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Ace Café Racer. Più grinta non si può!

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Una special da far impazzire, specialmente chi ricorda bene le fuoriserie ultrasportive inglesi degli Anni '60. E non è solo nostalgia: guardatela in piega!

Alan Cathcart
Ace Café Racer. Più grinta non si può!
Quando la S&S ha chiesto a Nick Gale di allestire una delle cinquanta special che erano state esposte l'estate prima, in occasione dei festeggiamenti per i cinquant'anni della casa statunitense produttrice di motori, lo specialista britannico ha avuto subito ben chiaro cosa fare.
Gale, trentanovenne, è troppo giovane per aver vissuto in prima persona gli anni Sessanta, quando moto dai nomi altisonanti come Triton, Tribsa, Norvin e Dresda, le cosiddette café racer, affollavano il parcheggio davanti all'Ace Café di Londra sulle note dei Rockers, ma il suo negozio, l'NGCC (Nick Gale Custom Cycles), sorge a meno di un chilometro dal celebre locale, pertanto ha pensato di far conoscere agli americani questo importante capitolo della storia motociclistica inglese realizzando una moderna café racer motorizzata con il bicilindrico S&S.

"Mi sono immediatamente reso conto che se avessi cercato di dar vita a una custom tradizionale, come quelle degli specialisti americani Roland Sands e Jesse Rooke, tanto per fare un esempio, non avrei retto il paragone con loro. Dovevo perciò realizzare qualcosa alla mia maniera, così è nata l'idea della Ace Café Racer".
Tra l'altro, nel 2008, l'Ace Café ha compiuto settanta anni, motivo in più per proseguire su questa strada dopo che Mark Wilsmore e George Tsuchnikas, gli attuali proprietari del locale, hanno dato a Gale il permesso di utilizzare il nome e il marchio dell'Ace Café per la sua special.
Del resto, Nick è noto come uno dei più bravi specialisti europei del settore, avendo vinto numerosi contest in Irlanda, Spagna, Germania, Francia, Italia e Regno Unito. Grazie a questi risultati, inoltre, la NGCC si è affermata sul mercato delle parti speciali per custom, bobber e chopper.
Tra le realizzazioni di Gale che hanno lasciato il segno ci sono senza dubbio la Memphis Belle, costruita nel 2004 sulla base di una Harley Heritage Softail e vincitrice in oltre 60 eventi sparsi in tutta Europa, e la Rosso Corsa, caratterizzata da un'enorme ruota posteriore e ispirata al tema della Ferrari, anch'essa premiata in più occasioni prima di essere acquistata, nel dicembre 2006, nientemeno che da Jean Todt, ex team manager del Team Ferrari in Formula 1, insieme al sette volte campione del mondo Michael Schumacher!
"E' stato lo stesso Todt che è venuto a ritirare la moto, ma prima lui e Michael erano venuti qui insieme per vedere la Rosso Corsa e valutarne l'acquisto in compartecipazione. – spiega Gale – Come parte integrante del pagamento sono riuscito a ottenere anche un casco autografato da Schumacher con la promessa di non rivenderlo, cosa che naturalmente non intendo fare per nessun motivo al mondo!".
Una volta presa la decisione di dar vita alla Ace Café Racer, Nick ha dovuto subito fare i conti con un grosso problema: il tempo. "Per costruire la moto da zero ho avuto a disposizione meno di due mesi. – racconta Gale – Sapevo che non avrei potuto superare una certa data perché altrimenti non sarebbe stato più possibile spedire la moto negli Stati Uniti. Perciò ho cercato di ottimizzare i tempi attraverso una rapida analisi della situazione: volevo che la moto rispecchiasse i canoni di quella che negli anni Sessanta era la café racer per eccellenza, ovvero la Triton, che disponeva di un motore Triumph bicilindrico e di un telaio Norton Featherbed. La posizione di guida, dunque, non poteva che essere caratterizzata da una coppia di semimanubri, un kit di pedane arretrate e una piccola sella monoposto, per una moto maneggevole, veloce ed efficace in frenata. Insomma, volevo che il nome dell'Ace Café fosse onorato da contenuti tecnici all'altezza e non solo a livello di immagine.
Volevo inoltre utilizzare il serbatoio di una Norton Manx e, cosa ancora più importante, un faro tondo dell'epoca. Al di là di tutto ciò, poi, c'era da capire quanto e dove potevo modernizzare questo concetto senza che la moto perdesse i suoi connotati classici. In pratica, vista dall'altra parte della strada, la Ace Café Racer dove sembrare una vera Triton".
Naturalmente, i lavori si sono sviluppati attorno al bicilindrico S&S raffreddato ad aria da 1650 cc, lo stesso che impiega anche la francese Wakan. Nel caso della Ace Café Racer, tuttavia, questa unità è stata preparata con tutta una serie di accorgimenti che ne hanno fatto lievitare ulteriormente le prestazioni. Tanto per cominciare, il rapporto di compressione è stato portato a 12:1, l'accensione è adesso della Crane (modello Hi-4 a 12 volt) e l'alimentazione è assolta da un singolo carburatore S&S "Super E" da 47 mm che respira attraverso due sinuosi condotti realizzati dalla stessa NGCC, cui si devono anche i vari coperchi in alluminio satinato che abbelliscono il motore.
Così configurato, quest'ultimo eroga 138 CV (misurati alla ruota) a 5200 giri, contro i 115 della Wakan, ed esprime una coppia massima pari a 15,9 Kgm a 4250 giri. Il cambio a 6 marce è stato gentilmente fornito dall'americana Baker, mentre la trasmissione primaria vede una cinghia da 2" della Evolution Industries e la frizione, di tipo a secco con campana in alluminio, è della Barnett modificata dalla NGCC.
Nell'allestimento del veicolo, anziché partire dal telaio, Gale ha definito prima di tutte le ruote: "Non avevo il minimo dubbio in proposito. – spiega ridendo – Tutto il resto è passato in secondo piano".
In effetti, i cerchi da 18" della californiana RideWright, dotati di ben 50 raggi ciascuno e abbinati a pneumatici Metzeler Marathon, caratterizzano in modo inequivocabile il look di questa moderna café racer e lo stesso vale per il telaio, costruito in tubi d'acciaio al cromo molibdeno dalla P&D Custom Bike come replica del Norton Featherbed.
A onor del vero, però, deve esserci stato un piccolo fraintendimento, come conferma lo stesso Nick: "Non si tratta di una copia esatta. A causa di un'incomprensione sulle misure da rispettare, infatti, la struttura è risultata complessivamente più larga di quanto sarebbe dovuta essere, sia nella parte alta che in quella bassa. Tuttavia, come si dice in gergo, non tutto il male viene per nuocere: visto che non c'era tempo per fare un nuovo telaio, ho deciso di sfruttare questo inconveniente a mio vantaggio, realizzando una café racer vitaminizzata piuttosto che una sportiva dal look classico come avevo previsto inizialmente".
Questa scelta si è tradotta in una moto muscolosa, consistente ed equipaggiata con una componentistica estremamente efficace, come la forcella Öhlins a steli rovesciati da 43 mm che compare all'avantreno, stretta da piastre realizzate appositamente dalla Harris Performance. Grande attenzione è stata inoltre riposta nei confronti della pulizia estetica del mezzo, tant'è che, ad esempio, i comandi del freno anteriore e della frizione hanno il serbatoio dell'olio nascosto sotto la testa di sterzo, mentre le tubazioni e i vari cavi passano quasi tutti all'interno del telaio in modo da essere celati alla vista.
Al retrotreno compare una coppia di ammortizzatori, anch'essi prodotti dal marchio svedese, con serbatoio di tipo piggyback ed equipaggiati con molle nere anziché gialle come da tradizione. Originariamente sviluppati per la Kawasaki Z1000, questi ultimi prevedono inoltre appositi distanziali di 10 cm che determinano una distribuzione statica dei pesi pari al 51% sull'asse anteriore e al 49% su quello posteriore.
Le principali quote ciclistiche vedono invece un interasse di 1445 mm e il cannotto di sterzo inclinato di 29°. I semimanubri e le pedane in alluminio sono opera dello specialista inglese Steve Harris, mentre il serbatoio del carburante da 24,5 litri di capacità è stato realizzato a mano dal battilastra John Williams, della scozzese Tank Shop. Anche in questo caso, le misure del telaio hanno giocato a favore di Gale: "Se fosse stato più stretto, avremmo dovuto costruire un serbatoio più alto, mentre così siamo riusciti ad abbinare un volume più che soddisfacente a un risultato estetico pressoché perfetto, che riprende appunto quello della Norton Manx".
Anche il piccolo codino monoposto è stato modellato artigianalmente da Williams, il quale ha incassato due piccole luci di stop nella parte posteriore, a riprova del minimalismo con cui è stata concepita la Ace Café Racer, per la quale viene dichiarato un peso a secco di 198 Kg. A fermarla ci pensano tre freni a disco flottanti da 292 mm della inglese Harrison Billet con pinze ad attacco radiale della stessa marca, dotate di quattro pistoncini. "Per adottare l'attacco radiale anche al retrotreno – spiega Nick – abbiamo dovuto montare la pinza sotto al forcellone, ma in questo modo la scritta Billet si leggeva al contrario, dunque l'abbiamo rifatta! Ad ogni modo, per una moto da 200 Kg che supera i 250 Km/h era importante avere un impianto frenante all'altezza della situazione e questo lo è senz'altro".
La realizzazione della Ace Café Racer ha comportato anche il classico problema relativo alla collocazione del serbatoio dell'olio, visto che il motore S&S è a carter secco. "Il serbatoio del lubrificante che ci hanno fornito inizialmente era gigantesco, – dice Gale sorridendo – perciò ne abbiamo realizzato uno per conto nostro che, oltre ad avere una capacità dignitosa, incorpora anche l'alloggiamento per la batteria".
Poi è stata la volta del bellissimo impianto di scarico in acciaio inox, che ha richiesto dieci giorni di lavoro per essere allestito con saldature degne di una MotoGP. I terminali sono sistemati in posizione asimmetrica, con quello relativo al cilindro anteriore collocato sul lato destro e quello relativo al cilindro posteriore disposto sotto la sella, in base alle specifiche previste dallo stesso Gale: "Volevo che la moto avesse un'impostazione aggressiva, che rendesse merito al nome che porta".
I silenziatori sono inoltre dotati di un ingegnoso sistema con valvola a molla che riduce la rumorosità solo ai bassi regimi, mentre agli alti, quando la pressione dei gas vince la resistenza della valvola, risultano praticamente liberi.
In perfetta sintonia con lo stile del veicolo è anche il faro anteriore che, secondo Nick, non poteva avere nessun'altra forma. "L'ho trovato da un ferrivecchi e apparteneva a una Triumph degli anni Sessanta, con tanto di amperometro sulla parte superiore, che ho sostituito con un indicatore della pressione dell'olio. Sempre a proposito di strumentazione, ho deciso di installare un grosso contagiri AutoMeter perché nella forma e nelle dimensioni ricorda l'enorme orologio che veniva montato sulle Vincent negli anni Cinquanta".
La moto allestita da Gale è molto più di una semplice showbike e lo si capisce non appena si percorrono i primi chilometri sulle strade che portano dalla NGCC all'Ace Café. Al di là della grande riserva di coppia e potenza messa a disposizione dal motore S&S elaborato, la prima cosa che colpisce di questa special è la sua larghezza, mentre la posizione di guida allungata in avanti non crea problemi: del resto, si tratta di una café racer allestita in chiave moderna, dunque è normale ritrovarsi con il busto appoggiato al serbatoio, in posizione aerodinamica, e con il sedere a contrasto con la parte posteriore della sella. I semimanubri risultano piuttosto aperti e, probabilmente, anche chiudendoli un po' la maneggevolezza non sarebbe comunque venuta a mancare, visto che il telaio P&D dimostra ottime doti di guidabilità, grazie anche al pneumatico posteriore da 160/60 relativamente stretto rispetto a quelli con sezione da 190 mm e oltre che dominano la scena custom americana.
"Volevo che la moto risultasse efficace nel misto – afferma Nick – e in rapporto alla potenza del motore ho reputato che un 160 posteriore, abbinato a un anteriore da 120/70, fosse adatto allo scopo".
Nonostante le ottime possibilità di piega offerte dai Metzeler Marathon, non vi è alcun problema di luce a terra in quanto le pedane sono davvero altissime, oltre che discretamente arretrate. Pertanto, l'unico vero problema rimane quello della larghezza della moto nella parte superiore, che non solo costringe a mantenere le gambe particolarmente divaricate, ma impedisce perfino ai piloti più alti di toccare con entrambi i piedi per terra a moto ferma. Non è tanto la sella a essere troppo larga, quanto i tubi del telaio che impediscono alle gambe di distendersi completamente verso il basso.
Per quanto riguarda le prestazioni, invece, la coppia è talmente abbondante che i primi due rapporti del cambio risultano quasi superflui, con la possibilità di partire ai semafori direttamente in terza marcia. Addirittura, non importa neppure spremere il motore fino in fondo per ottenere un'accelerazione mozzafiato e la cosa ancor più considerevole è che, anche quando ci si avvicina al limitatore, il livello di vibrazioni rimane sempre sorprendentemente basso per un grosso bicilindrico a V di 45° privo di contralbero di bilanciamento e fissato rigidamente al telaio.
L'unico aspetto negativo, semmai, riguarda il rilascio della frizione durante le partenze da fermo, accompagnato da qualche sussulto di troppo, nonostante che il comando al manubrio risulti abbastanza morbido e, dunque, valido per un eventuale uso cittadino del mezzo.
Il comportamento in curva è l'aspetto più entusiasmante della Ace Café Racer. La particolare sistemazione a bordo, infatti, non compromette l'efficacia di guida, che consente angoli di piega impressionanti. Inoltre, per essere una moto provvista di doppio ammortizzatore al retrotreno, la qualità dell'assetto è semplicemente ottima. Entrambe le sospensioni lavorano in modo esemplare, copiando le asperità dell'asfalto anche a moto inclinata e trasmettendo sempre grande feeling.
Allo stesso modo, l'impianto frenante Harrison svolge egregiamente il proprio compito, con spazi d'arresto contenuti e una risposta progressiva e mai brusca.
Magari, a velocità ridotta, la moto può apparire un po' ingombrante, ma appena si supera una certa soglia sembra diventare improvvisamente più piccola, oltre che facile e poco affaticante da condurre nei rapidi cambi di direzione. Lo sterzo risulta pertanto leggero e preciso, senza tuttavia mancare di stabilità nei tratti veloci, a conferma delle proverbiali doti del telaio Featherbed, seppur in versione "maggiorata".
Come se non bastasse, poi, la Ace Café Racer ha raccolto un sacco di riconoscimenti in giro per il mondo ai vari eventi in cui è stata esposta: "Quando siamo andati in America c'è stato un po' di sconcerto, – spiega Nick – perché era l'unica moto completamente diversa dalle altre. Ad ogni modo, ci siamo classificati quattordicesimi su cinquanta nella graduatoria assoluta e quarti in quella relativa alla nostra categoria. Poi siamo andati a Sturgis, in occasione del campionato del mondo di moto custom. Eravamo iscritti nella categoria Production e siamo arrivati secondi. La Ace Café Racer è stata la prima moto costruita al di fuori degli Stati Uniti ad aver vinto un premio in questa manifestazione".
Non è tutto: al suo ritorno in Europa, la special di Gale ha vinto il premio come "Best Radical" e "Best in Show" al raduno dell'Harley Owners Group che si è tenuto in Italia, dopo di che è stata esposta all'Intermot di Colonia, vincendo la categoria Sportbike e piazzandosi quinta assoluta.
Adesso, Nick sta pensando di produrre una piccola serie di repliche, che intende vendere a un prezzo di circa 28.000 Euro. "Non intendo farne molte – dichiara – All'inizio pensavo addirittura di costruirle una per una nella mia officina, ma poi mi sono reso conto che non ho il tempo per farlo. Tuttavia, abbiamo già diversi ordini da evadere e intendiamo organizzarci in qualche modo".
Comunque vada, la Ace Café Racer rappresenta un originale tributo a un pezzo di storia del motociclismo britannico. Una moto molto bella da vedere grazie alla cura artigianale con cui è stata realizzata, estremamente performante e fantastica da guidare.
Ace Café Racer. Più grinta non si può!
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Nick Gale
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Ace Café Racer. Più grinta non si può!
Ace Café Racer. Più grinta non si può!

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