Moto & Scooter
Triumph Thunderbird Sport 900
Le ragioni del cuore pesano più di quelle del portafogli, almeno qualche volta. Fascino racing alla vecchia maniera e un buon tiro ai medi sono i suoi assi nella manica
La T-Bird è un prodotto di nicchia, una classic-replica a tutti gli effetti. Il suo utilizzo sarà dunque per lo più turistico, gli smanettoni lo sanno e non la comprano. Con tutti i Valentino e i pochi mototuristi che girano in Italia, star sotto la soglia dei cento cavalli pare un disonore. Quindi, pur se nessuno nega la libidine del cavalcare una tre cilindri retrò, il problema è che con questa bisogna abituarsi a tener la destra e vedersi sfilare dalla grande maggioranza degli altri motociclisti (anche da chi monta ruote tassellate, come le maxienduro bicilindriche).
Anche la versione più aggressiva della Thunderbird, che era stata temporaneamente tolta dalla produzione, pur chiamandosi Sport, ben si guarda dal gettare il guanto di sfida ai prodotti davvero in grado di calcare i circuiti (ci riferiamo alle supersportive in generale), tuttavia si concede sia nel look sia nella tecnica un’abbondante manciata di pepe, quanto basta a far sorgere un dubbio in chi progetta l’acquisto di una naked “moderna”.
La nostra opinione è che la new entry della gamma Triumph sia semplicemente una gran bella moto, abbastanza costosa (10.000 Euro tondi tondi), molto ben rifinita, di certo più delicata di una giapponese. Probabilmente non rientra nel novero delle “moto intelligenti”, tuttavia, rispetto a queste, mette in mostra un gran carattere.
Che è bella l’abbiamo detto, senza troppi giri di parole. Che è old style, crediamo si evinca facilmente dalle foto. Ma in cosa consiste l’appeal della T-Bird Sport? La formula rispetto alla sorella tradizionale si discosta in alcuni particolari, più o meno evidenti: l’esclusivo colore arancio-nero, con motore verniciato scuro e non cromato. Neri sono anche i supporti della strumentazione.
La Sport rinuncia ai fianchetti in gomma del serbatoio, che fanno molto retrò ma appesantiscono le linee, e punta verso l’alto gli scarichi (a sigaretta sulla T-Bird normale), così da consentire qualche azzardo in più nelle pieghe. Si concede poi un doppio disco anteriore, per domare con sicurezza la cavalleria più nutrita. Per chi vuole enfatizzare il più possibile la grinta della tricilindrica di Hinckley, sono disponibili a richiesta il cupolino e il coprisella posteriore (entrambi rigorosamente arancio), utili soprattutto a tener fede al nome: del resto questa è sempre la T-Bird Sport.
Last but not least, un dettaglio che farà felici i nostalgici, soprattutto d’Oltremanica: un piccolo Union Jack sui fianchetti (molto più discreto di quelli, enormi, aerografati sui tetti delle Mini Cooper), appena sotto la targhetta col nome. That’s romantic.
Motore: 3 cilindri in linea quattro tempi, raffreddato a liquido; distribuzione bialbero, quattro valvole per cilindro, alesaggio per corsa 76x65 mm, cilindrata 885 cc, rapporto di compressione 10:1, potenza/giri: 82 cv/8.500, coppia/giri 76/6.500, alimentazione a tre carburatori da 36 mm, cambio a sei rapporti, frizione multidisco in bagno d’olio.
Stessi dati tecnici della Thunderbird tradizionale: identici alesaggio e corsa, medesimo anche il rapporto di compressione. Eppure la versione Sport dichiara una quindicina di cavalli in più effettivamente avvertibili, senza alcun decremento di coppia (almeno nel valore assoluto), che, anzi, aumenta da 72 a 76 Nm: cambia però il regime al quale la coppia massima viene raggiunta, passando da 4.000 a 6.500 giri.
Ciclistica e dimensioni: telaio monotrave superiore in acciaio; inclinazione cannotto di sterzo 27°; avancorsa 106 mm. Sospensioni: anteriore forcella con steli da 43 mm pluriregolabile; posteriore monoammortizzatore pluriregolabile. Freni: anteriore doppio disco da 310 mm con pinza a due pistoncini; posteriore disco da 285 mm con pinza a due pistoncini. Pneumatici: ant. 110/70-17”, post. 160/70-17”. Lunghezza 2.320 mm, interasse 1.580 mm, altezza sella 790 mm, peso a secco 224 kg. Capacità serbatoio: 15 l.
E’ abbastanza evidente dai numeri che la sportività di questa Thunderbird sta più nell’aspetto che nella sostanza: gli pneumatici sono stretti, l’avancorsa un po’ troppo lunga, il sovrappeso è di almeno 20 chili. Tuttavia l’impianto frenante molto potente (la T-Bird standard all’anteriore ha un disco singolo) e la forcella regolabile (non solo nel precarico, ma anche in compressione ed estensione) lasciando intendere una volontà reale di garantire una guida brillante in sicurezza.
È, questo, un argomento sul quale si sarebbe anche potuto glissare. Già, perché quello che la Thunderbird offre in termini di comfort è davvero scarso. La sella è rigida e un po’ stretta, l’ammortizzatore posteriore è, come si è visto, tendenzialmente piuttosto duro, anche se si può regolare. Senza il kit monoposto, montato invece sull’esemplare in prova, c’è spazio a bordo anche per un passeggero, che però non ha maniglie cui aggrapparsi.
La mancanza di protezione aerodinamica fa sconsigliare la scelta della T-Bird da chi brama un turismo a largo raggio, anche perché montare valigie e bauletto, soprattutto sulla versione sport, avrebbe l’aria di un vero e proprio delitto. Il cupolino (offerto in optional) offre tuttavia un discreto riparo per il casco di chi guida almeno fino ai 130 all’ora, dopodiché per proteggersi dall’aria occorre spalmarsi sul serbatoio. Purtroppo è un accessorio a pagamento anche il cavalletto centrale, molto utile per gli interventi di manutenzione. La strumentazione è quella consueta per le moto old style, decisamente scarna, con due cerchi analogici per tachimetro (a sinistra) e contagiri.
Come banco di prova per la T-Bird Sport abbiamo scelto la città e le statali appena a ridosso del tessuto urbano. Perché? Semplice: questa moto non è preda degli smanettoni, né di chi cerca tanta comodità per i lunghi viaggi con moglie e bagagli al seguito. Per molti sarà un’alternativa chic e grintosa agli scooteroni, un modo per distinguersi al semaforo, magari abbinata ad un abbigliamento altrettanto esclusivo.
In effetti in città questa Triumph se la cava egregiamente, lo scatto al semaforo è buono, dai 4.000 ai 6.500 giri il tre cilindri britannico dà il meglio di sé: oltre i settemila si può andare, ma è un’operazione inutile. L’erogazione sembra pensata per avere tiro in uscita di curva, certo non per cercare la sparata in autostrada. Nel misto la T-Bird è aiutata in agilità dalle gomme di diametro abbastanza ridotto, tuttavia non soffre di mancanza di aderenza almeno fino a quando non si cerca il “numero”, cosa che noi abbiamo fatto sull’asfalto bagnato con qualche brivido alla schiena.
Ad aiutarci a stare in strada è anche l’ottimo freno motore, presente fin dai bassi regimi. Gli ammortizzatori sono tarati sul duro, in particolare quello posteriore, impressione evidenziata anche dalla durezza della sella: è preferibile evitare con cura buche e pavé. L’avantreno è solido, dà grande affidamento in ingresso di curva, anche se bisogna usare un po’ di forza per tener piegata la moto. L’effetto autoraddrizzante è infatti piuttosto avvertibile.
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