Moto & Scooter
Comparativa Buell XB12 Lightning S e Ss Long
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Sembrano identiche, ma poche differenze nella ciclistica ne fanno due modelli ben distinti. Un caso unico nel panorama motociclistico: abbiamo verificato le differenze in pista e su strada. Vi proponiamo anche un interessante approfondimento teorico. Ora
di Alessandro D’Aiuto, foto Studio Danese
Le due protagoniste della nostra prova: in primo piano la Lightning XB12 S e dietro la XB12 Ss Long
Corta, compatta, quasi “tascabile” e guizzante eppure abbastanza composta ed efficace anche alle velocità più sostenute. E’ così che si è sempre proposta la Buell XB, fin dalla sua presentazione nel 2002, una moto dalla personalità unica nel panorama motociclistico e capace di prestazioni che vanno ben oltre le prime apparenze.
Le due protagoniste della nostra prova: in primo piano la Lightning XB12 S e dietro la XB12 Ss Long
Corta, compatta, quasi “tascabile” e guizzante eppure abbastanza composta ed efficace anche alle velocità più sostenute. E’ così che si è sempre proposta la Buell XB, fin dalla sua presentazione nel 2002, una moto dalla personalità unica nel panorama motociclistico e capace di prestazioni che vanno ben oltre le prime apparenze.
Il suo carattere è fatto di mille contraddizioni che possono confondere a prima vista: è forte di un “tecnico” telaio doppio trave in alluminio, sospensioni specialistiche e l’evocativo disco perimetrale anteriore, soluzioni che hanno come contr’altare quel motore pesante e di origine tutt’altro che sportiva e una “strana” trasmissione finale a cinghia…
Una moto da “capire” insomma, di quelle che o le si ama o le si odia: è ottima per girare in città e per farsi ammirare davanti al bar del momento, ma relegarla a ruolo di “oggettino da esibire” sarebbe quantomeno riduttivo alla luce delle sue innegabili doti dinamiche.
Se da un lato l’estrema compattezza è la sua cifra caratteristica, dall’altro finisce con l’esserne anche un limite in termini di abitabilità. In particolare per i piloti più alti che possono lamentare un comfort scarso su questo giocattolo da curve, per non parlare dell’eventuale passeggero, cui è riservata una porzione simbolica di sella.
Ecco che, per venire incontro alle loro esigenze, la Casa statunitense ha allestito sul telaio della Ulysses una versione king size della sua Lightning, quella XB12 Ss Long che dall’inizio dell’anno si è affiancata alla versione standard della grintosa naked da 1.203 cc.
Questo motore affianca la precedente unità da un litro (che rimane disponibile per la XB9 SX CityX), offrendo prestazioni interessanti in rapporto alle soluzioni tecniche che lo contraddistinguono e in ogni caso garantisce sempre una buona dose di divertimento grazie all’erogazione corposa e lineare.
I cento cavalli promessi da questo propulsore non fanno gridare al miracolo tenuto conto della cilindrata, ma davvero divertono su strada ed in buone mani possono rivelarsi veramente efficaci, grazie anche alla bontà delle doti ciclistiche.
Certo, chi compra queste moto non lo fa per andare a grattare le saponette ogni domenica, ma senza voler esagerare ci si può togliere qualche soddisfazione anche tra i cordoli.
Spinti dalla curiosità di vederle all’opera, le abbiamo quindi portate entrambe sulla nostra pista di Vairano per confrontarle in un testa a testa a ritmo sostenuto.
Cronometro alla mano, abbiamo cercato di ricavare un mix di dati oggettivi e sensazioni personali per vedere non solo quale delle due va più forte ma anche quale “piace di più” ad un gruppo di tester dalle differenti capacità e rappresentativo di un ampio spettro di motociclisti.
Tecnica ed estetica
Le differenze rispetto alla prima XB9 del 2002 sono notevoli e tutte concentrate nel propulsore ma non stravolgono minimamente l’idea di base di questo modello.
L’estetica rimane immutata, con un “corpo macchina” minimalista, l’ ampio manubrio i due fari montati sotto il piccolo cupolino ed una sezione di coda che sovrasta il grosso pneumatico con sezione da 180 mm.
Questo modello vuole così rappresentare al meglio la filosofia del marchio che propone una “via americana” alla sportività con un notevole lavoro sulla ciclistica e l’affinamento senza eccessi di un propulsore tipicamente a stelle e strisce.
Tutta la ciclistica risente della volontà di contenere il peso, accentrare le masse e ottenere un baricentro basso; creano ancora stupore le sue soluzioni insolite quali il serbatoio del carburante nei longheroni del telaio Verlicchi o quello dell’olio nel forcellone asimmetrico prodotto dalla Brembo.
Sempre particolari, ma di più semplice “metabolizzazione”, idee come l’adozione del singolo disco perimetrale da 375 mm che caratterizza un avantreno leggerissimo o ancora il tipico scarico sotto al motore, una soluzione che ormai ha fatto scuola.
Identico per entrambe le moto il propulsore: si tratta della conosciuta unità bicilindrica a V longitudinale di 45° Harley-Davidson con distribuzione ad aste e bilancieri e carter secco.
I suoi 1.203 cc derivano da misure di alesaggio per corsa pari a 88,9x96,8 mm, la potenza massima è di di 100 cv a 6.600 giri mentre la coppia si attesta sui 110 Nm a 6.000 giri.
Impossibile pensare questo motore senza il tipico raffreddamento ad aria, che però per quanto riguarda il cilindro posteriore è aiutato nello smaltimento del calore da una ventola che fa sentire molto spesso la sua presenza.
A rendere il propulsore ben distinto da quello che e equipaggia la Sportster ci pensano pistoni e bielle dedicati, l’impianto iniezione forte di un corpo farfallato da 49 mm e lo scarico con collettori maggiorati e valvola parzializzatrice, una soluzione tesa ad ottimizzare l’erogazione.
Sul serbatoio compare una nuova presa d’aria per migliorare l’aspirazione del V2 americano, che in tema di emissioni riesce ad ottenere l’omologazione Euro 2.
Notevoli le migliorie della trasmissione, che ora presenta nuovi innesti del cambio e ingranaggi di forma elicoidale.
Tutto ciò, assieme ad una frizione completamente rivista e decisamente più morbida da azionare e alla nuova cinghia più resistente e longeva, innalza globalmente le prestazioni di questo settore con innesti morbidi e precisi e scarsissimi impuntamenti, nonostante che, secondo la Casa, la frequenza del cambio olio trasmissione è stata portata da 8.000 km a 16.000 km.
Identiche sulle due versioni la forcella Showa con steli da 43 mm di diametro: è regolabile in tutti i suoi parametri ed ha 120 mm di escursione. Dietro c’è un monoammortizzatore completamente regolabile e che presenta solo modifiche di dettaglio tra i due modelli.
Alla voce freni troviamo il già citato disco singolo perimetrale da 375 mm lavorato da una pinza Nissin a 6 pistoncini, dietro invece c’è un disco da 240 mm con pinza a pistoncino singolo. L’assemblaggio e la cura costruttiva presentano molte luci e qualche ombra: se infatti appagano l’occhio gli accoppiamenti delle plastiche e l’attenzione costruttiva in genere, i cablaggi ordinati, le verniciature o addirittura le plastiche trasparenti offerte sulla XB12S, non camibano i blocchetti di sapore un po’ economico e rimane ancora un po’ “naif” il gusto del cruscotto minimalista.
Il tutto si paga un po’ caro: va bene il marchio esotico, ok la validità del progetto e l’esclusività dell’insieme, ma gli 11.996 necessari per portarsi a casa la XB12S “corta” e i 12.245 euro della XB12Ss Long non sono propriamente cifre popolari.
L’estetica rimane immutata, con un “corpo macchina” minimalista, l’ ampio manubrio i due fari montati sotto il piccolo cupolino ed una sezione di coda che sovrasta il grosso pneumatico con sezione da 180 mm.
Questo modello vuole così rappresentare al meglio la filosofia del marchio che propone una “via americana” alla sportività con un notevole lavoro sulla ciclistica e l’affinamento senza eccessi di un propulsore tipicamente a stelle e strisce.
Tutta la ciclistica risente della volontà di contenere il peso, accentrare le masse e ottenere un baricentro basso; creano ancora stupore le sue soluzioni insolite quali il serbatoio del carburante nei longheroni del telaio Verlicchi o quello dell’olio nel forcellone asimmetrico prodotto dalla Brembo.
Sempre particolari, ma di più semplice “metabolizzazione”, idee come l’adozione del singolo disco perimetrale da 375 mm che caratterizza un avantreno leggerissimo o ancora il tipico scarico sotto al motore, una soluzione che ormai ha fatto scuola.
Identico per entrambe le moto il propulsore: si tratta della conosciuta unità bicilindrica a V longitudinale di 45° Harley-Davidson con distribuzione ad aste e bilancieri e carter secco.
I suoi 1.203 cc derivano da misure di alesaggio per corsa pari a 88,9x96,8 mm, la potenza massima è di di 100 cv a 6.600 giri mentre la coppia si attesta sui 110 Nm a 6.000 giri.
Impossibile pensare questo motore senza il tipico raffreddamento ad aria, che però per quanto riguarda il cilindro posteriore è aiutato nello smaltimento del calore da una ventola che fa sentire molto spesso la sua presenza.
A rendere il propulsore ben distinto da quello che e equipaggia la Sportster ci pensano pistoni e bielle dedicati, l’impianto iniezione forte di un corpo farfallato da 49 mm e lo scarico con collettori maggiorati e valvola parzializzatrice, una soluzione tesa ad ottimizzare l’erogazione.
Sul serbatoio compare una nuova presa d’aria per migliorare l’aspirazione del V2 americano, che in tema di emissioni riesce ad ottenere l’omologazione Euro 2.
Notevoli le migliorie della trasmissione, che ora presenta nuovi innesti del cambio e ingranaggi di forma elicoidale.
Tutto ciò, assieme ad una frizione completamente rivista e decisamente più morbida da azionare e alla nuova cinghia più resistente e longeva, innalza globalmente le prestazioni di questo settore con innesti morbidi e precisi e scarsissimi impuntamenti, nonostante che, secondo la Casa, la frequenza del cambio olio trasmissione è stata portata da 8.000 km a 16.000 km.
Identiche sulle due versioni la forcella Showa con steli da 43 mm di diametro: è regolabile in tutti i suoi parametri ed ha 120 mm di escursione. Dietro c’è un monoammortizzatore completamente regolabile e che presenta solo modifiche di dettaglio tra i due modelli.
Alla voce freni troviamo il già citato disco singolo perimetrale da 375 mm lavorato da una pinza Nissin a 6 pistoncini, dietro invece c’è un disco da 240 mm con pinza a pistoncino singolo. L’assemblaggio e la cura costruttiva presentano molte luci e qualche ombra: se infatti appagano l’occhio gli accoppiamenti delle plastiche e l’attenzione costruttiva in genere, i cablaggi ordinati, le verniciature o addirittura le plastiche trasparenti offerte sulla XB12S, non camibano i blocchetti di sapore un po’ economico e rimane ancora un po’ “naif” il gusto del cruscotto minimalista.
Il tutto si paga un po’ caro: va bene il marchio esotico, ok la validità del progetto e l’esclusività dell’insieme, ma gli 11.996 necessari per portarsi a casa la XB12S “corta” e i 12.245 euro della XB12Ss Long non sono propriamente cifre popolari.
La ''lunga'' su strada
Se la XB12S è già da qualche anno in vendita sia nella verione nuda che nella semicarenata denominata Firebolt, è invece totalmente nuova la versione Ss Long.
Nasce dichiaratamente per offrire un migliore spazio a bordo ai motociclisti più alti e arriva a questo risultato tramite poche ma sostanziali modifiche alla parte ciclistica.
Se infatti a livello di sospensioni non vi sono differenze tra i due modelli, cambiano il telaio, il forcellone posteriore e le piastre di sterzo, tutti presi in prestito dalla Ulysses.
Il risultato è che tutta la ciclistica diventa più “aperta”, con un angolo del canotto di sterzo maggiore di 2,5° e l’avancorsa più lunga di 35 mm.
Contestualmente anche l’interasse, che sulla standard ha un valore record in cortezza pari a 1320 mm, aumenta di 50 mm.
Sembra proprio che gli americani siano sempre sensibili al loro adagio “bigger is better” e
questo pare essere confermato anche dalla dimensone della larghezza del telaio che, ricordiamo, funge anche da serbatoio: riceve qualche centimetro nei suoi pannelli esterni grazie ai quali vede aumentare il suo volume interno, capace ora di ospitare 16,7 litri di carburante.
Su strada la XB12 Ss offre fin dai primi metri una notevole confidenza: la leggerezza dinamica tipica di questo modello rimane quasi immutata, ma la sensazione che si prova paragonandola alla sua “sorellina” standard è quella di una maggiore “maturità” d’insieme, quasi che le mirate modifiche alla ciclistica possano aver davvero completato questo già valido progetto.
La moto resta sempre la solita Buell, una cavalletta guizzante che scende in piega in un soffio e si rialza in un lampo, ma la risposta globale della “Long” è più lineare ed è avvertibile la minore tendenza dell’avantreno a “prendere sotto” aumentando il ritmo, insita in una moto con delle quote ciclistiche così estreme.
Il forcellone più lungo offre una migliore trazione sia in rettilineo che in percorrenza di curva e si può anticipare di un pelo l’apertura del gas in uscita di curva rispetto alla”S”.
Tutto ciò si paga con un’avvertibile perdita di agilità e, se vogliamo, di “divertimento”: un prezzo che però alle andature proprie dell’utilizzo stradale viene ampiamente compensato dal comportamento generale più armonioso e che comunque non muta radicalmente il quadro di partenza.
Missione compiuta senza riserve alla voce comfort ed abitabilità: si sta davvero più comodi ed anche il passeggero ringrazia sentitamente per la sella più larga ed accogliente.
Le gambe riescono ad inserirsi meglio nel corpo moto ed anche le braccia prendono un’angolazione più naturale, i chilometri affaticano di meno e le crisi coniugali sono quasi scongiurate.
E’ chiaro che non stiamo parlando di una moto con cui partire in coppia per un viaggio lungo, ma con la XB12Ss si può allargare sensibilmente il raggio delle proprie gite domenicali. Il bicilindrico di 1.203 cc che equipaggia questa moto merita veramente un discorso a parte in quanto dotato di un carattere particolare e quasi unico nel suo genere.
I tecnici Buell sono stati capaci di conferirgli parecchi pregi in più rispetto al suo “cugino” marchiato HD. Del resto la parentela non è per via diretta poiché questo propulsore deriva dal 984 cc della XB9 a cui è stata aumentata la corsa di 17,42 mm.
E’ rapido ad avviarsi ma chiede di essere scaldato molto bene, pena qualche strattone di troppo nell’apri-chiudi.
Una volta in temperatura l’iniezione non è proprio perfetta nel suo lavoro e nelle riprese a gas aperto dai regimi più bassi: prassi normale nella guida di un bicilindrico di grossa cilindrata, è facile imbattersi in qualche clamoroso rifiuto da parte dell’iniezione proprio quando ci si aspetterebbe che il motore riprenda deciso.
Una volta superati i 2.500 giri però il bicilindrico è sempre regolare e superata una piccola flessione attorno ai 3.000 sale di regime allegro e spinge con forza fino ai 6000 giri indicati dallo strumento.
Oltre questo limite c’è ancora un migliaio di giri di allungo che però si rivelano poco utili. La cosa migliore per divertirsi con questa moto è lasciare a casa la “guida d’attacco” e tenere il motore tra i 3.000 ed i 5.000 giri in un rapporto superiore per godere al contempo della robusta coppia e far “scivolare” la moto sul misto medio-largo, quando tra gli 80 ed i 140 km/h offre un comportamento inappuntabile rivelandosi agile, precisa e soprattutto divertentissima.
Sempre presenti le vibrazioni che si fanno sentire su manubrio e pedane ad ogni regime, comunque apprezzabile ed efficace l’isolamento del motore montato elasticamente.
Le sospensioni sono valide sia per comfort che per prestazioni e l’ampia gamma di regolazioni permettevi cucirsele addosso a seconda dei propri gusti: solo la forcella gradisce poco le sollecitazioni estreme con un comportamento valido ma non perfettamente lineare a fondocorsa.
I freni su strada offrono una prestazione globalmente valida: sono potenti, modulabili e resistenti alla fatica ma forzando il ritmo si potrebbe volere qualcosa di più in termini di mordente da parte del disco anteriore.
Quest’ultimo, inoltre, non mantiene tutte le promesse a proposito della sua insensibilità all’effetto autoraddrizzante, comportandosi né più nè meno di un disco tradizionale. Il che non vuole essere per forza una critica. Poco incisiva ma comunque valida, invece, l’azione del disco posteriore.
Nasce dichiaratamente per offrire un migliore spazio a bordo ai motociclisti più alti e arriva a questo risultato tramite poche ma sostanziali modifiche alla parte ciclistica.
Se infatti a livello di sospensioni non vi sono differenze tra i due modelli, cambiano il telaio, il forcellone posteriore e le piastre di sterzo, tutti presi in prestito dalla Ulysses.
Il risultato è che tutta la ciclistica diventa più “aperta”, con un angolo del canotto di sterzo maggiore di 2,5° e l’avancorsa più lunga di 35 mm.
Contestualmente anche l’interasse, che sulla standard ha un valore record in cortezza pari a 1320 mm, aumenta di 50 mm.
Sembra proprio che gli americani siano sempre sensibili al loro adagio “bigger is better” e
questo pare essere confermato anche dalla dimensone della larghezza del telaio che, ricordiamo, funge anche da serbatoio: riceve qualche centimetro nei suoi pannelli esterni grazie ai quali vede aumentare il suo volume interno, capace ora di ospitare 16,7 litri di carburante.
Su strada la XB12 Ss offre fin dai primi metri una notevole confidenza: la leggerezza dinamica tipica di questo modello rimane quasi immutata, ma la sensazione che si prova paragonandola alla sua “sorellina” standard è quella di una maggiore “maturità” d’insieme, quasi che le mirate modifiche alla ciclistica possano aver davvero completato questo già valido progetto.
La moto resta sempre la solita Buell, una cavalletta guizzante che scende in piega in un soffio e si rialza in un lampo, ma la risposta globale della “Long” è più lineare ed è avvertibile la minore tendenza dell’avantreno a “prendere sotto” aumentando il ritmo, insita in una moto con delle quote ciclistiche così estreme.
Il forcellone più lungo offre una migliore trazione sia in rettilineo che in percorrenza di curva e si può anticipare di un pelo l’apertura del gas in uscita di curva rispetto alla”S”.
Tutto ciò si paga con un’avvertibile perdita di agilità e, se vogliamo, di “divertimento”: un prezzo che però alle andature proprie dell’utilizzo stradale viene ampiamente compensato dal comportamento generale più armonioso e che comunque non muta radicalmente il quadro di partenza.
Missione compiuta senza riserve alla voce comfort ed abitabilità: si sta davvero più comodi ed anche il passeggero ringrazia sentitamente per la sella più larga ed accogliente.
Le gambe riescono ad inserirsi meglio nel corpo moto ed anche le braccia prendono un’angolazione più naturale, i chilometri affaticano di meno e le crisi coniugali sono quasi scongiurate.
E’ chiaro che non stiamo parlando di una moto con cui partire in coppia per un viaggio lungo, ma con la XB12Ss si può allargare sensibilmente il raggio delle proprie gite domenicali. Il bicilindrico di 1.203 cc che equipaggia questa moto merita veramente un discorso a parte in quanto dotato di un carattere particolare e quasi unico nel suo genere.
I tecnici Buell sono stati capaci di conferirgli parecchi pregi in più rispetto al suo “cugino” marchiato HD. Del resto la parentela non è per via diretta poiché questo propulsore deriva dal 984 cc della XB9 a cui è stata aumentata la corsa di 17,42 mm.
E’ rapido ad avviarsi ma chiede di essere scaldato molto bene, pena qualche strattone di troppo nell’apri-chiudi.
Una volta in temperatura l’iniezione non è proprio perfetta nel suo lavoro e nelle riprese a gas aperto dai regimi più bassi: prassi normale nella guida di un bicilindrico di grossa cilindrata, è facile imbattersi in qualche clamoroso rifiuto da parte dell’iniezione proprio quando ci si aspetterebbe che il motore riprenda deciso.
Una volta superati i 2.500 giri però il bicilindrico è sempre regolare e superata una piccola flessione attorno ai 3.000 sale di regime allegro e spinge con forza fino ai 6000 giri indicati dallo strumento.
Oltre questo limite c’è ancora un migliaio di giri di allungo che però si rivelano poco utili. La cosa migliore per divertirsi con questa moto è lasciare a casa la “guida d’attacco” e tenere il motore tra i 3.000 ed i 5.000 giri in un rapporto superiore per godere al contempo della robusta coppia e far “scivolare” la moto sul misto medio-largo, quando tra gli 80 ed i 140 km/h offre un comportamento inappuntabile rivelandosi agile, precisa e soprattutto divertentissima.
Sempre presenti le vibrazioni che si fanno sentire su manubrio e pedane ad ogni regime, comunque apprezzabile ed efficace l’isolamento del motore montato elasticamente.
Le sospensioni sono valide sia per comfort che per prestazioni e l’ampia gamma di regolazioni permettevi cucirsele addosso a seconda dei propri gusti: solo la forcella gradisce poco le sollecitazioni estreme con un comportamento valido ma non perfettamente lineare a fondocorsa.
I freni su strada offrono una prestazione globalmente valida: sono potenti, modulabili e resistenti alla fatica ma forzando il ritmo si potrebbe volere qualcosa di più in termini di mordente da parte del disco anteriore.
Quest’ultimo, inoltre, non mantiene tutte le promesse a proposito della sua insensibilità all’effetto autoraddrizzante, comportandosi né più nè meno di un disco tradizionale. Il che non vuole essere per forza una critica. Poco incisiva ma comunque valida, invece, l’azione del disco posteriore.
Il confronto in pista
Tuta, casco, stivali, guanti, saponette, una pista a disposizione… E due Buell.
Ricerca del controsenso a tutti i costi? Bizzarra follia di qualche eccentrico?
Tutt’altro: a patto di svincolarsi dalla mentalità del tempo sul giro, le moto del cavallo alato in pista si comportano egregiamente.
E questo senza voler considerare chi corre con queste moto nei vari campionati dedicati alle bicilindriche.
Entrambe le XB12, a prescindere dalle prestazioni, sono in grado di regalare tanto divertimento e cioè qualcosa che non si misura né a peso né tantomeno in secondi.
Il cronometro però si è reso necessario in questo confronto per cercare di portare un po’ di ordine in una miriade di pareri personali e gusti soggettivi.
Perché lo diciamo subito: entrambe le moto hanno più di un motivo per piacere indipendentemente dal freddo dato numerico. Per entrambe si è cercato di ottenere il medesimo assetto di marcia, con una identica taratura delle sospensioni e uguali gomme (Dunlop D207). A fare la differenza i tester, tutti lanciati, più che alla ricerca del “giro della vita”, a trovare un buon passo in pista ognuno secondo le proprie capacità.
E non sono mancate le sorprese: alla prova dei fatti le aspettative di alcuni sono state confutate e quelli che a livello generale pensavano (come chi vi scrive) che in termini di prestazioni assolute qualche centimetro in più non avrebbe potuto che far bene ad una moto come la XB12, si è dovuto ricredere.
Limitandosi ai puri dati cronometrici, infatti, la vincitrice è la XB12 più corta: con questa moto sulla pista di Vairano tutti i tester intervenuti hanno migliorato di quasi un secondo al giro rispetto ai tempi fatti registrare con la Lightining Ss Long.
Ecco che la maggiore agilità della XB12S diventa subito maggior leggerezza in ingresso curva e, se si riesce a tenere a bada il comportamento più frizzante in percorrenza, anche in uscita si guadagna qualche decimo.
Forzando il ritmo si notano immediatamente l’avantreno che diventa leggero, i trasferimenti di carico che si fanno immediati e le reazioni improvvise ma sempre gestibili: situazioni che si trasformano in grande divertimento se si è in grado di interpretarle anche solo minimamente. Facile uscire di traverso dalle svolte più secche, con il motore che se viene tenuto nel corretto regime di coppia non manca mai di spingere con regolarità sebbene in assoluto sia tutt’altro che impressionante.
Se si prende il toro per le corna c’è verso di divertirsi tanto e le risposte improvvise della ciclistica si trasformano in adrenalina.
Le due moto, a vederle così corte, danno l’impressione che presto o tardi possono fare qualche scherzo inaspettato, ma entrando in pista con un minimo di cognizione di causa ci si accorge subito che la cavalleria a disposizione difficilmente può mettere davvero in crisi la bontà della ciclistica a meno di non andarsela quasi a cercare.
E si finisce persino col desiderare qualche cavallo in più.
Le “esse” si divorano letteralmente e si esce rapidi dalle curve strette aiutati dal robusto tiro ai bassi.
Sul veloce, per contro, si patisce per la nulla propensione del bicilindrico ad allungare e per la protezione aerodinamica assente che non aiuta nel raggiungere la massima velocità.
Tutto questo si trova anche sulla Ss Long che però è più “lenta” in ogni frangente.
Certo, è più rassicurante e piace maggiormente a chi abituato ad una guida stradale, ma si sente chiaramente che tutto è fatto ad una velocità minore anche se i risultati si misurano in centesimi di secondo: si entra in curva un pelo più lenti, si è più stabili ma non altrettanto veloci e si deve raddrizzare la moto con più impegno quando la Lightning standard quasi “vien su” da sola.
Sui tratti veloci della pista di Vairano la ciclistica più stabile paga e non poco in termini di confidenza, ma tali prestazioni vanno a cozzare contro la natura del bicilindrico che per quanto sia generoso in alto proprio “non ne ha”…
Vince la “corta” a mani basse quindi? Non è detto, e infatti tornando sul piano puramente soggettivo rimane comunque chi anche di fronte all’evidenza del dato numerico preferisce la risposta globalmente più omogenea della Ss Long, magari pensando più alle strade statali che ai cordoli della pista.
Le due XB12 finiscono con l’essere quasi a sorpresa due moto ben distinte e molto meno simili del previsto, offrendo prestazioni paragonabili ma non completamente sovrapponibili. I pochi centimetri che le separano bastano a differenziare radicalmente le due “sorelle” che ricevono una loro ragion d’essere alla luce del contesto in cui andranno ad inserirsi una volta acquistate.
Una non è il doppione dell’altra e soprattutto una non è “più Buell” dell’altra.
Sono solo due interessanti variazioni di un medesimo tema.
A voi la scelta.
Ricerca del controsenso a tutti i costi? Bizzarra follia di qualche eccentrico?
Tutt’altro: a patto di svincolarsi dalla mentalità del tempo sul giro, le moto del cavallo alato in pista si comportano egregiamente.
E questo senza voler considerare chi corre con queste moto nei vari campionati dedicati alle bicilindriche.
Entrambe le XB12, a prescindere dalle prestazioni, sono in grado di regalare tanto divertimento e cioè qualcosa che non si misura né a peso né tantomeno in secondi.
Il cronometro però si è reso necessario in questo confronto per cercare di portare un po’ di ordine in una miriade di pareri personali e gusti soggettivi.
Perché lo diciamo subito: entrambe le moto hanno più di un motivo per piacere indipendentemente dal freddo dato numerico. Per entrambe si è cercato di ottenere il medesimo assetto di marcia, con una identica taratura delle sospensioni e uguali gomme (Dunlop D207). A fare la differenza i tester, tutti lanciati, più che alla ricerca del “giro della vita”, a trovare un buon passo in pista ognuno secondo le proprie capacità.
E non sono mancate le sorprese: alla prova dei fatti le aspettative di alcuni sono state confutate e quelli che a livello generale pensavano (come chi vi scrive) che in termini di prestazioni assolute qualche centimetro in più non avrebbe potuto che far bene ad una moto come la XB12, si è dovuto ricredere.
Limitandosi ai puri dati cronometrici, infatti, la vincitrice è la XB12 più corta: con questa moto sulla pista di Vairano tutti i tester intervenuti hanno migliorato di quasi un secondo al giro rispetto ai tempi fatti registrare con la Lightining Ss Long.
Ecco che la maggiore agilità della XB12S diventa subito maggior leggerezza in ingresso curva e, se si riesce a tenere a bada il comportamento più frizzante in percorrenza, anche in uscita si guadagna qualche decimo.
Forzando il ritmo si notano immediatamente l’avantreno che diventa leggero, i trasferimenti di carico che si fanno immediati e le reazioni improvvise ma sempre gestibili: situazioni che si trasformano in grande divertimento se si è in grado di interpretarle anche solo minimamente. Facile uscire di traverso dalle svolte più secche, con il motore che se viene tenuto nel corretto regime di coppia non manca mai di spingere con regolarità sebbene in assoluto sia tutt’altro che impressionante.
Se si prende il toro per le corna c’è verso di divertirsi tanto e le risposte improvvise della ciclistica si trasformano in adrenalina.
Le due moto, a vederle così corte, danno l’impressione che presto o tardi possono fare qualche scherzo inaspettato, ma entrando in pista con un minimo di cognizione di causa ci si accorge subito che la cavalleria a disposizione difficilmente può mettere davvero in crisi la bontà della ciclistica a meno di non andarsela quasi a cercare.
E si finisce persino col desiderare qualche cavallo in più.
Le “esse” si divorano letteralmente e si esce rapidi dalle curve strette aiutati dal robusto tiro ai bassi.
Sul veloce, per contro, si patisce per la nulla propensione del bicilindrico ad allungare e per la protezione aerodinamica assente che non aiuta nel raggiungere la massima velocità.
Tutto questo si trova anche sulla Ss Long che però è più “lenta” in ogni frangente.
Certo, è più rassicurante e piace maggiormente a chi abituato ad una guida stradale, ma si sente chiaramente che tutto è fatto ad una velocità minore anche se i risultati si misurano in centesimi di secondo: si entra in curva un pelo più lenti, si è più stabili ma non altrettanto veloci e si deve raddrizzare la moto con più impegno quando la Lightning standard quasi “vien su” da sola.
Sui tratti veloci della pista di Vairano la ciclistica più stabile paga e non poco in termini di confidenza, ma tali prestazioni vanno a cozzare contro la natura del bicilindrico che per quanto sia generoso in alto proprio “non ne ha”…
Vince la “corta” a mani basse quindi? Non è detto, e infatti tornando sul piano puramente soggettivo rimane comunque chi anche di fronte all’evidenza del dato numerico preferisce la risposta globalmente più omogenea della Ss Long, magari pensando più alle strade statali che ai cordoli della pista.
Le due XB12 finiscono con l’essere quasi a sorpresa due moto ben distinte e molto meno simili del previsto, offrendo prestazioni paragonabili ma non completamente sovrapponibili. I pochi centimetri che le separano bastano a differenziare radicalmente le due “sorelle” che ricevono una loro ragion d’essere alla luce del contesto in cui andranno ad inserirsi una volta acquistate.
Una non è il doppione dell’altra e soprattutto una non è “più Buell” dell’altra.
Sono solo due interessanti variazioni di un medesimo tema.
A voi la scelta.
Come la geometria influisce sulla guida
di Alberto Dell’Orto
La XB12 Ss Long guadagna anche qualche centimetro di larghezza nel telaio
I parametri di riferimento della ciclistica condizionano in modo determinate le caratteristiche di guida di una moto. Vediamo quali sono e che influenza hanno, ipotizzando variazioni limitate a un solo parametro per volta.
distanza lineare tra il centro della ruota anteriore e della ruota posteriore.
All’aumentare di questo valore la moto tende via via a essere più stabile ma meno agile.
La sua misura può influenzare la distribuzione dei pesi.
Caster (o angolo sterzo):
inclinazione rispetto alla verticale dal suolo dell’asse di rotazione dello sterzo, che normalmente coincide con l’asse del perno che ruota nel cannotto.
All’aumentare di questo valore la moto tende ad avere un avantreno più direzionale sul dritto, ma più sensibile alle forze che agiscono su di esso e alle variazioni di posizione della ruota. Il suo incremento aumenta l’interasse, l’avancorsa e sposta il peso verso il retrotreno.
Avancorsa:
distanza ideale tra il punto di contatto a terra della ruota anteriore e del prolungamento al suolo dell’asse di sterzo. Cresce all’aumentare del valore di caster, all’aumentare del diametro ruota e al diminuire dell’avanzamento di perno e piastre forcella.
Più è alto il suo valore, più la ruota anteriore è soggetta ad un effetto autoraddrizzante e stabilizzante, a scapito della maneggevolezza.
Avanzamento perno ruota anteriore:
Distanza lineare tra l’asse della ruota e l’asse di sterzo, derivante dalla somma algebrica dell’avanzamento delle piastre e dall’avanzamento del perno ruota rispetto all’asse degli steli. In qualche esecuzione custom è influenzata anche dal posizionamento non parallelo tra steli forcella e perno di sterzo. Aumentando il suo valore diminuisce l’avancorsa e aumenta l’interasse, influenzando la distribuzione dei pesi.
Lunghezza forcellone:
distanza tra il centro del perno del forcellone e del perno della ruota posteriore.
All’aumentare del suo valore aumenta l’interasse, la corsa della ruota e l’altezza del retrotreno, diminuisce il caster e la sensibilità del retrotreno alle variazioni di coppia erogata (accelerazione soprattutto). Inoltre la distribuzione dei pesi si sposta verso l’avantreno.
Altezza del baricentro:
Altezza dal suolo del punto in cui idealmente di applica la forza-peso del veicolo.
Influenza le reazioni del veicolo alle sollecitazioni esterne. All’aumentare del suo valore aumenta il trasferimenti di carico in accelerazione e frenata, e migliora l’agilità a scapito della stabilità.
Distribuzione dei pesi:
Più correttamente chiamata “delle masse” indica in quale percentuale il peso complessivo della moto grava su ognuna delle due ruote, definendo così la posizione longitudinale del baricentro. La distribuzione ideale è 50/50 %, esigenze particolari di guida o costruttive possono portare a differenze anche sensibili. All’aumentare del peso su un asse migliora la tenuta di strada della ruota relativa a svantaggio dell’altra.
Come si vede, ogni parametro è più o meno strettamente correlato a uno o più altri, quindi la ciclistica va analizzata complessivamente sia in fase di progetto, sia in fase di valutazione, sia in fase di modifica.
La XB12 Ss Long guadagna anche qualche centimetro di larghezza nel telaio
I parametri di riferimento della ciclistica condizionano in modo determinate le caratteristiche di guida di una moto. Vediamo quali sono e che influenza hanno, ipotizzando variazioni limitate a un solo parametro per volta.
distanza lineare tra il centro della ruota anteriore e della ruota posteriore.
All’aumentare di questo valore la moto tende via via a essere più stabile ma meno agile.
La sua misura può influenzare la distribuzione dei pesi.
Caster (o angolo sterzo):
inclinazione rispetto alla verticale dal suolo dell’asse di rotazione dello sterzo, che normalmente coincide con l’asse del perno che ruota nel cannotto.
All’aumentare di questo valore la moto tende ad avere un avantreno più direzionale sul dritto, ma più sensibile alle forze che agiscono su di esso e alle variazioni di posizione della ruota. Il suo incremento aumenta l’interasse, l’avancorsa e sposta il peso verso il retrotreno.
Avancorsa:
distanza ideale tra il punto di contatto a terra della ruota anteriore e del prolungamento al suolo dell’asse di sterzo. Cresce all’aumentare del valore di caster, all’aumentare del diametro ruota e al diminuire dell’avanzamento di perno e piastre forcella.
Più è alto il suo valore, più la ruota anteriore è soggetta ad un effetto autoraddrizzante e stabilizzante, a scapito della maneggevolezza.
Avanzamento perno ruota anteriore:
Distanza lineare tra l’asse della ruota e l’asse di sterzo, derivante dalla somma algebrica dell’avanzamento delle piastre e dall’avanzamento del perno ruota rispetto all’asse degli steli. In qualche esecuzione custom è influenzata anche dal posizionamento non parallelo tra steli forcella e perno di sterzo. Aumentando il suo valore diminuisce l’avancorsa e aumenta l’interasse, influenzando la distribuzione dei pesi.
Lunghezza forcellone:
distanza tra il centro del perno del forcellone e del perno della ruota posteriore.
All’aumentare del suo valore aumenta l’interasse, la corsa della ruota e l’altezza del retrotreno, diminuisce il caster e la sensibilità del retrotreno alle variazioni di coppia erogata (accelerazione soprattutto). Inoltre la distribuzione dei pesi si sposta verso l’avantreno.
Altezza del baricentro:
Altezza dal suolo del punto in cui idealmente di applica la forza-peso del veicolo.
Influenza le reazioni del veicolo alle sollecitazioni esterne. All’aumentare del suo valore aumenta il trasferimenti di carico in accelerazione e frenata, e migliora l’agilità a scapito della stabilità.
Distribuzione dei pesi:
Più correttamente chiamata “delle masse” indica in quale percentuale il peso complessivo della moto grava su ognuna delle due ruote, definendo così la posizione longitudinale del baricentro. La distribuzione ideale è 50/50 %, esigenze particolari di guida o costruttive possono portare a differenze anche sensibili. All’aumentare del peso su un asse migliora la tenuta di strada della ruota relativa a svantaggio dell’altra.
Come si vede, ogni parametro è più o meno strettamente correlato a uno o più altri, quindi la ciclistica va analizzata complessivamente sia in fase di progetto, sia in fase di valutazione, sia in fase di modifica.
Prestazioni rilevate
* rilevamenti effettuati sulla nostra pista di Vairano (Pv)
Dati tecnici
Buell XB12 S Lightning (tra parentesi i dati specifici della XB12 Ss Long)
Motore
a quattro tempi, due cilindri a V posizionati a 45 gradi raffreddato ad aria, alesaggio e Corsa 88,9 x 96,82 mm, cilindrata 1203 cc, rapporto di compressione 10:1, distribuzione valvole in testa, due valvole per cilindro, alimentazione: iniezione carburante dinamica di tipo digitale (DDFI) con posizionamento verticale con condotto da 49 mm, lubrificazione a carter secco, capacità serbatoio dell’olio 2,3 litri
Ciclistica
Telaio in alluminio con sistema Uniplanar di isolamento delle vibrazioni della catena cinematica, sospensioni: ant forcella a steli rovesciati Showa con possibilità di regolare precarico della molla, freno in compressione ed estensione, post ammortizzatore Showa con possibilità di regolare precarico della molla, freno in compressione ed estensione, freni: ant Freno di tipo ZTL (carico torsionale zero), pinza a sei pistoncini; disco flottante perimetrale da 375 mm. in acciaio inossidabile, post: pinza flottante a pistone singolo; disco da 240 mm in acciaio inossidabile, pneumatici: ant 120/70 ZR17, post 180/55 ZR17
Dimensioni e peso
Lunghezza 1.924 mm (2.070 mm), larghezza 753 mm, altezza sella 765 mm (775 mm), interasse 1320 mm (1.370 mm), inclinaz. canotto di sterzo 21 gradi (23,5 gradi), Avancorsa 84 mm (119 mm), peso a secco 179 kg (181 kg)
Prestazioni
Potenza max 74,6 kw / 100 cv a 6600 giri/min
Coppia max 109,7 Nm a 6000 giri/min
Omologazione
Euro 2
Motore
a quattro tempi, due cilindri a V posizionati a 45 gradi raffreddato ad aria, alesaggio e Corsa 88,9 x 96,82 mm, cilindrata 1203 cc, rapporto di compressione 10:1, distribuzione valvole in testa, due valvole per cilindro, alimentazione: iniezione carburante dinamica di tipo digitale (DDFI) con posizionamento verticale con condotto da 49 mm, lubrificazione a carter secco, capacità serbatoio dell’olio 2,3 litri
Ciclistica
Telaio in alluminio con sistema Uniplanar di isolamento delle vibrazioni della catena cinematica, sospensioni: ant forcella a steli rovesciati Showa con possibilità di regolare precarico della molla, freno in compressione ed estensione, post ammortizzatore Showa con possibilità di regolare precarico della molla, freno in compressione ed estensione, freni: ant Freno di tipo ZTL (carico torsionale zero), pinza a sei pistoncini; disco flottante perimetrale da 375 mm. in acciaio inossidabile, post: pinza flottante a pistone singolo; disco da 240 mm in acciaio inossidabile, pneumatici: ant 120/70 ZR17, post 180/55 ZR17
Dimensioni e peso
Lunghezza 1.924 mm (2.070 mm), larghezza 753 mm, altezza sella 765 mm (775 mm), interasse 1320 mm (1.370 mm), inclinaz. canotto di sterzo 21 gradi (23,5 gradi), Avancorsa 84 mm (119 mm), peso a secco 179 kg (181 kg)
Prestazioni
Potenza max 74,6 kw / 100 cv a 6600 giri/min
Coppia max 109,7 Nm a 6000 giri/min
Omologazione
Euro 2
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