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Comparativa: le 1000 giapponesi

il 21/09/2004 in Moto & Scooter

Nata davanti a una pizza, l'idea di portare in pista le quattro cilindri nipponiche ha dato i propri frutti. Ecco promosse e bocciate per i nostri tester, ognuno di diversa estrazione motociclistica

Comparativa: le 1000 giapponesi
Daniele Batt-1 alle prese con l'R1

Eccoli qua, i grandi lavoratori di Motonline. Saranno più veloci con le moto o con le mandibole?

Metti una sera a cena. Ad inizio estate, cinque persone dai differenti cromosomi motociclistici si ritrovano davanti a una pizza. Tre sono giornalisti di settore: uno è il sottoscritto, veterano di piste e saponette grattate, poi Alberto, il tester amante della tecnica (nonché ottima manetta in pista e fuori), Daniele, il tester turista che strizza l’occhio alle custom.

A noi si sono aggregati Rosanna, che della motocicletta fa uso quotidiano, e Daniele “Batt-1”, centauro in stile Joe Bar che da poco si è convinto a far rotolare sull’asfalto anche la ruota anteriore. Tra compagni di pizza così assortiti il discorso cade inevitabilmente sulle due ruote e i pareri sono discordanti: l’oggetto del contendere? Le “mille” giapponesi di nuova generazione. Ma sono davvero accessibili a tutti?
Qui esplode la bomba: si sprecano pillole di filosofia spicciola, Alberto s’indigna sentendo qualche castroneria tecnica, Antonio guarda gli astanti più giovani con occhi comprensivi. Poi esce la proposta: “andiamo in pista e verifichiamo!”. Mozione accolta.


La scelta del circuito parrebbe originale: si tratta del tortuoso, guidato e impegnativo tracciato della Pista I.S.A.M. di Anagni, poco noto anche perché in ristrutturazione. È una scelta azzeccata, invece, perché un simile tracciato è perfetto per riprodurre le condizioni stradali con brevi rettilinei, curve e controcurve da raccordare, quindi con frequenti apri-chiudi-riapri. Perché queste moto hanno cavalli che abbondano, ma per adattarsi alla guida dell’utente normale devono pure essere in grado di farsi condurre in scioltezza.


Le moto, appunto… Eccole, in rigoroso ordine alfabetico: Honda CBR1000RR, Kawasaki ZX-10R, Suzuki GSX-R 1000 e Yamaha YZF-R1. Ossia le quattro cilindri giapponesi, il nuovo corso filosofico di Honda, Kawa e Yamaha, ed il “vecchio” di Suzuki (marchio che, comunque, proprio in questi giorni ha presentato a Monaco il model year 2005 della sua ipersportiva).


Sentire i commenti dei due Daniele e di Rosy, frementi prima di salire in sella, ha fatto bonariamente sorridere me e Alberto. “Riuscirò a scendere da una moto e salire su un’altra?” “A me vengono meglio le curve verso sinistra…” “Speriamo di toccare col ginocchio…” “Potrei togliere il paraschiena che mi da fastidio?”. E noi, come chiocce: “Non ci pensare nemmeno! Piuttosto attento, è un quarto d’ora che sei fermo sotto il sole col casco: toglilo che ti cuoci!” Le perplessità e le ansie dei neofiti, infatti, insieme alle raccomandazioni di chi vive la pista quotidianamente, hanno condito una giornata di test, a loro modo probanti quanto emozionanti.
Estremamente utili sono stati i giudizi a caldo (in tutti i sensi, visto che c’erano 40 gradi…!), pareri dati sull’onda emozionale. Solitamente genuini, ciascuno su aspetti diversi, benché sulle prime si sia andati dall’eloquente silenzio di chi imbarazzato si sentiva sotto esame, alla pallida espressione di stupore per l’inaspettata mole di potenza dei quattro cilindri. Intanto i più esperti avevano già iniziato a sistemare gli assetti, rendendo le quattro giapponesi più simili possibile per comportamento dinamico.


Piuttosto eloquente il fatto che, se sulle altre concorrenti le riflessioni sono state discordanti, sulla Honda c’è stata pressoché unanimità, sia per quanto concerne le doti ciclistiche, sia per quanto riguarda l’erogazione della potenza: è proprio vero che la CBR1000RR è una moto che abbraccia il più vasto range di motociclisti!
Infatti la Honda vince il confronto sulla duttilità del motore, sulla progressività d’erogazione quindi sulla relativa facilità con cui si usa la manopola del gas.
La “più brutale ed inguidabile”, la “più ignorante del lotto, ma la comprerei” sono giudizi della ragazza poco avvezza alle strapotenze e del tester di mototurismo; piuttosto il tester di professione trova quella stessa moto, la ZX-10R, la “più impegnativa ed eccitante”, perché c’è potenza, tanta, ma racchiusa in un più limitato range di utilizzo, più ristretto della concorrente diretta R1. Per questo la si sente più moto da corsa, pur non prevaricando le generose caratteristiche della Yamaha che rispetto alla Kawa “parte prima e finisce più tardi” spalmando i cavalli lungo un più ampio arco di utilizzo; Honda e Suzuki sembrano avere più coppia, più tiro in basso.

La ZX-10R, poi, per numero di kiloWatt dichiarati (128,4) è prima in una virtuale classifica rispetto alla datata GSX-R 1000 (120,6), giustificata ultima.
La posizione in sella: da brave ipersportive, le nostre vogliono il busto del pilota chino sull’avantreno, la Kawasaki in particolare. La buona protezione aerodinamica è inversamente proporzionale alla ricerca della miglior penetrazione, quindi la meno moderna Suzuki è quella che fornisce più ombra a testa e spalle, ma pure più resistenza all’avanzamento. Ok, un parabrezza non è cosa per moto sportive. Allora, quale tra esse si “calza” meglio? In qualche modo siamo stati tutti concordi: quella diabolica trovata di inclinare in avanti i cilindri della R1 regala spazio vitale all’interno cosce, aumentando sensibilmente il feeling tra moto e pilota, pur se la sella, in confronto alla comoda Fireblade, è dura.


La Honda sembra la più pesante, almeno manovrandola da fermo e nel misto stretto; invece la ZX-10R è una piuma. Linea estetica e rifiniture danno il massimo dei voti alla Yamaha, seguita a ruota dalla Kawasaki, poi dalla Honda: anche qui le opinioni sono state pressoché identiche, ma Rosanna ha messo la sua ciliegina sulla torta definendo la Suzuki “la meno sexy”! E se a dirlo è una donna…


Risultante tra la distribuzione dei pesi, le misure caratteristiche della ciclistica e la fruibilità del motore, va detto che in casi come questi la guidabilità è condizionata dai tanti, troppi cavalli vapore da gestire con la manopola del gas, soprattutto viaggiando in autostrada o girando per la città. Perché la maggior parte di utenti di moto sportive le compra per uscire la domenica, su strada, per incontrarsi con gli amici, su strada, per spostarsi da un punto A ad un punto B in città, sempre su strada. È oggettivamente scarsa la percentuale di piloti che sfruttano una moto sportiva per fare prevalentemente puntate in pista: le “mille” richiedono esperienza e perizia.


La nostra tester femminile dichiara della Honda: “è abbastanza disciplinata ai comandi del pilota”, mentre Daniele M. afferma che “è più umana delle altre, confidenziale al punto di spingerlo a consumare la saponetta sinistra, similmente alla Suzuki”. E poi: “La Kawasaki guarda alla concorrente diretta Yamaha; sembra nata per vivere tra i cordoli, e non gliene frega niente di fare bella figura parcheggiata sul corso.”
Di sicuro, a rendere gradevole la Fireblade c’è l’omogeneità d’erogazione della potenza, oltre a quella stabilità figlia di misure ciclistiche leggermente più “importanti”.


La Suzuki perde qualcosa in termini prestazionali a causa della minor “attualità” del progetto, ma si avvicina molto alla Honda per equilibrio dinamico, e nel confronto sui trasferimenti di carico in accelerazione e staccata, che sono di poca entità. La Suzuki tra le due è appena più maneggevole, ma soprattutto piace perché –come dice Alberto- “va forte e si guida senza sorprese”.
E i freni? I tester sono tutti d’accordo nell’affermare che in staccata la ZX-10R è capace di farti salire il cuore in gola: freni radiali e antisaltellamento sono eccellenti, sebbene le altre siano ad alti livelli di qualità.


Le conclusioni sono abbastanza evidenti essendosi creati due distinti campi di confronto, ovvero sulla sportività pura che si stabilisce tra la Yamaha e la Kawasaki, oltre quello tra Honda e Suzuki, sulla possibilità di utilizzo su strada. Il primo raffronto ci sentiamo di dire che è lievemente a favore della ZX-10R, laddove la R1 esce “sconfitta” perché “con una forte personalità da racer ma aristocratica”, fin troppo nell’aspetto ed un po’ nella sostanza. È nel secondo, quello sulla “stradalità”, che svetta la CBR1000RR, probabilmente per maggior freschezza di progetto rispetto alla GSX-R 1000, moto il cui modello nuovo ci sarebbe piaciuto mettere in campo.



La classifica assoluta sulla guidabilità lascia, quindi, il gradino più alto del podio alla Fireblade, seguita dalla Suzuki GSX-R 1000 e dalla Yamaha, la cui R1 scalza la ZX-10R dal podio grazie ad una stabilità lievemente maggiore. Se invece stiliamo una graduatoria sulla moto più sportiva, le posizioni sono pressoché invertite, con la Suzuki, per ora, fanalino di coda.

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