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Moto & Scooter

Kawasaki Z750R vs Suzuki Gsr750

La versione sport della nuda di Akashi e la maggiorata di Hamamatsu sono le naked più appetibili del 2011. Ad accomunarle la cilindrata, le prestazioni e un prezzo concorrenziale. Due proposte allettanti, che forse arrivano con un paio d'anni di ritardo

Kawasaki Z750R vs Suzuki Gsr750
Kawasaki Z750R vs Suzuki Gsr750
Tra le quattro giapponesi, Kawasaki e Suzuki sono le più affini, quelle per cui lo status di "cugine" calza a pennello. Non è un caso che nei primi anni duemila si fossero legate con uno stretto accordo commerciale che portò nei listini della casa di Akashi la KLV 1000, una maxi enduro identica alla Suzuki V-Strom 1000. Quando poi nel 2004 la "Kawa" sfornò la prima Z750 tutti sperarono nell'alter ego by Hamamatsu con il motore della supersportiva GSX-R750. Attesa che è andata delusa... almeno finora: a guardarla, infatti, la Suzuki GSR750 sembra proprio l'evoluzione stilistica della "Zeta".
Per quanto riguarda la Kawasaki Z750R, invece, sarebbe forse più preciso parlare di "allestimento" in chiave sport della nuda di Akashi, ma le modifiche sono tante e di tale sostanza che ci sentiamo di definire la "R" un modello a sé. A cambiare è quasi tutto il comparto ciclistico, da sempre imputato dalla stampa specializzata - e da gran parte della clientela che nel frattempo si è rivolta ai prodotti after market - come l'aspetto meno riuscito della regina delle nude. L'avantreno (forcella, cerchio, freni) è derivato in toto da quello della Kawasaki Z1000 del 2009, mentre al posteriore spunta un ammortizzatore con serbatoio del gas separato e regolazione del precarico molla di tipo millimetrico. A giustificare i 900 euro in più rispetto alla versione standard, segnaliamo anche la presenza di un bel forcellone in alluminio, ripreso sempre dalla sorella maggiore.
La Suzuki, invece, è totalmente inedita, e dalla GSR600 riprende solo parte della sigla: difatti il design è molto più sfaccettato e aggressivo e, pensando ad altre moto della Casa, anche ben riuscito e proporzionato. Se le forme piacciono ma senza portare nulla di nuovo, lo stesso fa il comparto ciclistico che, anzi, se confrontato con quel che offre la concorrenza – leggasi Z750, Yamaha FZ8 e le più piccole Honda Hornet e Triumph Street Triple –, appare "datato" e non in linea con un prezzo sopra la media. È vero che lo Yen è cresciuto, ma sospensioni regolabili solo nel precarico della molla, pinze freno flottanti a due pistoncini e forcellone rettangolare in acciaio visti e rivisti anche su modelli entry-level della Casa non giustificano una differenza di 400-500 euro rispetto alle rivali. In più, le finiture sono solo discrete, non al livello della "Z" (anche standard), davvero ben realizzata. Il primo contatto in sella
La Z750R conferma la buona ergonomia di seduta già presente sulla versione base della "Zeta", offrendo qualcosa in più rispetto alla Suzuki in fatto di abitabilità. Le gambe infatti stanno più comode per una maggiore distanza tra sella e pedane, contando anche che i fianchi del serbatoio sono più accoglienti che sulla GSR, dove le protezioni laterali in plastica lo rendono più largo. Unico neo che ci sentiamo di evidenziare è un'accresciuta sensazione sulla "Kawa" di star seduti come su di un trespolo, non solo per la sella inclinata in avanti che regala una posizione "cattiva", ma anche per via del nuovo ammortizzatore, più duro di molla e dalla maggiore escursione (10 mm). Sulla Suzuki, invece, il pilota trova una posizione più inserita nella moto, grazie alla sella meno alta da terra e dal disegno più "piatto", soluzione che offre maggiore feeling con la moto. A farne le spese sono però le gambe che qui assumono una posizione più rannicchiata. E' il momento di accendere i motori!
Dito sullo starter e via, i quattro cilindri giapponesi prendono vita. Com'è plausibile aspettarsi la voce è simile, molto, ma non abbastanza da ingannare un orecchio fino: due colpetti di gas con le moto in "folle" e la GSR, anche se di poco, sale e scende di giri più rapidamente della Z750R che in rilascio sembra "trascinarsi". Che la Suzuki abbia masse volaniche più leggere? Probabile, in fin dei conti il motore deriva dalla GSXR750 del 2005. Una volta in movimento, notiamo subito che la ciclistica modificata della Kawasaki ha sortito l'effetto voluto, cioè più stabilità e precisione nella guida spinta. La taratura rigida di entrambe le sospensioni permette di affrontare con piglio più sportivo qualsiasi tipo di curva, da quelle veloci con ginocchio a un dito dall'asfalto, alle "esse" in sequenza, dove addirittura risulta pure più svelta nei cambi di direzione. Finalmente l'avantreno dà tanta fiducia, anche quando si entra in piega con i freni in mano. Positivo anche il riscontro sullo sconnesso, dove più che la rigidità sono importanti la scorrevolezza e lo smorzamento: tolto un po' di carico sulle molle e aggiunti due click all'idraulica rispetto ai settaggi base, la naked di Akashi copia buche e dossi come mai, soprattutto il "mono" non pompa più. Solo nei tornanti si sente la mancanza di un manubrio più basso e largo come quello della GSR750, per chiudere le traiettorie senza sforzarsi troppo. Di maneggevolezza la Suzuki ne ha davvero molta: sia in ingresso di curva sia nei "pifpaf" rapidi la naked di Hamamatsu è più svelta della Z750R che paga 17 kg in più rilevati. Il segreto, però, sta nel suo maggiore equilibrio dinamico rispetto alla Kawasaki che nelle pieghe al limite arriva a un punto in cui si "ferma" e va forzata. Il feeling che trasmette l'anteriore della GSR è notevole: la forcella affonda con buona progressività, anche quando si vanno a richiamare con decisione i freni, dolci nell'attacco, potenti e soprattutto dosabili al millimetro. Una modulabilità che la più raffinata Z750R non raggiunge in pieno: qui l'impianto frenante offre una presa iniziale più sportiva, ma il comando è meno dosabile, con una tendenza a "murare" a metà della corsa, richiedendo più forza. Insomma, nonostante il nuovo impianto frenante, sulla Kawasaki non si "sente" la frenata al 100%, tanto da preferire il più tradizionale sistema della GSR750. Caratteri differenti
Come la "Zeta", anche la Suzuki è un po' rigida e poco confortevole, specie sullo sconnesso. Sfatiamo un mito: "sportività = rigidità" è un'equazione che oggigiorno non vale più nemmeno in MotoGP. Una provocazione che non è poi così lontana dalla realtà: le sospensioni devono muoversi libere per copiare l'asfalto e assorbire i colpi. Per questo anche sulla GSR750 abbiamo ridotto il precarico molla, specie sul mono, per permettere al posteriore di "muoversi" di più e scalciare meno in estensione. Tutto per rendere la moto meno nervosa e sfruttare appieno le potenzialità del più bel "settemmezzo" sul mercato. Questo spinge con tanta progressione e fluidità sin dai 1500 giri per poi sfoggiare una coppia muscolosa su tutto l'arco di utilizzo, tanto che la "Kawa" sembra una moto bolsa. Per darvi un'idea, riprendendo in sesta marcia a 50 km/h con le moto affiancate la GSR750 brucia una Z750R incredula e impotente. Unica pecca, un leggero on-off quando si va a riprendere il gas in centro curva. Specialità di casa Suzuki è poi il cambio, perfetto per rapidità e scorrevolezza, anche senza l'ausilio della frizione. Kawasaki anche qui segue a ruota ma accusa una maggiore ruvidità nei passaggi tra un rapporto e l'altro. In chiusura un appunto sulla voce vibrazioni nettamente a sfavore della GSR750 e molto pronunciate una volta superati i 5000 giri, prima sulla pedana sinistra, poi su sella e manubrio. Esattamente come accadeva sulla Z750 prima serie. In fin dei conti, i pregi e i difetti sono pressoché gli stessi. E qui viene spontaneo chiedersi come sarebbero andate le vendite di entrambe se fossero state commercializzate almeno un paio di anni fa perché nel misto divertono davvero tanto. Ma come dice il detto: meglio tardi che mai. Le prestazioni rilevate
I dati rilevati parlano chiaro, la Suzuki GSR750 ha un motore assai performante, che allunga davvero forte e più del quattro cilindri di Akashi. Inoltre, spinge con maggiore vigore anche ai medi regimi, come conferma il tempo interessante segnato nella prova sorpasso, non solo grazie alle doti di coppia del motore, ma anche per l'uso di rapporti del cambio più corti e un peso in ordine di marcia inferiore di 17 chili rispetto alla Kawasaki Z750R. Inaspettati i dati rilevati nella prova frenata. A questa voce la nuda di Akashi mostra un lieve miglioramento rispetto alla "Z" in versione base (1,5 metri nel "130-80 km/h") ma paga un divario importante con la Suzuki GSR750 (1,6 metri nel "50-0 km/h" e addirittura 2,7 metri nel "130-80 km/h"), che fa segnare distanze vicine a quelle di una supersportiva di due anni fa e giustificabili probabilmente da un miglior binomio freno-forcella. Commento del Centro Prove, di Fabrizio Giulini Sfoglia la gallery della comparativa
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