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Yamaha YZF R6

il 03/01/2002 in Moto & Scooter

Per guidabilità e prestazioni, ha conquistato il “cuore” dei motociclisti sportivi; non è la più facile da “domare” e nemmeno la più eclettica ma, anche nel 2002, potrebbe essere lei la “regina” delle racing replica.

Yamaha YZF R6


di Eliano Riva, foto ER e Alex Photo




Nata dallo stesso team di progettisti capitanato dall’ingegner Kunihiko Miwa che, nel 97, ha realizzato il “gran bombardone” siglato R1 e ha rivoluzionato il settore delle supersportive stradali, la Yamaha R6 è la 600 cc a quattro cilindri che, dal 99 ad oggi, meglio d’ogni altra ha rappresentato la figura della moto racing replica.
In questi anni, infatti, la R6 ha “rapito il cuore” dei motociclisti sportivi di mezzo mondo e, anche se d’allori iridati nel campionato Supersport 600, ne ha raccolti meno di quanto meriti, anche per il 2002 rimane il punto di riferimento della categoria.




Il concetto che da sempre stimola l’evoluzione delle moto da competizione; sintetizzabile in massima compattezza, leggerezza e potenza del veicolo, del resto, sulla R6 è “preso alla lettera” e armonizzato in un cocktail praticamente perfetto che, grazie agli importanti interventi tecnici e meccanici apportati al modello 2001 e agli affinamenti stilistici proposti dalla moto disponibile per la “stagione” entrante e protagonista della prova, in mani esperte, si trasforma in una fonte di divertimento sportivo eccezionale e in una micidiale arma che permette di vincere qualsiasi sfida; su strada, come in pista.




Il tutto, ad un prezzo di € 9967,62 (l. 19.300.000) franco concessionario relativamente “abbordabile”, con tre anni di garanzia formula YES e con la possibilità, per chi vuole provare l’emozione delle corse in circuito o cerca un trampolino di lancio per un’attività sportiva professionistica, di partecipare al Trofeo monomarca Yamaha R6 Cup. Alcuni optional dedicati, come il guscio monoposto coprisella passeggero o le maniglie retrosella, poi, consentono di personalizzare la moto in senso ancora più o meno racing.
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La carrozzeria attillatissima e tutta protesa in avanti, il cupolino a forma di freccia leggermente arrotondata sulla punta e i retrovisori aerodinamici, il retrotreno sfuggente, con il codino e l’intrigante fanale a led introdotto nel 2001 che puntano verso l’alto, già nell’aspetto, non hanno mai lasciato spazio ad equivoci sulla destinazione racing della R6 e, sin dalla sua presentazione, hanno suscitato “amore a prima vista” nei motociclisti sportivi di tutto il pianeta. Ora, con le nuove livree 2002, che enfatizzano diversamente ma alla perfezione, l’indole 100% sportiva della moto, l’opera iniziata da Miwa & Company nel 99, ci sembra davvero completa e, definire la “bomba” supersport di Casa Yamaha come un’autentica opera d’arte motociclistico/sportiva, quasi riduttivo.




Un dato di fatto che, anche in un’osservazione scrupolosa, trova soltanto conferme. La semplicità tipica delle racing “pure” e la ricercatezza d’allestimento e finitura delle moto stradali d’alto rango, infatti, sulla R6 sono amalgamate a meraviglia e da qualsiasi parte si osserva, risalta una qualità tecnica ed estetica superiore. Le vernici della carrozzeria e delle parti tecniche in vista, sono brillanti e resistenti all’usura.




La finitura delle componenti tecniche in lega leggera, come telaio e forcellone con professionale tenditore catena a cursore, come pedane e piastra superiore forcella e via discorrendo, è eccellente e, anche il perfezionista, oltre alla mancanza di un sottile strato di gomma antiscivolo sui poggiapiedi, difficilmente potrà trovare altri spunti validi per esporre consistenti lamentele.

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Svestita, la R6 è affascinante da osservare e appare subito evidente la diretta discendenza tecnica dalle Yamaha GP che calcano la scena motociclistica sportiva iridata. Il telaio d’alluminio, concepito in funzione del motore e con parti scatolate ed altre fuse, è il Deltabox II ultima generazione e sfrutta il propulsore incastonato a diamante come parte attiva d’irrigidimento strutturale. Le misure fondamentali, sono da moderna racing “pura” e, con un’inclinazione cannotto di 24°, con un’avancorsa di 81 mm e un interasse di 1380 mm, sono volte alla massima enfatizzazione della maneggevolezza e della rapidità d’azione nella guida sportiva estrema.




D’elevato valore tecnico/sportivo, è il reparto sospensioni. La forcella, rivista nelle componenti interne nel 2001 per ridurre le masse non sospese e migliorare la capacità di “copiare” le asperità dell’asfalto, è di disegno tradizionale e ultraregolabile; offre un’escursione di 130 mm e con steli da 43 mm e piastre di sterzo ben dimensionate, assicura una resistenza alla flessione e alla torsione ottimale anche nelle staccate all’ultimo metro. Dietro, invece, ad un forcellone “extra long” d’alluminio che sembra “rubato” ad una 500 GP e imperniato molto in avanti per garantire la massima trazione in accelerazione, è accoppiata un’articolazione progressiva con ammortizzatore oleopnuematico ultraregolabile che, assicura un’escursione di 120 mm ma non permette di regolare l’altezza del retrotreno secondo le proprie esigenze di guida racing.




Alleggerito nel 2001 e al top di categoria, infine, un reparto ruote e freni con cerchi in lega leggera da 17” e coperture supersportive, con dischi anteriori flottanti da 298 mm e pinze a 4 pistoncini contrapposti e un disco singolo posteriore da 220 mm con pinza a 2 pistoncini paralleli, chiudono alla grande un quadro ciclistico da pole position.

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Costruito in simbiosi con il telaio, il motore della R6, sintetizza quanto di meglio offre la tecnica quattrotempistica attuale ed è un autentico gioiello di meccanica. Ultracompatto e decisamente leggero, nella versione 2002, il quattro cilindri 599 cc Yamaha, non propone aggiormanenti significativi ma, lo ricordiamo, ha subito una profonda rivisitazione nell’edizione 2001. La distribuzione a 16 valvole, per consentire maggiore efficienza agli alti regimi, ha alberi a camme cavi e più leggeri. Il rapporto alesaggio e corsa decisamente “superquadro” (65,5x44,5 mm), necessario per evitare scompensi di funzionamento e affidabilità a regimi di rotazione molto elevati, è immutato, mentre, per ridurre l’attrito e aumentare la prontezza di risposta del propulsore dai medi regimi, i pistoni forgiati sono ridisegnati e più leggeri e le fasce sono più sottili.




I cilindri, ricavati nel carter motore per ridurre gli ingombri, sono con canne di scorrimento a riporto galvanico in materiale ceramico e, per aumentare l’accelerazione, l’albero motore monolitico è ridisegnato e super alleggerito. La trasmissione primaria, ovviamente, è ad ingranaggi a denti diritti e la frizione multidisco di piccolo diametro, adotta il più leggero comando meccanico, con regolazione “rapida” e attuabile anche durante la guida. Il cambio a 6 rapporti, per ridurre la lunghezza del motore, ha gli alberi disposti verticalmente e lo scorso anno è stato ottimizzato nell’efficienza e rapidità d’azione.




L’accensione elettronica digitale, infine, è dotata del sensore TPS che, nella definizione dell’anticipo, tiene conto anche della posizione dell’acceleratore, mentre, i 4 voraci carburatori Keihin CVRD 37, sono riforniti d’aria fresca e pressurizzata da un’ampia cassa filtro con condotti direttamente collegati con la presa frontale.

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In sella alla R6, ci si sente un pilota professionista allo start di una gara del Mondiale Supersport 600. La posizione di guida, infatti, è di stampo racing ultima generazione; molto coinvolgente sul piano emotivo, estremamente efficace per il controllo della moto e, come le racing vere, tutt’altro che scomoda. La moto “corta”, il retrotreno alto e il serbatoio largo ma ben attillato nella zona di contatto con le gambe, portano il pilota a sedere leggermente “sopra” e non “dentro” il veicolo.




Il busto non eccessivamente inclinato in avanti, le braccia poco distese verso semi manubri ben equilibrati nell’avanzamento, nell’inclinazione e nell’apertura, fanno il resto e, con il contributo di pedane non troppo alte e soltanto leggermente avanzate per la massima efficienza nella guida sportiva d'attacco, il controllo della moto è totale; quando si guida disimpegnati per raggiungere la strada “giusta” o la pista più vicina, come nella ricerca della “botta d’adrenalina” nella conduzione marcatamente sportiva. La sella ben sfiancata e abbastanza lunga, poi, offre adeguato spazio anche a piloti d’alta statura, consentendo a tutti di trovare sempre la posizione in sella più consona all’occasione di guida e facilitando il cambio del carico di peso laterale quando si cerca la performance assoluta.




Non altrettanto bene, invece, è accolto il passeggero che, sulla R6 è accettato quasi come un “estraneo” e per brevi percorrenze chilometriche. A disposizione del secondo, infatti, ci sono soltanto uno strapuntino “volante” e pedane piuttosto alte e avanzate e, l’assenza di un qualsiasi appiglio e l’elevata esposizione al vento della corsa, completano un quadro non da inferno dantesco ma, sicuramente poco allettante.

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Il campo d’utilizzo ideale della R6, è piuttosto limitato e, pur restando un mezzo rapido per muoversi in città, la posizione di guida non è ottimale per destreggiarsi nel traffico intenso e, nell’utilizzo quotidiano o con il passeggero a bordo, non è senz’altro il massimo. Quando la strada è libera e può esprimere tutta la sua gran personalità sportiva, però, la R6 ripaga alla grande ogni sacrificio e esaltanti emozioni di guida, “fioccano” in quantità a dir poco “industriale”.




Il gran carattere racing della R6, infatti, è ben apprezzabile già all’avviamento del propulsore, quando, basta dare un paio di decise accelerate per ottenere una risposta immediata e osservare la lancetta contagiri che schizza con una rapidità impressionante verso la zona rossa. Le prestazioni complessive offerte dalla R6, sono elevatissime e, per “tirargli il collo” nella guida racing, occorre un po’ di mestiere ma, presa confidenza e regolate opportunamente le sospensioni, soddisfazioni enormi sono a disposizione anche del pilota inesperto.




Maneggevole, rapida nell’inserimento in curva e nei cambi d’inclinazione, la R6 è un “mostro” nella fase di frenata e d’attacco della corda della svolta e, in pista, inventare la traiettoria inconsueta per superare “l’amico avversario” in questo momento, diventa la normalità. L’avantreno “sincero” nella fase d’appoggio sulla ruota anteriore, e leggero ma prevedibile e preciso nell’esecuzione della traiettoria in piena accelerazione, poi, permette di dare “full gas” ancora a forte inclinazione e, anche su asfalto non ben levigato, d’aggredire con la rapidità di un felino la curva successiva. Le prestazioni del propulsore, infine, sono “super” ma, per sfruttarle al 100%, occorre “manico”: il motore, “tira” bene già da 4000 giri ma ama girare alto e, per ottenere il massimo, bisogna stare oltre quota 8000 dove, con un urlo entusiasmante e un acuto da 10.000 a 14.000 giri, esprime potenza e capacità d’allungo eccezionali.

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Motore: a 4 tempi, 4 cilindri in linea frontemarcia, raffreddamento a liquido, alesaggio e corsa 65,5x44,5mm, cilindrata 599 cc, rapporto di compressione 12,4:1, distribuzione bialbero a camme in testa, 4 valvole per cilindro, lubrificazione forzata a carter umido con pompa trocoidale. Alimentazione: 4 carburatori Keihin CVRD 37 mm, capacità serbatoio 17 litri compresi 3 di riserva. Accensione: elettronica digitale con sistema TPS, 1 candela per cilindro. Avviamento: elettrico.
Trasmissione: primaria a ingranaggi a denti diritti, frizione multidisco in bagno d’olio, comando meccanico, cambio a 6 marce, finale a catena.
Ciclistica: telaio Deltabox II a doppio trave in alluminio, inclinazione asse di sterzo 24°, avancorsa 81 mm. Sospensione anteriore: forcella teleidraulica ultraregolabile, steli da 43 mm, escursione 130 mm. Sospensione posteriore: forcellone in lega leggera con capriata superiore d’irrigidimento, ammortizzatore oleopneumatico ultraregolabile, escursione ruota 120 mm. Ruote: anteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 120/60-17”, posteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 180/55-17”. Freni: anteriore a doppio disco flottante da 298 mm con pinze a 4 pistoncini, posteriore a disco da 220 mm con pinza 2 pistoncini.
Dimensioni e peso: interasse 1380 mm, lunghezza 2025 mm, larghezza 690 mm, altezza sella 820. Peso a secco 167,5 kg.
Prestazioni: potenza 120 CV (88,2 kw) a 13.000 giri., coppia 6,94 kgm (68,1 Nm) a 11.500 giri.
Omologazione Euro-1: si’

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