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La Sachs torna in Italia

il 14/12/2000 in Moto & Scooter

Presentata a Bologna una gamma completa di moto che recano lo storico marchio tedesco, ora importato dalla Sidauto di Settimo Torinese

La Sachs torna in Italia
Sachs 125 XTC


di Luigi Rivola
, foto Rivola




Bologna - Il Motor Show 2000 è l’occasione scelta dalla Sidauto per riproporre in Italia una Casa motociclistica molto conosciuta in passato: la Sachs, che con questo marchio produceva ciclomotori e motoleggere, ma soprattutto ottimi motori a due tempi di cilindrata compresa fra 50 e 250 cc.

Le moto Sachs venivano prodotte nello stabilimento della Hercules di Norimberga, un’industria fondata nel 1886, che a sua volta costruiva moto di piccola e media cilindrata, tra cui un modello con motore Wankel.


Dopo un lungo periodo di crisi, la Hercules/Sachs torna sul mercato internazionale della moto, grazie alla partnership finanziaria di una Società olandese e presenta una completa gamma di motociclette con motori italiani e giapponesi.

Le motociclette Sachs sono distribuite in Italia dalla “iplus” (i+), rete distributiva organizzata e gestita dalla Sidauto, azienda importatrice in l’Italia, fino all’inizio del 2000, delle vetture Mazda e Saab.

Oltre alla Sachs, la Sidauto cura la distribuzione di veicoli di altre marche, come la HRD, che offre sportivissimi ciclomotori e motoleggere in configurazione strada e supermotard, la Italvel, che produce un ciclomotore elettrico, e le cinesi Adly Moto e East Point Corporation, costruttrici di moto e scooter da 50 a 150 cc.

Motor Show: novità e provocazioni naked

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La cilindrata 125, una volta protagonista del mercato nazionale della moto, da alcuni anni è in forte declino, almeno per quanto riguarda i veicoli destinati ai giovanissimi. Una ventata di novità viene dalla Sidauto con due proposte inedite per l’Italia, entrambe marcate Sachs.

La prima è la XTC 125, una sportivissima race-replica con motore monocilindrico a due tempi raffreddato a liquido e cambio a sei marce, che fornisce la potenza-limite (per la patente A1) di 11 kW (15 CV) a 8000 giri, sufficiente a consentirle una velocità massima di 120 km/h.

La ciclistica, in armonia con l’impostazione racing del veicolo, mostra un telaio a traliccio in tubi d’acciaio con forcella teleidraulica a foderi inferiori e steli di 41 mm, e sospensione posteriore monoammortizzatore; surdimensionato l’impianto frenante, con due dischi di 316 mm sulla ruota anteriore e un disco di 220 mm su quella posteriore. La moto è dotata di marmitta catalitica ed è in regola con le norme europee.




Agli amanti del genere cruiser, la Sachs propone invece la Roadster 125, con motore bicilindrico a V longitudinale a quattro tempi raffreddato ad aria (Yamaha).

Anziché le prestazioni (il motore ha 14 CV a 9000 giri) su questo modello sono state privilegiate la comodità e l’estetica, in modo da offrire una piccola motocicletta, valida per il diporto urbano, come per il turismo a medio raggio, che per aspetto e caratteristiche generali si richiami alle grosse cruiser che vanno per la maggiore sul mercato americano. Anche la Roadster 125, come la XTC, è equipaggiata con marmitta catalitica.

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La serie Roadster spazia su tre cilindrate: dalla 125, con motore bicilindrico Yamaha, alla 650, con motore monocilindrico Suzuki, alla 800 con motore bicilindrico, sempre Suzuki.

La 650 è una moto dalla non precisa identità, che punta tutto sulla razionalità della sua proposta e sull’eclettismo della sua formula. Si tratta infatti di una monocilindrica che mantiene nella ciclistica e nelle dotazioni di bordo la semplicità del suo motore, risultando una moto certamente economica, ma anche altamente efficiente, adatta sia per gli spostamenti quotidiani, sia per il turismo a larghi orizzonti.

Il collaudato e potente (50 CV) propulsore della Suzuki DR 650 è ospitato in un telaio a doppia culla continua con sospensione anteriore a forcella teleidraulica e posteriore a forcellone oscillante con due ammortizzatori simmetrici laterali. L’impianto frenante è a disco su entrambe le ruote.




La Roadster 800 è un’imponente ed elegante motocicletta un po’ cruiser, un po’ café racer. Elementi determinanti dell’estetica sono il grosso sellone (una volta tanto non a due piani), il voluminoso serbatoio dalle linee piacevolmente mosse, la robusta forcella a foderi inferiori e l’appariscente motore bicilindrico a V longitudinale che l’appassionato non fatica a riconoscere come quello della Suzuki Intruder.

Di forte impatto anche il sovradimensionato impianto frenante anteriore a doppio disco di 320 mm e il sistema di scarico con corti e aggressivi tromboncini.

Il motore è raffreddato a liquido ed ha la distribuzione a quattro valvole per cilindro. Eroga 58 CV, sufficienti a far raggiungere alla moto una velocità massima dichiarata di 175 km/h.

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Lascia un po’ perplessi il nome “cabriolet”, vezzoso e non certo leonino, per una grintosa supermotard, anche se di soli 125 cc.

A parte il nome, infatti, la moto ha le carte in regola per entusiasmare i fans della categoria emergente e più “cattiva” fra le “entrofuoristrada”.

Questa HRD, esteticamente assai riuscita, si fa notare anche per una ciclistica raffinata e per il motore 125 a quattro tempi, una volta tanto non un vecchio e riciclatissimo propulsore orientale, ma un moderno monoalbero raffreddato ad aria costruito in Italia dalla Franco Morini e dotato di cambio a sei rapporti.

La HRD, il cui marchio si fa risalire alla gloriosa Casa inglese che operava negli Anni ’20, e che nel 1951 costruiva la “Vincent-HRD” 1000, prima moto di serie ad aver sfiorato i 200 km/h, dopo una parentesi italiana è ora di proprietà francese e negli ultimi anni si è ben introdotta ed affermata sul mercato transalpino.

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