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Moto & Scooter

Buell 1125R campione AMA DSB

La Casa americana ha trionfato nel campionato nazionale, poi ha chiuso i battenti. Non prima però che Cathcart riuscisse a provare la moto...

Alan Cathcart mentre prova la Buell sul circuito di Barber, in Alabama
Il 2009 è stato per Erik Buell l'anno migliore e peggiore al tempo stesso. Nel giro di appena 5 settimane, infatti, le sorti della casa motociclistica che porta il suo stesso nome sono passate dalle stelle alle stalle. Il 6 settembre 2009, Danny Eslick e la sua Buell 1125R RMR (Richie Morris Racing), sponsorizzata dal più grande concessionario Harley-Davidson degli stati Uniti, Bruce Rossmeyer, e della Geico Powersports, si sono aggiuditati il titolo AMA della categoria Daytona Sport Bike (era dai primi anni Settanta che un marchio americano non vinceva il campionato nazionale), mentre il 14 ottobre la Buell Motorcycle Co. ha chiuso i battenti per volontà della casa madre, ovvero la Harley-Davidson.
Non è questa la sede per stabilire se tale scelta sia stata giusta o sbagliata, anche se è certo che essa abbia colto di sorpresa migliaia di appassionati, primo tra tutti lo stesso Erik Buell, come dimostra il video che ha pubblicato su YouTube il giorno dell'annuncio ufficiale (www.youtube.com/watch?v=t5i7JDNACtI).
Nondimeno, la possibilità offertami di provare la Buell campione AMA in carica sul circuito di Barber, in Alabama, un mese dopo la concquista del titolo da parte di Eslick e sei giorni prima della chiusura della fabbrica americana, ha ulteriormente sottolineato quanto imprevedibile fosse questa decisione, oltre naturalmente a confermare l'efficacia del pacchetto Buell-Rotax nell'ambito della categoria DSB (Daytona SportBike).
Un esito dai contorni controversi, dunque, visto che il 2009 era stato etichettato come l'anno della riscossa da parte del campionato AMA, soggetto a nuovi regolamenti sotto l'egida della DMG (Daytona Motorsports Group). Grazie ad essi, infatti, è stata ristabilita una situazione di equilibrio tra i modelli motorizzati con propulsori a quattro cilindri, assoluti dominatori degli ultimi anni, e i frazionamenti minori, come appunto i tre cilindri e i bicilindrici, allargando di fatto l'interesse a una più vasta fascia di partecipanti, sia a livello di case costruttrici che di piloti, oltre che di pubblico.
Questa scelta, tuttavia, ha suscitato alcune polemiche tra i sostenitori delle diverse tipologie di moto, schierate non più in base alla cilindrata ma in base alle prestazioni, secondo il rapporto peso/potenza. Così facendo, ad esempio, la Buell 1125R e l'Aprilia RSV1000R hanno appunto finito con il gareggiare insieme alle più piccole, meno potenti, ma più agili e leggere 600 a quattro cilindri e 675 a tre cilindri nella categoria SporBike. Una mossa poco realistica e sicuramente non condivisibile, che ha fatto della Buell una sorta di "pesce fuor d'acqua" ancor prima che iniziasse a vincere, cosa che è avvenuta molto presto.
Nonostante questo, tuttavia, lo spettacolo in pista non è mancato, visto che Eslick se l'è dovuta vedere contro le altre Buell schierate e contro l'altrettanto competitiva Aprilia del britannico Chaz Davies, oltre che con la Suzuki GSX-R 600 del colombiano Martin Cardenas, con cui si è giocato il titolo fino all'ultima gara.
Dopo essere stato costretto al ritiro a causa della rottura del radiatore nella gara d'apertura, la famosa 200 Miglia di Daytona, Eslick ha vinto tre dei primi cinque appuntamenti stagionali, dopo di che, però, ne ha disputati altri sette senza più salire sul gradino più alto del podio, per poi tornare di nuovo alla vittoria nel Mid-Ohio, ripetendosi a Topeka nel mese di Luglio, dove Danny ha dedicato la sua affermazione a Bruce Rossmeyer, principale sponsor del team, tragicamente scomparso mentre si stava recando a Sturgis con la sua Harley-Davidson.
Alla fine, Eslick è riuscito a totalizzare sei vittorie e dieci podi su un totale di venti gare, concludendo il lungo campionato in testa per soli cinque punti sul suo rivale Josh Herrin, che con la sua Yamaha R6 si è aggiudicato gli ultimi quattro appuntamenti, facendo vincere alla Casa dei tre diapason il titolo costruttori. A favore di Eslick ha sicuramente giocato la costanza di rendimento, visto che Martin Cardenas è stato a lungo leader della classifica con la sua Suzuki GSX-R 600, vincendo ben sette gare, ma accusando tre battute d'arresto, tra cui gli ultimi due appuntamenti stagionali. Peccato, dunque, che il 2010 non vedrà più Danny e la sua Buell di nuovo schierati al via (Eslick e il team Richie Morris Racing sono passati loro malgado alla Suzuki…).
Non appena si sale a bordo della Buell di Eslick ci si rende subito conto di quanto questo moto sia sorprendentemente piccola, soprattutto se paragonata, ad esempio, alla Ducati 1098R con la quale il belga Xavier Simeon ha vinto la coppa del mondo FIM classe Superstock 2009. Due bicilindrici con cilindrata simile, ma dalla diversa architettura, oltre che dalle diverse prestazioni, visto che i pochi interventi concessi alla Buell in ambito DSB non la fanno andare oltre i 145 CV di potenza massima alla ruota, contro i 180 (sempre alla ruota) del V-twin italiano, e lo stesso vale a livello di elettronica, con la Ducati forte di un controllo della trazione che farebbe molto comodo alla moto americana, soprattutto con i pneumatici Dunlop Sportmax GP-A installati sulla moto Eslick. Questi ultimi vengono "…sviluppati e costruiti negli Stati Uniti per soddisfare le esigenze dei piloti e dei motociclisti sportivi americani – spiega Danny – ma sono lontani anni luce, a livello di grip e performance, dai D211 GP costruiti in Inghilterra e con i quali Dunlop è stata l'unica in grado di fare concorrenza a Pirelli nel settore delle derivate di serie e delle sportive stradali. Dopo aver provato i GP-A sulla Buell, posso solo dire che non si spiega il motivo per cui Dunlop abbia sviluppato un prodotto simile, assolutamente inadatto come pneumatico ufficiale per una categoria del campionato AMA, anziché avvalersi di ciò che aveva già a disposizione all'interno del proprio catalogo. Chissà, forse dovevano smaltire degli stock di magazzino…".
Ad ogni modo, è vero che il pneumatico anteriore tende a muoversi, soprattutto in conseguenza dei forti trasferimenti di carico dovuti alle staccate più impegnative. Una sensazione che non ispira certo la confidenza necessaria per mantenere elevata la velocità di percorrenza a centro curva.
Il singolo disco anteriore di grande diametro che equipaggia la Buell funziona davvero bene, tant'è che per tutta la durata del test ho avuto paura che mi si bloccasse la ruota davanti in frenata. Pertanto, ogni tentativo di frenare in ritardo con questa moto appare piuttosto rischioso, nonostante la Buell si dimostri piuttosto stabile durante questa fase, perfino senza l'ausilio del freno posteriore. In realtà, visti i suoi trascorsi nel dirt-track, Danny fa un gran uso di quest'ultimo e allo stesso tempo è solito far derapare la ruota posteriore in uscita di curva, perciò suppongo che non abbia mai avuto grossi problemi con il comportamento della Dunlop GP-A bimescola posteriore e lo stesso varrebbe anche per me, se non fosse che con essa il retrotreno inizia a scivolare in accelerazione dopo pochi giri. Senza alcun controllo della trazione, infatti, diventa di fondamentale importanza rialzare quasi del tutto la moto prima di spalancare il gas. Se il metodo funziona, l'accelerazione è ok, soprattutto in rapporto agli standard delle Supersport di 600 cc, ma bisogna sempre ricordarsi che in sella alla Buell è il polso destro del pilota a fare la differenza, non la centralina elettronica del motore, e il fatto che il pneumatico posteriore abbia un comportamento prevedibile, pur non avendo molto grip, costituisce un vantaggio in tal senso.
Il bicilindrico Rotax è caratterizzato da una larga fascia di utilizzo, oltre ad avere una curva di coppia praticamente piatta. Quest'ultima raggiunge infatti il suo valore massimo ad appena 6000 giri, si mantiene costante fino a 9600 giri e poi scema leggermente prima che entri in funzione il limitatore, posto a quota 11.000. Tutto ciò rende la Buell facile da condurre nelle curve strette, dove non si è costretti a un intenso uso del cambio per essere veloci, dal momento che basta riaprire il gas anche a partire dai 5500 giri e la spinta da parte del motore è subito pronta, senza che la risposta al comando dell'acceleratore risulti mai brusca o irregolare, come accade viceversa su altre moto da corsa munite di iniezione elettronica.
Ad ogni modo, il propulsore Helicon dimostra anche ottime doti di allungo, tant'è che non è così difficile imbattersi nel limitatore quando si è impegnati a sfruttare tutti i cavalli disponibili, compresi quelli concentrati negli ultimi 2000 giri utili. "Non c'è problema, - spiega Mike Earnhardt, ovvero colui che ha preparato il motore di Eslick – anche Danny arriva sempre fino al limitatore! Così facendo, infatti, il regime di rotazione rimane sempre al di sopra degli 8000 giri, garantendo la massima accelerazione possibile".
Il cambio a sei marce con dispositivo elettronico per passare al rapporto successivo senza chiudere il gas e senza tirare la frizione è incredibilmente preciso. Gli ingranaggi a denti dritti di cui è provvisto assicurano infatti innesti secchi e veloci, accompagnati da un'azione piacevolmente morbida da parte della frizione, a differenza di quanto accade su altri bicilindrici, in particolar modo quelli italiani. Da questo punto di vista, la Buell è talmente efficiente da non richiedere l'utilizzo della frizione neppure in scalata, frangente in cui è peraltro contraddistinta da un particolare rumore proveniente dal basamento per via del kit Buell Racing che converte la trasmissione finale del modello di serie dalla cinghia dentata alla catena.
Nonostante la sua compattezza, la 1125R non risulta sacrificata a livello di posizione di guida, neppure per i piloti di statura leggermente superiore alla media. Tanto per capirsi non assomiglia a una 250 da Gran Premio come la Yamaha R6, soprattutto per via dei manubri particolarmente dritti che Eslick ha scelto per esaltare il suo stile di guida maturato nel dirt-track. Questi ultimi offrono infatti un'ottima leva per inserire la Buell in curva, oltre a garantire spazio a sufficienza per accucciarsi dietro al cupolino, il cui profilo bombato alleggerisce effettivamente la testa e le spalle del pilota dalla pressione del vento quando si viaggia ad alta velocità in rettilineo. Pertanto, non deve stupire il fatto che a Daytona la Buell abbia fatto registrare la punta massima nonostante Eslick sia più alto (e dunque meno aerodinamico) di molti altri piloti.
La strumentazione Marelli deriva da quella impiegata sulla versione stradale, completa di contagiri analogico e indicatore della marcia inserita posto nell'angolo in basso a sinistra del display digitale. Sul manubrio sinistro c'è sia l'interruttore che inserisce il limitatore di velocità per la corsia box, sia il pulsante di massa, oltre al registro remoto per la leva del freno anteriore. Ciononostante, la moto risulta ancora molto simile al modello di serie, almeno fino a quando non si accende il motore e l'impianto di scarico di tipo due in uno inizia a tuonare! A quel punto, infatti, ci si rende subito conto di avere a che fare con qualcosa di speciale…
Certo, la Buell non vanta il tiro travolgente della Ducati e neppure la stessa accelerazione, accusando un certo gap prestazionale soprattutto in termini di allungo agli alti regimi, ma è decisamente più agile, grazie alla sua maggior compattezza e alle sue geometrie radicali, che la rendono velocissima nei cambi di direzione. Altrettanto buono è l'inserimento in curva, anche se la carcassa del pneumatico anteriore tende a deformarsi un po' troppo e nonostante l'avantreno dia la sensazione di chiudersi se si arriva con i freni ancora azionati, come se non ci fosse abbastanza sostegno in compressione da parte della forcella per prevenire il suo eccessivo affondamento in staccata. Il Team RMR giustifica questo settaggio particolarmente morbido dicendo che così la gomma anteriore mantiene una temperatura più alta, garantendo quindi maggior grip. Tuttavia, se da un lato è evidente coma la Buell non gradisca l'utilizzo dei freni in fase di inserimento è altrettanto vero che, non appena si cessa di agire su questi ultimi e la forcella torna a estendersi, la moto riacquista subito una guidabilità nettamente superiore e consente addirittura di anticipare l'apertura del gas in uscita di curva.
La fase di accelerazione è comunque accompagnata da un leggero sottosterzo, che talvolta costringe a parzializzare il gas per non finire larghi in uscita. Il sospetto, in questo caso, è che la colpa sia da attribuire alla non trascurabile differenza di peso che c'è tra il sottoscritto e il più leggero Eslick, tale da mettere in crisi la taratura dell'ammortizzatore Öhlins, come conferma anche il fatto che la Buell di Danny tenda a scomporsi sui dossi o sugli avvallamenti affrontati in piena accelerazione e a moto ancora inclinata.
Tornando alla frenata, il livello è davvero eccellente, anche se per ottenere il massimo potenziale dall'impianto si è costretti ad applicare un considerevole carico sulla leva, per cui viene da chiedersi se non era meglio adottare una pompa con pistoncino di minor diametro. Ad ogni modo, la 1125R frena forte ed è anche piuttosto stabile in staccata, nonostante Danny abbia optato per un settaggio della frizione antisaltellamento (la stessa impiegata anche sulla Aprilia RSV 1000 R) che neutralizza gran parte del freno motore. Ciò non toglie che, scalando le marce in rapida successione, sia comunque possibile innescare qualche saltellamento da parte del retrotreno, pur rimanendo nell'ambito di reazioni facilmente gestibili e che non compromettono l'assetto del veicolo.
Con le sue dimensioni contenute rispetto ai bicilindrici di grossa cilindrata, eccetto che in larghezza (caratteristica per la quale risulta superiore anche alla più abbondante delle 600 a quattro cilindri), la Buell di Eslick ricorda viceversa la Ducati 848 con cui Larry Pegram ha concluso al terzo posto la 200 Miglia di Daytona del 2008, almeno dal punto di vista prestazionale. Con i suoi 142 CV alla ruota per 160 Kg (14 in meno rispetto alla 1125R), infatti, anche la moto italiana ha saputo difendersi egregiamente contro le Supersport giapponesi di 600 cc, pur senza raggiungere, nel bene e nel male, il clamore suscitato dalla Buell.
Questione di nazionalismo? Oppure del fatto che la casa americana ha vinto, mentre quella italiana si è fermata ai piedi del podio, con la quarta posizione nella classifica finale? Quel che è certo è che la 1125R ha effettivamente dimostrato di possedere caratteristiche dinamiche paragonabili a quelle di una supersportiva a quattro cilindri di 600 cc, prevalendo in certi frangenti e subendo in altri, pertanto è un vero peccato che nel 2010 Danny non possa difendere il titolo in sella alla moto con cui l'ha conquistato. La cosa divertente, comunque, è constatare come alcuni, in passato, denigrassero le Buell etichettandole come moto lente e inaffidabili, mentre oggi si lamentano del fatto che sono troppo veloci e consistenti rispetto alle 600 giapponesi, da sempre sinonimo di massima affidabilità ed efficacia!
Cathcart al Barber
Danny Eslick in impennata con la Buell
Richie Morris (a sinistra) con Eslick
Buell 1125R campione AMA DSB
Buell 1125R campione AMA DSB
Buell 1125R campione AMA DSB
Buell 1125R campione AMA DSB
Eric Buell
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