Moto & Scooter
Honda NSR 500 2001
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La quattro cilindri giapponese, evoluzione ultima della capostipite del 1986, con l'arrivo delle 4T è ormai a fine carriera. Ma lo sviluppo indirizzato da Rossi le ha regalato una seconda giovinezza…
di Alan Cathcart
, foto Kel Edge e Double Red
Il 2000 è stato, dopo 13 anni di continue affermazioni, protagonista negativo nella storia agonistica della Honda, che non è riuscita ad agguantare nessun titolo nelle tre classi del Motomondiale. Questa è sicuramente almeno una delle ragioni che hanno portato la stessa Casa a gestire un 2001 grandioso nella 500, culminato con la conquista dell’iride.
Di certo un pilota come Valentino Rossi, con la sua impressionante carriera sportiva (campione del mondo nelle tre classi a soli 22 anni, 39 vittorie su 92 gare mondiali –il 42%!-, 11 vittorie su 16 gare quest’anno), ha contribuito in modo determinante al risultato.
Ma vero è anche che, al contrario della stagione 2000 (Criville appena nono in classifica), quella appena trascorsa ha visto in generale una grande competitività delle Honda, e non solo di quella numero 46, culminata con la vittoria dell’ultima gara riservata alle 500 cc.
Non male per una vecchietta come la NSR500, che di fatto non è sostanzialmente diversa dalla prima quattro cilindri Honda, apparsa nel 1984 per sostituire la NS a tre cilindri (che era considerata incapace di garantire la necessaria crescita prestazionale): stesse misure di alesaggio e corsa (54 x 54,5 mm), stesso angolo tra le bancate (112°), stessa soluzione dell’unico albero motore.
Però, come diceva Sito Pons, e come hanno scoperto amaramente tanto Criville quanto Roberts Jr, più difficile di vincere un titolo è difenderlo. Anche se, dopo aver provato la moto, sono convinto che un’ipotetica accoppiata Rossi-NSR nel 2002 rimarrebbe il candidato migliore per la vittoria finale.
Ma vero è anche che, al contrario della stagione 2000 (Criville appena nono in classifica), quella appena trascorsa ha visto in generale una grande competitività delle Honda, e non solo di quella numero 46, culminata con la vittoria dell’ultima gara riservata alle 500 cc.
Non male per una vecchietta come la NSR500, che di fatto non è sostanzialmente diversa dalla prima quattro cilindri Honda, apparsa nel 1984 per sostituire la NS a tre cilindri (che era considerata incapace di garantire la necessaria crescita prestazionale): stesse misure di alesaggio e corsa (54 x 54,5 mm), stesso angolo tra le bancate (112°), stessa soluzione dell’unico albero motore.
Però, come diceva Sito Pons, e come hanno scoperto amaramente tanto Criville quanto Roberts Jr, più difficile di vincere un titolo è difenderlo. Anche se, dopo aver provato la moto, sono convinto che un’ipotetica accoppiata Rossi-NSR nel 2002 rimarrebbe il candidato migliore per la vittoria finale.
Inversione di rotta
Alla fine della stagione ’99 l’HRC aveva fatto il passo falso: la moto appariva, nonostante Criville avesse appena vinto il titolo, meno rapida in accelerazione della Yamaha e meno maneggevole della Suzuki, per cui la direzione scelta per l’evoluzione 2000 era stata il potenziamento del motore e una rivoluzione delle quote ciclistiche. Scelta affrettata, perché l’erogazione brusca del motore e la distribuzione dei pesi spostata in avanti rendevano molto dura la vita delle gomme, e problematico per il pilota gestire l’apertura del gas in uscita di curva. Insomma, una moto che sarebbe stata adatta per Doohan, se non si fosse ritirato a metà della stagione precedente.
Ma all’inizio del 2001 la Honda ha fatto marcia indietro, e ha rimesso in servizio il motore e il telaio del ’99, ovviamente sviluppati anche secondo le indicazioni di Valentino Rossi, che ha subito individuato le modifiche necessarie al telaio. Per prima cosa ha voluto il motore spostato indietro per caricare maggiormente la ruota posteriore, perché il suo stile di guida, mutuato dalle cilindrate inferiori, ha come punto di forza la velocità di percorrenza delle curve, mentre i campioni americani provenienti dal Dirt Track adottano una guida “a spigolo” con ingresso e uscita di curva in derapata. Infatti, The Doctor non usa il comando a mano del freno posteriore, studiato apposta per gestire la guida “di traverso”.
Questo è anche il motivo per cui Rossi non ama la ruota anteriore da 16,5”, che conferisce più appoggio ma meno maneggevolezza, e ha chiesto (e ottenuto) uno sviluppo specifico per l’anteriore da 17” per ottenere un grip superiore, mentre la nuova posizione di guida ha permesso di caricare il peso del corpo sull’avantreno.
In pista
La posizione di guida, infatti, è molto diversa da quella delle moto per esempio di Doohan e Criville: la sella è molto più alta e la moto appare più accogliente, anche se è la NSR più snella che abbia avuto modo di provare. Ma appena messo in moto si capisce che non è solo una questione di conformazione della carrozzeria: il lavoro fatto da Rossi e dai tecnici HRC per assecondare lo stile di guida del marchigiano hanno portato a definire una moto estremamente maneggevole e soprattutto sincera.
Si nota subito una frenata migliore, caratterizzata da una compostezza di assetto sconosciuta in precedenza: per un confronto, la Suzuki RGV di Roberts nella stessa situazione sembra un serpente… E anche i freni in carbonio sono migliorati, offrendo la consueta potenza unita a una sensibilità ora molto più simile a quella dei dischi in metallo. Questa unione di stabilità e maneggevolezza rende estremamente più gestibile l’argomento curve: l’inserimento è rapido e naturale, e una volta raggiunto l’angolo di piega la moto mantiene la traiettoria come se fosse sui binari.
C’è da dire che anche il motore oggi permette una guida più fluida, perché l’erogazione è in grado di sostenere l’uscita da un tornantino anche a 7000 giri. Il fatto è che subito dopo la moto viene catapultata in avanti accompagnata dal sibilo degli scarichi e dalle ineliminabili impennate nelle prime quattro marce, grazie ai 195 CV (7 in più della moto 2000) dichiarati al pignone al regime di 12.500 giri. Tutto questo è così esaltante, che chi non ci è abituato fatica a mantenere a lucidità necessaria per calibrare la staccata successiva: è spaventosamente veloce, ma anche molto divertente… Almeno fin quando si sta sotto i limiti che bisogna raggiungere per vincere un titolo mondiale: poi la cosa si molto più seria –e molto più difficile.
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