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Kawasaki Z1000

di Riccardo Capacchione e Alfredo Verdicchio il 18/11/2009 in Moto & Scooter

Direttamente dall'Andalusia la prova della rinnovata naked di Akashi che mostra una ciclistica finalmente all'altezza di un motore ancora più possente e godibile a tutti i regimi

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Kawasaki Z1000

La saga della famiglia "Z" arriva alla terza generazione.
Come il migliore dei manga, il personaggio cresce, si evolve, nello spirito e nel fisico: spuntano muscoli, il viso si fa più quadrato, si percepisce una maturità non solo anagrafica. La Z1000 di Kawasaki è una moto nuova che con la precedente condivide solo nome e stile da naked "pronta all'attacco", proprio come gridava Tetsuya quando si agganciava al Grande Mazinga. E se vogliamo continuare con il paragone, si può aggiungere che anche la strumentazione della "Zeta" si muove, cosicché il pilota possa adattarla alle sue esigenze. Dal punto di vista estetico, il family feeling con la precedente versione è forte, soprattutto per le linee guida - serbatoio gobbuto seguito da una coda snella e sparata verso il cielo - ed il faro, ora più squadrato, imponente ed inclinato verso il pilota che, a prima vista, promette una maggiore protezione aerodinamica.
Anche il resto dell'armatura è fisicamente più importante, con l'arrivo del puntale e di fiancatine appuntite su cui poggiano le inedite "bocche" di aspirazione, e una zona mediana che mostra un maggiore accentramento delle masse sviluppate verticalmente, in stile Ninja ZX-10R.
Non a caso anche la nuova Z1000 adotta un telaio a doppio trave in alluminio pressofuso che sovrasta il quattro cilindri invece di abbracciarlo come accade sulla maggior parte delle sportive, soluzione che permette di avere la zona di attacco sella-serbatoio più stretta e accogliente.
Inedito il forcellone. Realizzato in alluminio per pressofusione come il telaio, ora ospita un monoammortizzatore completamente regolabile (come la forcella, del resto) posto quasi orizzontalmente, ma senza per questo rinunciare al sistema di leveraggi progressivo. Non è stato risparmiato nemmeno l'impianto di scarico che mantiene la configurazione 4-in-2, passando però attraverso la precamera del catalizzatore posta sotto il motore. In questo modo, oltre ad ottenere una coppia di terminali piuttosto corti, in Kawasaki sono riusciti ad accentrare le masse.
Completamente rinnovato il quattro cilindri che cresce sino a 1043 cc grazie all'aumento della corsa (che passa dai precedenti 50,9 mm ai 56 odierni) alla ricerca di una maggiore dose di coppia ai medi regimi che, difatti, cresce da 98 a 110 Nm. Si arricchisce, inoltre, di corpi farfallati più grandi con valvole secondarie ovali e un nuovo contralbero di equlibratura secondario, soluzione atta a diminuire le vibrazioni del motore e che ha permesso di eliminare gli ingombranti bracci del telaio versione '09. Il propulsore, ora, ha funzione portante il che, a detta dei tecnici, dovrebbe portare ad una maggiore maneggevolezza. Non cambiano di un millimetro le dimensioni dei pneumatici e dei dischi freno, mentre le pinze sono le stesse montate sull'ultima Ninja ZX-10R.

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Il look tecnologico, macho e molto giapponese dividerà i giudizi, com'è giusto che sia quando vengono fatte delle scelte nette e decise senza scopiazzare nessuno. Se sia bella oppure no, giudicatelo voi, ma di sicuro la Z1000 è una di quelle moto nate bene, azzeccate, insomma. A noi questo look da cyber-bike piace, in fondo giocavamo da piccoli con i Transformers
La seduta finalmente accoglie il pilota che non si sente "appoggiato" come sulle precedenti versioni, ma "dentro" la moto, il manubrio ha la giusta altezza e angolazione e le pedane sono posizionate alla corretta distanza al piano sella, più basso di 5 mm. Primo contatto: tutto ok.
L'avviamento può richiedere più di un tentativo, ma quando il quattro cilindri comincia a ringhiare, non ci si pensa più di tanto all'iniziale tentennamento. Attraverso la lente gialla la strumentazione regolabile dice che i giri stanno salendo, mentre gustiamo il buon handling alle basse velocità, grazie al peso ben distribuito attorno al centro di gravità. La conoscenza con la Zeta procede: tutto bene. Le strade dell'Andalusia sono il paradiso dei motociclisti, soprattutto d'inverno, ed è inutile che ci mandiate a quel paese, solo qui si può provare in pieno novembre…
La Kawa prende giri velocemente, si sente che la rapportatura è corta, com'è giusto che sia se si monta un quattro in linea, ma l'incremento di cilindrata, l'allungamento della corsa e le modifiche a scarico ed aspirazione svolgono un ruolo importante nella buona risposta del motore. Il ritmo sale, e i rettilinei tra una curva e l'altra diventano molto corti mentre ci fidiamo sempre di più della ciclistica che – ora sì! – risponde neutra e precisa alle nostre richieste. L'incontro con la naked Kawa diventa davvero interessante: ottimo.
Ci stupisce la precisione dell'avantreno, ben caricato dalle masse del motore e della ciclistica, forzare una piega non significa azzardare: il feedback è eccellente. A questo risultato concorrono i freni, dosabili e potenti il giusto, il telaio, così rigido e solido e il motore, che trae d'impaccio sempre: basta dare una manata all'acceleratore e la spinta sale potente e progressiva, mentre l'urlo dalla cassa filtro, posta appena sotto al mento del pilota, diventa sempre più eccitante.
Di diavolerie elettroniche qui non ce ne sono, non serve nemmeno l'antisaltellamento, anche scalando velocemente il retrotreno resta lì, incollato a terra per bene. Vibrazioni? Ci sono, nell'intorno dei seimila giri, e sono del tipo ad alta frequenza, quelle "fini" che attraversano i guanti dopo qualche centinaio di km, ma niente di insopportabile e comunque molte meno di quelle presenti sul vecchio modello.
Diecimilaseicento euro (cinquecento in più se si richiede l'ABS) e in cambio una moto efficace, divertente, che si fa notare in mezzo a tutte e perdonare qualche scivolata nella realizzazione di alcuni dettagli, come le prese d'aria sul telaio, che ci sarebbero piaciute un po' più solide. Incontro e conoscenza avvenuta: risultato più che buono.

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