Moto & Scooter
Guido Meda sta bene e lotta insieme a noi
Dopo il brutto incidente in moto che lo ha lasciato con otto ossa rotte e la prospettiva di 5 mesi di convalescenza, la Voce del motomondiale si fa sentire per tutti gli amici di motonline che lo seguono dal forum
Segue il mondiale per lavoro ma è un appassionato vero, che è intervenuto tante volte anche nel forum di motonline per dire la sua o magari anche difendersi da qualche critica particolarmente accesa. In molti, alla notizia del brutto incidente di moto di un mese fa hanno scritto preoccupati per conoscere le sue condizioni e fargli un saluto. La risposta di Guido è lungo messaggio che abbiamo in primis inviato sul forum e che comunque proponiamo a tutti i lettori di motonline perché è il racconto di un’esperienza forte vissuta da uno di noi, un motociclista che se l’è vista brutta per colpa di un pirata della strada e che adesso sta mettendo insieme ossa e morale.
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di Guido Meda
Rompo il silenzio, giusto perché è l’ultima cosa che mi resta da rompere dopo una splendida Multistrada e otto tra le mie fragilissime ossa. Ho fatto un botto che non ve lo vorrei raccontare perché il ricordo mi dà il vomito. Il 10 novembre sul viale che porta all’aeroporto di Linate, in seconda piena, un’auto (so solo che era un’auto, che era chiara e che non la rivedrò mai più. Pirla o pirata?) mi ha fatto un’inversione a U davanti al naso. Ho dovuto semplicemente scegliere come farmi male, anche se lì per lì ho pensato che andavo ad ammazzarmi. Ho scelto di evitare l’auto, ho provato ad imboccare la corsia opposta, ma dall’aeroporto venivano su come degli spari; ho optato infine per lo spartitraffico con paletti, semaforo e cartelli stradali. Se ci vai dentro di ossa, non ci sono cavoli, si rompono come grissini; escono dalle gambe per farti vedere come sono conciate. Va beh insomma, da una parte tibia e perone (esposta), dall’altra il femore, la rotula, poi una clavicola in tre punti, poi l’ulna, ( tutta roba rigorosamente “scomposta”), la lussazione di un dito , quella di un gomito e la paralisi parziale di un braccio per “compressione dei nervi del plesso brachiale”.
Sono passate tre settimane ormai, e con loro il peggiore dei dolori e la sensazione di sentirsi l’apoteosi della sfiga tutte le volte che ti guardi addosso. Non so perché, ma per un po’non sono stato capace di sentirmi fortunato, come ogni mio familiare ed ogni mio amico ha cercato di suggerirmi. Ma come fortunato? E allora cosa è esattamente uno colpito dalla sfiga? Ora sono a casa, con mia figlia che mi ronza intorno e mi ricopre di bacini (nel senso dei baci piccoli) e mia moglie che mi accudisce col pancione. Ma sì il bello della mia vita è questo, anche se, come dicono, per tornare simile ad uno normale dovrà passare un numero di mesi che va da tre a cinque. Cosa saranno mai? Un inferno, ecco tutto, ma passerà. Ah, detesto quelli che vanno dicendomi che i mesi volano… per consolarmi. Il mio tempo non è mai passato così lentamente. Per la cronaca, ma anche perché può essere un consiglio (toccatevi) sono stato operato all’ospedale Galeazzi di Milano e il mio medico si chiama – ebbene sì - Berlusconi. Capite? Il presidente operaio è cresciuto e adesso è chirurgo ortopedico! Bravissimo lui, bravissimi tutti al Galeazzi, un angelo come sempre il Dottorcosta che ha vegliato otto ore fuori dalla sala operatoria fintanto che mi rimettevano insieme e che continua a seguire la mia ripresa assieme a Berlusconi (‘sta cosa qua di Costa e Berlusconi insieme quasi quasi mi inorgoglisce). Ora passo le mie giornate tra letto, carrozzella e lettino del massaggio quando arriva quell’angelo che risponde al nome di Francesco Redaelli, fisio in gamba assai della Clinica Mobile. Non ho gesso fuori, ho titanio dentro, talmente tanto che devo passare la revisione prima di poter tornare a circolare. Il miracolo, sempreché non si tratti di una maledizione, è che ho una gran voglia di tornare in moto, di girare questo polso destro malandato e di sentire del rumore. Non vorrei però che fosse lo stesso rumore di prima, quel rumore di cavalleria scatenata che adesso dorme nel mio box (la Multistrada è esplosa e l’hanno buttata). Credo che venderò la roba che nasce per la pista e poi mi scarrozza per strada. Credo che passerò ad un bel Guzzi v7, oppure alla più ingombrante e paciosa delle Harley con tanto di radio (anche senza ulna), magari ad un vecchio BMW che non vada avanti. Non farà molta differenza, ma sento che per ricominciare è giusto così. E’ giusto così per le mie figlie, per mia moglie, per la mia fantastica famiglia insomma, ed è giusto per me che - ve lo giuro - me lo sentivo. Sentivo che sarebbe successo. Sempre in piega, sempre su una ruota, sempre ad ascoltare i miei motori, sempre oltre i limiti, sempre in corsa e mai a passeggio. Per come è andata sarebbe successo lo stesso, ma magari sarei arrivato su quel viale due minuti dopo. L’angelo custode c’è ragazzi, secondo me c’è, ma troppi di noi lo obbligano agli straordinari. Quanti di noi vivono regolarmente su quel fottutissimo filo? Dite la verità.
Ora la moto mi fa un po’ paura ed è una delle poche sensazioni buone che mi attraversano in questo periodo. Grazie a tutti per la solidarietà e l’affetto che mi avete dimostrato. Grazie al paddock del motomondiale che si è rivelato a sole due stagioni dal mio debutto una vera famiglia. Grazie a tutti, di cuore e per davvero.
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