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Moto & Scooter

Multistrada: la resa dei conti

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Indice di figosità: alle stelle. Sensazione di controllo: totale. Prezzo: alto. Questa è la tuttofare di Borgo Panigale, che non ha ancora messo d’accordo sul proprio aspetto, ma si è conquistata la fama di “arma definitiva”

master & commander
di Fabio Cormio, foto Alex Photo




“Tienteli, i tuoi millemila cavalli”. È quello che ho pensato fermo al semaforo accanto a un altro motociclista, curvo sui semimanubri di una supersportiva quattro cilindri. Eh sì, lo ammetto.
D’accordo, non è un pensiero di quelli che tengono alta la bandiera della fratellanza a due ruote, ma dovete capirmi: ero incacchiato nero, perché stavo andando a riconsegnare la Multistrada che avevo in prova.

Già, la Multistrada: una delle moto di cui si è parlato di più negli ultimi due anni, anzi da prima: da quando, in pratica, fece la sua prima comparsa al Salone di Milano del 2001.
È stato detto tutto e il contrario di tutto: è bella, fa schifo, va forte, va piano, è comoda, vibra, va a gasolio, va a peperonata, farà la MotoGP…



Insomma, Pierre Terblanche sarà pure uno dei più criticati designer contemporanei (personalmente, trovo le sue creazioni estremamente fascinose), ma di certo quello che fa non passa inosservato. Anzi, resta per lungo tempo al centro delle attenzioni. Un po’ come me, che mi sentivo ammiratissimo, e invece la bionda dall’occhio languido stava guardando la “mia” Ducati. Vabbè, meglio che niente. Che piaccia o non piaccia, comunque, una è la considerazione fondamentale da farsi sulla Multistrada: è una moto da divertimento, qualcosa di molto diverso da una turistica in senso stretto. Ha lo scatto di una naked, l’agilità di una supermotard, la precisione di guida di una sportiva. Io ne sono rimasto affascinato.


Non è la prima volta che noi di Motonline poggiamo le auguste natiche sulla crossover emiliana. Alla presentazione in Sardegna era infatti presente il nostro Gigi Rivola, mentre Eliano Riva è stato, la scorsa estate, autore di un test molto approfondito. Tuttavia abbiamo creduto valesse nuovamente la pena di mostrarvi questa moto, soprattutto ambientandola in un terreno diverso dal solito, ma sul quale tutti (o quasi) si devono cimentare giornalmente: l’asfalto cittadino.



E la città, con le auto in colonna, i semafori ravvicinati, pavè tombini e rotaie del tram, è un terreno di battaglia al quale la Multistrada si adatta perfettamente: incredibile a dirsi per una moto con cerchi da 17 e pneumatici larghi, forcella a steli rovesci, peso dichiarato pari a 200 chili. Insomma, incredibile per una Ducati che non sia il Monster 620. E invece, eccezion fatta per la leva della frizione (tradizionalmente faticosa da tirare) e per l’imbottitura della sella (troppo dura!), la Multistrada ha, nel traffico, la facilità e la spigliatezza di uno scooter.

Solo che “lei” è una moto vera, che, quando si apre il gas, va domata con perizia.
Quanto al passeggero… beh, se la passa un po’ meglio che su una sportiva, perché non deve piegare troppo le gambe e perchè ha un bel maniglione posteriore, ma resta costante la rigidità della sella, e soprattutto la posizione molto rialzata di quest’ultima.


Il motore della Multistrada è il mille DS (doppia accensione) raffreddato ad aria, di cui si è già abbondantemente parlato, montato anche su Monster e Supersport. Ma a differenza della versione montata sugli altri modelli, quello che equipaggia la freeride Ducati ha settaggi diversi dell’iniezione e allo scarico, in funzione di una risposta (ancora) più piena. Insomma, la tuttofare emiliana sembra costruita intorno ad una personalità forte, una sorta di “super-supermotard” dalla ciclistica quantomeno rigorosa: il telaio è a traliccio in tubi d’acciaio, ma diverso da quello delle altre Ducati. Infatti abbraccia anche il forcellone, non solo il motore.

La forcella è, nei componenti, mutuata dalla 999 “base”: dunque Showa a steli rovesciati con steli da 43 mm. L’escursione della ruota cresce però a 165 mm. Il monobraccio posteriore, invece, è ammortizzato da un’unità oleopneumatica con registro remoto a manopola per il precarico. Ruote e pneumatici sono da sportiva stradale: 17”, 120/70 e 180/55. Calzano le ottime Scorpion Sync, ideate da Pirelli appositamente per la Multistrada. D’alto livello anche i freni, gli intramontabili Brembo serie oro.


Ho iniziato parlando della restituzione della moto. Ebbene sì, mi sono sentito come un preadolescente che riaccompagni la fidanzatina in stazione. Magone vero. Uno pensa ai bei momenti passati, le prime palpatine, nel mio caso la prima “penna” al semaforo… Io, dubbioso per natura, mi sono innamorato della Multi così, “d’amblé”. That’s incredibile.
Mi era sembrato tutto possibile, come avere una supermotard col doppio dei cavalli, un po’ di abitabilità in più, meno casino allo scarico e un bel marchio Ducati sul serbatoio. Per un egocentrico, praticamente onanismo allo stato puro.



In sella ti senti … già da fermo: quando scatta il verde hai la sensazione di far fare alla moto quello che vuoi, al millesimo di micron. Non è una sport-tourer; al massimo, per la capacità di stringere le curve, può avere qualche affinità con le enduro monocilindriche, ma la verità è che è davvero (per una volta accogliamo le dichiarazioni da cartella stampa) un concetto diverso di sportiva, un mezzo che, se non si compete tra i cordoli, si propone credibilmente come il più redditizio su due ruote.



Del motore si è detto: brusco, brutale, in basso strappa un po' e vibra. Ma ragazzi, è creato per divertirsi: è pieno di coppia e ha rapporti lunghi. In sesta vedi i 220 di tachimetro, anche qualcosa in più. Ma la vera sorpresa è la ciclistica, che ti invoglia alla guida cattiva, a osare sempre un po' di piega in più, anche grazie a coperture Pirelli di altissima qualità.
Motore: bicilindrico 4 tempi, distribuzione desmodromica 2 valvole, raffreddamento ad aria, cilindrata 992 cc, alesaggio per corsa 94x71,5 mm, rapporto di compressione 10:1, potenza massima 84 cv/8.000 giri/min, coppia massima 8,5 kgm/5.000 giri/min, iniezione elettronica Marelli.
Trasmissione: primaria a ingranaggi, secondaria a catena. Cambio a sei marce, frizione multidisco a secco.
Ciclistica: telaio a traliccio in tubi d'acciaio, forcella Showa a steli rovesciati da 43 mm completamente regolabile, forcellone con monoammortizzatore Showa completamente regolabile; regolazione idraulica remota del precarico. Freni: anteriore 2 dischi semiflottanti da 320 mm, pinza a 4 pistoncini, posteriore disco da 245 mm, pinza a 2 pistoncini, cerchi da 17". Pneumatici: 120/70 e 180/55.
Dimensioni e pesi: altezza sella 850 mm, interasse 1.462 mm, peso 200 kg.<
Non servono chiavi per regolare il precarico del monoammortizzatore

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