Moto & Scooter
Yamaha TZR 50
Agguerrita e inchiodata a terra come una supersportiva, la più piccola delle R in certe situazioni fa quasi dimenticare i cento e passa cavalli che paga alle sorellone R6 ed R1

Aix en Provence - Sono passate solo poche settimane da quando vi abbiamo mostrato, come di consueto prima di tutti, le foto “rubate” della TZR 50. Allora la definimmo “una R1 per quattordicenni”, basandoci solo sull’aspetto, visto che non potevamo fruire di altre informazioni: in Belgarda tutto era top secret. Poi una telefonata un po’ inaspettata da parte dell’importatore brianzolo, un invito per la prova ed eccovi i risultati.
Ebbene: la definizione era la più calzante possibile, ed è pienamente confermata ora che abbiamo avuto modo di salire sul cinquantino a marce di Iwata, calcando uno dei più bei circuiti kartistici della Provenza, il Mistral. La nuova yamachina da strada è una moto vera, ha dimensioni degne di rispetto anche se, come è naturale, essendo rivolta ai giovanissimi, strizza l’occhio anche a chi ha un’altezza inferiore alla media.
In effetti c’è poco spazio per le esitazioni: il family feeling con le YZF di ultima generazione, ovvero la serie “R”, è immediatamente palese, anche se il nome rimanda a successi commerciali un po’ più datati (si ricordi la TZR 125, negli anni Novanta stimata rivale delle migliori ottavo di litro giapponesi e italiane) e soprattutto alle vicende sportive di Yamaha nei GP prima della rivoluzione a quattro tempi e dell’arrivo dell’M1.
I gruppi ottici sono affusolati e incorporano gli indicatori di posizione (le “frecce”, volgarmente), proprio come sulle R “vere”, e la sportiva giapponese col targhino le imita efficacemente anche nelle forme di carena e serbatoio, e addirittura nelle grafiche.
La generazione che costituisce il riferimento commerciale per la TZR 50 è la stessa che mangia pane e videogiochi. Non è un caso che la prima cosa che i giornalisti hanno avuto modo di vedere entrando nel kartodromo teatro della prova sono state due postazioni da PS2 che mostrano la demo giocabile di MotoGP 3, l’ultima evoluzione dei videogiochi di motociclismo. Ciò che davvero accomuna la TZR 50 alle moto virtuali di Valentino e soci, azionabili tramite joypad, è la facilità di guida e la possibilità di divertirsi anche da parte di un neofita.
I giornalisti presenti erano una quindicina, di cui solo un paio “piloti veri”. Eppure tutti, anche quelli capitati in pista quasi per caso, erano lì in bagarre, a cercare sgomitando di farsi largo ad ogni curva, divertendosi come bambini. E davvero pochi hanno avuto da lamentarsi circa lo spunto limitato del motore. Questo perchè la TZR ha un telaio rigido, una ciclistica solida che non ha nulla da spartire con quella degli scooter, e degli pneumatici (particolare tutt’altro che secondario in pista) capaci di grande aderenza, i Pirelli Demon.
Certo, bisogna sottolineare il fatto che la belvetta dei tre diapason non è un giocattolo, e con la leggerezza del balocco non deve essere trattata. Prima di tutto perchè resta un mezzo (qualora venga “sbloccata”, come la nostra versione provata in pista, anche se ricordiamo che la TZR 50, come tutti i ciclomotori, è omologata per 45 km/h e che sbloccarla è illegale) da quasi ottanta chilometri l’ora, raggiungibili con un centinaio di metri di lancio. Secondo, perchè costerà parecchio: Yamaha parla a ragion veduta di “prezzi allineati alla concorrenza”, ma se l’affermazione è condivisibilissima se si parla di rivali nel senso stretto del termine, meno lo è se si considera la TZR alla stregua di un motorino qualsiasi, più economico di almeno 1000 euro.
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Quando si entra in pista con la TZR e si comincia a prendere una certa confidenza, ci si rende conto che forcella e mono posteriore sono più che all’altezza, quasi sovradimensionati rispetto al motore. C’è un pensiero, però, che martella nelle tempie chi è lì per fare una test con la voglia di tornare a casa intero e di lasciare all’azienda ospite una moto integra e un bel ricordo di sè: “ma queste gomme (giocoforza più economiche di quelle di una sportiva vera) terranno?”.
Un collega esperto, aiutato nel proprio fatalismo dal perfetto accento romano, a questa domanda risponde: “te devi fidà”. Già, “ti devi fidare”: e fidiamoci, allora.
Giro dopo giro impostiamo le curve con metodo e convinzione sempre maggiori, scendiamo con sedere e ginocchia verso l’asfalto, spostando il peso all’interno.
Ragazzi, ma ‘ste Pirelli tengono in maniera impressionante, quasi quasi sembrano le Diablo Corsa! Dalle curve non si vorrebbe uscire mai, perché il monocilindrico cinquanta, pur essendo un due tempi bello pepato, cinquanta rimane, e la coppia è quella che è (fino agli 8.000 giri la reattività è davvero scarsa): qualcuno di noi per gioco prende i tempi ai colleghi, e il cronometro, molto più che su una qualsiasi altra moto da strada, premia chi lascia correre la moto, e magari ha la malizia di sfruttare le scie e le incertezze di chi sta davanti: guidare “sporco” significa invece trovarsi quasi fermo in uscita, e scalare affannosamente vedendo gli altri, ronzando, guadagnare metri su metri.
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Motore: monocilindrico due tempi, raffreddato a liquido, 49,7 cc, 40,9x39 mm, rapporto di compressione 11,5:1, alimentazione a carburatore, accensione elettronica, avviamento elettrico, cambio a sei marce, capacità serbatoio 13,8 litri.
Ciclistica: 2.202 mm, altezza sella 815 mm, interasse 1.341 mm, peso a secco 113 kg. Sospensioni: anteriore forcella teleidraulica, posteriore forcellone con monoammortizzatore. Freni a disco (anteriore 280 mm, posteriore 220 mm).
Cerchi in alluminio da 17”, ruote: 100/80 e 130/70.
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