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India batte Silicon Valley: ecco il primo scooter che sta in piedi da solo

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India batte Silicon Valley: ecco il primo scooter che sta in piedi da solo
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Una startup di Mumbai è la prima a mandare in produzione uno scooter "auto-stabilizzato", capace di stare in piedi da solo. Come è possibile che l'India batta sul tempo il resto del mondo? Ecco qualche risposta

Il sogno di rendere stabile un veicolo instabile è antico: ce ne sono tracce nell'antico uso dei marinai di gettare olio in mare per placare le onde, e dalle scope magiche delle streghe arriva fino al recente successo dei tre ruote in grado di passare da instabili (ma capaci di inclinarsi) a stabili (capaci di stare in equilibrio da fermi) tramite sistemi che bloccando l’articolazione interna trasformano, per restare in casa Piaggio, un MP3 in un Ape. Questa trasformazione consente di fermarsi al semaforo senza dover poggiare i piedi a terra ed è estremamente pratica soprattutto in caso di pioggia, ma ha due controindicazioni: la prima è che è comandata manualmente (pulsanti per Piaggio e Yamaha, leve freno per Qooder), come dire che la stabilizzazione è “passiva”; la seconda è che il veicolo stabilizzato è così rigido da non essere praticamente in grado di muoversi, se non a passo d'uomo su superfici lisce. In altre parola, la stabilizzazione funziona solo da fermi (o quasi).

I due ruote auto-bilancianti: una lunga storia 

In realtà gli ingegneri sono sempre stati affascinati dall’idea di avere una stabilizzazione attiva e funzionante a qualunque velocità, che riuscisse a mantenere l'agilità dei veicoli instabili aumentandone però la sicurezza e la facilità di uso. In campo aeronautico, questo risultato è stato ottenuto già qualche decennio fa; per quanto riguarda i veicoli a due ruote, visto che l’effetto giroscopico delle ruote ha un grande ruolo nel loro equilibrio, la soluzione concettualmente più semplice è quella di aggiungere dei giroscopi, dispositivi rotanti che tendono a mantenere costante la loro posizione nello spazio e sono quindi in grado – se sufficientemente grandi – di mantenere in equilibrio l’intero veicolo. Naturalmente i giroscopi vanno controllati in modo preciso, perché devono intervenire solo in certe condizioni: sì quando ci si ferma, no quando si vuole piegare per impostare una curva. Con questo principio si fonda il primo veicolo auto-stabilizzante a trovare una certa notorietà: il Segway, concepito dall’americano Dean Kamen. Il Segway aveva molte doti, ma anche uno svantaggio fondamentale: le due ruote nel posto sbagliato. L’idea della pedana con le ruote affiancate creava infatti un sistema particolarmente instabile nella marcia longitudinale, il che significa che la stabilizzazione assorbiva parecchia energia, richiedendo motori e batterie più grandi. Pesante, costoso e tutt’altro che intuitivo da guidare prima di averne assimilato i fondamentali, il Segway ha avuto poco successo se non fra le forze dell’ordine, e la sua produzione è cessata nel 2020.

Prove di futuro in Silicon Valley

Sempre dagli Stati Uniti ha fatto un certo rumore il C-1 di Lit Motors, startup di San Francisco che ha saputo raccogliere fondi e depositare brevetti per realizzare la sua "auto a due ruote", un sofisticato due ruote elettrico ad alte prestazioni e con un sistema di stabilizzazione a prova di impatto. Apparso in forma di prototipo dal 2010 in avanti, il C-1 usa una combinazione di due giroscopi ispirata ai sistemi di controllo dei satelliti, regolandone indipendentemente la velocità e la posizione relativa per ottenere rapidamente le forze e coppie richieste. Nonostante i video virali del C-1 che resta in piedi quando un altro veicolo lo colpisce lateralmente, la messa a punto del veicolo si rivela più complessa del preventivato, come sempre accade quando si fanno annunci particolarmente ambiziosi (e ancora da verificare, anche in termini di autonomia e prestazioni). Dopo un lungo silenzio che lasciava intendere il calo del sipario sul progetto, a fine 2022 pare però che il C-1 sia arrivato alla produzione in serie.
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La via giapponese: niente giroscopi

Nel frattempo l’idea della stabilizzazione di un veicolo a due ruote ha però fatto proseliti, perché persino Honda ha presentato a fine 2017 il sistema Honda Riding Assist, uno sterzo “by wire” capace di mantenere la stabilità a basse velocità (fino a 3 km/h) senza giroscopi, che secondo Honda pesano e assorbono energia: soprattutto se, come nel caso del Lit C-1, sono alimentati dalla stessa batteria che deve provvedere all’elettronica di bordo e soprattutto a spingere il veicolo in avanti. Anche Yamaha ha lavorato sull’auto-stabilizzazione in varie forme (Motobot nel 2015, Motodroid nel 2017) prima di arrivare recentemente a un sistema basato sul controllo dello sterzo e attivo fino a 5 km/h, concettualmente simile quindi a quanto mostrato da Honda.

La sorpresa indiana

Mentre i colossi sperimentano con i loro caratteristici tempi lunghi, le startup giocano le loro carte sulla velocità, e così il primo ad arrivare in serie con un due ruote auto-stabilizzante è uno sconosciuto costruttore indiano nato nel 2016, Liger, che sta per mettere in produzione il suo modello X, uno scooter elettrico dalle linee definite “neo-rétro” capace di raggiungere i 65 km/h e dotato di un non meglio specificato sistema di auto-stabilizzazione in grado di gestire uno o due passeggeri (fino a 150 kg) ai quali consente di fermarsi senza mettere i piedi a terra, di effettuare la retromarcia sempre tenendo i piedi sulla pedana e persino di offrire una modalità “apprendimento” per chi è alle prime armi. Liger ha rilasciato ben poche specifiche, ma quelle note sono tutt’altro che banali: le batterie sono estraibili e raffreddate a liquido per mantenere le prestazioni nel torrido clima indiano, c’è un display TFT con connettività a smartphone e navigazione integrata e c'è, naturalmente, il sistema di stabilizzazione brevettato. Assolutamente “indiano” il prezzo, che supera di poco i 1.000 euro sul mercato locale.

Dov'è il trucco?

Come ha fatto Liger a riuscire dove i geek della Silicon Valley e i colossi giapponesi hanno (finora) fallito? Probabilmente con una strategia, tipicamente indiana, di riduzione delle aspettative. Anziché una stabilizzazione molto forte, pensata per la sicurezza e in grado di reagire anche a impatti violenti, i tecnici indiani si sono probabilmente accontentati di una stabilizzazione limitata, pensata per il comfort. Puntando su giroscopi leggeri e poco assetati di energia, attivi solo a veicolo dritto e in grado di compensare solo piccoli sbilanciamenti. Nei video diffusi dall'azienda si vede infatti che il pilota sta sempre in asse ed è attento a non compiere movimenti bruschi, che il sistema (probabilmente basato su un solo giroscopio montato in posizione fissa) non saprebbe compensare. Nello stesso modo è possibile stabilizzare la retromarcia e rendere la guida più “rotonda”, ottenendo quello che viene chiamato “learner mode” per i neofiti. Basse velocità, basse forze in gioco: il sistema è insomma un passo avanti rispetto al blocco meccanico dell’MP3, ma un passo ancora limitato.

Un piccolo, grande passo

Non bisogna in ogni caso sottovalutare l'importanza di questo passaggio: si tratta di una soluzione meccanicamente semplice, che non richiede la terza ruota e apre a scenari interessanti, con la possibilità di realizzare un ADAS efficace nel prevenire o attenuare cadute del veicolo con poche aggiunte: qualche sensore, un'installazione più flessibile del giroscopio e algoritmi più sofisticati, soprattutto. Nel frattempo le probabilità che il Liger X arrivi in Italia non sono alte, per cui difficilmente potremo dare un giudizio sull’efficacia di questo sistema. Di sicuro è interessante, oltre che dal punto di vista tecnico, perché dimostra la crescente vitalità dell’industria indiana, e perché ha permesso a Liger di potersi fregiare dell’ambito “world’s first” tecnologico, perlomeno in campo scooter. Sarà questo il futuro della mobilità su due ruote? Ne riparleremo, probabilmente, fra qualche anno.

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