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Moto & Scooter

Una vita come Steve McQueen

La cantava Vasco Rossi entusiasmando le folle. Ora è possibile: l'inglese Metisse produce 300 repliche fedeli della Triumph Desert Racer con cui correva il mitico attore

Una vita come Steve McQueen
Una vita come Steve McQueen
Ormai trent'anni dopo la sua tragica morte, nel novembre del 1980, il mito di Steve McQueen vive ancora in tutto il mondo attraverso i suoi film. Naturalmente la sua particolare bravura nella guida, soprattutto in fuoristrada, ha fatto di McQueen un personaggio speciale, particolarmente apprezzato dai motociclisti di tutte le generazioni per varie scene d'azione come quelle contenute ne "La Grande Fuga".

Le cifre record pagate per gli oggetti appartenuti all'attore in occasione di un'asta organizzata da Bonhams in California circa due anni fa non fanno altro che sottolineare il grande fascino creatosi attorno a questo personaggio.
Tanto per fare degli esempi, sono stati sborsati ben 70.200 dollari per un paio di occhiali da sole Persol che McQueen indossò nel film "Il caso Thomas Cromwn", e altri 38.025 dollari sono stati offerti per per un coltello a scatto creato da Von Dutch per l'attore americano, per non parlare della tracolla in pelle abitualmente usata da McQueen e realizzata da lui stesso, venduta per 40.
950 dollari partendo da una base d'asta di 3000, o della sua giacca Belstaff, acquistata per 32.760 dollari partendo da 4000...
Al di là di questi eccessi, comunque, c'è chi vende l'esatta replica della moto preferita da Steve McQueen per 12,999 sterline tasse escluse (ovvero circa 13.850 Euro a seconda del cambio), la Desert Racer con motore Triumph TR-6 e telaio Metisse Mark 3 che l'attore acquistò nel 1966 e portò in gara in numerose manifestazioni off-road ed enduro della California e di altri stati della costa Ovest.
L'iniziativa porta la firma di Gerry Lisi, patron della Metisse Motorcycles, la quale produrrà un lotto di soli 300 esemplari numerati all'interno dei suoi stabilimenti in Inghilterra, vicino a Oxford. Le moto saranno impreziosite dalla riproduzione dell'autografo originale di Steve sul serbatoio, secondo quanto ufficialmente autorizzato dal figlio di McQueen, Chad. Quest'ultimo sta seguendo le orme del padre, in quanto pratica pratica abitualmente il fuoristrada e non vede l'ora di entrare in possesso della prima replica prodotta dalla Metisse. A quanto pare, l'esemplare originale di Steve McQueen non si trova più e sembra sia andato distrutto.
L'idea di produrre un modello di questo tipo è venuta in realtà ad Anthony Bamford, proprietario della JCB, azienda che produce macchine movimento terra distribuite in tutto il mondo, oltre che di uno dei più importanti team di macchine storiche.
"Non si tratta di un motociclista praticante, ma Sir Anthony è comunque un grandissimo fan di Steve McQueen, che conosceva personalmente quando correva in auto. – spiega Gerry Lisi – Così, circa tre anni fa è venuto da me chiedendomi di produrre una replica della Mark 3 Metisse che Steve aveva comprato nel 1966 e che aveva successivamente convertito in una moto da competizione per gareggiare nel deserto. Noi abbiamo accontentato la sua richiesta, spedendo la moto presso lo showroom della JBC, nel centro di Londra, dove è stata messa in esposizione. Poco dopo, però, hanno cominciato a dirci che molte persone erano interessate all'acquisto di quel modello e abbiamo pensato di cogliere l'opportunità producendone una piccola serie, non prima naturalmente di aver chiesto l'autorizzazione a Chad McQueen, che si è dimostrato davvero entusiasta dell'iniziativa, dal momento che la Triumph Desert era una delle moto preferite da suo padre".
Purtroppo, Steve non è più tra noi per poter confermare quanto sopra, ma la sua predilezione per quella moto è apprezzabile in un articolo pubblicato da Popular Science nel 1966, nel quale McQueen indica la Triumph come "molto avanti per i suoi tempi".
"Una delle caratteristiche più rivoluzionarie – affermava Steve – riguarda il circuito di lubrificazione. L'olio circola infatti attraverso i tubi del telaio, raffreddandosi. Si tratta di un aspetto molto importante, soprattutto se si impiega la moto in gara o quando si guida in condizioni estreme. Inoltre, la potenza è sbalorditiva. I grossi motori a quattro tempi mi sono sempre piaciuti, a maggior ragione su un mezzo leggero come questo. Il serbatoio e i parafanghi in fibra di vetro contribuiscono al peso ridotto e la forcella Ceriani copre ogni tipo di asperità. Le piastre di sterzo BSA sono le migliori in assoluto e rappresentano un componente fondamentale dal momento che, talvolta, urtando un ostacolo, sono arrivato perfino a piegare il manubrio!".
Quest'ultima frase spiega meglio di qualsiasi altra cosa di che pasta fosse fatto Steve McQueen, il quale ignorava sistematicamente il divieto che, per contratto con le case cinematografiche, gli proibiva di guidare una moto e, tanto meno, di gareggiare con essa! Le sue gesta in ambito sportivo, infatti, gli valsero il posto nella nazionale statunitense alla International Six Days Enduro (ISDE) del 1964. "Le corse sono la mia vita, il resto può aspettare" è una delle frasi più famose che gli vengono attribuite.
Dunque, la Metisse ha dato il via alla produzione di 300 repliche della Triumph Desert, di cui molte già prenotate, all'interno dei suoi stabilimenti nella campagna dell'Oxfordshire. Gerry Lisi, 59 anni, è entrato a far parte della Metisse nel 1999, diventando socio paritario di Pat French, che aveva conosciuto sette anni prima, quando Lisi si era recato in fabbrica per acquistare un telaio. "L'azienda non stava andando troppo bene a quei tempi, - spiega Gerry – così, dal momento che ho sempre amato questo marchio, ho deciso di farne parte, provando a rilanciarlo. I fratelli Rickman, i fondatori della Metisse, non abitano molto lontano da qui e ogni tanto, circa una volta al mese, vengono a trovarci e parliamo di moto. Trovo sia fantastico che si interessino a ciò che facciamo".
Una di queste visite è avvenuta proprio il giorno in cui eravamo lì per provare la moto. E' stato oltremodo gratificante poter incontrare due figure che hanno giocato un ruolo fondamentale non solo nel mondo dell'offroad, ma anche nella storia dell'industria motociclistica britannica.
Dopo il fallimento della Norton e prima che John Bloor facesse risorgere la Triumph, infatti, la Metisse rappresentava il più grande costruttore di moto inglesi. Naturalmente, il mondo delle due ruote è notevolmente cambiato dalla metà degli anni Sessanta, ma in ogni caso i telai Metisse dei fratelli Rickman sono stati molto importanti per lo sviluppo delle moderne moto da fuoristrada e quarant'anni fa rappresentavano il fior fiore della tecnologia.
"Sono davvero contento che vengano costruite delle repliche della moto di Steve McQueen. – afferma Don Rickman – E' bello pensare che qualcosa iniziato nel 1958 continua tuttora". Anche l'altro fratello, Derek, è d'accordo: "Siamo onorati del lavoro che sta facendo Gerry. Con lui, il nome Metisse riceve le attenzioni che si merita".
Pat French si è ritirato dalla società nell'aprile del 2001 e sfortunatamente è morto poco dopo, lasciando Lisi solo al comando dell'azienda. Tuttavia, la realizzazione della McQueen Replica è soltanto la prima di una serie di iniziative che Gerry sta portando avanti per potenziare il business della Metisse. In previsione, infatti, c'è anche la realizzazione di alcune moto stradali, come una moderna versione della sportiva realizzata a partire dal telaio che i fratelli Rickman costruirono negli anni Settanta per i motori giapponesi a quattro cilindri, o un esemplare aggiornato della special allestita circa dieci anni fa da Pat French con il bicilindrico della Harley-Davidson Sportster.
Per dar vita alle McQueen Replica, la Metisse utilizza dei bicilindrici paralleli Triumph TR6 di 650 cc perfettamente restaurati. I propulsori vengono forniti da Bill Thompson. "Si tratta di un motorista assai capace - spiega Lisi – che ha molti contatti in America. I bicilindrici Triumph, infatti, gli arrivano principalmente da quattro demolitori degli Stati Uniti e da uno situato in Canada. Inoltre, Thompson ci fornisce anche il mozzo posteriore della BSA che noi utilizziamo sulla Desert Racer. Solo questi due elementi sono originali, tutto il resto viene replicato qui da noi e poi montato sul nostro telaio Mark 3 in cromo molibdeno, secondo le specifiche adottate dallo stesso McQueen sulla sua moto. Il colore, ad esempio, è molto importante: la Desert Racer era infatti verniciata in un particolare 'grigio nave da guerra', proprio come la nostra replica."
La forcella è una Ceriani con steli da 35 mm che garantisce 190 mm di escursione alla ruota anteriore ed è serrata da piastre di sterzo BSA. Il freno anteriore è a tamburo da 7" della Triumph così come il posteriore, che però è della BSA. Al retrotreno, invece, c'è una coppia di moderni ammortizzatori Hagon che imitano i Girling originali, mentre le sovrastrutture in fibra di vetro sono realizzate, oggi come allora, dai fratelli Mitchenall. L'unica concessione alla modernità è rappresentata dall'accensione elettronica Boyer Brandsen come quella installata sulle Triumph degli anni Settanta, per una questione di maggior affidabilità.
Naturalmente, essendo destinata alle competizioni, la Dester Racer non prevede alcun impianto di illuminazione, anche se Lisi è in grado di convertire la moto all'uso stradale, almeno per il mercato inglese, nel giro di pochi giorni, installando uno scarico silenziato, un tachimetro da bicicletta, una supporto per la targa e così via.
Quella di cui stiamo parlando è una moto dall'indole selvaggia con la quale andare dappertutto, talmente poco civile che bisognerebbe metterci un'etichetta con su scritto: "maneggiare con cura!".
Così, dopo aver effettuato qualche giro all'interno del parcheggio della fabbrica giusto per prenderci un po' la mano, su diretto invito di Gerry ci siamo avventurati nella campagna inglese a bordo della McQueen Replica, sui sentieri che costeggiano i campi da golf del Carsweel Country Club.
Non nascondiamo il fatto che, inizialmente, eravamo un po' preoccupati di come potevano reagire i giocatori impegnati in quel momento sul green. Tuttavia, vedendo che non si curavano troppo della nostra presenza, ci siamo resi conto che, probabilmente, Gerry e i suoi collaudatori transitano abitualmente sullo stesso percorso, come testimoniato dalle tracce di pneumatici che affioravano in un tratto sabbioso. In ogni caso, non c'era pericolo che qualcuno non ci sentisse arrivare da lontano: l'impianto di scarico della Metisse Triumph non ha la più pallida idea di cosa sia un silenziatore, con i suoi due tubi, disposti uno per lato, piacevolmente sagomati.
La moto non prevede il comando dello starter per facilitare la messa in moto, che avviene attraverso una pedivella posta sul lato destro del motore. Pertanto, il carburatore Amal Concentric deve essere adeguatamente riempito, altrimenti il bicilindrico Triumph stenta a partire e, una volta acceso, fatica a reggere il minimo anche quando raggiunge la temperatura di esercizio.
Forse tutto ciò accade affinché, in caso di caduta, com'è capitato anche a noi, il motore si spenga, evitando di aspirare sabbia o piccoli detriti. Per fortuna che le grosse e robuste pedane in ferro, uguali a quelle che McQueen aveva installato sulla sua moto, scongiurano eventuali danni a livello di sovrastrutture…
Su asfalto, l'impianto frenante anteriore è piuttosto scarso, mentre in fuoristrada si fa apprezzare per la sua modulabilità. Per fermarsi, comunque, è sempre meglio ricorrere al tamburo posteriore.
Il bicilindrico Triumph è sorprendentemente compatto per gli standard dell'epoca e questo ha permesso alla Metisse di costruire un telaio molto stretto. Ne risulta una moto assai maneggevole in rapporto alla cilindrata e caratterizzata da un'ottima posizione di guida grazie all'ampio manubrio, le cui estremità risultano opportunamente reclinate.
Pur avendo le manovelle dell'albero motore a 360° e nonostante sia privo di un eventuale contralbero di bilanciamento, il propulsore sembra particolarmente fluido e generoso in termini di coppia, tanto che non è necessario ricorrere a un utilizzo intenso del cambio a quattro marce, con la prima in basso e il comando sul lato destro, neppure nei tratti più impegnativi.
La Desert Racer è priva di qualsiasi tipo di strumentazione, dunque è piuttosto difficile fare delle ipotesi sulle sue doti velocistiche, anche se l'impressione è che non vada affatto piano, quanto meno secondo gli standard degli anni Sessanta…
In definitiva, la Metisse Triumph 650 rappresenta un validissimo tributo a un grande uomo e a un grande motociclista, che purtroppo ci ha lasciato troppo presto. Di sicuro, Steve McQueen avrebbe approvato ciò che suo figlio Chad ha permesso di fare a Gerry Lisi, lasciando che costruisse queste repliche in suo onore. Si tratta di un omaggio a una persona speciale, oltre che del ritorno sulle scene di una delle più grandi case motociclistiche inglesi, pronta a svelare altre interessanti sorprese in futuro. Questo, naturalmente, è solo il primo passo nel rilancio della Metisse, ma rappresenta già un ottimo biglietto da visita.
Una vita come Steve McQueen
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