Moto & Scooter
Triumph Speed Triple 2002
Pagina principale
La naked della Casa inglese guadagna un motore più prestante e linee rinnovate, per presentarsi ancora più moderna e competitiva all’appuntamento con il pubblico. Moto “maschia”, da condurre con decisione, che ripaga con ottime doti di guida. Cambio e sos
di Alberto Dell'Orto e Alessandro Leo
, foto di Giuseppe Gori
“Moto da bar” è un appellativo che calza veramente molto stretto alla Speed Triple, e chi la immagina a proprio agio solo davanti ad un tavolino d’estate, con il suo proprietario che ne mette in mostra le forme, forse non ha ancora avuto la possibilità di guidarla, o meglio, di lasciarsi guidare….
Da quando è nata, otto anni fa, la speed Triple è stata strapazzata continuamente, con la rivoluzione del ’97 (moto completamente nuova, la base di quella che è ancora oggi), poi la crescita di cilindrata da 885 a 955 cc e infine alcuni ritocchi estetici un paio di anni fa. Un mix di caratteristiche di base e modifiche che ne hanno decretato il successo, mantenendo nel tempo il ruolo di best seller guadagnato con la comparsa di un telaio e di un doppio faro tanto distintivi.
Per il model year 2002 la Speed Triple si presenta profondamente rivista tanto nell’estetica quanto nella meccanica, con differenze che non ne modificano né la filosofia né la riconoscibilità, ma definiscono una motocicletta decisamente migliorata sotto ogni aspetto, con interventi mirati all’ottenimento di una personalità ancora più spiccata. Certo, sotto questo filtro di analisi la carrozzeria (la stessa della Daytona) mostra una certa perdita di originalità, una sorta di “giapponesizzazione” che farà storcere il naso ai puristi, ma in effetti la moto si presenta più filante e “dinamica”, anche se il codone monoposto è un po’ pesante, e rimpiangere le linee pulite e originali di quello vecchio non è difficile. Le altre modifiche hanno interessato tanto la meccanica (motore evoluto, ciclistica con quote più votate all’agilità), quanto dettagli come strumentazione, comandi e fanale anteriore, il tutto alla ricerca della riduzione del peso.
Il risultato è una moto più gradevole ed efficace, con prestazioni migliorate in tutti i frangenti, con qualche pecca comunque accettabile all’interno del quadro complessivo, e soprattutto di una personalità così spiccata. Anche se, con un listino di 11.350 euro (pari a poco meno di 22 milioni di lire), si pone nella “fascia alta” del segmento. Insomma, cavalli quanto bastano, coppia da vendere, semplice da guidare e bella da vedere: gli inglesi ce la stanno mettendo tutta…
Per il model year 2002 la Speed Triple si presenta profondamente rivista tanto nell’estetica quanto nella meccanica, con differenze che non ne modificano né la filosofia né la riconoscibilità, ma definiscono una motocicletta decisamente migliorata sotto ogni aspetto, con interventi mirati all’ottenimento di una personalità ancora più spiccata. Certo, sotto questo filtro di analisi la carrozzeria (la stessa della Daytona) mostra una certa perdita di originalità, una sorta di “giapponesizzazione” che farà storcere il naso ai puristi, ma in effetti la moto si presenta più filante e “dinamica”, anche se il codone monoposto è un po’ pesante, e rimpiangere le linee pulite e originali di quello vecchio non è difficile. Le altre modifiche hanno interessato tanto la meccanica (motore evoluto, ciclistica con quote più votate all’agilità), quanto dettagli come strumentazione, comandi e fanale anteriore, il tutto alla ricerca della riduzione del peso.
Il risultato è una moto più gradevole ed efficace, con prestazioni migliorate in tutti i frangenti, con qualche pecca comunque accettabile all’interno del quadro complessivo, e soprattutto di una personalità così spiccata. Anche se, con un listino di 11.350 euro (pari a poco meno di 22 milioni di lire), si pone nella “fascia alta” del segmento. Insomma, cavalli quanto bastano, coppia da vendere, semplice da guidare e bella da vedere: gli inglesi ce la stanno mettendo tutta…
Dotazione e finiture
La naked inglese si presenta come una moto piuttosto essenziale, priva di fronzoli e dunque la dotazione che offre all’utente non è certo da grand-tourer. Questo non significa che la Speed sia scarna, anzi. La strumentazione è passata dal tradizionale trittico di elementi analogici a un cruscottino di dimensioni (e peso…) molto più ridotti, che recepisce le recenti tendenze delle suspersportive, con un classico e ben leggibile contagiri (che incorpora un termometro refrigerante a cristalli liquidi) affiancato da un piccolo display digitale multifunzione che permette di controllare velocità, chilometraggio, ora.
Il tachimetro digitale, con i grandi numeri che cambiano continuamente (anche a velocità apparentemente costante) ci ha dato un po’ fastidio, ma si tratta di elementi marginali. Più importanti per il notevole livello delle finiture: fusioni, saldature, verniciature sono bene eseguite e rendono giustizia del prezzo di listino.
Le plastiche della carrozzeria sono silenziose e combaciano con precisione, i blocchetti elettrici sono moderni e intuitivi, mentre, in mezzo a tanta cura, il lato sinistro del motore lascia, ahinoi, esterrefatti: va bene che l’”originale” era coperto dalla carenatura, ma forse proprio per questo valeva la pena, su una nuda, di ridisegnare alcuni coperchi laterali per permettere un impiego meno massiccio di tubi, tubetti e affini dell’impianto di raffreddamento in bella vista, con un risultato estetico davvero sconcertante. Ok per l’aspetto da special, però…
Tecnica
Le modifiche apportate alla Speed Triple sono, come accennato, notevoli. Il propulsore bialbero a tre cilindri, ora più leggero di ben 2,5 kg, è stato oggetto di interventi tesi a migliorarne il comportamento su tutto l’arco di erogazione, con valvole di dimensioni diverse (+ 1 mm all’aspirazione, - 1 mm allo scarico), un rapporto di compressione più elevato (passato da 11,2 a 12:1) e notevoli differenze a livello di gestione dell’alimentazione, con un air-box e un sistema di iniezione completamente rivisti.
L’unità, che equipaggia (con una differente messa a punto) anche la Daytona, ha comunque visto crescere sensibilmente le prestazioni di punta (+ 10 CV) rispetto alla versione precedente con il contributo del nuovo impianto di scarico, dotato di uno schema differente. Grazie all’erogazione più corposa è stato possibile allungare leggermente il rapporto di trasmissione finale, utilizzando una corona con un dente in meno.
A livello di ciclistica, per ottenere una moto più agile, ma con il baricentro spostato in avanti per non perdere in stabilità, sono da segnalare la riduzione di inclinazione del cannotto di sterzo e dell’avancorsa (passate rispettivamente da 24 a 23,5° e da 86 a 84 mm) grazie all’aumento di altezza del retrotreno, che a sua volta ha beneficiato di un forcellone più corto di 11 mm. Il cerchio anteriore, dal canto suo, è stato alleggerito di ben 450 grammi per esaltare la responsività dello sterzo grazie alla riduzione dell’effetto giroscopico.
Comfort e funzionalità
Beh, l’avrete capito: non aspettatevi un confort adatto ai lunghi viaggi, ma una moto pensata e realizzata (con successo) per offrire una eccezionale possibilità di controllo in tutti i frangenti. L’impiego del piccolo cupolino (optional) offre una parvenza di riparo dall’aria, grazie anche alla sella incassata dietro al serbatoio.
Il tasso di vibrazioni, tra l’altro, non è mai fastidioso, mentre la sella è discretamente imbottita (un po’ alta, per la verità) e la nuova posizione dello strapuntino per il passeggero ne ha peggiorato le caratteristiche di accoglienza. Comunque il manubrio abbastanza alto e le pedane ben posizionate rendono la posizione in sella meno stancante del previsto, anche su tragitti di una certa importanza a medie autostradali. Ovviamente, in quest’ultimo caso un po’ di allenamento ai muscoli del collo non può che fare bene…
Gli altri aspetti funzionali sono soddisfacenti: a parte gli specchietti, provenienti dalla Tiger e non eccezionali quanto a visuale (si vede una buona parte di braccio), sulla Speed si trovano comandi ben realizzati e intuitivi, leve al manubrio ben conformate (quella della frizione, però, non è regolabile nella distanza dalla manopola, mentre lo sforzo di azionamento potrebbe essere più ridotto), un capiente vano sotto la sella del passeggero e un cavalletto laterale facile da aprire e chiudere.
Su strada
Appena messo in moto, il motore mette in risalto la prima, grande differenza con il predecessore: la silenziosità meccanica, pur non ancora da riferimento, è comunque di ben altro livello rispetto al sempre criticato “sferragliamento” che ha accompagnato la versione precedente. Il motore è davvero potente per la categoria, ma soprattutto è impressionante quello che accade quando si ruota con decisione la manopola destra: è talmente dotato in fatto di erogazione che, partendo da 3000 giri, si assiste ad una progressione entusiasmante, una sorta di “effetto fionda” che termina solo con l’intervento del limitatore (a quota 10.000), e senza quasi avere il tempo di rendersene conto!
Apri, e qualsiasi sia la marcia inserita ti ritrovi letteralmente catapultato in avanti, con le braccia irrigidite per restare ben saldi al manubrio… Gli inglesi direbbero meaty, che si traduce in “carnoso, polposo”, ma non è la stessa cosa… Unico neo della meccanica è il rendimento del cambio, sincero e preciso fino a quando il ritmo non è elevato, ma oltre un po’ lento e ruvido, tanto da far arrivare in ritado a qualche appuntamento con la cambiata. La Speed ha bisogno di essere condotta in modo “maschio” e deciso; il peso, unito a un baricentro più alto della media (e al pneumatico posteriore da 190) non la rendono un fulmine in ingresso e nei cambi repentini d’inclinazione, ma aumentano la sensazione di solidità che riesce sempre a comunicare; caratteristica accentuata da un reparto sospensioni piuttosto rigido, che però “copiano” eventuali imperfezioni stradali con una certa lentezza, comunicando con un vago ritardo il feedback nelle mani del pilota quando il ritmo diventa davvero serrato.
La sensazione di controllo è rassicurante, ma si sente che, specialmente nella forcella, le molle sono un po’ sottotono rispetto a un’idraulica davvero “tosta”. Il doppio disco anteriore, invece, si distingue per potenza e modulabilità, mentre il posteriore è un po’ sotto tono, ma se non altro si evitano indesiderati bloccaggi.
Dati tecnici
Motore: a 4 tempi, tricilindrico in linea frontemarcia, raffreddamento a liquido, alesaggio e corsa 79x65 mm, cilindrata 955 cc, rapporto di compressione 12:1; distribuzione bialbero a 4 valvole per cilindro con comando a catena; lubrificazione forzata a carter umido. Alimentazione: iniezione elettronica con corpi sfarfallati da 46 mm; capacita’ serbatoio 21 litri. Accensione elettronica integrata con l’iniezione. Avviamento elettrico.
Trasmissione: primaria a ingranaggi; frizione multidisco in bagno d’olio, comando a cavo; cambio a 6 marce; finale a catena.
Ciclistica: telaio perimetrale in tubi tondi d’alluminio, inclinazione asse di sterzo 23,5°, avancorsa 84 mm. Sospensione anteriore: forcella teleidraulica regolabile con steli da 45 mm, escursione 120 mm; sospensione posteriore: forcellone monobraccio in lega leggera con articolazione progressiva e ammortizzatore regolabile, escursione 140 mm. Ruote: anteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 120/70-17”; posteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 190/50-17”. Freni: anteriore a doppio disco flottante da 320 mm, pinze a 4 pistoncini contrappostii; posteriore a disco da 220 mm, pinza a 2 pistoncini affiancati.
Dimensioni e peso: interasse 1430 mm, lunghezza 2115 mm, larghezza 780, altezza sella 815 mm. Peso a secco 188 kg.
Prestazioni dichiarate: potenza 120 CV (88,3 KW) a 9100 giri, coppia 10,1 kgm (99 Nm) a 5100 giri.
Omologazione Euro-1: si’
Galleria fotografica