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Moto & Scooter

Il ritorno del "Duca"

di Angelo Maggi
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Due motard e una enduro. Tre appeal diversi e un solo motore. Le monocilindriche d'assalto austriache sono arrivate, con il loro carico di divertimento, grinta ed efficacia, pronte a scatenarsi su terra e asfalto, meglio se "tuttocurve

Il ritorno del "Duca"
Il ritorno del "Duca"
L'unico elemento che hanno in comune è il propulsore, per il resto… spazio alla fantasia. Stiamo parlando della famiglia delle monocilindriche marcate 690 LC4, presentata in Spagna nei dintorni di Almeria. Una famiglia numerosa che si compone della 690 Enduro e della SMC, che sfruttano lo stesso telaio e lo stesso allestimento tecnico (esclusi ovviamente ruote e freni), cui si affianca l'eccentrica 690 Duke.
Quest'ultima, oltre che per l'estetica più appariscente e ricercata, si differenzia dalle sorelle per il telaio creato ad hoc, per molti elementi della ciclistica e per l'originale soluzione del silenziatore posto sotto al basamento.
Appeal e attitudine diversi, quindi, supportate dallo stesso… sound. Il mono è stato ripreso da quello che equipaggia la Supermoto, anche se non sono poche le novità: il monoalbero a camme in testa a quattro valvole ora è ancor più vigoroso (63 i CV dichiarai nelle versioni Enduro e SMC, 65,3 nella Duke) e guadagna la frizione antisaltellamento nonché il "ride by wire" denominato EPT System che sfrutta il classico cavo solo per la chiusura della valvola a farfalla.
L'elettronica è tenuta in elevata considerazione in queste proposte visto che la centralina permette di scegliere tra tre mappature, per benzina a basso numero di ottani e per approfittare di differenti caratteristiche di erogazione.
Sostanzialmente allineati i prezzi d'acquisto; 8750 euro per l'Enduro, 8850 euro per la SMC e 9180 per la Duke. Chiavi in mano, ovviamente.
Da un punto di vista ciclistico, come anticipato, l’Enduro e la SMC sono sovrapponibili. Il telaio, una struttura a traliccio in tubi di acciaio che abbraccia superiormente il mono e ingloba l’air-box. Il serbatoio del carburante e la batteria sono stati invece posizionati all’interno del telaietto reggisella, anch’esso in tubi di acciaio, questo per ottenere una distribuzione dei pesi bilanciata tra anteriore e posteriore. Quello che non è stato fatto con la Duke… Anche quest’ultima sfrutta un telaio a traliccio (però diverso nelle quote e nella conformazione rispetto a quello delle due sorelle di pari cilindrata) ma l’air-box è stato collocato in posizione arretrata, nel telaietto reggisella, per lasciar posto al serbatoio nella classica posizione dietro al manubrio. In una motard stradale pura, infatti, è preferibile avere le masse “sbilanciate” verso l’anteriore per avere un avantreno più carico e quindi più feeling nella guida. Anche la soluzione del silenziatore posto sotto al motore si inserisce in questo contesto, abbassando il baricentro e migliorando la guidabilità. Senza contare i vantaggi da un punto di vista estetico. La Duke, rispetto alla Enduro e alla SMC, sfoggia anche un raffinato forcellone presso fuso con venature di rinforzo.
Le differenze continuano anche a livello di sospensioni, tutte peraltro regolabili; per tutte forcella rovesciata da 48 mm con l’Enduro che ha piedini avanzati (un must nel fuoristrada), e le altre in asse. Come accade anche per i monoammortizzatori (del tipo piggyback) cambiano ovviamente anche le escursioni ruota.
Da segnalare anche gli impianti frenanti: all’anteriore la Duke adotta una pinza Brembo radiale a 4 pistoncini e quattro pastiglie (abbinata a una pompa radiale), quattro pistoncini e due pastiglie per la SMC, due pistoncini classici per l’Enduro. Davvero belli, infine, i cerchi a 5 razze della Duke.
In sella alla SMR ci si trova a proprio agio come su una classica enduro: la sella è comoda e non si fatica a toccare bene a terra, i comandi sono pratici e istintivi da raggiungere. Fin dai primi metri su strada si nota il motore potente, corposo ai medi e dotato di un buon allungo. Proprio grazie alla coppia generosa non è necessario continuare a chiamare in causa il cambio. Il percorso ci porta su un misto stretto, terreno ideale per questo tipo di moto, nata per curvare a basse e medie velocità. Iniziano le curve, e la moto agguanta la corda con naturalezza anche se inizialmente il mono si è rivelato troppo morbido a centro curva innescando qualche oscillazione di troppo.
Abbiamo dunque lavorato sui registri irrigidendo un po’ il mono nella compressione, ottenendo un sensibile miglioramento: in questo modo la 690 SMR entra in curva molto più svelta e composta, con la possibilità di dare gas prima.
Nella prova in pista la moto è risultata molto efficace e dopo opportune regolazioni - ovvero ulteriore chiusura dei registri in compressione ed estensione, un leggero sfilamento della forcella di circa 1cm e due giri di molla del mono per avere un carico maggiore sull’anteriore - è diventata ancora più reattiva e facile. Grazie anche al potente impianto frenante “intraversarsi” in ingresso curva diventa semplice, e il divertimento è assicurato. La mappatura preferita da noi è stata la due, la più reattiva e brusca, ma anche quella più emozionante.
Nel pomeriggio è il turno della versione Enduro che come impostazione di guida è sovrapponibile alla gemella con ruote stradali. Un mezzo molto interessante, con il quale si può fare di tutto, dall’aperitivo al giro con la ragazza, fino – perché no? – alla classica endurata in compagnia. Partiamo carichi e incuriositi dalla tutto terreno austriaca, direzione cava con polvere, sassi e buche. Un primo apprezzamento va all’anteriore che, malgrado una forcella un po’ cedevole, risulta stabile e preciso. Nella versione enduro il cambio si rivela un po’ lungo di rapporti, specie nelle prime due marce, e il consiglio che ci sentiamo di dare è di accorciare il rapporto finale nel caso l’utilizzo sia prevalentemente fuoristradistico.
Anche il mono è un po’ morbido se si affronta un ostacolo in velocità, mentre appare comodo e confortevole se si percorrono semplici strade bianche. Nei tratti stretti e lenti non ci è piaciuto l’ampio raggio di sterzo che limita nelle manovre.
Omogeneo e intuitivo l’inserimento in curva: la 690 Enduro gode di una buona maneggevolezza in movimento, il peso si sente solo nei tratti molto lenti con scarsa aderenza. Comunque è una moto molto versatile che può permettere all’utente di togliersi belle soddisfazioni proprio grazie al suo bilanciamento e alla sua stabilità in “on e off” road.
Il tour andaluso continua con sterrati veloci e difficili mulattiere dove la guida si fa più impegnativa: la moto offre una buona trazione anche nelle salite più ripide, malgrado i pneumatici non fossero specifici per l’off road.
Ultima la chicca, la cattiva e divertentissima Duke. Saliamo, in sella e fin dai primi metri si avverte la diversa distribuzione dei pesi che favorisce nettamente l’avantreno. Sembra di guidare sulla ruota anteriore, il manubrio alto e i comandi a portata di mano regalano una sensazione di comodità e sicurezza.
Le prime curve non le vediamo nemmeno data la maneggevolezza che di questa motard. Dopo un breve tratto prendiamo l’autostrada che ci porta verso le stradine di montagna, dove si sa paga pegno della completa inesistenza del cupolino. Malgrado tutto il mezzo raggiunge in scioltezza velocità da arresto. Inizia il divertimento del misto: dopo le prime vere curve e aver scaldato le gomme iniziamo ad alzare il ritmo per capire meglio il feeling di guida.
La moto entra in curva davvero rapida ma sempre in maniera controllata e prevedibile: il peso sull’anteriore rende la guida molto divertente e offre molta sensibilità, sia in tratti lenti con continue frenate sia in punti con ingressi veloci.
Grazie a un buon assetto, pur essendo scarica al posteriore non ci mette mai in difficoltà. Lo sterzo gode di parecchia corsa, che semplifica le inversioni di marcia e le manovre da fermo. I freni sono potenti e ben modulati, anche messi alla frusta non vanno in crisi. La mappatura 3, ossia la standard, è quella che abbiamo preferito nei tratti molto lenti con continui apri e chiudi. La 2 è consigliata su tratti medi veloci dove il motore non raggiunge regimi di rotazione troppo bassi. La mappatura 1 su questa moto è a nostro avviso inutile, in quanto toglie potenza su tutto l’arco.
Il piccolo problema delle vibrazioni – presenti anche nella Enduro e nella SMR - si fa sentire anche sulla Duke ma in maniera meno avvertibile che sulle due sorelle.
Motore: monocilindrico verticale a 4 tempi, raffreddamento a liquido; alesaggio per corsa 102,0x80,0 mm; cilindrata 654 cc; rapporto di compressione 11,8:1. Distribuzione monoalbero a camme in testa con comando a catena e 4 valvole. Alimentazione a iniezione elettronica con EPT System, diametro corpi farfallati 46 mm. Capacità serbatoio carburante 12 litri, di cui 2,5 di riserva. Lubrificazione a carter secco.
Trasmissione: primaria ad ingranaggi, finale a catena 45/15 (42/16). Frizione multidisco in bagno d’olio con dispositivo antisaltellamento e comando idraulico. Cambio a sei marce.
Ciclistica: telaio a traliccio in tubi di acciaio; sospensione anteriore, forcella rovesciata da 48 mm completamente regolabile, escursione ruota 250 mm (275 mm); sospensione posteriore, forcellone con mono ammortizzatore completamente regolabile, escursione ruota 250 mm (265 mm). Pneumatici: anteriore 90/90-21 (120/70-ZR17), posteriore 140/80-18 (160/60-ZR17). Freni: anteriore a disco in acciaio da 300 mm (320 mm) e pinza a 2 pistoncini (radiale a 4 pistoncini), posteriore a disco singolo in acciaio da 240 mm e pinza a singolo pistoncino.
Dimensioni (in mm) e peso: lunghezza nd, larghezza nd, altezza sella 910 (900), interasse 1498 (1480). Peso a secco 138,5 kg (139,5 kg).
Prestazioni dichiarate: potenza 46,3 kW-63 CV a 7500 giri, coppia 64 Nm-6,5 kgm a 6000 giri.
Motore: monocilindrico verticale a 4 tempi, raffreddamento a liquido; alesaggio per corsa 102,0x80,0 mm; cilindrata 654 cc; rapporto di compressione 11,8:1. Distribuzione monoalbero a camme in testa con comando a catena e 4 valvole. Alimentazione a iniezione elettronica con EPT System, diametro corpi farfallati 46 mm. Capacità serbatoio carburante 12 litri, di cui 2,5 di riserva. Lubrificazione a carter secco.
Trasmissione: primaria ad ingranaggi, finale a catena (40/16). Frizione multidisco in bagno d’olio con dispositivo antisaltellamento e comando idraulico. Cambio a sei marce.
Ciclistica: telaio a traliccio in tubi di acciaio; sospensione anteriore, forcella rovesciata da 48 mm completamente regolabile, escursione ruota 140 mm; sospensione posteriore, forcellone con mono ammortizzatore completamente regolabile, escursione ruota 140 mm. Pneumatici: anteriore 120/70-ZR17, posteriore 160/60-ZR17. Freni: anteriore a disco in acciaio da 320 mm e pinze radiali a 4 pistoncini, posteriore a disco singolo in acciaio da 240 mm e pinza a singolo pistoncino.
Dimensioni (in mm) e peso: lunghezza nd, larghezza nd, altezza sella 865, interasse 1472. Peso a secco 148,5 kg.
Il ritorno del "Duca"
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