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Moto & Scooter

In sella alla BMW HP2

il 29/06/2005 in Moto & Scooter

Affascinante e potente, ha prestazioni da speciale dakariana ma un prezzo che fa passare la voglia di avventurarsi in fuoristrada. E’ la nuova GS “High Performance”

testo e foto di Giuseppe Gori

È bella, bellissima. Sta affascinando anche gli appassionati di altre discipline, addirittura delle moto carenate. Potere di un marchio - sono sempre molti quelli sensibili alle etichette – e forza di un design che riscopre finalmente l’enduro relativamente leggero. Due quintali per il fuoristrada non sono pochi, ma se il paragone è con le endurone conosciute il bicchiere diventa mezzo vuoto.

Comunque la si guardi, la nuova BMW HP2 ha tutte le carte in regola per far discutere e fors’anche sognare, come tutte le cose esclusive. Esclusiva per prezzo - la HP2 costa ben 17.500 euro – e per l’altezza della sella. Affascinante e non popolare, per collocazione e caratteristiche. L’originale status da ostentare magari con una pizzicata alla frizione quando si aggredisce un marciapiede.

Usarla nelle scampagnate e per l’aperitivo in centro è l’ideale. Portarla in fuoristrada con un minimo di disinvoltura è un’altra cosa, e lanciarla nell’enduro vero un mestiere per pochi volenterosi esperti che se la sentono di graffiare 17.500 euro colorati in grigio/blu con la forma di un motore boxer.

Un giocattolo divertente, un modo d’essere “stone washed” come l’abbigliamento finto-consumato, un alter ego delle Porsche Cayenne usate per lo shopping e la discoteca. Come le SUV hanno scalzato molte coupé e spider nella graduatoria dei desideri, dopo anni di custom e naked, sportive e scooteroni, una vera enduro (l’attuale GS 1200 è da considerare ormai una stradale) torna a sfoggiare un’immagine da star.
Una moto da happy hour (nel senso letterale del termine), che apre un nuovo filone più sportivo della gamma BMW: con la sigla HP (da interpretare come High Performance) il marchio bavarese vuole caratterizzare una nuova serie di modelli più brillanti e meno turistici così come nelle auto la sigla M rappresenta l’high-end per le serie 3, 5 e 6. La HP2 è il primo modello a inaugurare questa filosofia.

Per averla ci sarà da litigare, perché ne arriveranno poche.
Dal 10 settembre, primo giorno di disponibilità commerciale, fino a fine anno ne consegnano in Italia 180, e nel 2006 sono pianificati altri 300 esemplari. Una sola colorazione prevista: grigio/blu. Un accostamento originale, ma per tutti quei soldi, forse, si poteva fare qualcosa di più.

Essenziale e snella come le vecchie GS a due valvole, le finiture della HP2 sono buone, a prima vista anche migliori delle BMW “normali”. Plastiche più flessibili e meno scricchiolanti (come si conviene al fuoristrada), strumentazione minimalista, faro tondo e una solida forcella Marzocchi upside-down regolabile al posto dell’ormai classico Telelever. Finalmente c’è un vero telaio, un traliccio di tubi diviso in due e imbullonato, in modo da scongiurare eventuali crepe.

Il motore è ancor più protagonista del solito, largo e possente con le sue testate a quattro valvole, mentre il basamento (recentemente ridisegnato per la GS 1200) si fa apprezzare per le sue ridotte dimensioni. Il cambio è a 6 marce e la frizione a comando idraulico. La meccanica torna a fondersi con la ciclistica nel forcellone monobraccio, che è una scultura tanto è massiccio, con la saldatura dei due semigusci a vista che diventa quasi elemento estetico e termina con la bella scatola del cardano, talmente piccola da lasciare bene in vista mozzo e disco frenante. Quest’ultimo è singolo sia davanti che dietro, in acciaio, e viene “morso” da due pinze Brembo a doppio pistoncino parallelo e flottante. Belli i cerchi Behr anodizzati, con attacco raggi sui bordi per una ruota più rigida e tubeless.

Il pezzo forte della ciclistica, comunque, è l’ammortizzatore ad aria. Qui i vecchi enduristi troveranno subito analogie con gli indimenticabili Sachs Hydrocross. Il mono della HP2, infatti, sfrutta e amplia lo stesso principio. L’aria ha funzioni sia elastiche (non c’è la tradizionale molla) che di freno idraulico. Coassiale alla valvola per gonfiare e sgonfiare c’è una rotellina per la regolazione “comfort” e “sport” che modifica il freno idraulico, mentre variando la pressione interna al mono con la pompetta in dotazione (fissata dietro il montante sinistro del telaio) si cambia il precarico.
Chi vuole giocare con la messa a punto nelle soste per prendere fiato con la HP2 ha pure una livella a bolla fissata sul telaio a destra per controllare l’assetto. Chissà se il manuale sconsiglia di farlo mentre si guida?

Nel caos del traffico cittadino, il manubrio alto e largo della HP2 passa sopra gli specchietti retrovisori altrui. Dall’alto della sella si domina bene la situazione e l’unico rammarico è per la scarpa sinistra, inevitabilmente fresata dalla larga pedana in titanio e dal perno zigrinato della leva del cambio. Ad ogni modo, il problema vero non sono le scarpe, ma le gambe: chi non le ha lunghissime si troverà poco a suo agio nel salire e scendere dalla HP2, perché la sella ha un’altezza piuttosto importante.
Una volta sopra, però, tutto è sotto controllo, con gli abituali comandi BMW diversi dal resto della produzione e le manopole stranamente lisce. Le avremmo preferite più scolpite, se non addirittura da cross.
La frizione è morbidissima, si innesta la prima e… miracolo: il cambio è secco, preciso e corto negli innesti. Dopo una prima fase di entusiasmo, però, si ritorna al “clack-clack”, anche se stavolta non si tratta del cambio. Sulla HP2 a far casino è la scatola del cardano, mentre il borbottio dello scarico è civile e gustoso, e fa intuire che all’interno del motore c’è una minor quantità di inerzia.

I pistoni sono sempre grossi come due fiaschi di vino, ma su questa HP2 il volano della frizione è alleggerito e il motore è più pronto a ogni sgassata. Il freno anteriore non è potentissimo, ma ben modulabile, mentre più brusco e potente è quello posteriore, che in fuoristrada può essere usato cambiando la zigrinatura d’attacco e la lunghezza della leva a pedale.
Su asfalto si curva bene, sfruttando comunque il ridotto appoggio dei pneumatici tassellati, anche se col salire della velocità è necessario tenersi un certo margine. Quando si entra sul primo sterrato ci si accorge subito che la forcella è molto “aperta” e, rimanendo seduti, si curva lentamente. Allora si sale in piedi, si avanza col busto e la HP2 cambia completamente carattere. L’avantreno diventa un aratro che solca la strada, dove lo metti rimane e col gas si decide quanto e dove derapare. La trazione è sufficiente, ma i cavalli sono tanti e, soprattutto in prima e seconda, ci vuole un po’ di “rispetto” verso la coppia del motore.
La HP2 si dimostra, insomma, una moto adatta ai grandi spazi, dove sfogare i tanti cavalli a velocità da speciale dakariana, o trottare sicuri con un avantreno ben piantato in terra. Tuttavia, è probabile che i più saggi non rischieranno di graffiare così tanti euro a due ruote, andando piuttosto alla ricerca del porticciolo giusto dove potersi togliere la polvere dalla bocca. Magari in due, visto che sarà omologata anche per un passeggero…

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