Moto & Scooter
La moto diesel è su strada
Pagina principale
Tempo fa facemmo il punto su quest’avventura, spesso tentata, mai riuscita. Oggi una motocicletta turbodiesel di ultima generazione è pronta per la produzione in serie. Alan Cathcart naturalmente l’ha già vista, esaminata e provata


traduzione di Lorenzo Miniati
Il motore Neander 1430 turbodiesel da moto
Nel 1996 il pilota privato della 500GP, Michael Rudroff, fece debuttare, in occasione del GP di Germania SBK a Hockenheim, una nuova moto allestita per il campionato europeo Supermono. La moto vinse all’esordio e io, che correvo con la mia Ducati Supermono assistita direttamente dalla Casa, dovetti accontentarmi del gradino più basso del podio.
Il motore Neander 1430 turbodiesel da moto
Nel 1996 il pilota privato della 500GP, Michael Rudroff, fece debuttare, in occasione del GP di Germania SBK a Hockenheim, una nuova moto allestita per il campionato europeo Supermono. La moto vinse all’esordio e io, che correvo con la mia Ducati Supermono assistita direttamente dalla Casa, dovetti accontentarmi del gradino più basso del podio.
Il motore di quel prototipo, battezzato “BRM 741”, coi suoi 92 CV a 8100 giri, era più potente di qualsiasi altro monocilindrico ed era stato progettato dal tecnico tedesco Rupert Baindl che quel giorno, stringendomi la mano nel box, mi fece una promessa: “Sto lavorando su qualcosa di molto più speciale del motore BRM – mi informò – e quando sarà pronto mi piacerebbe che tu lo provassi. Devi solo aver pazienza”.
Il motore BRM 741, montato sulla moto di Katja Poesgen, nel 1998 permise alla veloce pilota tedesca di vincere il campionato europeo Supermono; intanto Rupert Baindl continuava a lavorare sulla sua nuova idea, con modifiche e miglioramenti lungo la strada dell’esatta definizione del prototipo.
Quasi dieci anni dopo il nostro incontro ad Hockenheim ho ricevuto una telefonata da Rupert che mi chiedeva di andare in Germania a provare la sua nuova opera. Così, in un soleggiato pomeriggio, in un piccolo paese bavarese a sud di Monaco, ho trovato ad attendermi una moto assolutamente unica: una imponente cruiser in stile americano al centro della quale spiccava un grosso bicilindrico parallelo di 1430 cc, assolutamente inedito: il primo turbodiesel applicato ad una motocicletta.
Anche la marca sul serbatoio, “Neander”, sembrava inedita; in realtà con questo nome nei primi Anni ’20 erano note in Germania motociclette molto originali create da Ernst Neumann-Neander, che successivamente cedette la licenza di costruzione alla Opel, che le produsse fino al 1930. Tra le altre Opel-Neander vi fu una futuristica moto spinta da sei razzi alla ricerca di primati di accelerazione. La rinascita della Neander, 75 anni dopo, si deve all’iniziativa del tedesco Phillip Hitzbleck, e l’innovativo motore turbodiesel di Baindl è certamente degno, per originalità, della Opel-Neander a razzi.
Il motore BRM 741, montato sulla moto di Katja Poesgen, nel 1998 permise alla veloce pilota tedesca di vincere il campionato europeo Supermono; intanto Rupert Baindl continuava a lavorare sulla sua nuova idea, con modifiche e miglioramenti lungo la strada dell’esatta definizione del prototipo.
Quasi dieci anni dopo il nostro incontro ad Hockenheim ho ricevuto una telefonata da Rupert che mi chiedeva di andare in Germania a provare la sua nuova opera. Così, in un soleggiato pomeriggio, in un piccolo paese bavarese a sud di Monaco, ho trovato ad attendermi una moto assolutamente unica: una imponente cruiser in stile americano al centro della quale spiccava un grosso bicilindrico parallelo di 1430 cc, assolutamente inedito: il primo turbodiesel applicato ad una motocicletta.
Anche la marca sul serbatoio, “Neander”, sembrava inedita; in realtà con questo nome nei primi Anni ’20 erano note in Germania motociclette molto originali create da Ernst Neumann-Neander, che successivamente cedette la licenza di costruzione alla Opel, che le produsse fino al 1930. Tra le altre Opel-Neander vi fu una futuristica moto spinta da sei razzi alla ricerca di primati di accelerazione. La rinascita della Neander, 75 anni dopo, si deve all’iniziativa del tedesco Phillip Hitzbleck, e l’innovativo motore turbodiesel di Baindl è certamente degno, per originalità, della Opel-Neander a razzi.
Due bielle per cilindro
In effetti, l’incredibile motorizzazione diesel che ho trovato ad attendermi in un soleggiato pomeriggio nella periferia bavarese a sud di Monaco, inserita in una cruiser dall’aspetto americaneggiante, rappresenta qualcosa di assolutamente diverso da tutto il resto, e non solo per una questione di carburante.
Il bicilindrico parallelo raffreddato ad aria e olio da 1.430 cc (alesaggio e corsa 108 x 78,2 mm), impiega infatti due alberi controrotanti, collegati tra loro attraverso degli ingranaggi, ognuno dei quali dispone di due bielle in acciaio, per un totale di quattro, due per cilindro, appunto. Ogni coppia di bielle è collegata a un pistone dotato di tre elementi di tenuta e due spinotti. I pistoni risultano estremamente ribassati, in modo da ridurre al minimo gli attriti. Le bielle sono forate internamente per garantire una miglior lubrificazione da parte dell’olio, come accade sulle Ducati Superbike.
Sopra a questo robusto e innovativo basamento ci sono degli altrettanto esclusivi gruppi termici dotati di 4 valvole radiali per cilindro (da 35 mm per l’aspirazione e 30 per lo scarico), comandate da punterie a bicchierino attraverso un doppio albero a camme in testa. La catena centrale comanda l’albero anteriore, il quale a sua volta aziona quello posteriore. Ad ogni modo, a differenza di quanto accade sulla MV Agusta F4, anch’essa dotata di valvole radiali, il motore Neander impiega lo stesso schema per le teste dei cilindri brevettato dall’ingegnere austriaco Ludwig Apfelbeck, famoso per essere stato usato dalla BMW in Formula 2 negli anni Sessanta, prima sui motori da 2.000 cc e poi, in seguito a un cambio di regolamenti, su unità da 1.600 cc.
Invece di avere le valvole di aspirazione da una parte e quelle di scarico dall’altra, come su un motore tradizione, il Neander le ha disposte in diagonale: aspirazione, scarico, aspirazione e scarico, comandate da camme coniche. “Apfelbeck ha avuto un sacco di problemi con le valvole radiali – spiega Baindl – Si tratta di un sistema molto simile all’RVFC della Honda che, non appena il regime di rotazione raggiunge un certo limite, mette in crisi i bilancieri. Il problema era ancor più accentuato sui motori a corsa corta come appunto il BMW da Formula 2 da 1.600 cc, per questo ho deciso di usare il sistema a valvole coniche della Rotax, che non fa uso di bilancieri.”
Il bicilindrico parallelo raffreddato ad aria e olio da 1.430 cc (alesaggio e corsa 108 x 78,2 mm), impiega infatti due alberi controrotanti, collegati tra loro attraverso degli ingranaggi, ognuno dei quali dispone di due bielle in acciaio, per un totale di quattro, due per cilindro, appunto. Ogni coppia di bielle è collegata a un pistone dotato di tre elementi di tenuta e due spinotti. I pistoni risultano estremamente ribassati, in modo da ridurre al minimo gli attriti. Le bielle sono forate internamente per garantire una miglior lubrificazione da parte dell’olio, come accade sulle Ducati Superbike.
Sopra a questo robusto e innovativo basamento ci sono degli altrettanto esclusivi gruppi termici dotati di 4 valvole radiali per cilindro (da 35 mm per l’aspirazione e 30 per lo scarico), comandate da punterie a bicchierino attraverso un doppio albero a camme in testa. La catena centrale comanda l’albero anteriore, il quale a sua volta aziona quello posteriore. Ad ogni modo, a differenza di quanto accade sulla MV Agusta F4, anch’essa dotata di valvole radiali, il motore Neander impiega lo stesso schema per le teste dei cilindri brevettato dall’ingegnere austriaco Ludwig Apfelbeck, famoso per essere stato usato dalla BMW in Formula 2 negli anni Sessanta, prima sui motori da 2.000 cc e poi, in seguito a un cambio di regolamenti, su unità da 1.600 cc.
Invece di avere le valvole di aspirazione da una parte e quelle di scarico dall’altra, come su un motore tradizione, il Neander le ha disposte in diagonale: aspirazione, scarico, aspirazione e scarico, comandate da camme coniche. “Apfelbeck ha avuto un sacco di problemi con le valvole radiali – spiega Baindl – Si tratta di un sistema molto simile all’RVFC della Honda che, non appena il regime di rotazione raggiunge un certo limite, mette in crisi i bilancieri. Il problema era ancor più accentuato sui motori a corsa corta come appunto il BMW da Formula 2 da 1.600 cc, per questo ho deciso di usare il sistema a valvole coniche della Rotax, che non fa uso di bilancieri.”
In vendita a 68.500 euro
Il condotto di aspirazione della Neander è ricavato verticalmente al centro della testa, in mezzo ai due alberi a camme, mentre le 4 valvole di scarico (due per ogni cilindro) trovano sfogo in altrettanti collettori singoli (pertanto, due davanti al motore e due rivolti alla parte posteriore), che danno l’illusione, vista anche la larghezza del propulsore, di appartenere a un quattro cilindri. I collettori confluiscono poi in una singola turbina Garrett con intercooler, che sottopone a 1,4 bar di pressione l’airbox, dentro al quale si trova il corpo farfallato da 31 mm. I gas di scarico vengono convogliati in un catalizzatore a tre vie montato di fronte al motore, nella parte basse, prima di uscire dai due silenziatori disposti uno su ogni lato della moto.
L’impianto di alimentazione common-rail ad iniezione diretta della Bosch impiega un singolo iniettore a 6 fori, mentre un piccolo radiatore per il carburante è dislocato davanti alla testa di sterzo in modo da prevenire la detonazione dal carburante stesso durante il suo trasferimento alla camera di scoppio.
Equipaggiato con il cambio a sei marce della Aprilia RSV1000R, nonostante la trasmissione finale a cinghia dentata, questo motore assolutamente fuori dagli schemi (che pesa ben 108 Kg a secco) sviluppa una potenza di 94 CV a 4.200 giri, in abbinamento a ben 175 Nm di coppia ad appena 2.600.
La ciclistica della Neander è viceversa fin troppo convenzionale in confronto al propulsore che la spinge. Il bicilindrico parallelo è infatti inserito in un telaio in tubi al cromomolibdeno disegnato dallo specialista tedesco Gunther Zellner. La sospensione posteriore è governata da un ammortizzatore completamente regolabile prodotto dalla svedese Ohlins, mentre davanti c’è una forcella a steli rovesciati da 43 mm della Paioli. L’inclinazione del cannotto di sterzo è di 31°, con un’avancorsa pari a 109 mm. Ne consegue un interasse di 1.740 mm, anche se pare che la Neander intenda produrre una versione con interasse di 1.950 mm all’interno del primo lotto di 50 moto previste per marzo 2007 al prezzo di 68.500 Euro.
L’impianto di alimentazione common-rail ad iniezione diretta della Bosch impiega un singolo iniettore a 6 fori, mentre un piccolo radiatore per il carburante è dislocato davanti alla testa di sterzo in modo da prevenire la detonazione dal carburante stesso durante il suo trasferimento alla camera di scoppio.
Equipaggiato con il cambio a sei marce della Aprilia RSV1000R, nonostante la trasmissione finale a cinghia dentata, questo motore assolutamente fuori dagli schemi (che pesa ben 108 Kg a secco) sviluppa una potenza di 94 CV a 4.200 giri, in abbinamento a ben 175 Nm di coppia ad appena 2.600.
La ciclistica della Neander è viceversa fin troppo convenzionale in confronto al propulsore che la spinge. Il bicilindrico parallelo è infatti inserito in un telaio in tubi al cromomolibdeno disegnato dallo specialista tedesco Gunther Zellner. La sospensione posteriore è governata da un ammortizzatore completamente regolabile prodotto dalla svedese Ohlins, mentre davanti c’è una forcella a steli rovesciati da 43 mm della Paioli. L’inclinazione del cannotto di sterzo è di 31°, con un’avancorsa pari a 109 mm. Ne consegue un interasse di 1.740 mm, anche se pare che la Neander intenda produrre una versione con interasse di 1.950 mm all’interno del primo lotto di 50 moto previste per marzo 2007 al prezzo di 68.500 Euro.
Doveva essere una MotoGP
La domanda, a questo punto, è se verrà previsto anche un dispositivo di retromarcia per uscire dai parcheggi con una moto così lunga e pesante, visto il peso di 270 Kg a secco. Per quanto riguarda la velocità massima, poi, la Casa dichiara un valore superiore ai 230 Km/h. A fermare tutta questa massa, comunque, ci pensano tre dischi in acciaio da 300 mm e altrettante pinze a quattro pistoncini della Performance Machine, lo specialista americano in ricambi aftermarket al quale si devono anche le ruote composite in alluminio, equipaggiate con pneumatici Metzeler Marathon (il posteriore dei quali misura 240/40-18”).
Il principale vantaggio offerto da questa motorizzazione risiede nel fatto di avere due alberi controrotanti, caratteristica che riduce al minimo sia le vibrazioni che l’effetto giroscopico, con benefici effetti sulla maneggevolezza. Un altro punto a favore del motore diesel consiste nella possibilità di avere una fase di aspirazione più lunga rispetto a un normale motore a quattro tempi, cosa che si traduce fondamentalmente in una migliore efficienza termodinamica.
Ciononostante, è lecito domandarsi il perché si sia scelta questa strada per equipaggiare una moto custom. Ce lo spiega Lutz Lester, del reparto ricerca e sviluppo: “Phillip Hitzbleck deteneva i diritti d’autore di un personaggio comico di nome Werner che in Germania è davvero molto popolare. Werner è un motociclista un po’ scapestrato in perenne conflitto con la polizia. E’ uno cui piace bere birra e armeggiare con i motori e i mezzi a due ruote. Rappresenta un vero e proprio cult in Germania, l’equivalente di Joe Bar in Francia. Sono stati addirittura realizzati dei video che parlano di lui negli anni ’90 e sono stati organizzati dei cosiddetti Werner party con più di 250.000 persone. Una volta hanno addirittura chiuso l’autostrada a causa di uno di questi raduni. Ad ogni modo, nel 1999, Phillip Hitzbleck ha deciso che voleva portare il suo personaggio a un livello di popolarità ancora più alto, tipo show televisivi o eventi di grande impatto mediatico, così ha pensato che sarebbe stato fantastico legare il nome di Werner alla MotoGP attraverso una nostra moto. Poi però ci siamo detti: se facciamo una cosa del genere, dobbiamo partecipare con qualcosa di assolutamente mai visto prima, così ci siamo interessati al bicilindrico bialbero di Rupert Baindl. Sembrava la soluzione ideale tuttavia, nonostante il supporto della West (il marchio di sigarette ndr), non avevamo ancora abbastanza fondi per realizzare il progetto. E’ stato allora a Rupert è venuta l’idea di realizzare una versione stradale del suo motore, per di più diesel. Ecco che abbiamo abbandonato i propositi relativi alla MotoGP per concentrarci su questa nuova iniziativa. Nel 2002 Phillip ha deciso di cedere la Werner e, con il ricavato, far rinascere la Neander attraverso la produzione della prima motocicletta turbodiesel di serie. Oggi, tutto questo è diventato realtà…”.
Il principale vantaggio offerto da questa motorizzazione risiede nel fatto di avere due alberi controrotanti, caratteristica che riduce al minimo sia le vibrazioni che l’effetto giroscopico, con benefici effetti sulla maneggevolezza. Un altro punto a favore del motore diesel consiste nella possibilità di avere una fase di aspirazione più lunga rispetto a un normale motore a quattro tempi, cosa che si traduce fondamentalmente in una migliore efficienza termodinamica.
Ciononostante, è lecito domandarsi il perché si sia scelta questa strada per equipaggiare una moto custom. Ce lo spiega Lutz Lester, del reparto ricerca e sviluppo: “Phillip Hitzbleck deteneva i diritti d’autore di un personaggio comico di nome Werner che in Germania è davvero molto popolare. Werner è un motociclista un po’ scapestrato in perenne conflitto con la polizia. E’ uno cui piace bere birra e armeggiare con i motori e i mezzi a due ruote. Rappresenta un vero e proprio cult in Germania, l’equivalente di Joe Bar in Francia. Sono stati addirittura realizzati dei video che parlano di lui negli anni ’90 e sono stati organizzati dei cosiddetti Werner party con più di 250.000 persone. Una volta hanno addirittura chiuso l’autostrada a causa di uno di questi raduni. Ad ogni modo, nel 1999, Phillip Hitzbleck ha deciso che voleva portare il suo personaggio a un livello di popolarità ancora più alto, tipo show televisivi o eventi di grande impatto mediatico, così ha pensato che sarebbe stato fantastico legare il nome di Werner alla MotoGP attraverso una nostra moto. Poi però ci siamo detti: se facciamo una cosa del genere, dobbiamo partecipare con qualcosa di assolutamente mai visto prima, così ci siamo interessati al bicilindrico bialbero di Rupert Baindl. Sembrava la soluzione ideale tuttavia, nonostante il supporto della West (il marchio di sigarette ndr), non avevamo ancora abbastanza fondi per realizzare il progetto. E’ stato allora a Rupert è venuta l’idea di realizzare una versione stradale del suo motore, per di più diesel. Ecco che abbiamo abbandonato i propositi relativi alla MotoGP per concentrarci su questa nuova iniziativa. Nel 2002 Phillip ha deciso di cedere la Werner e, con il ricavato, far rinascere la Neander attraverso la produzione della prima motocicletta turbodiesel di serie. Oggi, tutto questo è diventato realtà…”.
Una spinta eccezionale
Una volta in sella alla Neander, ci si accorge di quanto basso sia il piano di seduta (appena 650 mm), nonostante la sistemazione risulti piuttosto comoda (non altrettanto si può dire per il passeggero, però). I canoni sono quelli della classica custom americana, con le gambe distese in avanti e le braccia alte, ad impugnare l’insolito manubrio fissato alla piastra di sterzo tramite due lunghi riser, in cima ai quali sono collocati, sulla destra, un tachimetro con fondoscala a 260 Km/h e sulla sinistra le spie di servizio. Più in basso è invece collocato uno strumento digitale degno di una Superbike, capace di fornire una quantità di informazioni addirittura eccessiva per un moto di serie, tra cui il consumo di carburante. Un dato davvero poco significativo visto che, a dispetto di una capacità del serbatoio di appena 10 litri, la Neander percorre in media 100 Km con 3 litri di gasolio… Inoltre, nel caso rimaniate a secco in aperta campagna, potete sempre guardare se c’è un trattore nelle vicinanze per fare un piccolo rabbocco!
La chiave di accensione va inserita sul lato destro. Non appena la si gira su ON, si sente la pompa della benzina che inizia a ronzare, e quando si spinge il pulsante di avviamento (non importa aspettare alcun preriscaldamento delle candele, come accade viceversa sui diesel di vecchia generazione) cominciano le sorprese! Ci si rende subito conto che questo motore è diverso da qualunque altro. La totale assenza di vibrazioni, il regime di minimo ad appena 950 giri e l’atipica tonalità di scarico, fanno della Neander un mezzo unico. La frizione è morbidissima, così come lo spunto che il motore offre non appena si inserisce la prima e si agisce impercettibilmente sul comando del gas.
Una volta in marcia, poi, è incredibile la sensazione di spinta che il bicilindrico è in grado di fornire già a partire dai 2.000 giri indicati. In pratica, nonostante il picco di coppia sia a quota 2.600, l’erogazione segue una progressione orizzontale fino a 4.200 giri, dopo di che l’ascesa di stempera un po’ (Baindl afferma comunque che, in fase di collaudo, ha raggiunto regimi prossimi ai 7.000 giri senza riscontrare problemi di tenuta meccanica).
La chiave di accensione va inserita sul lato destro. Non appena la si gira su ON, si sente la pompa della benzina che inizia a ronzare, e quando si spinge il pulsante di avviamento (non importa aspettare alcun preriscaldamento delle candele, come accade viceversa sui diesel di vecchia generazione) cominciano le sorprese! Ci si rende subito conto che questo motore è diverso da qualunque altro. La totale assenza di vibrazioni, il regime di minimo ad appena 950 giri e l’atipica tonalità di scarico, fanno della Neander un mezzo unico. La frizione è morbidissima, così come lo spunto che il motore offre non appena si inserisce la prima e si agisce impercettibilmente sul comando del gas.
Una volta in marcia, poi, è incredibile la sensazione di spinta che il bicilindrico è in grado di fornire già a partire dai 2.000 giri indicati. In pratica, nonostante il picco di coppia sia a quota 2.600, l’erogazione segue una progressione orizzontale fino a 4.200 giri, dopo di che l’ascesa di stempera un po’ (Baindl afferma comunque che, in fase di collaudo, ha raggiunto regimi prossimi ai 7.000 giri senza riscontrare problemi di tenuta meccanica).
Per la Bosch era impossibile
In città, ci si può concedere il lusso di andare a spasso con una moto da quasi 300 Kg (siamo pur sempre intorno ai 295 con tutto i liquidi), godendosi al massimo le doti di tiro, elasticità e, perché no, accelerazione di un motore sorprendentemente fluido e generoso. A tal proposito, la grossa gommatura posteriore assicura l’aderenza necessaria per scaricare tutta la potenza a terra senza troppi patemi, almeno quando si viaggia in rettilineo, ovviamente… C’è infatti da rimanere sorpresi dal modo in cui il motore della Neander sale rapidamente di giri, presumibilmente grazie alla sua configurazione a corsa corta e alla riduzione degli attriti interni. Questo costringe a un utilizzo del cambio superiore alle previsioni, almeno nell’uso sportivo.
Per quanto riguarda le doti di allungo, è ipotizzabile una velocità massima di circa 240 Km/h (visto che a 2.820 giri in sesta si “leggono” già 160 Km/h), cosa che in Germania, dove non ci sono limiti in autostrada, verrà senz’altro accolta con entusiasmo, mentre in altri paesi saranno probabilmente la parsimonia nei consumi, la coppia straordinaria e le vibrazioni pari a zero a fare della Neander un’apprezzata tourer a lungo raggio.
Risulta davvero difficile stancarsi in sella a questa custom e non solo in autostrada. Il baricentro basso la rende infatti abbastanza maneggevole, anche se bisogna comunque fare i conti con l’interasse chilometrico e il peso non trascurabile, senza contare i limiti di luce a terra.
E’ davvero un peccato che un motore così particolare non venga impiegato anche su un modello con caratteristiche più sportive, in grado di esaltare le doti di guidabilità indotte dall’assenza di effetti giroscopici all’interno del motore Neander. Bisognerebbe proprio provare… In conclusione, è evidente come la tecnologia applicata ai motori diesel abbia fatto passi da gigante negli ultimi 10 anni: la Neander ne è la riprova. Questa moto risulta sorprendente non tanto per la sua impostazione tecnica, ma per l’efficacia con la quale sa trasferire i benefici della sua motorizzazione nel comportamento su strada.
“Il capo del reparto ricerca e sviluppo dei motori diesel della Bosch ci aveva detto che il nostro motore non avrebbe mai funzionato. – se la ride Rupert Baindl – Trattandosi di un appassionato di moto, una volta pronto il primo prototipo, gli abbiamo chiesto di venire a provarlo. Dopo due ore di test è tornato da noi dicendo che intendeva comprare un esemplare della Neander per farlo esaminare dai tecnici Bosch, in modo da capire come abbiamo fatto a realizzare una cosa che secondo loro era impossibile! E’ stato un bel complimento…”.
Per quanto riguarda le doti di allungo, è ipotizzabile una velocità massima di circa 240 Km/h (visto che a 2.820 giri in sesta si “leggono” già 160 Km/h), cosa che in Germania, dove non ci sono limiti in autostrada, verrà senz’altro accolta con entusiasmo, mentre in altri paesi saranno probabilmente la parsimonia nei consumi, la coppia straordinaria e le vibrazioni pari a zero a fare della Neander un’apprezzata tourer a lungo raggio.
Risulta davvero difficile stancarsi in sella a questa custom e non solo in autostrada. Il baricentro basso la rende infatti abbastanza maneggevole, anche se bisogna comunque fare i conti con l’interasse chilometrico e il peso non trascurabile, senza contare i limiti di luce a terra.
E’ davvero un peccato che un motore così particolare non venga impiegato anche su un modello con caratteristiche più sportive, in grado di esaltare le doti di guidabilità indotte dall’assenza di effetti giroscopici all’interno del motore Neander. Bisognerebbe proprio provare… In conclusione, è evidente come la tecnologia applicata ai motori diesel abbia fatto passi da gigante negli ultimi 10 anni: la Neander ne è la riprova. Questa moto risulta sorprendente non tanto per la sua impostazione tecnica, ma per l’efficacia con la quale sa trasferire i benefici della sua motorizzazione nel comportamento su strada.
“Il capo del reparto ricerca e sviluppo dei motori diesel della Bosch ci aveva detto che il nostro motore non avrebbe mai funzionato. – se la ride Rupert Baindl – Trattandosi di un appassionato di moto, una volta pronto il primo prototipo, gli abbiamo chiesto di venire a provarlo. Dopo due ore di test è tornato da noi dicendo che intendeva comprare un esemplare della Neander per farlo esaminare dai tecnici Bosch, in modo da capire come abbiamo fatto a realizzare una cosa che secondo loro era impossibile! E’ stato un bel complimento…”.
Galleria fotografica