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In pista a Sepang con la Honda RC211V

il 27/12/2005 in Moto & Scooter

Siamo saliti in sella alla MotoGp vicecampione del mondo, sulla carta la più efficace del Mondiale. Emozioni uniche e indescrivibili per un mezzo che ha dalla sua una grande facilità e un motore fluidissimo. Almeno fino a che non si spinge davvero…

In pista a Sepang con la Honda RC211V

di Andrea Padovani



Vi sembra esagerato attraversare mezzo mondo, viaggiare per oltre venti ore con auto, aereo, bus, per fare solo cinque giri di pista? Per quanto ci riguarda assolutamente no, soprattutto considerato il premio finale, ovvero il sellino della moto più desiderata da tutti i piloti, la Honda RC211V che si è aggiudicata il secondo posto nel Mondiale MotoGp.


Partenza da Milano, destinazione Kuala Lumpur, circuito di Sepang. Programma, cinque giri da sogno che ci avrebbero fatto toccare il cielo con un dito.
È quasi indescrivibile ritrovarsi nella corsia dei box con i tecnici Honda che coccolano il massimo dell’espressione tecnologica su due ruote. Impossibile trasmettere le sensazioni che si provano all’improvviso boato del cinque cilindri a V.



La RCV è un gioiello di una bellezza sconvolgente e di una raffinatezza senza pari: ci riferiamo da un lato alla strabiliante concentrazione di soluzioni tecniche, tale da far sognare anche il più esigente degli scienziati. Dall’altro alla cura posta nella lavorazione di ogni singolo particolare, anche il meno importante: sembra un mezzo da esposizione più che un MotoGp da “battaglia”.
Eppure è così: la fibra di carbonio della carena sembra sagomata dal vento, un vestito che rende la moto compatta, filante, aggressiva. Ogni anfratto nasconde una chicca da gustare: il magnesio dei carter motore, il carbonio dei doppi dischi anteriori Brembo, l’ammortizzatore vincolato superiormente all’imponente forcellone, gli stupendi collettori di scarico con i due terminali a tromboncino. Si potrebbero passare ore ad osservare tanto ben di Dio.



Il ponte di comando è improntato ad una spartana semplicità: la strumentazione è composta da un semplice contagiri su fondo nero e da un pannello LCD per le informazioni quali temperatura, tempi sul giro e poco altro. Altra particolarità il blocchetto di sinistra dotato di interruttore per scegliere in movimento una delle tre mappature della centralina preimpostate.
Poi, quasi inaspettatamente, i meccanici, denudano il capolavoro, che si mostra in tutta la sua magnificenza: si vedono le due bancate del cinque cilindri (capace di oltre 250 CV) e i cablaggi dell’impianto elettrico. Anche qui tutto perfettamente ordinato. L’elettronica, si intuisce, regna sovrana: la centralina controlla le valvole a farfalla, così come l’iniezione e l’accensione, gestendo pure i sistemi anti-pattinamento della ruota posteriore e anti-impennata. Davvero un sogno.

La RC211V è sul cavalletto. Le gomme sono calde. Il meccanico aziona l’avviatore a rullo che mette in movimento la ruota posteriore. Bam, un boato squarcia il silenzio: il cinque cilindri inizia a vibrare. Dentro la prima e partiamo con il cuore che batte come fosse la prima moto che guidiamo.
Mettiamo seconda, terza e guadagniamo velocità: il cambio, con il sistema che permette di non mollare il gas e di non utilizzare la frizione, è fantastico. Ma ancora più impressionante il feeling che questo gioiello regala. Ci aspettavamo un puledro imbizzarrito da domare, ci ritroviamo un “giocattolo” che fa quello che vogliamo. Anzi, di più, sembra che conosca in anticipo i nostri desideri e che li assecondi fino all’incredibile.

Il primo, lentissimo, destra-sinistra-destra che si incontra dopo il traguardo, che tanti grattacapi ci ha dato con la 250 di Pedrosa, viene affrontato in un lampo: la moto scende in piega in maniera velocissima ma progressiva e mai imprevedibile, e con altrettanta naturalezza si riallinea e si butta dall’altro lato. Al pilota, tanta è la facilità, non rimane che godere.
Ma con la RC211V si gode anche nei lunghi curvoni: il pacchetto telaio-sospensioni-gomme offre una stabilità infinita, che nulla mette in crisi. E il bello è che pare non esserci fine a tanta rigorosità: verrebbe voglia di osare ancora di più, di spingere sul gas per vedere dove si può arrivare. Ma è meglio non rischiare…

Anche perché la riserva di potenza del cinque cilindri richiede davvero tanta prudenza. L’erogazione, considerati i CV disponibili, è fantastica ed estremamente lineare (benedetta elettronica…): il fatto è che tanto si ruota il gas, tanto la moto va, indipendentemente dalla marcia inserita. Così, anche grazie alla motricità elevatissima, si esce dalle curve ad una velocità straordinaria. E tutto sta nella capacità e nel coraggio del pilota: il bello - e allo stesso tempo il terribile - arriva infatti quando con la manopola si cerca di andare verso il fondocorsa. La ruota anteriore inizia a decollare e la moto letteralmente vola, annullando lo spazio e il tempo tra una curva e l’altra. Ed è proprio in quella fascia di erogazione e in quella maniera che i piloti usano l’acceleratore della RCV. E noi non siamo piloti professionisti…



Difetti? Incredibilmente ne abbiamo trovato uno: in staccata, alla grande efficienza del doppio freno a disco in carbonio, che letteralmente cava gli occhi dalle orbite, si affianca un non perfetto funzionamento del sistema antisaltellamento. Insomma, per limitare l’inconveniente tocca usare della malizia e, come nelle stradali, bisogna modulare con sapienza la frizione fin dentro alla curva.
In fondo la RC211V rimane pur sempre una moto…

In pista a Sepang con la Honda RC211V
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