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Moto & Scooter

Test: Mondial Piega 2002

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Presentata sul nuovissimo circuito di Adria la versione definitiva della Mondial Piega. Grande cura realizzativa e doti di guida non comuni. Poco significativi i difetti, ma il prezzo è per pochi

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di Alberto Dell'Orto, foto S. Gadda e T. Martino Diciamo la verità: poteva apparire una sfida presuntuosa, una bolla di sapone destinata a finire in nulla, come tante altre volte nel panorama dei piccoli costruttori italiani e nelle risurrezioni di marchi storici. Anche perché, all’inizio, la scelta dichiarata di realizzare in casa tutta la moto (con la sola esclusione del motore) appariva affascinante e impervia al tempo stesso, soprattutto perché molte risorse dovevano essere impiegate nella definizione di un avanzatissimo sistema di gestione del motore.
Si trattava di un software in grado si “aggiustare” l’erogazione del motore in base all’angolazione assunta dalla moto, per sfruttare al massimo le possibilità della ciclistica in uscita di curva.



La versione definitiva, modificata in moltissimi aspetti rispetto al prototipo presentato a Milano nel 2000, è arrivata con un anno di ritardo, che non è poi molto: è vero che il motore non ha riservato sorprese, ma costruttori anche più strutturati hanno spesso accumulato rinvii più sostanziosi. L’idea di farsi tutto in proprio è “per ora congelata”, un’espressione elegante degli addetti stampa che rivela le difficoltà di costruirsi rapidamente un di alto livello in settori specifici come quello dei freni e delle sospensioni: in giro si trova componentistica per tutti i gusti e tutte le tasche, si tratta di scegliere e pagare. Ecco dunque freni Brembo, forcelle Paioli e ammortizzatori Ohlins, mentre materiali ultraleggeri (titanio, carbonio, ergal, magnesio) e scelte tecniche raffinate hanno definito una moto forse non rivoluzionaria ma molto, molto credibile. A 30.000 euro l’una, non ci si poteva attendere di meno.
Dal prototipo del salone di Milano, la versione definitiva mostra sensibili differenze dal punto di vista estetico. Anche se sono state mantenute le linee tese che caratterizzavano la prima versione, i volumi squadrati sono stati addolciti e raccordati per un risultato aggressivo e filante al tempo stesso, dotato di richiami alle tendenze più moderne, come il doppio faro polielissoidale sovrapposto e il codino spiovente, ma rielaborati in modo autonomo, non senza un’apprezzabile originalità, come gli invisibili silenziatori di scarico alloggiati sotto il codone, caratterizzato da aggressivi sfoghi per l’aria calda. Solo il serbatoio, piuttosto spigoloso, appare un po’ eterogeneo rispetto al resto. Carenatura e codone sono in fibra di carbonio: a richiesta è possibile ottenere la carrozzeria non verniciata, il che richiede una lavorazione diversa del materiale (la parte a vista di ogni componente deve essere costituita da un unico foglio) e il serbatoio anch’esso in fibra di carbonio. Raffinate le pedane prodotte in proprio in ergal, dotate di un gran numeo di possibili posizioni, e i comandi di freno posteriore e cambio, con il nottolino registrabile nella distanza dalla pedana. I comandi a mano sono un po’ meno esclusivi: molto belli i semimanubri, ma pompe idrauliche e blocchetti elettrici sono uguali a quelli di moto decisamente più economiche; avremmo preferito trovare le pompe radiali Brembo. Tutte le tubazioni di freni, frizione e impianto di lubrificazione sono di tipo aeronautico con raccordi in lega leggera. Un plauso, infine, alle rifiniture, davvero di notevole livello qualitativo, ma sempre con quella “punta” di artiginalità che rende la Piega una moto per veri estimatori.
Le intenzioni iniziali erano di dotare la motocicletta di componentistica inedita ed esclusiva, realizzata in toto all’interno della fabbrica bresciana: l’idea di base era di ottenere componenti estremamente curati sotto il profilo qualitativo, dotate in più del valore aggiunto dell’unicità e, nelle previsioni, di un costo più contenuto. Per ragioni di tempo, e probabilmente di investimenti necessari allo sviluppo dei componenti, alla fine è stato scelto di utilizzare materiale di indiscusso livello qualitativo, ma già disponibile sul mercato, almeno come base. E così, mentre il telaio rimane il bel traliccio in tubi d’acciaio Ni-Cr-Mo del prototipo, le sospensioni sono Paioli anteriormente e Ohlins posteriormente. Com’è ovvio, si tratta di articoli di gamma dei relativi cataloghi, ma la Mondial ha richiesto ai costruttori esecuzioni apposite, differenti in svariati dettagli da quelle standard. La forcella ha steli da 46 mm con riporto superficiale TiN, ed è regolabile in estensione, compressione e precarico molla; il mono ha un serbatoio integrato di disegno specifico, ed è anch’esso completamente regolabile. Il forcellone utilizza schema e materiale del telaio, in più è rivestito in fibra di carbonio per migliorare resistenza a torsione e a fatica. I freni anteriori sono Brembo con pinze a quattro pastiglie, mentre i cerchi a cinque razze sono realizzati direttamente dalla Mondial. Da notare la ricerca di ottenere un baricentro relativamente basso e avanzato: l’ammortizzatore di sterzo Ohlins è fissato anteriormente alla piastra inferiore della forcella, mentre il monoammortizzatore è installato in posizione convenzionale ma molto in basso.  
Come noto, la Mondial ha avuto il privilegio di vedersi fornire i motori dalla Honda, nello specifico gli stessi propulsori che equipaggiavano la VTR SP-1. Un’evento unico (Honda vende sciolti solo i motori da scooter, in più all’epoca la SP-1 era appena entrata in produzione), giustificato ufficialmente dal debito di riconoscenza contratto negli anni Sessanta proprio dalla Honda nei confronti dela Mondial: quest’ultima aveva acconsentito a vendere ai giapponesi una moto da competizione, che era stata la pietra di partenza della tecnologia Honda nel settore dei quattro tempi. Di certo, comunque, la raffinatezza del progetto Mondial è stato determinante per far acconsentire la dirigenza di Tokyo. I tecnici bresciani hanno scelto di non toccare la meccanica, performante e affidabile, ma di intervenire a livello di gestione esterna: dato che si dovevano comunque costruire ex-novo air box e scarico (e dunque riprogrammare la centralina dell’iniezione e dell’accensione), tanto valeva fare il tutto nell’ottica dell’incremento delle prestazioni. Lo scarico è stato sviluppato con Arrow, mentre la gestione elettronica è stata messa a punto internamente, anche se “congelando” l’idea di realizzare la mappatura sensibile all’inclinazione in curva: pare che sulle sconnessioni stradali la centralina faticherebbe a “capire” la situazione. Il motore comunque arriva ad erogare 140 CV al pignone a 9800 giri, e i tecnici giurano che non è un bluff: si tratta di un buon risultato, superiore alla misurazione all’albero del motore di serie e ottenuto a circa 500 giri in meno, il che sottolinea la ricerca, prima che di un’aumento di potenza (che comunque c’è stato), un “rimpolpamento” dell’erogazione. La nuova gestione elettronica, inoltre, permette alla rete di assistenza di intervenire per cambiare la mappatura, onde ottenere curve di leggermente differenti tra loro.
Adria è un circuito completamente nuovo. Anzi, siamo i primi motociclisti a calcarne l’asfalto. Non ne conosciamo il tracciato, né tantomeno eventuali insidie. Comunque è un percorso non molto lungo, ma piuttusto tortuoso e molto tecnico, dove abbiamo toccato velocità di punta di circa 210-215 orari. Quindi va benissimo per mettere subito in evidenza le doti di precisione, intuitività, feeling della moto.  La posizione di guida appare azzeccata: i manubri abbastanza ampi permettono un buon braccio di leva e sella e pedane sono ad una altezza corretta; solo in piega si desidererebbe un serbatoio più stretto nella parte posteriore e superiore. Nel primi giri di ambientamento la moto appare discretamente equilibrata, ma appena si comincia a forzare qualcosa non va: sovrasterzo in entrata di curva, sottosterzo marcato in uscita, la moto è faticosa e imprecisa, in staccata il retrotreno serpeggia vistosamente. Com’è possibile? Il trucco c’è: la Mondial ha voluto farci apprezzare in modo drastico la sensibilità delle sospensioni alle regolazioni. Infatti la seconda moto è tutta un’altra musica, e che musica!: stabile sul veloce, agile e precisa in inserimento di curva, sicura in appoggio e in uscita, dove sfodera la progressione piena e vigorosa del motore, davvero bene a punto (a parte per l’”effetto interruttore” all’apri-e-chiudi del gas) e senza incertezze fino al limitatore, tarato a 10.200 giri. La moto è comunque molto maneggevole in tutte le situazioni, grazie anche al peso davvero contenuto di 179 kg senza benzina (e il motore non è un fuscello!) e a sospensioni competenti. Anzi, più si spinge e più si dimostra rigorosa. A voler cercare il pelo nell’uovo, ci vorrebbe una carena più stretta anche in basso, perché le pance strisciano prima delle pedane.
Motore: a 4 tempi, 2 cilindri a V longitudinale di 90°, raffreddamento a liquido, alesaggio e corsa 100 x 63,6 mm, cilindrata 999 cc, rapporto di compressione 10,8:1; distribuzione bialbero in testa comandata da ingranaggi in cascata, con quattro valvole per cilindro; lubrificazione forzata a carter umido. Alimentazione: iniezione elettronica con corpi farfallati da 54 mm; capacità serbatoio 20 litri. Accensione elettronica integrata con l’iniezione. Avviamento elettrico. Trasmissione: primaria a ingranaggi; frizione multidisco in bagno d’olio con comando idraulico; cambio a 6 marce; trasmissione finale a catena. Ciclistica: telaio a traliccio in tubi d’acciaio legato, inclinazione asse di sterzo n.d., avancorsa n.d.. Sospensione anteriore: forcella telescopica regolabile Paioli a steli rovesciati da 46  mm , escursione 120 mm; sospensione posteriore: forcellone a traliccio in tubi d’acciaio legato e monoammortizzatore Ohlins regolabile con comando progressivo, escursione 115 mm. Ruote: anteriore in lega leggera da 3,50 x 17”, pneumatico 120/70; posteriore in lega leggera da 5,5 x 17”, pneumatico 180/55. Freni: anteriore a doppio disco da 320 mm con pinze a 4 pistoncini; posteriore a disco da 220 mm con pinza a 2 pistoncini contrapposti. Dimensioni e peso: interasse 1420 mm, lunghezza n.d., larghezza n.d., altezza sella 815 mm. Peso in ordine di marcia senza benzina 179 kg. Prestazioni dichiarate: potenza 140 CV (103 kW) a 9800 giri, coppia 100 Nm (10,2 kgm) a 8800 giri, velocità n.d. Omologazione Euro-1: sì  
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