l’olio per il miscelatore separato), due sospensioni monobraccio con la forcella anteriore a biscottini (come quella della Vespa, ma più lunga e col meccanismo rovesciato) e ruote semi-lenticolari. Il motore Minarelli AM345 ha l’avviamento elettrico e il contralbero di bilanciamento.
Il Gilera Bullitt, quasi una moto
L’estate dei "tuboni"
Il Fifty Top Evolution
Una scheda tecnica degna di una moto; peccato solo per le 3 marce imposte dalla legge del momento

Dai tuboni agli scooter

Il Fifty Top Evolution e il Gilera Bullitt riescono a far girare ancora la testa ai quattordicenni, ma l’aria sta ormai cambiando. I paninari sono “out”, il mondo della moto vive anni di grande cambiamento con la crescita commerciale e sportiva delle Case italiane che iniziano a interessarsi a cilindrate sempre maggiori, trascinando con sé i gusti del pubblico. I più giovani intanto prendono interesse per un tipo di veicolo guardato con sufficienza per tutti gli Anni 80: lo scooter, che diventerà il fenomeno del decennio successivo. Malaguti sarà brava a cavalcare il fenomeno con gli F10 ed F12, altri come Aprilia e Yamaha saliranno sul carro dei vincitori mentre molte delle aziende che avevano fatto fortuna con i tuboni non riusciranno a riciclarsi e a sopravvivere. I tuboni restano una parentesi che difficilmente tornerà ad aprirsi. Sono comunque stati una palestra di passione e di guida per tanti motociclisti, con il cambio, la frizione e le ruote alte (di solito da 16”). Con il baricentro naturalmente basso e i motori a marce si guidavano benino, diciamo una via di mezzo tra i Ciao e Sì e le moto 50. Questo almeno alle velocità codice – all’epoca 40 km/h – e magari un po’ più su; quando le prestazioni salgono, la ciclistica mostra i suoi limiti: il telaio curvilineo e aperto flette in frenata e torce in curva, freni e sospensioni non sono adeguatamente dimensionati. E le prestazioni salgono, visto il bendidio disponibile per i Minarelli e Franco Morini di allora: carburatori Dellorto PHBG da 16, 19 o addirittura 24, 26, 28 (qualcuno ricorreva addirittura ai costosissimi Mikuni) al posto del classico Dellorto SHA 14/12, maggiorazioni di cilindrata a 60, 75, 80 o 100 cc, espansioni di ogni foggia e dimensione.
Una Leovinci "doppia curva" per il Garelli Formuno

Gli antesignani delle naked

Con una presenza sonora degna di una 250 o 500 del Mondiale Velocità e i loro colori, i tuboni sono perfetti per andare a scuola, al bar o in piscina, le attività più rilevanti per un adolescente degli Anni 80. Poco importa se la posizione di guida arretrata, che facilita le impennate, non permetta di caricare la ruota anteriore compromettendo la precisione dell’avantreno. Dinamicamente limitati, impacciati in fuoristrada, i tuboni per tutti gli Anni 80 – e una parte dei decenni precedente e successivo – sono comunque stati centrali nella produzione e nell’esperienza motociclistica del nostro Paese. Con la loro meccanica in vista e la facilità di personalizzazione possiamo considerarli gli antesignani delle naked moderne, e sicuramente tanti possessori delle prime Ducati Monster e Honda Hornet erano passati per qualche tubone.

Passione e competizione

I tuboni sono anche un fulgido esempio di quelle “corse al riarmo” che si scatenano spesso in Italia: partiti come ciclomotori economici con freni a tamburo e raffreddamento ad aria, per tenere il passo della concorrenza e della moda i tuboni diventano alla fine, come abbiamo visto, veri e propri mostri con raffreddamento ad acqua, freni a disco, forcelle e forcelloni monobraccio, espansioni a doppia curva e via dicendo. Le versioni più ricche e recenti (i citati Fifty Top Evolution e Gilera Bullitt) risolveranno anche buona parte dei loro limiti telaistici intrinseci, arrivando però a costare quasi come una sportiva 50, senza averne comunque l’appeal e le doti dinamiche. E in ogni modo, all'inizio degli Anni 90 ormai il vento è cambiato.
Atala Master, 1988
Beta M6, 1983
Fantic Fast, 1989
Garelli Ciclone, 1983
Garelli Ciclone, 1986
Garelli Super Ciclone, 1992
Garelli Super Ciclone, 1992
Garelli Formuno, 1986
Garelli Formuno Raid, 1988
Gilera CB1, 1975
Gilera CB1, 1975
Gilera CB1, 1975
Gilera CB1, 1975
Gilera CB1, 1975
Gilera Bullitt, 1990
Gilera Bullitt, 1990
Malaguti Fifty HF, 1987
Malaguti Fifty Mistral, 1988
Malaguti Fifty Mistral, 1988
Malaguti Fifty Top, 1988
Malaguti Fifty Top, 1990
Malaguti Fifty Top, 1990
Malaguti Fifty Top, 1990
Malaguti Fifty Top Evolution, 1990
Malaguti Fifty Top Evolution, 1990
Pubblicità Malaguti Fifty
Pubblicità Malaguti Fifty
Pubblicità Malaguti Fifty
Pubblicità Malaguti Fifty
Pubblicità Malaguti Fifty
Malanca Lord, 1980
Moto Biro's Grinta RL, 1982
Motron SV3 R ID, 1982
Motron SV3 R ID, 1983
Motron SV3 R, 1984
Motron GTO, 1985
Motron GTO R, 1988
Motron GTO R, 1989
MZV Cobra Safari, 1986
Oscar College MCE, 1969
Oscar College Prototipo, 1975
Oscar College Prototipo, 1977
Peripoli Oxford, 1984
Peripoli Oxford, 1988
Testi Cricket 4M, 1981
Testi Cricket P4 A, 1975
Testi Cricket 4M, 1976
Unimoto Carrera LX, 1986

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