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Moto & Scooter

Yamaha Road Star Warrior 1700

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“Cuore di Cruiser e anima sportiva”. Con questa filosofia, la Yamaha ha creato la più temibile antagonista della Harley V-Rod, anche nel prezzo



di Alan Cathcart, foto David Dewhurst




Con la nuova Road Star Warrior 1670, appena commercializzata negli Stati Uniti e quasi certamente destinata all’Europa, non appena messa in regola con le norme Euro-2, la Yamaha ha messo a segno un altro grosso colpo.




Dopo aver rilanciato le supersportive a quattro cilindri con la R1 e la R6, nonché le fuoristrada a quattro tempi con le WR/YZF 400 e 250, precedendo ogni altro costruttore, inclusi gli italiani, i taiwanesi e i coreani, troppo impegnati a seguire il bizzoso andamento del mercato degli scooter, la Casa dei tre diapason ha ancora una volta ribadito la sua forza innovativa mettendo in produzione una road cruiser di grossa cilindrata assolutamente originale e tagliata su misura per il gusto dei motociclisti americani.





Il mercato USA delle maxi cruiser è raddoppiato negli ultimi sei anni e la Yamaha nello stesso periodo ha più che quadruplicato le vendite di moto oltre 1200 cc, grazie soprattutto all’introduzione, nel 1999, delle bicilindriche Road Star. Ora, constatata la tendenza del pubblico americano all’acquisto di maxi cruiser di elevate prestazioni, ha presentato la Warrior, che si contrappone alla nuova Honda VTX 1800 e alla Harley Davidson V-Rod, due concorrenti assai difficili, contro le quali la Yamaha spera di far valere il diverso concetto ispiratore della Warrior e soprattutto un prezzo estremamente competitivo: 11.999 dollari (circa 12.500 euro), ossia 5.000 dollari in meno del costo fissato per la V-Rod.






Cuore di cruiser e anima sportiva” è lo slogan coniato dalla Yamaha per la Warrior, a ribadire la sua ambivalenza. Lo slogan esprime anche il concetto sposato dalla Yamaha nella progettazione di questa moto: costruire una cruiser capace di grandi prestazioni, ma coerente col mezzo secolo di storia delle custom, una storia fatta di stile esclusivo, di personalizzazioni spinte, e di particolari caratteristiche tecniche e di guida, alle quali i motociclisti americani sono ancora profondamente legati, così come gli appassionati europei del medesimo genere di moto.




La Yamaha insomma ha scelto di creare una cruiser dal look aggressivo, più potente e più maneggevole, pur mantenendo lo stesso motore bicilindrico raffreddato ad aria delle altre Road Star, piuttosto che proporre un propulsore radicalmente nuovo, come ha fatto la Harley con la V-Rod.
“La parola prestazioni ha un significato molto ampio – spiega Derek Brooks, responsabile di prodotto della Yamaha USA e uno dei più attenti a suggerire alla Casa Madre la giusta via per realizzare la moto in grado di soddisfare la crescente richiesta del pubblico americano di moto potenti, scattanti e anche veloci – Molti pensano che prestazioni significhi solo un motore con molti cavalli, ma per noi corrisponde anche a coppia in abbondanza, accelerazione, maneggevolezza e frenata”.




“Noi abbiamo diversi modelli assai ben riusciti – continua Brooks – nel segmento di mercato delle cruiser, come ad esempio la V-Max, che ha un’accelerazione bruciante, ma non riesce ad essere abbastanza maneggevole, così abbiamo deciso di venire incontro alla nuova domanda creando la Warrior, anche se c’è voluto un po’ a convincere i Giapponesi a non montare un motore bicilindrico bialbero a dieci valvole, raffreddato a liquido, con più di 120 cavalli!”.






La Warrior sostanzialmente è nata montando il motore della Road Star in un telaio a doppio trave in alluminio del tipo in uso per la R1, accuratamente verniciato di nero per mantenere un aspetto più aderente al genere cruiser.
A corredo di questo curioso innesto sono stati adottati freni e sospensioni derivati anch’essi dalla R1 e una trasmissione finale a cinghia in gomma, in armonia col carattere più sportivo della moto, ma anche con l’immagine tradizionale delle cruiser.
La via tecnica scelta dalla Yamaha è dunque esattamente opposta rispetto a quella della Harley, che ha puntato su un motore modernissimo e ultrasportivo collocato al centro di un telaio piuttosto convenzionale, verniciato in grigio per farlo sembrare d’alluminio.




Il motore della Road Star Warrior è il ben noto bicilindrico a V longitudinale di 48° raffreddato ad aria e con distribuzione ad aste e bilancieri. Rispetto al motore da cui deriva, denuncia un alesaggio aumentato di 2 mm, con cilindrata portata a 1670 cc dagli originali 1602 cc, l’adozione di quattro valvole per cilindro con punterie idrauliche, un nuovo scarico due in uno di tipo sportivo e l’impianto di iniezione elettronica Mitsubishi EFI, con singolo iniettore per cilindro e corpi farfallati Mikuni di 40 mm.




Il propulsore è stato rielaborato in modo da ottenere un incremento di potenza di circa il 40%, che si traduce in 80 CV a 4400 giri: pochi certamente, in confronto ai 120 CV della V-Rod, se ci si accontenta di un parallelo basato sulle nude cifre, ma molto più sostanziosi se si considera che la Yamaha lo ha montato su un telaio in alluminio di soli 17,5 kg, più leggero del 60% e più rigido del 40% rispetto al telaio in tubi d’acciaio della Road Star “normale”.
La sospensione posteriore è di tipo progressivo, con monoammortizzatore montato orizzontalmente sotto il motore, mentre quella anteriore è data da una forcella Kayaba upside-down con steli di 41 mm e precarico regolabile.
Se tutto il settaggio della ciclistica si presenta come una rielaborazione di quello della Yamaha R1, i freni sono proprio gli stessi: un potentissimo doppio disco anteriore Nissin di 298 mm di diametro, con pinze monoblocco Sumitomo a 4 pistoncini.






La posizione di guida è eretta, grazie ad una sella ampia e posizionata a soli 712 mm da terra, ad un manubrio largo e fortemente proiettato all’indietro, infine alle pedane avanzate, ma non quanto quelle della V-Rod. La connotazione cruiser è evidente ed i suoi vantaggi sulla comodità di guida indiscutibili, ma bisogna stare molto attenti a non lasciarsi cullare da questa apparente tranquillità: a 3000 giri, con la quinta inserita, la Warrior corre già a quasi 120 km/h si rischia di cadere negli agguati della polizia stradale, che nel luogo in cui è stata effettuata questa prova: le strade collinari costiere a sud di San Francisco, in California, e la Pacific Coast Highway, è particolarmente inflessibile.




All’avviamento, il motore della Warrior rivela subito la mancanza di un albero di bilanciamento delle vibrazioni. Queste si avvertono bene, ma non sono fastidiose, anzi sono un tocco in più al carattere della moto, che si mette in mostra anche attraverso il corposo rombo che esce dallo scarico sportivo.
Se si vuole adottare una guida riposante, la Warrior non crea problemi: con la marcia più alta inserita esce praticamente da ogni curva, essendo capace di riprendere senza strappi fin da 1200 giri. Se invece ci si sente in giornata da guida sportiva, basta lavorare un po’ di più col cambio, specialmente con le tre marce più lunghe, per accorgersi che la Warrior possiede effettivamente due personalità che coabitano nella stessa moto senza contrasti di alcun genere.




Sopra i 3500 giri si riscontra infatti una dose extra di potenza, che in armonia con le grandi doti della ciclistica permette di affrontare i percorsi misti con il divertimento e “la resa” di una supersportiva. Non è un vantaggio da poco: le supersportive, si sa, comportano un notevole sacrificio dal punto di vista della comodità, mentre la Warrior vi consente di stare in sella come sul divano di casa, ma con la stessa comodità vi fa gustare pieghe che nessun’altra cruiser sa fare, vi spara fuori dalle curva con la forza dei suoi 80 CV, e vi permette staccate mozzafiato fra una curva e l’altra, oppure quando, all’improvviso, scorgete sulla destra la Pantera della Polizia...

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