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Ducati 1000 Multistrada
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Una visita alla Ducati per cercare di carpire ogni segreto di una delle proposte più eclatanti e discusse del Salone di Milano, che presto non sarà più solo una proposta
di Luigi Rivola
Nelle altre pagine:
Le ragioni: “è una moto totale, avvicinerà molti motociclisti alla Ducati”
Le idee: parabrezza indipendente dal cupolino, vani ovunque, serbatoio sottosella
Il motore: un nuovo e classico Ducati twin, 1000 cc ad iniezione
La ciclistica: freni da Superbike, sospensioni ultraregolabili
Cosa ne pensi della Ducati Multistrada? La domanda era ricorrente a Milano, com’era logico che fosse, poi è stata riproposta spontaneamente nei vari forum frequentati dai motociclisti e dalla stessa Ducati nel forum del suo cliccatissimo sito.
Giudizi drastici si contrapponevano e si contrappongono, perché la Multistrada è una moto che non si inserisce esattamente in nessun filone consolidato. In mancanza però di un più serio approfondimento, le motivazioni di questi giudizi erano e rimangono banali, epidermiche, puramente estetiche.
A due mesi di distanza dal lancio a Milano, abbiamo avuto modo di rivedere e riesaminare la Multistrada, non limitandoci a guardarla con la mente il più sgombra possibile di pregiudizi e di vecchi retaggi, ma discutendone con due dirigenti della Ducati che questo progetto hanno seguito fin dall’inizio e che sostengono a spada tratta con argomentazioni che vi proponiamo per aiutarvi a trasformare un giudizio istintivo in uno ragionato.
Personalmente possiedo alcune delle controindicazioni che normalmente impediscono di comprendere e apprezzare le nuove proposte: faccio questo mestiere da troppo tempo e ho visto tante nuove idee, nate troppo presto, finire nel dimenticatoio. Però riconosco alla Ducati una grande forza propositiva e cerco di non confondere i pregiudizi con le argomentazioni razionali.
Così ho fatto durante l’incontro sulla Multistrada, pressato e lavorato ai fianchi da Federico Strano e David Gross, responsabili, con ruoli diversi, della pianificazione e dello sviluppo dei nuovi progetti, che hanno esposto tutte le ragioni tecniche e di marketing per cui la Ducati ha deliberato di procedere con la massima speditezza all’industrializzazione di questo nuovo e discusso modello, che sarà nelle vetrine dei concessionari entro il 2003.
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Le ragioni
La Multistrada è una moto totale – questa è la definizione di Federico Strano, che spiega: “Il cliente della Multistrada io lo vedo così: voglio una Ducati – voglio le caratteristiche di guida di una Ducati – voglio quel bicilindrico desmodromico, ma non voglio spezzarmi la schiena come su una moto ultrasportiva – infine voglio che quando è ferma sul cavalletto tutti godano a guardarla”.
“Noi riteniamo che molti potenziali ducatisti non siano mai diventati tali perché mancava nel nostro catalogo una moto di questo genere, da usare sempre, divertente, all’occorrenza anche sportiva, tanto originale da non confondersi con altre. Una moto totale, appunto, e il nome Multistrada è venuto fuori all’improvviso, per logica evoluzione del concetto di moto totale”.
Sul motore non ci sono discussioni; sul telaio nemmeno e sulle dotazioni della ciclistica neanche. I dubbi, le esitazioni sono tutti di ordine estetico.
“Certo, si cerca sempre di disegnare moto originali – ammette David Gross – ma nel caso della Multistrada molte soluzioni estetiche derivano da un’attenta ricerca della funzionalità. Terblanche (lo stilista che ha firmato sia la MH 900, sia la Multistrada) ha sempre tenuto presente che il suo compito non è di creare solo una bella moto, ma anche e soprattutto un eccellente prodotto di industrial design. La funzionalità è più importante della bellezza”.
“Questa non è una moto da fuoristrada adattata all’uso stradale, come hanno fatto sempre i Giapponesi, ma una moto stradale, per di più sportiva, che propone la sua capacità di giocare bene in diversi ruoli; ciò significa divertimento, ma anche grande sicurezza ed estrema adattabilità alle diverse situazioni”.
Uno dei punti criticati è l’altezza del sellone, che viene giudicata eccessiva e che crea una luce troppo vistosa fra la sua superficie inferiore e la ruota. Mi viene fatto notare che l’intento era quello di creare un legame fra la Ducati 996 e la Multistrada, pur in presenza di due selle con caratteristiche semplicemente agli antipodi; in ogni caso, la sensazione di eccessiva altezza diminuisce drasticamente poggiando entrambe le ruote a terra (fino ad ora è stata sempre vista sul cavalletto) e diminuirà ulteriormente adottando sulla sospensione posteriore un bilanciere più adatto, al posto di quello montato sulla manichino esposto al Salone.
Le idee
Cominciamo dal cupolino. Il fanale a sviluppo verticale è regolabile e lo spostamento in alto o in basso della parabola è ottenuto tramite un motorino elettrico comandato dal pilota tramite due pulsanti che si trovano sul cruscotto. Il parabrezza è separato dal cupolino e ruota a destra e a sinistra solidalmente al manubrio, in modo da non limitare l’angolo di sterzo ed eliminando quindi uno dei difetti più ricorrenti sulle Ducati.
Il cruscotto comprende un grande contagiri analogico affiancato da un display straordinariamente ampio, studiato in modo da consentire la lettura contemporanea della maggior parte dei dati forniti dal computer di bordo.
Il serbatoio è tale solo per una parte limitata del suo apparente volume; su entrambi i fianchi si notano infatti i coperchi estraibili di due vani, quello di sinistra riservato al ricovero di aggetti d’uso comune, come il telefono cellulare, o i guanti, e quello di destra invece interamente occupato dai cablaggi dell’impianto elettrico. Sulla sommità del serbatoio, accanto al tappo di rifornimento, compare il coperchio di un altro vano, che probabilmente non sarà mantenuto sul modello di serie per problemi di industrializzazione.
Il serbatoio, sacrificato dalla presenza dei vani, recupera il necessario volume prolungandosi in basso e all’indietro a costituire il supporto della sella del pilota e del passeggero. Il codone infine è anch’esso adibito a vano porta-oggetti, accessibile sollevando la porzione di sella del passeggero.
Nel caso che questi vani non bastassero, sarà possibile equipaggiare la Multistrada con valigie e bauletto originali, disponibili come optional, così come le manopole riscaldate, il cui cablaggio di servizio è previsto nell’impianto elettrico di serie.
Il motore
L’unità scelta per equipaggiare la Multistrada è il classico bicilindrico a “L” desmodromico raffreddato ad aria, con alimentazione ad iniezione elettronica, nella versione a doppia accensione e con cilindrata di 1000 cc, anziché 900 cc. Si distingue inoltre per i coperchi delle valvole di nuovo disegno e per numerose modifiche interne, a cominciare dalle teste, riprogettate portando l’angolo incluso fra le valvole da 60° a 56° e ridisegnando la camera di scoppio. Le valvole sono di maggior diametro ed hanno lo stelo più sottile; gli alberi a camme ruotano direttamente sull’alluminio anziché su cuscinetti, infine la puleggia di distribuzione è maggiorata e la cinghia segue un percorso meno complesso di quello precedente.
Per migliorare il raffreddamento, sia la testa, sia il cilindro hanno ora un’aletta in più, inoltre l’accorciamento del condotto di scarico consente una miglior dissipazione del calore della testa attraverso l’impianto di scarico, che è completamente nuovo e catalizzato.
Modificati infine l’albero motore e l’impianto di lubrificazione, che è dotato di una nuova pompa in grado di aumentarne la portata. Il radiatore del lubrificante si trova in posizione protetta dietro il cupolino, immediatamente sotto il faro.
Un’ultima modifica è data dall’eliminazione dello starter manuale, sostituito da un motorino elettrico passo-passo che, comandato dalla centralina elettronica, agisce sull’apertura della farfalla del sistema d’iniezione.
La ciclistica
E’ nella ciclistica che si nota più strettamente la parentela della Multistrada con la 996 Superbike. Pochi richiami subliminali e molta sostanza, come il telaio a traliccio, rifatto per l’occasione, ma seguendo il collaudatissimo schema di quello reso celebre dalle Ducati da corsa, o il forcellone oscillante della sospensione posteriore, monobraccio come quello della 996, anche se di diverso disegno, e dotato di un’aletta inferiore sulla quale esiste una feritoia studiata per facilitare il controllo della tensione della catena.
La forcella è la sofisticata Showa upside-down completamente regolabile nell’idraulica usata sulle 996, con corsa aumentata di 25 mm; il monoammortizzatore è un Ohlins completamente regolabile, inclusa la possibilità di registrare il precarico idraulicamente. Come sulle moto da corsa, anche sulla Multistrada sarà possibile regolare l’altezza di guida senza modificare il precarico dell’ammortizzatore, semplicemente intervenendo sulle articolazioni del sistema di azionamento progressivo della sospensione posteriore.
Le ruote hanno cerchi assai simili, nel disegno, a quelli delle 996, ma in realtà diversi e sulla ruota anteriore questa diversità è ben evidenziata dal montaggio dei dischi del freno direttamente sul cerchio senza l’interposizione della solita flangia. I dischi Brembo di 320 mm montano le stesse pinze delle 996; posteriormente il freno è stato maggiorato rispetto alla supersportiva, passando da un diametro di 220 mm ad uno di 245 mm.
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