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Moto & Scooter

Ducati 999 F04 SBK

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Prova al Mugello della moto del campione del mondo Superbike James Toseland. Una evoluzione senza stravogimenti del modello 2003, una moto esemplare per efficacia e gestibilità. Novità assoluta, le gomme Pirelli

Alan Cathcart con James Toseland e l'ing. Ernesto Marinelli, direttore tecnico del Team SBK

Dodici giri
di Alan Cathcart, foto P. Barshon e L. Caddell La Ducati ha vinto anche quest’anno il titolo mondiale Superbike con un perentorio risultato: 1° e 2° posto per i due piloti della squadra ufficiale Fila Ducati, James Toseland e Regis Laconi. Ma è altrettanto vero che la squadra ha dovuto lottare molto duro per imporre la propria superiorità in un campionato caratterizzato dalle quattro cilindri liberate dalle strozzature all’aspirazione e dall’imposizione di gomme uguali per tutti fornite dalla Pirelli.
In più, nella stagione appena conclusa le squadre clienti Ducati hanno avuto a disposizione materiale molto molto simile a quello ufficiale del 2003, e visto che il motore non è aumentato di potenza nel 2004, il risultato è stato quello di una forte competizione interna, che ha avuto il suo culmine nella splendida vittoria di Chili in Gara-2 a Misano con una 998 con motore 999 F03, complici le condizioni meteo imprevedibili.



L’occasione che mi si è presentata con la prova della moto di Toseland a Mugello a settembre, dunque, è doppiamente ghiotta, perché mi permette di "tastare" l’evoluzione della moto quindici mesi dopo la prova della precedente F03 a Misano, e di prendere contatto con le nuove Pirelli, che hanno sostituito le Michelin ultra-speciali prima utilizzate dal team. Dodici giri sono oltre metà della durata di una manche e quello del Mugello è un circuito molto impegnativo: le condizioni per un test probante ci sono tutte. E alla fine devo dire che Ducati è riuscita a migliorare ciò che già era il meglio, a dispetto di chi alle prime affermazioni di Vermeulen sulla sua Honda del team Ten Kate aveva già ipotizzato una SBK dominata dalle quattro cilindri.



Per il 2004 i tecnici della Ducati hanno sviluppato il motore in una direzione insolita: stabilito che la potenza della versione 2003 era sufficiente, hanno lavorato in altre direzioni. Il motore Testastretta conserva il layout del propulsore stradale. Le misure di alesaggio e corsa sono però più radicali e passano a 104 x 58,8 mm, con l’impiego di pistoni inglesi Omega forgiati a due segmenti e bielle in titanio dell’austriaca Pankl. Queste ultime sono più lunghe del 2003, soluzione che permette di accorciare il pistone e di ridurre le accelerazioni: in questo modo il motore è meno stressato e più affidabile, grazie anche alla riduzione del regime massimo ammissibile sceso da 13.700 a 13.200 giri.



Rimangono invariate invece le dimensioni delle valvole a 43,5 mm all’aspirazione e 34 mm allo scarico; come elemento di comparazione, il vecchio motore 998 aveva misure di alesaggio e corsa pari a 100 x 63,5 mm, valvole da 42 e 32 mm e il limitatore tarato a 12.500 giri. La differenza è anche nel rapporto di compressione, che raggiunge (grazie anche alla benzina speciale Shell) lo stratosferico valore di 15,8:1, mentre l’alimentazione è gestita da un sistema Marelli, dotato di mappatura differenziata per guida sul bagnato e di valvole a farfalla (regolarmente in vendita come kit) da 60 mm di diametro contro i 54 di serie. Un altro elemento chiave è il super speciale impianto di scarico completamente in titanio, detto "tubone" dai tecnici per il suo diametro enorme (63,5 mm).



Ernesto Marinelli, direttore tecnico Superbike della Ducati Corse, ci spiega che la moto è un’evoluzione molto limitata della versione 2003: "Quest’anno non abbiamo lavorato sulla potenza, ma sull’affidabilità: quando ti avvicini ai 200 CV con un bicilindrico da un litro, tutta la meccanica lavora molto vicina ai propri limiti strutturali, per questo abbiamo lavorato sodo, sulle parti meccaniche e soprattutto sui lubrificanti. La Shell ci ha fornito degli ottimi 10/40 e 15/40 in grado di ridurre notevolmente gli attriti. Poi chiaramente è basilare seguire la scheda di manutenzione: ogni 1000 km si cambiano bielle e pistoni, ogni 1500 le valvole, mentre l’albero motore e il cambio durano una stagione, almeno se il pilota scala le marce usando un minimo di rispetto... I bilancieri della distribuzione vanno cambiati un paio di volte durante la stagione". "Ducati ci ha fornito un motore praticamente ufficiale -dice un tecnico di una squadra cliente- ma ciò significa una manutenzione da squadra ufficiale: abbiamo rilevato che ogni 750 km dobbiamo cambiare tutto ciò che si muove dentro il motore, almeno se vogliamo essere sicuri di non rompere qualcosa in gara, con costi ancora superiori. La condizione necessaria è di usare ricambi originali: chi ha rotto due motori di seguito (Chili a Monza? -n.d.a.) usava componenti non originali, e secondo me si sono rotti proprio quelli..."


Se il motore non è stato stravolto, anche la ciclistica ha subito solo aggiornamenti, che però hanno cambiato molto le caratteristiche di guida della moto. Le 998, infatti, erano moto semplici da mettere a punto e soprattutto in grado di perdonare molto: erano insomma intuitive. Le 999 si sono immediatamente rivelate più spigolose: più sensibili alle regolazioni e efficaci delle precedenti se perfettamente a punto, erano però più difficili da gestire tanto nella ricerca del setup migliore, quanto nella guida in condizioni di assetto e taratura non ottimali. Non a caso, Chili non si è mai trovato bene con il nuovo telaio, e ha corso con il motore aggiornato nella vecchia ciclistica con forcellone monobraccio.

Spiega Marinelli: "Siamo partiti con una situazione completamente nuova: nuova forcella Ohlins con idraulica rivista e foderi pressurizzati, nuove gomme a cui doverci adattare, e soprattutto nuovi piloti, che è il cambiamento più importante. Ci è voluta tutta la stagione per trovare il cocktail giusto, ma nelle ultime tre gare, quando i nostri due piloti lottavano tra di loro per il titolo, io penso proprio che l’abbiamo trovato!". In effetti i cambiamenti nella ciclistica sono stati di dettaglio, ma sufficienti: la moto di Toseland utilizza la massima avancorsa ottenibile (100 mm) e un forcellone più lungo di 20 mm di quello impiegato da Hodgson, e questo cambia la distribuzione (52/48% invece di 50/50%) e, ancora di più, il comportamento dinamico in accelerazione e frenata.



A questo contribuiscono di certo i pneumatici: rispetto alla Michelin costruite su misura in pochissimi esemplari, le Pirelli sono realizzate in grande serie, e tra l’altro non possono vantare l’enorme know-how specifico di una Michelin. Il che ha livellato le differenze ed esaltato la competizione, oltre che lo spettacolo: chi non ricorda i curvoni a ruote fumanti del duo Ducati Fila?

non sono un’infinità, ma nemmeno pochi. La prima cosa che mi colpisce, però, è appena seduto in sella: la moto di Hodgson del 2003 aveva rialzi sulla sella per poter caricare l’avantreno in accelerazione, quella di Toseland del 2004 è incredibilmente simile a quella di serie. Parto. I primi sei giri mi servono per prendere le misure, ma subito si capisce una cosa: quella sensazione di "lavori in corso" della versione 2003 è svanita. La F04 è una moto matura, gestibile -confident, direbbero gli inglesi. Il merito è innanzi tutto del motore: coniugare una potenza massima di ben 190 CV a 12.500 giri (per una velocità a Monza di 312 km/h) con una trattabilità da stradale è già di per sé un risultato straordinario.



Ma devo anche aggiungere che già dopo i 6000 giri la "schiena" di questo motore è formidabile: spinge senza sforzo apparente, con un’erogazione talmente morbida e sostenuta che a 11.000 giri è difficile rendersi conto di frullare così in alto con un bicilindrico da mezzo litro di cilindrata unitaria. Eppure non si sentono vibrazioni, non si percepisce lo sforzo del motore, e soprattutto si cambia marcia per ritrovare nel rapporto superiore la stessa identica spinta. Un motore tanto generoso che i rapporti del cambio non variano mai nell’arco della stagione: a seconda della pista si cambia il rapporto finale, tanto la trattabilità e l’ampiezza di erogazione sono esemplari.
Il comportamento dinamico, al pari, è assolutamente rassicurante: sulla moto 2003 l’avantreno era nervoso, soprattutto in accelerazione o negli scollinamenti ad alta velocità.



Ora un’impennata a 200 all’ora infilando la quarta sul dosso all’inizio del rettilineo dei box è di una gestibilità esemplare, anche se per contro si nota una certa inerzia al cambio di direzione. L’unica cosa è abituarsi alle derapate di potenza, una novità con cui bisogna fare i conti fin da subito fidando della gestibilità estrema delle Pirelli. Me lo conferma Bussei, anche lui a Mugello per un test con la 999 gommata Michelin in previsione di una puntata da ospite nel campionato AMA (che poi salterà -n.d.a.). "So a cosa ti riferisci: le Michelin sono più appuntite e tendono maggiormente ad alleggerire l’avantreno, mentre le Pirelli hanno un profilo più piatto per contrastare il loro tallone d’Achille, cioè la trazione: per questo sono più dure da buttare giù e rialzare nelle chinane. Adesso che sto riprovando le Michelin dopo un anno di Pirelli ho trovato la moto più agile e precisa in inserimento, ma anche meno stabile in velocità e frenata". La frenata ad esempio è uno dei punti di eccellenza della 999 F04: i dischi Brembo autoventilanti da 305 mm accoppiati alle pinze radiali a quattro pistoni offrono una frenata eccellente per potenza e modulabilità, supportata da un avantreno tanto stabile da permettere facilmente di staccare ai 200 metri in fondo al rettilineo dei box. Insomma, prima di dire che il bicilindrico è pronto per la pensione, ci sarà da aspettare ancora un po’...
Motore: bicilindrico a V longitudinale di 90°, distribuzione desmodromica 4 valvole per cilindro, raffreddamento a liquido, alesaggio e corsa: 104 x 58,8 mm, cilindrata 999 cc. Rapporto di compressione 15,8:1, potenza 189 CV a 12.500 giri/min, coppia n.d., alimentazione iniezione elettronica Marelli, un iniettore per cilindro,corpi farfallati da 60 mm, mappatura differenziata per ogni cilindro. Scarico in titanio.

Trasmissione: cambio a 6 marce, primaria ingranaggi a denti dritti; secondaria catena; frizione multidisco a secco con comando idraulico e dispositivo antisaltellamento.

Ciclistica: Traliccio in tubi di acciaio, sospensione anteriore: forcella Ohlins a steli rovesciati da 42 mm, escursione ruota n.d., sospensione posteriore progressiva con monoammortizzatore Ohlins regolabile, forcellone doppio braccio in alluminio forgiato, escursione ruota n.d. Cerchi Marchesini in magnesio forgiato da 16,5", canale anteriore da 3,5", posteriore da 6,25", pneumatici 12/75 e 19/65. Freni: anteriore 2 dischi autoventilanti da 305 mm, pinze radiali a 4 pistoncini e 4 pastiglie. Posteriore: disco da 218 mm, pinza a 2 pistoncini.

Dimensione: interasse 1440 mm, inclinazione cannotto 24,5°, avancorsa 100 mm. Peso senza carburante 165 kg, distribuzione statica 52/48%.
Alan Cathcart con James Toseland e l'ing. Ernesto Marinelli, direttore tecnico del Team SBK

Dodici giri

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