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La geniale idea dell'architetto

di Alan Cathcart, foto Kevin Wing il 17/06/2009 in Moto & Scooter

Michael Czysz ha disegnato facciate di gran lusso per i VIP americani, ma il suo capolavoro è una 10000 a 4 cilindri avanzatissima di sua originale concezione, pronta per eszsere prodotta, se non fosse che...

La geniale idea dell'architetto
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Negli ultimi sette anni, Michael Czysz ha inseguito un sogno: quello di costruire una motocicletta americana al 100% degna di essere schierata nella MotoGP e prodotta poi in piccola serie come mezzo stradale ultrasofisticato, come ha fatto l'Aprilia con la RSV4. Anzi, per certi versi, la MotoCzysz C1 è tecnicamente ancora più esclusiva, a cominciare dal suo motore. Adesso, dunque, ognuno può giudicare se quel sogno si è trasformato in realtà.

Il quarantenne di Portland, nell'Oregon, era già noto per aver progettato gli esterni delle case dove vivono alcuni personaggi famosi, come Cindy Crawford e Lenny Kravitz, ma fino ad oggi non aveva mai messo a frutto il suo talento nel mondo delle due ruote. Va comunque detto che il nonno di Michael, Clarence, era specializzato nell'elaborazione dei Norton Manx e che il padre, Terry, era un pilota di discreto livello e un tecnico altrettanto preparato, senza contare che Michael stesso, da giovane, ha preso parte a varie competizioni di livello amatoriale, per arrivare fino alla serie AMA in sella a un'Aprilia 250 da Gran Premio, con la quale ha addirittura colto qualche buon piazzamento.

Tuttavia, da lì a inventare quella che con buona probabilità è una delle moto più anticonformiste degli ultimi anni ne corre, soprattutto per il fatto di essere spinta da un innovativo propulsore quattro cilindri da 1000 con alberi controrotanti, disposto longitudinalmente in un leggerissimo telaio in fibra di carbonio equipaggiato a sua volta con sospensioni quanto meno atipiche, frutto della fantasia e della genialità di Michael, il quale non ha voluto avvalersi della collaborazione di nessun altro partner tecnico. Considerando che Czysz non ha avuto una vera e propria formazione nel campo dell'ingegneria meccanica, bensì in quello dell'architettura, la sua vicenda è in un certo senso può essere associata a quella del neozelandese John Britten, cui Czysz stesso ammette di essersi ispirato nel dar vita alla C1.
"Nel 2002, - spiega Michael – avevo già guadagnato una certa stima nel mio settore, così mi sono detto: e adesso? Poi, un giorno, mentre ero a Las Vegas, mi è capitato di vedere la mostra a tema motociclistico del Gugghenheim Museum, all'interno del Venetian Hotel. Nella parte finale dell'esposizione c'era una Britten V-1000, che prima di allora avevo visto solo in fotografia. Era evidente come quell'oggetto fosse frutto di soluzioni sviluppate in modo assolutamente autonomo e che non avevano niente a che fare con la produzione di serie. Così, a partire da quel momento, nella mia mente si è fatta largo una domanda: c'è un modo perché qualcuno faccia qualcosa di altrettanto interessante a livello motociclistico? Naturalmente, la risposta è sì, solo che quel qualcuno volevo essere io… Così è nata la C1".
Nella sua casa di Portland, dove vive con la moglie Lisa e i figli Enzo e Max, Czysz ha iniziato a progettare la moto in questione a partire da un foglio completamente bianco e lavorando nei ritagli di tempo. "Durante il giorno mi occupavo di facciate e ristrutturazioni, ma non vedevo l'ora di dedicarmi alla C1 una volta cenato con Lisa e i ragazzi. - spiega Michael – Ho dapprima concettualizzato l'intera moto, eseguendo dei bozzetti per ogni singola sezione, per poi consegnare il tutto ai tre ragazzi che ho ingaggiato per trasformare gli schizzi in disegni tecnici. L'utilizzo del computer è stato fondamentale per la realizzazione del motore. Diciamo che un buon senso della tridimensionalità, ma disegnare una moto solo sulla carta è quasi impossibile. Per questo ammiro moltissimo John Britten, che è riuscito a creare la sua V-1000 senza l'ausilio del computer. Non riesco davvero a immaginare come abbia fatto…".
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Il primo prototipo della MotoCzysz C1, realizzato giusto per verificare se le idee di Michael potevano essere messe in pratica, ha visto la luce nel 2004, spinto da un motore con molte parti derivate da quello di una Suzuki GSX-R1000. In ogni caso, il quattro cilindri di 988 cc a V di 15° della C1, con i suoi due alberi motore, è unico sotto molti aspetti e rappresenta in pratica una coppia di bicilindrici paralleli messi insieme, ognuno dei quali dispone di una coppia di alberi a camme in testa, con gli alberi motore che girano in senso opposto e con il motore stesso disposto lungo l'asse della motocicletta, come su una vecchia Indian o sul prototipo della Moto Guzzi 500 da Gran Premio dei primi anni Cinquanta. "Ruotando il motore di 90° e usando due alberi controrotanti si eliminano gli effetti giroscopici che influiscono negativamente sulla fase di inserimento in curva dei quattro cilindri in linea disposti in senso trasversale. – spiega Czysz – La guida risulta dunque più neutra, sia a livello di maneggevolezza che di trasferimenti di carico, ed è possibile realizzare una moto caratterizzata da una sezione frontale inferiore, cosa che favorisce la velocità massima, senza contare i benefici a livello di luce a terra e, conseguentemente, possibilità di piega".
L'invito a provare questa strana e affascinante creatura sul circuito di Las Vegas, ha costituito la prima occasione per toccare con mano la validità di certe scelte tecniche. Pur non essendo particolarmente potente nella versione prototipale, su questa moto, senza dubbio caratterizzata da una maneggevolezza fuori dal comune, tutti gli effetti dovuti al funzionamento del motore vengono completamente annullati, consentendo al pilota di interpretare al meglio la geometria di sterzo e il settaggio delle sospensioni. Lo stesso Jeremy McWilliams, pilota e collaudatore di comprovata esperienza, ha avuto occasione di provare la C1 e l'ha definita la miglior moto di sempre a livello di guidabilità: "La MotoCzysz cambia direzione con una facilità disarmante, dando la sensazione di garantire un grande margine per poter spingere sempre più forte".
Tutto ciò ha posto Czysz di fronte a un dilemma: cosa fare dopo? Mantenere la C1 allo stadio di prototipo, magari facendola gareggiare in qualche categoria Open, come la Formula USA? Tentare addirittura il colpaccio in MotoGP? Costruire e commercializzare una versione di serie? Oppure prendere la C1 e metterla su un piedistallo al centro del soggiorno nella casa di Portland, compiacendosi di aver comunque scritto un importante capitolo nella storia delle moto a quattro cilindri?
Alla fine, Michael ha deciso di rischiare il tutto per tutto, puntando dritto alla massima espressione del motociclismo agonistico...
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E' così che Czysz è andato in cerca di investitori di tutti i tipi, dalle stelle del basket NBA ai grandi appassionati di sport motoristici in generale. Gente disposta a supportarlo dopo aver visto in lui i numeri per aprire una nuova strada nel panorama delle moto sportive ad alte prestazioni. Così, la MotoCzysz ha preso forma come realtà indipendente dall'attività di Michael come architetto. Per fare ciò, infatti, è stato allestito un team composto dai tecnici europei che Czysz aveva ingaggiato nel 2005, tutti esperti in materia di engineering. Nella fattispecie, Federico Cioni, ex-project leader del bicilindrico Testastretta Ducati da Superbike e del V4 della Desmosedici da MotoGP, è stato nominato presidente della MotoCzysz, con i britannici Simon Jackson e Adrian Hawkins, entrambi ex-Cosworth, nelle vesti di motoristi, il francese Nicolas Reynier, precedentemente impegnato nel Team KR al fianco di Kenny Roberts Senior, addetto alle sospensioni, e lo specialista austriaco Andrea Pretzler, proveniente dalla CarbonTech, responsabile del telaio e delle sovrastrutture in fibre composite.
Sotto la guida di Michael, questa squadra ha lavorato al progetto Czysz avvalendosi di un software messo a punto dalla Ricardo e in appena nove mesi è nata una seconda versione della C1 completamente nuova. Quest'ultima è stata messa in moto per la prima volta nel luglio 2006, in occasione del Gran Premio degli Stati Uniti a Laguna Seca, acclamata da migliaia di spettatori festanti. "In pratica, la nostra struttura ha fatto un salto di qualità pazzesco, - spiega Czysz, passando da un livello per lo più hobbistico a quello di una azienda tecnologicamente all'avanguardia." In quel periodo, la C1 veniva presentata come una "aspirante MotoGP", anche se di lì a poco i regolamenti di questa categoria sarebbero cambiati, imponendo una cilindrata massima di 800 cc e rendendo di fatto inadeguata la moto americana.
Tuttavia, una volta avvenuto ciò, l'obiettivo principale del progetto MotoCzysz si è spostato sulla Superbike, con tanto di test e relativo sviluppo in pista che hanno portato alla definizione di nuovi componenti in grado di incrementare progressivamente le prestazioni generali. E' stato a questo punto che si è presentata l'opportunità di provare la nuova C1, stavolta sul tracciato di Fernley nel Nevada, esattamente cinque anni dopo il test della prima versione, quella con il motore di derivazione Suzuki. In questa occasione, Michael ha addirittura portato la sua Ducati Desmosedici RR personale come termine di paragone!
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Una volta avviato il motore della C1, il rumore emesso dall'impianto di scarico (completamente libero) è qualcosa di incredibile. Giocando con la manopola del gas ci si rende conto di come il comando sia più morbido e preciso rispetto al primo prototipo grazie al sistema ride-by-wire incluso nella gestione elettronica del motore. Inoltre, non vi è traccia della cosiddetta coppia di rovesciamento di solito presente sui motori con albero longitudinale rispetto all'asse della moto stessa, vedi i bicilindrici Guzzi e i boxer BMW. Una volta in pista, tutto ciò si traduce in una guida estremamente neutra.
Non appena si sale a bordo, si ha modo di apprezzare quanto sia piccola la Superbike americana, caratterizzata da una compattezza davvero sorprendente se si considera che stiamo parlando di una quattro cilindri da 1000 cc, rispetto alla quale la Ducati Desmosedici appare decisamente più voluminosa. Per quanto riguarda gli ingombri e la posizione di guida, siamo su livelli analoghi a quelli di una 600 supersportiva. Allo stesso modo, però, la moto offre una sistemazione non troppo scomoda e l'interasse di 1420 mm non risente del motore disposto in senso longitudinale.
L'ergonomia generale è dunque buona, con sufficiente spazio per muoversi sulla sella e per rannicchiarsi dietro il cupolino, con le ginocchia aderenti al largo ma ben sagomato serbatoio e le braccia affidate all'ottima leva offerta dai manubri. Le pedane, inoltre, sono meno arretrate rispetto alla Desmosedici RR, cosa che aumenta il feeling e il senso di controllo.
La prima cosa che colpisce non appena si percorrono i primi metri è senza dubbio la velocità con cui il motore sale di giri. In uscita dalle curve, infatti, la C1 mette in mostra un'accelerazione pari se non addirittura superiore alle moderne Superbike. Facendo un paragone con la Kawasaki ZX-10R che il Team PSG-1 schierava lo scorso anno con il supporto della casa madre, la MotoCzysz dà senz'altro la sensazione di andare più forte. Questo nonostante che il circuito di Fernley si trovi a un'altitudine di 1373 metri sul livello del mare, una condizione in cui i propulsori perdono normalmente circa il 15% delle loro prestazioni.
Il minimo della C1 è settato su un regime piuttosto alto, pari a 2850 giri, in modo da contrastare, insieme alla gestione elettronica Magneti Marelli, gli effetti dovuti al freno motore. In ogni caso, l'erogazione è fluida e lineare, tanto da far pensare subito all'ottima predisposizione di questa moto per la realizzazione di un'eventuale versione stradale. Anche iniziando ad agire sul comando del gas da completamente chiuso, la risposta da parte del quattro cilindri non è mai brusca, il che significa che l'impianto di alimentazione e la relativa mappatura sono stati settati in modo ottimale.
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Di sicuro, a giudicare dalla rapidità con cui il contagiri raggiunge il limitatore (posto a quota 13.500 giri), gli attriti interni al motore sono stati ridotti al minimo, nonostante la complessità del layout generale. La spinta si fa più robusta a partire dagli 8000 giri, in corrispondenza dei quali c'è l'adeguato incremento di potenza che ci si aspetta da una vera Superbike. Ciononostante, i cosiddetti transitori risultano sfruttabili e facile da gestire, anche se anticipando il cambio di marcia in terza e in quarta si finisce inevitabilmente con la ruota anteriore sollevata da terra, dal momento che a 11.000 giri c'è il picco di coppia massima, pari a ben 14,34 Kgm. Sfruttando tutta la fascia di utilizzo fino all'ultimo giro, invece, il tiro del motore rimane pressoché costante, grazie anche all'efficacia del cambio elettronico, e non accenna a stemperarsi, accompagnato da un livello di vibrazioni sorprendentemente contenuto, sia ai bassi che agli alti regimi, pur senza contralbero di bilanciamento.
Come sul primo prototipo, l'avantreno della nuova C1 è caratterizzato dal sistema 6X-Flex, che trasmette subito grande confidenza, laddove viceversa anche la miglior forcella richiede un po' di adattamento prima di fare sul serio. Ciò dipende dal fatto che il singolo ammortizzatore Öhlins gestisce la sospensione senza l'interposizione di alcun leveraggio, garantendo così il massimo feedback da parte del pneumatico anteriore. E' come se si percepisse il perno ruota direttamente nelle proprie mani, potendo apprezzare ogni minima imperfezione dell'asfalto e capendo di conseguenza quanto sia possibile chiedere alla gomma davanti. In poche parole, l'avantreno risulta stabile e comunicativo, regalando sensazioni davvero positive. Allo stesso modo, la moto risulta piacevolmente stabile in frenata, grazie anche al contributo della gestione elettronica del motore, che evita il saltellamento della ruota posteriore anche quando ci si attacca letteralmente al potentissimo impianto frenante Brembo, consentendo al pilota di impostare a piacimento la traiettoria.
Queste doti, comunque, rappresentano solo una parte dei vantaggi dinamici offerti dalla MotoCzysz. Un bagaglio tecnico che meriterebbe senza dubbio di essere reso accessibile al grande pubblico. Finché non si ha modo di toccare con mano la C1, infatti, non ci si rende conto del notevole passo in avanti che ha fatto registrare in termini di efficacia e maneggevolezza rispetto a un quattro cilindri in linea di tipo tradizionale. Inoltre, questi vantaggi sono immediati, nel senso che chiunque è in grado di sfruttarli all'istante: la moto cambia direzione con una velocità impressionante, ma al tempo stesso si rivela incredibilmente facile da guidare.
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La C1 mantiene la traiettoria ideale in piena accelerazione, mentre normalmente una supersportiva di pari prestazioni tende ad allargare. "Questo accade perché, a differenza di tutte le e altre moto oggi in circolazione, la nostra non risente degli effetti giroscopici e della coppia di rovesciamento indotta dal motore. – spiega Czysz – Ciò significa che anche in fase di accelerazione la moto rimane neutra e non altera le sue caratteristiche di guidabilità".
In pratica, il fatto che i due alberi motore ruotino in senso opposto rende le caratteristiche del propulsore assolutamente indipendenti dal comportamento della C1. Così, laddove la Desmosedici RR tende ad allargare, costringendo il pilota a ritardare l'apertura del gas, la MotoCzysz può addirittura concedersi il lusso di qualche sbavatura nella gestione dell'acceleratore da parte di chi sta in sella senza modificare di un millimetro la traiettoria impostata. La moto rimane dunque stabile in ogni situazione, anche quando si cerca deliberatamente il limite: niente impennate, niente ondeggiamenti e neppure una piccola derapata!
Rispetto al primo prototipo, caratterizzato da un baricentro piuttosto alto, la nuova C1 dà la sensazione di godere di un'ottima centralizzazione delle masse. E' infatti possibile apprezzare la grande disinvoltura con la quale affronta le asperità del terreno in piena accelerazione, senza mai innescare ondeggiamenti di sorta nonostante l'angolo di inclinazione del cannotto di sterzo di appena 23° e l'avancorsa altrettanto contenuta. Inoltre, è sorprendente come in uscita di curva non sia necessario rialzare la moto in anticipo, dando così modo al pneumatico posteriore di contare su una maggior impronta a terra, per scaricare tutti i cavalli della moto americana. Il trasferimento di carico è talmente limitato, infatti, che il retrotreno sembra comunque incollato all'asfalto.
Rispetto al test di Las Vegas, dunque, si può senz'altro affermare che la C1 sarebbe pronta per essere prodotta in versione stradale. Naturalmente, si tratterebbe del passo più difficile tra quelli fatti finora da Michael Czysz. Dotare la moto di gruppi ottici, avviamento elettrico e sottoporla al superamento delle varie normative senza snaturare il progetto richiede tempo e soldi, senza contare, poi, che tutto ciò andrebbe tradotto in un prodotto appetibile per il mercato…
Invece, fine dei giochi. Anche stando così le cose, però, a Michael Czysz va riconosciuto il grandissimo merito di aver tracciato un cammino innovato nel panorama delle moderne moto sportive. Un'impresa che lo ha tenuto impegnato per sette lunghi anni e della quale può andare giustamente fiero.
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Quella sul tracciato di Fernley resterà dunque l'ultima apparizione della C1 in pista, almeno nell'immediato futuro. Il motivo? Ancora una volta, i soldi.
Michael ha passato gli ultimi tre anni alla ricerca di partner in grado di sostenerlo economicamente o addirittura di acquisire l'intero progetto MotoCzysz pur di dare un seguito al prodotto di tanti sforzi. Gli sbocchi, come detto, potrebbero essere molti: un piccolo lotto di race replica, una versione stradale prodotta in piccola serie, fino alla partecipazione al Mondiale Superbike. Tuttavia, i suoi pellegrinaggi in giro per l'Europa tra Germania, Austria e Italia, oltre a quelli in India, Cina e, ovviamente, Stati Uniti, sono risultati vani.
"Siamo arrivati a un punto in cui, per far sì che il progetto stesse in piedi, sono stato costretto a occuparmi personalmente della ricerca di fondi, attività che è arrivata a occupare l'80% del mio tempo. – spiega Czysz – Abbiamo messo insieme quattro partner principali e una schiera composta da quindici investitori minori. Tuttavia, il mio obiettivo, come amministratore delegato della MotoCzysz, era quello di generare degli utili da destinare a chi ha creduto in questo progetto. Avevamo bisogno di un prodotto da immettere sul mercato, ma per fare questo ci occorreva un partner in grado di produrre per noi le parti relative al motore. Purtroppo, non ci siamo riusciti, dunque non ci resta che concentrarci su altri progetti. Abbiamo già in mente qualcosa che, pur non avendo a che fare con la Superbike, potrebbe convincere i nostri investitori a rimanere coinvolti nella MotoCzysz e generare profitti per riprendere lo sviluppo della C1 in futuro".
A quanto pare, l'idea è quella di realizzare una moto elettrica decisamente più economica da produrre rispetto alla C1. Un progetto nel quale Czysz crede molto, tanto da aver addirittura abbandonato il suo lavoro di architetto pur di dedicarsi a tempo pieno a questa ennesima avventura.
"Se ami le moto, non c'è emozione più grande di costruirne una. Se non fossi stato così appassionato, sicuramente non mi sarei indebitato fino a questo punto e farei ancora l'architetto. In parole povere, non avrei combinato tutto ciò che ho fatto per dar vita alla MotoCzysz. L'architetto è stato il mestiere che ho sempre fatto da quando ho iniziato a lavorare, ma dopo venti anni di carriera ho cominciato a pensare che quella fosse la causa per cui il progetto C1 non è decollato. Ogni volta che mi concentravo su un problema di architettura, mi veniva da pensare che stavo sottraendo energie alla MotoCzysz. Stava addirittura nascendo in me una sorta di risentimento verso il mio lavoro, dunque mi è sembrato giusto lasciarlo. Certo, rappresentava una fonte di reddito sicura, ma ciò che mi fa battere il cuore e mi tiene sveglio la notte sono le motociclette. Era la mia ultima chance…".
Se tutto va bene, dunque, il tanto atteso debutto della MotoCzysz nelle competizioni avverrà grazie appunto a una versione elettrica della C1. I dati tecnici parlano di un motore a corrente continua da 800 Ampere alimentato da batterie al litio. Il veicolo dovrebbe pesare 195 Kg, per una potenza di 73 kW (circa 98 CV) e soprattutto una coppia pari a ben 22,32 Kgm!
Una nuova sfida per un uomo che ama sognare l'impossibile…

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