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Una Triumph Scrambler fatta come si deve

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Con malcelato orgoglio, il giornalista prova questa special americana trasformata seguendo le indicazioni da lui proposte in un articolo

Alan Cathcart
Una Triumph Scrambler fatta come si deve
Fa sempre piacere quando qualcuno attacca un tuo articolo alla parete del suo garage, eccetto nel caso in cui lo scopo di questo gesto consista nel realizzare una sorta di tiro a segno con lattine di birra vuote, in segno di disappunto per quanto scritto nel testo…
Fortunatamente, non è il caso di Bill Himmelsbach, esperto americano del marchio Triumph, il quale ha affisso all'interno della sua officina in Pennsylvania un articolo che ho scritto due anni e mezzo fa e che riguardava l'allora nuovo Scrambler.
Bill ha sottolineato con un evidenziatore tutti i passaggi nei quali criticavo quel modello, che avevo avuto modo di provare per ben due settimane, essendo stato prodotto negli stabilimenti di Hinckley, a pochi chilometri da casa mia.
"Lavoro sulle Triumph dal 1971 e il tuo articolo spiega davvero tutto a proposito dello Scrambler", spiega Bill, oggi capo tecnico della Martin EuroSports, un rivenditore Triumph a nord di Philadelphia. Non c'è da meravigliarsi, dunque, se Himmelsbach condivide con il figlio Mike una Daytona 675 a tre cilindri per divertirsi in pista.
Mike, oltre a lavorare per la Penske, azienda specializzata in sospensioni, è anche uno dei più promettenti piloti del panorama nazionale statunitense, essendo attualmente leader del campionato DMG's SunTrust Moto-ST con una Aprilia Tuono 1000R.
"Ho guidato lo Scrambler per un mese e mi sono reso conto di come rappresenti un lavoro svolto a metà. – continua Bill – Ha il potenziale per essere una moto veramente valida, ma sarebbe sicuramente molto più divertente e piacevole da guidare se fosse più potente e più leggera. Inoltre, per ottenere un risultato ancora migliore, sono necessarie alcune modifiche alla componentistica prevista dalla fabbrica. Per questo ho attaccato il tuo articolo in garage e ho iniziato a lavorare a questo progetto".
Determinato a dimostrare la validità del risultato finale, Bill e sua moglie Beryl hanno trasportato lo EVO-Scrambler per circa 1600 Km, fino nel Wisconsin, dove mi trovavo per prendere parte ai festeggiamenti del cinquantenario della S&S.
In effetti, dopo aver trascorso un giorno a bordo della moto messa a punto da Himmelsbach mi sono reso conto di come un modello davvero interessante possa nascondersi sotto le spoglie di uno di serie dal successo piuttosto scarso.
La Triumph non ha fatto molti passi falsi dal 1990, anno in cui John Bloor ne ha preso in mano le redini riportandola a occupare il posto che le spetta sul mercato. Tuttavia, sarebbe inopportuno affermare che uno dei modelli responsabili di questo ritorno in grande stile sia proprio la Scrambler, presentata al Salone di Parigi nel 2005 come l'erede di una della Triumph più famose degli anni Sessanta, l'eclettica TR6C.
Anziché puntare sulla filosofia "dual-purpose", caratterizzata dalla possibilità di affrontare diversi tipo di percorso con la stessa disinvoltura, la Scrambler moderna ha scelto la via del trasporto puramente urbano, classificandosi come una sorta di alternativa allo scooter, cosa che ha evidentemente deluso le aspettative e non solo a livello di vendite.
"La Triumph ha sempre realizzato delle gran belle moto, ma la nuova Scrambler non è tra queste. – spiega Bill – Abbiamo venduto dozzine di Bonneville e Speedmaster, ma appena due o tre Scrambler da quando è stata messa in vendita nella nostra concessionaria. Non solo ha mancato il bersaglio, ma penso anche che sia stata sfortunata, in quanto la sua base è ottima, solo che ha bisogno di una mano per venire fuori. Per questo ho deciso di realizzare una serie di modifiche che permettessero di migliorare sensibilmente le cose e questo è il risultato. E' disponibile presso la Martin Euro Sports (www.martinmoto.com) sotto forma di kit, perciò è possibile scegliere e acquistare i pezzi che uno vuole. In pratica, ciò che sto facendo io avrebbe dovuto farlo la stessa Triumph a suo tempo: commercializzare un modello standard da far personalizzare al cliente come meglio crede, secondo le sue necessità. Ricordo che negli anni Settanta avevo un cliente che installò delle borse laterali sulla sua Bonneville e ci andò fino in California, mentre un altro tolse tutto il superfluo dal suo esemplare e lo trasformò in una moto da cross con la quale prese parte ad alcune gare. Era un modello molto versatile, dunque, e la nuova Scrambler avrebbe l'opportunità di fare altrettanto oggigiorno, se solo la Casa madre producesse un catalogo di parti aftermarket appropriato in modo da consentire agli acquirenti di questo mezzo alcune modifiche dal punto di vista meccanico. Le uniche cose presenti nel catalogo, invece, sono vestiti alla moda o cose del genere.
Hanno iniziato a lavorare in questa direzione solo con l'uscita della 675 Daytona, per la quale è previsto un kit di potenziamento del motore. Adesso, sarebbe davvero il caso che facessero la stessa cosa anche per la loro gamma motorizzata con il bicilindrico. E' ciò che vogliono gli appassionati, per questo mi sono mosso autonomamente".
Come ha agito Himmelsbach per operare questa trasformazione? Innanzitutto ha installato un kit di maggiorazione che porta la cilindrata a 904 cc dagli 865 originali grazie a un incremento dell'alesaggio pari a 2 mm, che adesso è di 92 mm per 68 mm di corsa. Ha inoltre previsto dei pistoni della JE che innalzano il rapporto di compressione a 10,4:1, mentre ha alleggerito personalmente il volano e l'alternatore in modo da rendere il bicilindrico inglese più rapido nel salire di giri. I condotti delle teste sono stati poi lavorati e dai carburatori Keihin da 38 mm sono stati tolti i sensori relativi all'apertura del gas. In ogni caso, la modifica più significativa ha riguardato il sistema di scarico, che sulla Evo-Scrambler è dello stesso tipo "due in due" della Thunderbike, con terminali a controcono e protezioni per il calore in acciaio. "Lo scarico della neozelandese Thunderbike è davvero bello da vedere, ha un suono fantastico e, oltre a essere più leggero dell'originale, produce un guadagno immediato di potenza pari a 5 CV una volta adeguata la carburazione. – spiega Himmelsbach – La Thunderbike propone anche degli alberi a camme che danno ottimi risultati, ma ancora meglio mi sono trovato con altri messi a punto dal concessionario Triumph South Bay, in California. Nel 2006, quest'ultimo è stato il rivenditore ufficiale numero uno degli Stati Uniti ed è unanimemente riconosciuto come un vero riferimento nell'ambito del tuning". Gli alberi a camme della South Bay offrono sei gradi in più di durata della fase utile e 1 mm di alzata in più, mentre la scatola filtro originale ha lasciato il posto a due filtri singoli. Così configurata, la Scrambler bianca e rossa di Bill sviluppa 65,6 CV a 7200 giri misurati alla ruota (contro i 44,8 del modello di serie), mentre la coppia massima vale 8 Kgm a 4800 giri (contro i 5,7 della moto standard). Si tratta, in pratica, di un aumento pari al 45% per quanto riguarda la potenza e del 35% per la coppia, mentre il peso a secco del mezzo è sceso del 10%, vale a dire 21 Kg in meno rispetto ai 205 della Scrambler appena uscita di fabbrica.
In termini di soddisfazione di guida, la moto è migliorata sotto tutti i punti di vista, pertanto il lavoro di Bill è stato assolutamente ben fatto. Il kit viene proposto a un prezzo di 5000 dollari e non comprende gli ammortizzatori Penske installati sull'esemplare di Himmelsbach.
Chiaramente, Bill non è potuto intervenire sulla configurazione dell'albero motore, che ha le manovelle curiosamente sfasate di 270° anziché di 360° come accadeva sulla celebre TR6, ma al di là di questo non c'è dubbio che Himmelsbach abbia interpretato alla lettera le critiche che a suo tempo avevo mosso alle prestazioni di questo modello. Adesso, infatti, il propulsore è quasi commovente per quanto è generoso, senza contare che grazie al nuovo scarico ha anche una timbrica decisamente più coinvolgente. Quest'ultimo è bello da vedere, non scalda eccessivamente e in abbinamento agli altri interventi meccanici (alberi a camme, kit di maggiorazione ecc…) garantisce un tiro considerevolmente superiore ai medi regimi.
La spinta del bicilindrico è adesso pulita e progressiva già da 2000 giri e arriva senza incertezze fino all'intervento del limitatore, posto a quota 8200 giri.
Difficilmente, comunque, si arriva fino a tale soglia, dal momento che la rapportatura del morbido e preciso cambio a cinque marce si sposa perfettamente con la nuova curva di potenza del motore, particolarmente favorevole tra i 3000 e i 6000 giri. Così facendo, infatti, la guida risulta molto divertente, nonostante la frizione non troppo morbida per via di un kit di molle più dure che Himmelsbach ha installato per far fronte all'aumento di prestazioni. "Quando questo tipo di motore supera una certa potenza, la frizione di serie tende a slittare.", spiega Bill.
Adesso, dunque, quello che era il punto debole del modello originale, vale a dire la scarsa potenza, è diventato il suo punto di forza grazie a pochi, mirati interventi. La moderna Scrambler, del resto, ha sempre avuto un design piacevole, ma le sue prestazioni fiacche lo rendevano un mezzo anonimo, priva di contenuti. La moto allestita da Bill, invece, può essere tranquillamente paragonata a una Yamaha TDM 850 o a una Ducati Hypermotard come versatilità di utilizzo.
Le modifiche introdotte da Himmelsbach, infatti, hanno riguardato anche la parte ciclistica. Per prima cosa, i pneumatici Bridgestone di primo equipaggiamento, invero anche un po' rumorosi, sono stati sostituiti con dei Pirelli Scorpion, che oltre a essere più silenziosi assicurano maggior grip sia su asfalto che fuoristrada. E' un mistero il motivo per cui la Triumph non abbia equipaggiato questa moto con le coperture italiane, visto che pesano anche di meno, andando dunque ad alleviare il lavoro della forcella Kayaba non regolabile con steli da 41 mm.
Come se non bastasse, da questo punto di vista Bill ha voluto rincarare la dose installando dei cerchi a raggi in alluminio della Takasago Excel al posto degli originali in acciaio, conseguendo un risparmio di 3,2 Kg.
La presenza dei raffinatissimi ammortizzatori Penske, regolabili in compressione sia alle alte che alle basse velocità, oltre che a livello di precarico ed estensione, è quasi sprecata su una moto di questo tipo, ma non si può fare a meno di apprezzare il loro funzionamento, così come l'ottima taratura messa a punto dagli Himmelsbach, padre e figlio. Il retrotreno, infatti, garantisce sempre un ottimo feeling e non viene mai messo in crisi dal surplus di cavalli a disposizione del nuovo motore. Allo stesso modo, anche in presenza di avvallamenti, la ruota posteriore non perde mai aderenza in percorrenza di curva, se non nel caso in cui le pedane, non troppo alte, entrino in contatto con l'asfalto.
L'opera di alleggerimento del veicolo è nettamente avvertibile, così come la migliore posizione di guida. Quella del modello di serie, infatti, è troppo eretta, mentre quella definita da Bill è più rilassante, grazie ai manubri più aperti, bassi e leggermente più stretti prelevati da una Ducati Monster. In questo modo, quando si viaggia a velocità di crociera, si è investiti da una quantità di vento minore, dal momento che il busto risulta più inclinato (anche se non troppo) in avanti.
L'attenzione di Himmelsbach per i dettagli trova conferma nella rimozione degli specchietti originali, al posto dei quali vi sono adesso dei piccoli elementi aftermarket, fissati direttamente alle estremità esterne dei manubri, che offrono una visibilità sorprendentemente buona, e nella sostituzione della luce di stop con un'altra in perfetto stile anni Sessanta. Allo stesso modo, il parafango posteriore in acciaio ha lasciato il posto a una replica in fibra di vetro, mentre gli indicatori di direzioni sono adesso della Lackhart Phillips, più piccoli e leggeri, così come la protezione per la catena e quella per il pignone. La corona, che ha mantenuto lo stesso numero di denti rispetto all'originale, è anch'essa più leggera ed è prodotta dalla Afam.
Bill ha poi rifatto in alluminio la pesante piastra in acciaio posta sotto alla culla del telaio, eliminando varie staffe e supporti con l'obiettivo di ottenere la massima leggerezza e migliorare la pulizia estetica del mezzo. A tale scopo, anche il radiatore dell'olio previsto dall'allestimento di serie è stato eliminato. "Non uso mai la moto per molte ore di fila e raramente mi capita di guidare nel traffico, quindi era solo un inutile aggravio in termini di peso!".
In controtendenza al minimalismo generale va invece la scelta di spostare il blocchetto di accensione su un lato, in modo da ricavare lo spazio per adottare la strumentazione della Thruxton, dotata (a differenza di quella della Scrambler, che prevede il solo tachimetro) anche di contagiri. "Penso che in questo modo la moto risulti più bella, nonostante qualche centinaio di grammi in più…" - sentenzia Himmelsbach.
Va comunque detto che non è solo grazie al peso ridotto che la moto di Bill frena decisamente meglio rispetto al modello da cui deriva. Il merito, infatti, è del disco in acciaio da 310 mm della EBC adesso presente all'avantreno che, oltre a comportare un risparmio di 0,57 Kg, offre una potenza frenante nettamente superiore rispetto al disco di serie dello stesso diametro, grazie anche alle pastiglie EBC installate nella pinza Nissin a due pistoncini prevista dall'allestimento originale.
"L'impianto frenante di serie non è all'altezza – spiega Bill – perciò, prima ancora di mettermi al lavoro sul fronte dell'alleggerimento, mi sono preoccupato di ottenere una frenata più efficace. Adesso, a 80 Km/h, la moto impiega poco meno di 30 metri per fermarsi, il che rappresenta un ottimo risultato". Il comportamento del disco anteriore è migliorato soprattutto nella prima parte della risposta, molto più pronta rispetto alla versione standard. Adesso, dunque, la sensazione di controllo è maggiore e non c'è bisogno di ricorrere a un uso eccessivo dell'impianto posteriore, peraltro corredato anch'esso da un più leggero disco EBC. Paradossalmente, comunque, la taratura della forcella non regolabile garantisce trasferimenti di carico contenuti anche nel caso in cui si ricorra a frenate "d'emergenza".
Questa versione evoluta della Scrambler dimostra quindi come la stessa Triumph avrebbe potuto partorire un prodotto di maggior successo se solo avesse saputo interpretare meglio il mercato. L'illustre predecessore di questo modello faceva leva sulle prestazioni e sulla polivalenza, mentre la nuova Scrambler non brilla affatto sotto tali aspetti. Tuttavia, grazie al kit elaborato da Himmelsbach e dallo staff della Martin EuroSports, è possibile ottenere un mezzo che soddisfa le aspettative. Una moto dallo stile classico che combina facilità di guida, performance e grande stabilità.
Ottimo lavoro Bill, adesso puoi togliere il mio articolo dal muro del tuo garage e, magari, suggerire ai dirigenti della Triumph di appenderlo all'interno del loro reparto di Ricerca e Sviluppo…
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