Moto & Scooter
Deus Ex Machina: l'officina delle idee
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Un po' negozio di abbigliamento e accessori, un po' garage per esclusive special, un po' caffè e un po' punto di incontro. Deus a Venice Beach è tutto questo e molto di più, uno spazio creativo dove nascono gli stili e le mode di domani
Venice Beach dista qualche decina di chilometri dal centro di Los Angeles, da Hollywood, dal cuore pulsante della mondanità americana e mondiale. È la spiaggia dei californiani, colorata, viva, abitata da un'umanità tanto variegata quanto strana. L'oceano disegna la sua spiaggia, decine e decine di surfisti cavalcano le sue leggendarie onde e i mille negozietti vendono gli immancabili souvenir. Personaggi di tutti i tipi, vestiti nelle più disparata maniera, si avvistano tra ciclisti e runners in allenamento.
In questo mondo, a qualche centinaia di metri dalla spiaggia, sorge Deus Ex Machina, uno specchio che riflette sensazioni ed emozioni di questo angolo di pianeta. Non è facile definire esattamente la sua natura: un po' officina custom, un po' negozio di abbigliamento, un po' luogo di aggregazione, un po' fabbrica di idee, Deus è tutto questo e molto di più.
E questo "molto di più" è indissolubilmente legato alla nazione ospitante. Ad oggi, sono quattro le sedi sparse per il mondo: dopo la creazione del marchio e del primo negozio in Australia, sono stati aperti punti vendita a Bali e Los Angeles e - ultimo in ordine cronologico - a Milano. Pur mantenendo caratteri comuni legati allo stile, al brand e al feeling comune legato all'idea originaria, ogni sede sviluppa le proprie peculiarità proponendo e creando ciò che il mercato e la clientela nazionale chiedono.
In questo mondo, a qualche centinaia di metri dalla spiaggia, sorge Deus Ex Machina, uno specchio che riflette sensazioni ed emozioni di questo angolo di pianeta. Non è facile definire esattamente la sua natura: un po' officina custom, un po' negozio di abbigliamento, un po' luogo di aggregazione, un po' fabbrica di idee, Deus è tutto questo e molto di più.
E questo "molto di più" è indissolubilmente legato alla nazione ospitante. Ad oggi, sono quattro le sedi sparse per il mondo: dopo la creazione del marchio e del primo negozio in Australia, sono stati aperti punti vendita a Bali e Los Angeles e - ultimo in ordine cronologico - a Milano. Pur mantenendo caratteri comuni legati allo stile, al brand e al feeling comune legato all'idea originaria, ogni sede sviluppa le proprie peculiarità proponendo e creando ciò che il mercato e la clientela nazionale chiedono.
A Venice Beach ci sono l'oceano e le onde, il sole tutto l'anno. Qui, Deus è la vetrina della "way of life" californiana: c'è chi si ferma per un caffè, chi si siede sugli enormi tavoloni o sui divanetti e apre il suo Mac per lavorare, chi entra per acquistare una maglietta o un paio di pantaloni, altri per vedere e toccare con mano le tavole da surf. Impossibile capire dove finisce il coffee shop e inizia il negozio vero e proprio:non c'è confine, non c'è distinzione. E tutt'intorno immagini di vita quotidiana e immagini di moto, tante moto, vintage e special che si richiamano agli Anni 60 e 70. Già, le moto: alcune - bellissime - sono esposte tra gli scaffali come ornamento, altre - quelle famose create da Deus - si possono osservare sulle pagine del ricco catalogo che offre anche tante parti speciali da poter acquistare singolarmente. Nella parte posteriore del fabbricato c'è una porticina. All'interno del locale si nota del movimento. È "l'antro" in cui opera Michael Woolaway, il direttore del design del "garage" di Venice Beach: le sue mani corrono veloci, lui si muove con agilità tra i telai nudi appoggiati ad essenziali sostegni. E crea. Parte da un'idea, a volte sua, altre del committente, e inizia a smontare, a saldare a procurarsi i pezzi che andranno a dar vita a un modello particolare, speciale, unico.
Michael ha lavorato per tre anni in Italia, a Bologna, in un'officina dove ha imparato a "mettere le mani" sulle moto, a plasmare i metalli. E quest'esperienza l'ha portata in California e messa a frutto per Deus ma anche per sé stesso: lo appassionano soprattutto le moto da pista, le supermotard e quelle da dirt track, specialità che pratica regolarmente. Una droga, come lui stesso l'ha definita. E per questo le sue creature hanno caratteri ben definiti: le sue moto sono leggere, minimaliste, facili da guidare ma appariscenti perché "pure".
Il telaio è spesso un semplice ed evocativo doppia culla in cui inserire un moderno mono raffreddato a liquido: al resto ci pensa lui. Prende dei fogli di alluminio, li taglia, inizia a piegarli, li sagoma con uno strano martello pneumatico che fa tremare tutto l'edificio e la moto comincia a prendere forma. Una forma che è nella sua testa, ma che pian piano si concretizza nello spazio: la saldatrice unisce pezzi diversi, il serbatoio nasce dal nulla, perfetto nella sua simmetria, bellissimo dopo la spazzolatura d'obbligo.
Un altro triangolo di alluminio finisce tra le sue mani, viene piegato e provato direttamente sul manichino della moto ai lati del radiatore, delineando una sorta di convogliatore. Un pezzo di nastro colorato lo tiene in posizione. Si intravede il risultato finale. Pezzo dopo pezzo, nasce una moto: una al mese, anche meno a volte, dipende dalla complessità del progetto e dalle richieste del cliente, che a volte si innamora di special già fatte e finite, altre volte invece parte da una sua idea e cerca di concretizzarla. Comunque passando per la mani di Michael…
Il telaio è spesso un semplice ed evocativo doppia culla in cui inserire un moderno mono raffreddato a liquido: al resto ci pensa lui. Prende dei fogli di alluminio, li taglia, inizia a piegarli, li sagoma con uno strano martello pneumatico che fa tremare tutto l'edificio e la moto comincia a prendere forma. Una forma che è nella sua testa, ma che pian piano si concretizza nello spazio: la saldatrice unisce pezzi diversi, il serbatoio nasce dal nulla, perfetto nella sua simmetria, bellissimo dopo la spazzolatura d'obbligo.
Un altro triangolo di alluminio finisce tra le sue mani, viene piegato e provato direttamente sul manichino della moto ai lati del radiatore, delineando una sorta di convogliatore. Un pezzo di nastro colorato lo tiene in posizione. Si intravede il risultato finale. Pezzo dopo pezzo, nasce una moto: una al mese, anche meno a volte, dipende dalla complessità del progetto e dalle richieste del cliente, che a volte si innamora di special già fatte e finite, altre volte invece parte da una sua idea e cerca di concretizzarla. Comunque passando per la mani di Michael…
Deus: una storia australiana
di Nicola Serragiotto
Quando nel 2006 il mio amico Matt a Sydney mi disse che voleva portarmi in un posto che mi sarebbe piaciuto, ero un po' scettico. Abbiamo gusti un po' diversi. Ma per una volta aveva colto nel segno. È cosi che sono caduto nella "trappola" di Deus. Lungo una delle vie principali di periferia che porta a Sydney c'era questo magazzino-garage con un'officina, un negozio e un bar-ristorante; un mix molto insolito.
Riviste come Dice e poi in seguito Sideburn riempivano il bancone del registratore di cassa, giovani mamme con bambini in passeggino occupavano le panche lungo i tavoli del bar, motociclisti di tutte le età frequentavano quella misteriosa officina, che sfornava sogni metallici. Il tutto condito da un'architettura e da abbigliamento retrò, ma innovativo: pistoni a forma di fulmine, candele in acquerello, piloti e moto di altre epoche quasi fossero dei Toulouse-Lautrec, spiccavano dalle t-shirt insolitamente care per uno abituato ai prezzacci americani. Dalla prima visita in poi, ogni viaggio in Australia fa ormai tappa obbligata da Deus e, se non è così, almeno una cena con Rod è garantita. Rod Hunwick e Dare Jennings sono i due fondatori, a cui si sono aggiunti altri due soci nel corso degli anni. Rod, il tecnico, è un Kiwi (Neo Zelandese) che vive in Australia: curiosamente, quando passa il confine per venire in USA, gli chiedono cosa fa in America uno che vive in Australia con passaporto Kiwi. Ha sempre lavorato nel settore ed è proprietario di Action Moto, una catena di tre negozi. Dare, il genio del branding, era un giovane sinistroide.
Quando lo incontri, ci tiene a specificare che, anche se sembra gay, non lo è; la statuaria moglie lo sta a dimostrare. Dopo aver fondato un'etichetta discografica ribelle, ha creato il marchio pecora nera del surf: Mambo. Con questo ha viaggiato il mondo come un pazzo fiutando il cambiamento del mercato; ha venduto per 20 milioni di dollari. Preso da noia, dopo due anni ha iniziato ad osservare in Giappone come si personalizzano le moto con gusto Anni 50. Messo Rod, di cui era cliente, su un aereo per andare in Giappone e mostrargli questa realtà emergente, i due sono tornati in Australia e nel 2005 hanno fondato Deus con l'intento di non morire di noia vendendo moto, ma offrendo nuove idee. Da un negozio sono diventati una mini catena, fra Australia, Indonesia, Nuova Zelanda (per un breve periodo), USA e adesso Italia. L'idea di fondo parte dal fatto che tutti i surfisti (chi non lo è in Australia, paese con la più lunga costiera al mondo?) sono motociclisti. Non a caso anche il Direttore Generale di Yamaha Australia era un surfista convertito alla motocicletta.
Così se volessimo definire i contorni di Deus, dovremmo dire che è un surf brand con estensione nelle motociclette. Ma la verità è che Dare si rifiuta di dare una definizione, perché, giustamente, dice che una volta che definisci un marchio, lo limiti e la gente perde interesse. Effettivamente, da Deus ho speso più soldi in caffè, cappuccini e torte che in magliette e boardshorts. Ma il vero tocco di genio sta nel nome. Dare, avendo viaggiato molto in Europa, è incappato nel termine "deus ex machina", da noi Europei riconosciuto come un termine tecnico derivato dal teatro antico. La divinità che scendeva dal braccio meccanico per rimediare alle deviazioni del semplice canovaccio, nell'epica di Dare è diventata "divinità nella macchina" o meglio "god is in the machine". In un secondo tempo, poi, con un po' di pepe sopra è anche stata letta come "Deu Sex Machine". Per poi mutare ancora nello slogan "In Benzin Veritas"! Tanto difficile da pronunciare, quanto affascinante e potente, è diventato il brand Deus Ex Machina. Cosicché ogni volta che guarderete a quei mono o bicilindrici e penserete che lì dimora il vostro "personal Jesus", sappiate che è tutto un bellissimo gioco di parole e nulla di serio: Ex Pluribus Unum, un solo marchio per tante passioni.
Quando nel 2006 il mio amico Matt a Sydney mi disse che voleva portarmi in un posto che mi sarebbe piaciuto, ero un po' scettico. Abbiamo gusti un po' diversi. Ma per una volta aveva colto nel segno. È cosi che sono caduto nella "trappola" di Deus. Lungo una delle vie principali di periferia che porta a Sydney c'era questo magazzino-garage con un'officina, un negozio e un bar-ristorante; un mix molto insolito.
Riviste come Dice e poi in seguito Sideburn riempivano il bancone del registratore di cassa, giovani mamme con bambini in passeggino occupavano le panche lungo i tavoli del bar, motociclisti di tutte le età frequentavano quella misteriosa officina, che sfornava sogni metallici. Il tutto condito da un'architettura e da abbigliamento retrò, ma innovativo: pistoni a forma di fulmine, candele in acquerello, piloti e moto di altre epoche quasi fossero dei Toulouse-Lautrec, spiccavano dalle t-shirt insolitamente care per uno abituato ai prezzacci americani. Dalla prima visita in poi, ogni viaggio in Australia fa ormai tappa obbligata da Deus e, se non è così, almeno una cena con Rod è garantita. Rod Hunwick e Dare Jennings sono i due fondatori, a cui si sono aggiunti altri due soci nel corso degli anni. Rod, il tecnico, è un Kiwi (Neo Zelandese) che vive in Australia: curiosamente, quando passa il confine per venire in USA, gli chiedono cosa fa in America uno che vive in Australia con passaporto Kiwi. Ha sempre lavorato nel settore ed è proprietario di Action Moto, una catena di tre negozi. Dare, il genio del branding, era un giovane sinistroide.
Quando lo incontri, ci tiene a specificare che, anche se sembra gay, non lo è; la statuaria moglie lo sta a dimostrare. Dopo aver fondato un'etichetta discografica ribelle, ha creato il marchio pecora nera del surf: Mambo. Con questo ha viaggiato il mondo come un pazzo fiutando il cambiamento del mercato; ha venduto per 20 milioni di dollari. Preso da noia, dopo due anni ha iniziato ad osservare in Giappone come si personalizzano le moto con gusto Anni 50. Messo Rod, di cui era cliente, su un aereo per andare in Giappone e mostrargli questa realtà emergente, i due sono tornati in Australia e nel 2005 hanno fondato Deus con l'intento di non morire di noia vendendo moto, ma offrendo nuove idee. Da un negozio sono diventati una mini catena, fra Australia, Indonesia, Nuova Zelanda (per un breve periodo), USA e adesso Italia. L'idea di fondo parte dal fatto che tutti i surfisti (chi non lo è in Australia, paese con la più lunga costiera al mondo?) sono motociclisti. Non a caso anche il Direttore Generale di Yamaha Australia era un surfista convertito alla motocicletta.
Così se volessimo definire i contorni di Deus, dovremmo dire che è un surf brand con estensione nelle motociclette. Ma la verità è che Dare si rifiuta di dare una definizione, perché, giustamente, dice che una volta che definisci un marchio, lo limiti e la gente perde interesse. Effettivamente, da Deus ho speso più soldi in caffè, cappuccini e torte che in magliette e boardshorts. Ma il vero tocco di genio sta nel nome. Dare, avendo viaggiato molto in Europa, è incappato nel termine "deus ex machina", da noi Europei riconosciuto come un termine tecnico derivato dal teatro antico. La divinità che scendeva dal braccio meccanico per rimediare alle deviazioni del semplice canovaccio, nell'epica di Dare è diventata "divinità nella macchina" o meglio "god is in the machine". In un secondo tempo, poi, con un po' di pepe sopra è anche stata letta come "Deu Sex Machine". Per poi mutare ancora nello slogan "In Benzin Veritas"! Tanto difficile da pronunciare, quanto affascinante e potente, è diventato il brand Deus Ex Machina. Cosicché ogni volta che guarderete a quei mono o bicilindrici e penserete che lì dimora il vostro "personal Jesus", sappiate che è tutto un bellissimo gioco di parole e nulla di serio: Ex Pluribus Unum, un solo marchio per tante passioni.
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