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Moto & Scooter

Honda CBR600RR

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La più attesa novità della scorsa stagione, la moto che ha segnato un corso nuovo nel concetto di supersportiva media. Stavolta l’abbiamo provata in due ambienti opposti: la pista e la città

Splendido il lungo forcellone a leveraggi progressivi

di Fabio Cormio, foto Massimo/Ag. Treeffe

La CBR600 RR è una Honda. Bene, abbiamo già detto metà delle cose che c’erano da dire. Sì, perché in questa supersportiva si specchia l’anima odierna dell’impero motoristico di Tokyo, il suo nuovo corso. La giapponesina in questione, infatti, non è forse la più veloce delle 600 attualmente in vendita (in ogni caso è rapidissima, beninteso!), non è la più leggera e nemmeno la più economica.
Anzi, escludendo la Kawasaki Ninja in configurazione RR (cioè la 600, non la 636), è quella che costa di più. Eppure, nel 2003, le CBR600 sono state immatricolate in un numero quasi pari alla somma delle R6, ZX-6R e GSX-R600. Quindi tante? No, tantissime, anche se stiamo tenendo conto pure della più “civile” versione F.

Come vedremo, la RR è praticamente una monoposto (il passeggero è gentilmente pregato di starsene a casa), una moto che, per dare il meglio e farti divertire, ha bisogno di una pista, di curvoni veloci, sul misto richiede a chi guida di tenere il gas spalancato il più possibile, perchè il tiro del motore ai bassi non è certo uno dei suoi pezzi forti.
Ebbene: la gente la compra, sul mercato dell’usato ha quotazioni elevate, e, nonostante l’upgrade verso la sportività, questa moto resta, secondo l’opinione comune, una vera CBR. Ossia una moto dalle prestazioni elevatissime ma sfruttabile anche da chi non è un pilota, un prodotto dal rapporto qualità-prezzo molto favorevole e con un bisogno di manutenzione inferiore a quello di qualsiasi altra sportiva. In una parola: una Honda.
Se a ciò si aggiungono linee che richiamano chiaramente quella della RC211V, dunque l’immagine vincente di Honda e di Rossi nei GP, allora diventa ovvio che per la concorrenza la vita diventa davvero dura.



La Honda ha parato il colpo: l’ ”aggressione” da parte delle altre case, Kawasaki in particolare, è stata massiccia, ma la CBR costituisce una risposta adeguata.
La RR, estetica a parte, c’entra ormai pochissimo con la F. Quanto al motore, misure di alesaggio e corsa a parte, è cambiato praticamente tutto, in funzione di una riduzione del peso e dell’aumento del regime di rotazione. I pistoni, fucinati, hanno un mantello ridottissimo. Anche le bielle sono state alleggerite. Molti altri gli elementi rivisti: l’albero motore è stato riequilibrato, il tendicatena modificato. Quel che conta di più, comunque, è che il propulsore nel complesso è più corto e stretto. L’impianto d’iniezione conta su corpi farfallati dal diametro maggiorato (da 38 a 40 mm) e sfrutta il sistema PGM DSFI (Double Sequential Fuel Injection). La centralina ha un processore da 32 bit.


Il telaio è proprio altra cosa rispetto a quello della F (che, ricordiamolo, resta a listino): pressofuso, è sostanzialmente molto simile a quello della RC211V. Anche l’andamento del silenziatore, posto sotto la coda, ricalca quello della moto che, quest’anno, sarà dei vari Barros, Hayden, Biaggi e compagnia.

Le minori dimensioni del motore hanno consentito di allungare il forcellone (voluminoso ma molto leggero) di 43 mm: accorgimento fondamentale per la stabilità e la guidabilità della moto. I leveraggi progressivi hanno uno schema derivato da quello della MotoGP. La forcella è tradizionale, con robusti steli da 45 mm, completamente regolabile. Le stesse che offre l’ammortizzatore mosso da un forcellone che, nonostante l’aspetto massiccio, pesa un bel po’ meno di quello striminzito della CBR F.
Abbiamo messo subito le mani avanti: la CBR RR è una moto con velleità da pista, nasce per contrastare l’avanzata di quella nuova generazione di sportive (R6 e nuova Ninja in testa) che fanno dell’uso estremo il proprio cavallo di battaglia. Chi covasse la malsana idea di farci del turismo con passeggero si faccia vedere da uno bravo. Questo per essere chiari. La verità è che, soprattutto se non si è alti oltre il metro e ottanta, la supersport di casa Honda non è per niente scomoda, ha una sella ampia, ben imbottita e gradevole sia alla vista che al tatto.

A proposito, lo standard dell’ala bianca in fatto di qualità globale si conferma molto alto, anche se emergono le solite, veniali pecche: blocchetti elettrici e altre componenti, plastiche per lo più, sotto tono.
Parlando di peso dichiarato, i 169 chili della RR la relegano nelle retrovia nel suo segmento quanto a leggerezza: basti pensare che la GSX-R 600 pesa 161 kg, idem la Ninja 636. Differenza che, leggendo i rilevamenti di alcune riviste cartacee, è ancora superiore. Eppure la Honda pare una bicicletta, ancor più delle concorrenti. Questo dipende, oltre che dalle dimensioni esterne estremamente contenute,soprattutto dall’attenta opera di centralizzazione delle masse, ottenuta, tra l’altro, ponendo il serbatoio del carburante –in parte- non ma in mezzo ai travi del telaio, e arretrandolo di svariati centimetri.



La strumentazione della CBR è composta da un contagiri analogico e da un pannello elettronico particolarmente compatto, con display digitale per tachimetro e contachilometri. Di serie, come di consuetudine, l’immobilizer.


Durante la piovosa presentazione del dicembre 2002 all’Estoril, nonostante le condizioni climatiche avverse, la RR era comunque riuscita a impressionare i tester (anche il nostro Eliano Riva, presente all’appello) per la precisione chirurgica nel mantenere la traiettoria impostale, per gli ottimi freni (anche senza le tanto decantate pinze radiali) e per la fluidità del motore, pulito anche ai bassi anche se davvero vigoroso solo oltre i 10.000 giri. La centralizzazione delle masse, cui accennavamo in precedenza, ha come conseguenza anche un avvicinamento del pilota al cannotto di sterzo, a favore di una bella sensazione di controllo. Noi abbiamo deciso di sfruttare la seicentina Honda nell’uso quotidiano in città e di portarla in pista. Oddio, non proprio una pista tradizionale, ma un piccolo e tortuoso circuito nell’Oltrepò Pavese, adatto soprattutto a naked e supermotard. Perché sottoporre una carenata a una tortura del genere? Semplice: per testarne la maneggevolezza e quello che potremmo definire “l’indice di divertimento”. Già, perché se è vero che l’habitat naturale della RR sono le piste veloci come Monza o il Mugello, è vero pure che l’utente medio, per divertirsi senza svuotarsi troppo le tasche, più spesso sceglie passi appenninici o, genericamente, srade di campagna.



E, in questi frangenti, quel che conta è la rapidità della moto nell'ingresso di curva e la reattività. Doti che la CBR possiede, senza ombra di dubbio. Ma soprattutto la supersportiva di Tokyo è facile davvero: il motore, se si cambia marcia entro i settemila giri, consente di andare a spasso in scioltezza e senza apprensioni nemmeno da parte dei neofiti (per i quali, comunque, questa moto non è evidentemente pensata).
Altri due grossi pregi della RR sono la rapportatura del cambio (molto ravvicinata, con la prima e la seconda lunghe) e la frenata, potentissima e progressiva, che non innesca mai saltellamenti del posteriore.
Insomma, se ci si vuole divertire con un mezzo dalle caratteristiche specialistiche ma dal carattere amichevole (nel senso che per andar forte non serve impazzire dietro alla regolazione di forcella e monoammortizzatore), la CBR resta una scelta eccellente.
Motore: 4 cilindri in linea, 4 tempi, 16 valvole, raffreddato a liquido (DOHC). Cilindrata 599 cm3,
alesaggio x corsa 67 x 42,5 mm, rapporto di compressione 12 : 1, potenza massima 117 CV a 13.000 min. Euro 2. Coppia massima 66 Nm a 11.000 min-1. Alimentazione a iniezione elettronica con PGM-DSFI, corpi farfallati (diametro) 40 mm. Accensione digitale transistorizzata. Avviamento elettrico.

Trasmissione: frizione lubrificata, multidisco con molle. Cambio a 6 rapporti. Finale: catena sigillata con “O-ring”.

Ciclistica: telaio a doppio trave in alluminio pressofuso, sospensioni: forcella telescopica H.M.A.S. completamente regolabile, escursione 120 mm. Posteriore: unità Pro Link con ammortizzatore caricato a gas con serbatoio separato, regolabile nel precarico, nella compressione e nel ritorno, escursione 120 mm. Ruote a sezione alveolare a tre razze in alluminio pressofuso. Cerchi: anteriore 17 x MT3.50, posteriore 17 x MT5.50. Pneumatico anteriore 120/70 ZR17, posteriore 180/55 ZR17.
Freni: anteriore doppio disco idraulico da 310 mm con pinza a quattro pistoncini, rotori flottanti e pastiglie in metallo sinterizzato. Posteriore: disco idraulico da 220 mm con pinza a singolo pistoncino e pastiglie in metallo sinterizzato.

Dimensioni: (l x l x a) 2.010 x 695 x 1.115 mm, interasse 1.395 mm. Avancorsa 95 mm, raggio di sterzata 3,2 m, altezza della sella 820 mm, altezza da terra 130 mm, peso a secco 169 kg. Peso in ordine di marcia 197 kg.
sopra
Il blu è il colore novità del 2004: sostituisce il giallo
La CBR600RR è figlia della RC211v

Splendido il lungo forcellone a leveraggi progressivi

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