Moto & Scooter
BMW R1200GS Adventure vs R100 Parigi Dakar
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Stesso marchio, stessa destinazione d'uso, stesso pilota: in mezzo vent'anni. Due enduro extra large della casa tedesca si confrontano sulle colline dell'Oltrepò. Meccanica pura contro elettronica, la storia contro il futuro
Non è facile misurare pregi e difetti di due moto concepite per rispondere a più requisiti possibili, che mescolano comfort e sicurezza, efficienza in condizioni estreme ed efficacia in lunghe tappe su strada. Due moto che digeriscono senza problemi tanto i tracciati perfetti, quanto la sabbia, l'acqua, qualche volta il ghiaccio. Con o senza passeggero. Con o senza bagaglio. Insomma due moto che fanno della versatilità il loro punto di forza.
È una bella sfida, tra la giovanissima Adventure, grintosa nonostante la mole e la Parigi Dakar, signora di gran classe
È una bella sfida quella tra la giovane R1200GS Adventure, grintosa nonostante la mole – e che mole! - e la R100 Parigi Dakar, anziana signora di gran classe che ama farsi ammirare! I pregi sono evidenti: la linea, innanzitutto, che in entrambi i casi non passa inosservata, nonostante nella GS 2010 la priorità estetica sia riservata agli orpelli tecnologici. Ma c'è anche quella costruttiva, che si traduce nell'evoluzione costante del mitico motore boxer.
E i difetti? I vecchi biemwuisti saranno tutti concordi nel sostenere che le gomme strette, il monodisco anteriore e i capricciosi carburatori Bing non sono mai stati considerati difetti, semmai peculiarità. Peculiarità che esigono rispetto; difetti impossibili da riconsiderare oggi, secondo parametri di valutazione che non reggono il confronto. L'Adventure, al primo approccio, incute parecchia soggezione: è alta, grossa, austera. I timori svaniscono appena si inserisce la prima e si dà gas. Allora, a tirare le somme, resta la strada.
Sui tornanti
I 60 CV della Paris Dakar, che oggi sembrano pochi, con tutta quella coppia tolgono d'impaccio tirando fuori dai tornanti con una spinta insospettabile. In quinta, a 1000 giri, si apre il gas e il vecchio boxerone, tra qualche vibrazione di troppo, spinge forte senza esitazione.
Nella guida aggressiva alla quale il motore invoglia, le note dolenti vengono dai freni: il disco anteriore, già ai tempi della presentazione della Giessona, era stato criticato per mancanza di efficacia (figuriamoci nel traffico d'oggi), mentre il tamburo posteriore, vista la massa, fa quello che può.
Insomma, la guida più efficace si ottiene pennellando le curve, sfruttando la "schiena" del motore, l'onestà del telaio e l'efficacia del reparto ammortizzante che nella moto del nostro servizio vede molle speciali all'anteriore e una bella unità White Power al posteriore (accessorio aftermarket dell'epoca).
L'Adventure si dimostra davvero una grande moto, con abbondanza di cavalleria, di coppia e, soprattutto, di precisione di guida, grazie al notevole supporto dell'elettronica: c'è l'ESA, che con la semplice azione su un pulsante permette di regolare gli ammortizzatori su diverse modalità per la guida in strada e in fuoristrada. Ma c'è anche il controllo di trazione ASC e l'efficiente ABS dell'ultima generazione. Si guida come sui binari, liberi di concentrarsi solo sulle traiettorie, con un'agilità insospettabile visti i chilogrammi in gioco: il feeling che trasmette è unico!
Quando il gioco si fa duro, invece, il peso dei serbatoi pieni – 35 litri per la "nonna" e 33 per la nipotona – fa rimpiangere di averli riempiti fino all'orlo.
Nella guida aggressiva alla quale il motore invoglia, le note dolenti vengono dai freni: il disco anteriore, già ai tempi della presentazione della Giessona, era stato criticato per mancanza di efficacia (figuriamoci nel traffico d'oggi), mentre il tamburo posteriore, vista la massa, fa quello che può.
Insomma, la guida più efficace si ottiene pennellando le curve, sfruttando la "schiena" del motore, l'onestà del telaio e l'efficacia del reparto ammortizzante che nella moto del nostro servizio vede molle speciali all'anteriore e una bella unità White Power al posteriore (accessorio aftermarket dell'epoca).
L'Adventure si dimostra davvero una grande moto, con abbondanza di cavalleria, di coppia e, soprattutto, di precisione di guida, grazie al notevole supporto dell'elettronica: c'è l'ESA, che con la semplice azione su un pulsante permette di regolare gli ammortizzatori su diverse modalità per la guida in strada e in fuoristrada. Ma c'è anche il controllo di trazione ASC e l'efficiente ABS dell'ultima generazione. Si guida come sui binari, liberi di concentrarsi solo sulle traiettorie, con un'agilità insospettabile visti i chilogrammi in gioco: il feeling che trasmette è unico!
Quando il gioco si fa duro, invece, il peso dei serbatoi pieni – 35 litri per la "nonna" e 33 per la nipotona – fa rimpiangere di averli riempiti fino all'orlo.
In fuoristrada
Nel fuoristrada, disinserito l'ABS, è l'Adventure a strappare un migliore consenso, grazie anche al controllo di trazione che aiuta a trarre d'impaccio nelle situazioni di scarsa aderenza. La guida in piedi, con le gambe ben inserite negli svasi del largo serbatoio, permette anche ai piloti di statura più alta di mantenere una postura accettabile per il miglior controllo del mezzo, mentre sulla Parigi Dakar la guida in piedi è comoda solo se si è Gaston Rahier "l'Africano" (rallista belga morto nel 2005 e particolarmente basso di statura, ndr). I più alti, infatti, sono costretti a una posizione innaturale inclinata in avanti che grava sul manubrio.
Il motore della R100 ha bisogno di essere maltrattato per dare il massimo, ma il peso più contenuto si traduce in maggiore agilità e la forcella tradizionale, rispetto al Telelever, copia in maniera sincera le asperità del terreno, infondendo una sensazione di maggior controllo. La totale assenza di elettronica richiede una buona sensibilità del polso destro del pilota per dosare in maniera corretta il gas. Questione di feeling? Beh sì, del resto pilota e moto devono essere affiatati!
Il motore della R100 ha bisogno di essere maltrattato per dare il massimo, ma il peso più contenuto si traduce in maggiore agilità e la forcella tradizionale, rispetto al Telelever, copia in maniera sincera le asperità del terreno, infondendo una sensazione di maggior controllo. La totale assenza di elettronica richiede una buona sensibilità del polso destro del pilota per dosare in maniera corretta il gas. Questione di feeling? Beh sì, del resto pilota e moto devono essere affiatati!
Nel traffico
Il rientro in città pareggia un po' i conti. L'Adventure sulle tratte a scorrimento veloce si dimostra indubbiamente più performante: protezione eccellente per pilota ed eventuale passeggero, ottimo comfort di sella e pedane, cambio a 6 marce che, sulle lunghe distanze a velocità costante, elimina quasi del tutto le già minime vibrazioni. La Paris Dakar, però, la tallona da vicino: seppur lenta a salire di velocità, potrebbe viaggiare tranquillamente a 170 km/h, con ancora margine, offrendo comodità in sella e una buona protezione aerodinamica al pilota ben riparato dal cupolino di serie e dal grande serbatoio.
Il pulsare del motore, il ticchettio delle quattro valvole e le vibrazioni alle manopole si fanno sentire sulla Adventure, quasi a comunicare al pilota la vitalità del boxer. La guida tra le strade trafficate non perdona l'eccessiva altezza dell'Adventure, quando si incontrano, non di rado, avvallamenti nel piano stradale o quando è richiesta una manovra di scarto con il piede per terra. La R100 regala, in questo senso, un filo di spensieratezza in più: nonostante la sella della moto del nostro servizio sia stata rialzata (un lusso, la regolazione della sella, che vent'anni fa non era ancora disponibile), il pilota arriva agevolmente a terra in qualsiasi situazione di fondo (basta non essere dei fantini....).
Penalizzate anche le manovre da fermo, sia per il peso eccessivo, che per l'altezza da terra del manubrio: nell'Adventure i 20 chilogrammi in più rispetto alla Parigi Dakar si fanno sentire. Come non passa inosservato l'ingombro delle due borse laterali: due veri bauli, nell'Adventure, capientissimi ed estremamente razionali, a prova di qualsiasi urto o condizione atmosferica, ma di cui, nel traffico cittadino, è assolutamente vietato dimenticarsi.
Il pulsare del motore, il ticchettio delle quattro valvole e le vibrazioni alle manopole si fanno sentire sulla Adventure, quasi a comunicare al pilota la vitalità del boxer. La guida tra le strade trafficate non perdona l'eccessiva altezza dell'Adventure, quando si incontrano, non di rado, avvallamenti nel piano stradale o quando è richiesta una manovra di scarto con il piede per terra. La R100 regala, in questo senso, un filo di spensieratezza in più: nonostante la sella della moto del nostro servizio sia stata rialzata (un lusso, la regolazione della sella, che vent'anni fa non era ancora disponibile), il pilota arriva agevolmente a terra in qualsiasi situazione di fondo (basta non essere dei fantini....).
Penalizzate anche le manovre da fermo, sia per il peso eccessivo, che per l'altezza da terra del manubrio: nell'Adventure i 20 chilogrammi in più rispetto alla Parigi Dakar si fanno sentire. Come non passa inosservato l'ingombro delle due borse laterali: due veri bauli, nell'Adventure, capientissimi ed estremamente razionali, a prova di qualsiasi urto o condizione atmosferica, ma di cui, nel traffico cittadino, è assolutamente vietato dimenticarsi.
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