Moto & Scooter
Borile B500 CR
Una cafe racer molto particolare: monocilindrica, rabbiosa, curata nei dettagli con sapienza artigianale. Ad allontanarla dal grande pubblico sono l’avviamento a pedale e il prezzo superiore ai 13.000 Euro
La B500 CR è un’opera d’arte, nel vero senso della parola. Come tutte le opere d’arte riconosciute in quanto tali, ha un prezzo non propriamente accessibile: 13.195 Euro.
Ma si tratta di un oggetto estremamente affascinante e quasi unico nel suo genere, visto che la produzione di serie prevede non più di una cinquantina di esemplari. La quotazione elevata è tra l'altro in parte giustificata dall’uso di materiali pregiati: dove è stato possibile si è utilizzata una laccatura di nichel: altrimenti, il materiale usato è l’alluminio, spazzolato a specchio. I particolari pregevoli sono moltissimi: il telaio in tubi d’alluminio ha una forma inconsueta e accattivante: si sdoppia, avvolge il motore e si arrotola da un lato attorno al filtro dell’aria e dall’altro attorno alla base dello scarico.
I particolari pregevoli sono moltissimi: il telaio in tubi d’alluminio ha una forma inconsueta e accattivante: si sdoppia, avvolge il motore e si arrotola da un lato attorno al filtro dell’aria e dall’altro attorno alla base dello scarico.
L’appeal della B500CR è innegabile: piccola e cattiva come una scrambler, originale e perfettamente rifinita in ogni dettaglio, ha tra le sue particolarità quella di essere davvero piccola. E’ corta, snella, ma soprattutto è leggera: col serbatoio vuoto, sulla bilancia fa segnare solo 104 chili.
Non ci ha fatto impazzire il manubrio (è un pezzo unico, cioè non sono due semi-manubri), né per disegno né per la posizione che impone, con le manopole basse e arretrate. Poco male, comunque: il materiale per divertirsi sulla B500 CR è molto, quanto basta per rendere trascurabile questa piccola pecca. Divertirsi, certo: prima però la moto bisogna accenderla, e, lo ammettiamo, a noi la cosa ha creato qualche imbarazzo; ma eravamo in buona compagnia: lo stesso Borile, infatti, ha faticato non poco per avviarla!
Ci vuole un particolare tipo di persona per inventare e sviluppare una cafe racer monocilindrica motorizzata col propulsore GM da Speedway che ha reso grande lo svedese Tony Rickardsson, vincitore di quattro titoli mondiali: beh, si dà il caso che Umberto Borile (nella foto in basso a sinistra) sia proprio quel tipo di persona. Il quarantanovenne di Vo’, a sud di Padova, appassionato di moto sin dall’infanzia, ha per la verità dedicato gran parte della propria vita alla pittura, in particolare al restauro di quadri anche molto antichi, lavorando niente meno che per gli Uffizi di Firenze.
L'hobby delle due ruote diventò sempre più un vero e proprio secondo lavoro, e Borile negli anni settanta iniziò la carriera di pilota di Speedway, data anche la vicinanza col circuito di Lonigo, correndo con la Bianchi, la Parilla, la BSA e la Greeves. Borile ha aperto il proprio “laboratorio motociclistico” nei primi anni ’80: nel 1984 modificò una Yamaha YZ dotandola di serbatoio in carbonio; poco dopo si cimentò con i primi silenziatori realizzati con lo stesso materiale. Borile era un uomo più avanti del proprio tempo: evidentemente se ne accorse anche la Honda, che lo contatta dopo il Salone di Milano 1988, (nel quale aveva esposto la Piuma, prototipo rimasto noto per un impianto sospensioni d’assoluta avanguardia). Il gigante nipponico con una lettera (ancora incorniciata nel suo studio di Vo) chiedeva a Borile di fornirgli una moto completa.
Purtroppo, proprio in quel momento storico Umberto non ebbe più la possibilità di utilizzare motori Husqvarna, che nel frattempo era stata acquistata dalla Cagiva. Insomma, si profilava un mesto ritorno all’olio su tela full-time.
Ad aiutarlo fu Charly Brown: proprio così. Naturalmente non si tratta del celebre personaggio dei Peanuts (il cui nome peraltro è scritto Charlie, Ndr), bensì del più grande pilota italiano di Speedway, quel Giuseppe Marzotto di cui la sigla GM è acronimo. Marzotto fornì a Borile i motori per le sue creazioni, a patto che fosse lui stesso a modificarne il sistema di alimentazione, così da farli funzionare a benzina.
La prima naked retrò costruita dal genio dei Colli Euganei è stata la B54T, esposta sempre a Milano nel 1997: si trattava per la prima volta di una moto anche stradale, ispirata alle vecchie scrambler britanniche. La sua prima moto da strada è però lei: la B500CR, ossia, come è facile intuire, Borile 500 Cafe Racer, che noi, prima di tutti, abbiamo provato in esclusiva.
Si è accennato al fatto che il motore della B500 CR sia un discendente diretto di quelli delle moto da speedway (ovviamente funziona a verde e non ad alcool metilico): rispetto a questi, comunque, ha un rapporto di compressione inferiore, un albero a camme dalla superficie più liscia, un’alettatura più fitta per un raffreddamento più efficace, il sistema di lubrificazione a ricircolo e non a perdita totale. Per il resto, gli estremi restano i medesimi: è un monocilindrico quattro tempi a carter umido da 505 cc, naturalmente raffreddato ad aria, con distribuzione monoalbero a camme in testa (SOHC) e quattro valvole. La potenza non è dichiarata, ma è ragionevole pensare che possa stare poco sopra i cinquanta cavalli.
Per il resto, gli estremi restano i medesimi: è un monocilindrico quattro tempi a carter umido da 505 cc, naturalmente raffreddato ad aria, con distribuzione monoalbero a camme in testa (SOHC) e quattro valvole. La potenza non è dichiarata, ma è ragionevole pensare che possa stare poco sopra i cinquanta cavalli.
Precedentemente abbiamo fatto riferimento al peso molto contenuto (104 chili a secco): la forza della cafe racer Borile sta in parte proprio nell’abbinare una massa così ridotta a un interasse cortissimo, pari a 1.380 mm. Al telaio in alluminio si contrappone un forcellone in acciaio tubolare laccato in nichel con molle WP ed escursione di 145 mm. All’insegna della robustezza anche la forcella anteriore, da 41 mm, marchiata Ceriani.
Al telaio in alluminio si contrappone un forcellone in acciaio tubolare laccato in nichel con molle WP ed escursione di 145 mm. All’insegna della robustezza anche la forcella anteriore, da 41 mm, marchiata Ceriani.
Di “taglia media” l’impianto frenante, che vede un disco singolo anteriore Brembo, da ben 315 mm, frenato da una pinza a quattro pistoni, e un disco posteriore da 220.
Dopo aver sudato un discreto numero di camice per accenderla, ci muoviamo in sella alla B500 CR. Il suo habitat non è, chiaramente, la pista, l’autostrada certamente nemmeno, l’offroad chiaramente non è il suo pane, e in città… beh, non è quel che si dice una moto pratica da maltrattare. Insomma, oltre che parcheggiata davanti al bar subito dopo una buona lucidata, è evidente che le emozioni che questa Borile può regalare provengono dall’uso nel misto stretto. È leggera, snella, agile, rapidissima a entrare in curva.
Se escludiamo le supermotard più specialistiche, le moto che per comportamento possono essere ritenute paragonabili alla B500 sono solo la MZ Baghira e la BMW Scarver. Entrambe queste insospettabili (almeno per il prezzo, visto che costano poco più della metà rispetto alla Borile) rivali sui tornanti denunciano reazioni più brusche. Questo non significa che la B500 sia una moto dal comportamento neutro, visto che non è difficile trovarsi pericolosamente sovrasterzanti in piega, soprattutto prima di aver preso una buona confidenza col mezzo.
Questo non significa che la B500 sia una moto dal comportamento neutro, visto che non è difficile trovarsi pericolosamente sovrasterzanti in piega, soprattutto prima di aver preso una buona confidenza col mezzo. Quella che sulla carta ci era parsa una geometria dello sterzo parecchio strana, si è rivelata nella pratica una soluzione decisamente efficace: infatti la moto risulta molto stabile anche in frenata. Le sospensioni tuttavia sono davvero troppo dure, in particolare la forcella anteriore, così che in curva è possibile che l’avantreno inneschi un pericoloso chattering.
L’impianto frenante, decisamente adeguato alla moto, non solo non ha fatto emergere particolari pecche, anzi, la scelta del disco singolo all’anteriore aiuta probabilmente a ridurre l’effetto giroscopico.
Motore: Borile monocilindrico 4t raffreddato ad aria, testa e cilindro GM. Alesaggio e corsa 87x85, cilindrata 505 cc, distribuzione monoalbero a camme in testa con quattro valvole, alimentazione a carburatore, accensione elettronica, avviamento a pedale con alzavalvola manuale, lubrificazione con pompa trocoidale nella coppa dell’olio.
Trasmissione: primaria a coppia d’ingranaggi, cambio in blocco a cinque rapporti, frizione multidisco in bagno d’olio, finale a catena.
Ciclistica: monoculla sdoppiata in tubi tondi in lega leggera. Sospensioni: anteriore forcella Ceriani a steli rovesciati diam. 41 mm, corsa 130 mm, inclinata di 26,5°, avancorsa 146 mm. Posteriore ammortizzatore WP senza leveraggi, cosa 145 mm. Freni a disco: anteriore 315 mm, posteriore 220 mm. Cerchi da 17”, pneumatici 120/70 e 150/60.
Dimensioni: lunghezza 1.990 mm, altezza sella 810 mm, interasse 1.380 mm, capacità serbatoio 8,5 l. Peso a secco: 104 kg.
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