Attualità
Quando si fermerà la corsa a fare motori sempre più grossi?
Nel mondo moto sembra ormai una legge: le cilindrate aumentano sempre di più. Ma perché nel mondo auto succede il contrario? E soprattutto, è necessario questo aumento?
I tempi cambiano e le cilindrate crescono, sembra ormai una legge. Ai tempi delle supersportive, per motivi regolamentari le cubature erano cristallizzate: 600, 750 e 1000. Poi però soprattutto le Case europee hanno cambiato le regole, spostandosi verso moto di cilindrata sempre maggiore: una tendenza mai arrestata, specie quando si tratta di prodotti premium per i quali, come dicono gli americani, “size matters”, le dimensioni contano. Anche semplicemente in termini di immagine.
Insomma, i motivi per cui i motori hanno preso questa deriva “inflazionista” sono vari, sia tecnici che di marketing: per capire meglio pro e contro di questa tendenza, vediamo dunque le cose una alla volta.
Perché aumentare la cilindrata
Da che mondo è mondo, la cilindrata si aumenta per avere più prestazioni (più coppia, prima ancora che più potenza). Questo avviene oggi per tenere il passo di moto sempre più sofisticate, voluminose, accessoriate e pesanti, la cui ricca dotazione elettronica richiede assorbimenti crescenti di potenza elettrica da parte dell’alternatore e che, soprattutto, hanno motori sempre più “strangolati” dalle normative antiemissioni e antirumore, che si traducono in un calo netto del rendimento termodinamico a cui i progettisti potrebbero puntare.
È indispensabile aumentare la cilindrata per recuperare prestazioni? No, è possibile farlo in tanti modi diversi: innanzitutto con un motore più pregiato (il che spesso significa anche più delicato) in termini di componentistica, ovvero con maggior rapporto di compressione, tenute migliori, organi in movimento più leggeri, linea di alimentazione più efficiente, distribuzione più efficace. Sappiamo tutti che questa è una strada costosa; ancora di più costano le altre strade, ovvero le tecnologie a cui l’auto ha fatto ricorso negli ultimi anni, come la sovralimentazione e l’iniezione diretta per ottenere motori più piccoli ed efficienti (meno attriti, minori dispersioni termiche) senza perdere prestazioni. Quello che è stato chiamato “downsizing”, riduzione delle dimensioni.
Sulle moto nessuno ha mai fatto downsizing fino a fine 2023, quando Kawasaki ha presentato le sue Z 7 Hybrid e Ninja 7 Hybrid, in cui però non ha usato la sovralimentazione (che pure aveva già sviluppato per le H2) ma un powertrain ibrido, che ha permesso di spostare la curva di erogazione del suo twin 450 verso l’alto usando poi la parte elettrica per compensare la scarsa spinta ai bassi: le prestazioni complessive sono a livello di un 700, ma con accelerazione da 1000 e consumi da 400.
Il sovrapprezzo richiesto dalla tecnologia ibrida, purtroppo, è quantificabile in diverse migliaia di euro, mentre il costo industriale per realizzare un twin 700 anziché 450 sarebbe stato di poche decine di euro in più. Ecco perché anche le auto non hanno fatto “downsizing” (riduzione della cilindrata a potenza pari o crescente) finché non sono state costrette dalle normative: i consumatori non le avrebbero seguite. Lo stesso sembra valere per la moto: nessuno ha pensato di realizzare motori sovralimentati di piccola cilindrata, e il ricorso all’ibrido di Kawasaki si giustifica con alcuni vantaggi che l’aumento di cilindrata non può dare (su tutti la possibilità di percorrere qualche decina di km a emissioni zero).
La strada più semplice
In tutti gli altri casi, per recuperare prestazioni o offrire prestazioni superiori è più facile e meno costoso ricorrere a un aumento di cilindrata. L’esempio principe sono le moto di categoria “premium”, in particolare le moderne Adventure e Tourer. Questo genere di moto è stato il primo a imboccare la via delle alte cilindrate, già negli Anni 60 e 70 (dalle H-D Electra Glide alla Honda Goldwing e alle BMW boxer), per garantire tanta coppia anche ai bassi regimi per spingere agevolmente modelli grandi, pesanti e destinati ad essere molto caricati. In questo caso è importante che la moto offra una buona “riserva di potenza” per risultare più reattiva e poter viaggiare senza stressare il motore; anche in off-road, una bella spinta ai bassi può cavare d’impaccio in tante situazioni.
Non possiamo poi dimenticare il fattore “status”. Su praticamente tutti i modelli crossover, adventure e tourer (con l’eccezione di Ducati che si limita a riportare un V2 o V4) nel nome è sempre presente la cilindrata, e ovviamente più è alto il numero maggiore può essere il prestigio di chi guida quel modello: BMW, KTM, Triumph e ultimamente anche Honda e Yamaha ormai si confrontano anche sulla nomenclatura. Anche Ducati ha ceduto alla tentazione, chiamando Hypermotard 698 la sua recente monocilindrica la cui cilindrata sarebbe di “soli” 659 cc, probabilmente per avere un margine anche psicologico sulla KTM 690 SMC visto che il nome riporta la cilindrata ma non la potenza…
Una cilindrata maggiore è ancora percepita come segno di esclusività e superiorità tecnica, qualcosa che attira quei clienti disposti a pagare di più per avere il meglio: non è un caso se sempre più spesso all’uscita di un nuovo modello i clienti rivendano moto magari seminuove per sostituirle con l’ultima versione: la maggiore cubatura è una giustificazione psicologica più potente di qualunque riferimento a nuove tecnologie o a prestazioni superiori.
Azione e reazione
Il fatto che recuperare prestazioni aumentando la cilindrata sia “più facile” che farlo ricorrendo ad altre tecnologia non significa che sia facile in assoluto. Quando la cilindrata sale, infatti, nel motore può cambiare molto. Certo non accade se le modifiche sono piccole, ma se cresciamo del 5-10%, come ormai la norma quando si passa da una generazione di motore all’altra, il motore va rivisto a fondo: quasi sempre l’alesaggio, molto spesso la corsa e quindi l’imbiellaggio; ma anche l’alimentazione, la cassa filtro e non di rado, se le forze e coppie erogate crescono sensibilmente, la frizione e il cambio.
Non parliamo solo di “grandezza” delle forze in gioco, perché il cambiamento delle dimensioni del motore può far variare anche la direzione e il verso delle forze che agiscono all’interno del motore, perché magari è mutata la disposizione degli organi meccanici. Questo può determinare cambiamenti che in un sistema meccanico come la moto, in equilibrio instabile e in contatto diretto con chi la guida, possono alterare profondamente il feeling.
Per questo è bene non guardare solamente la cilindrata di una moto, ma anche le geometrie del motore, l’alimentazione, la fasatura di valvole e accensione, il cambio, la posizione dei vari organi meccanici, il loro peso e molto altro: tutto contribuisce al funzionamento e al feeling generale della moto. Detto questo, l’aumento di cilindrata non è sempre la soluzione per un cliente che vuole più potenza… ma resta comunque la strada più semplice.
Perché non farlo
Finora i modelli di grande (e di “più grande”) cilindrata hanno riscosso grande successo, per cui le Case, sempre trainate dai desideri del mercato, non hanno interesse a cambiare direzione, specie nel segmento premium che è quello che garantisce i margini più alti.
Ma eliminando il fattore economico per le case si possono evidenziare alcuni svantaggi della realizzazione di queste cubature. Innanzitutto, i consumi che sono tendenzialmente maggiori, non si parla certo del doppio grazie all’elettronica che aiuta parecchio nel mantenerli bassi, oltre alle soluzioni adottate come la fasatura variabile nel caso BMW o Ducati che elimina due dei quattro cilindri quando si viaggia a basse velocità, però è da tenere in considerazione.
Poi peso e ingombro, forse i fattori più determinanti del perché no. Un motore di alta cilindrata è più pesante e ingombrante; quindi, tutta la ciclistica farà altrettanto ed è vero che i marchi lavorano sodo per rendere la moto il più agile possibile ma l’aumento di massa è spesso inevitabile e soprattutto incide a basse velocità.
Riprendiamo il fattore economico ma dal lato dell’acquirente. Solo la realizzazione di questi motori è decisamente più costosa e quindi la riflessione sul prezzo finale della moto è obbligatoria. Per questo motivo le case devono realizzare qualcosa di sofisticato e al di sopra della media, in modo da giustificarne tutte le spese. Infatti, se non per qualche caso particolare, non capita mai che manchi l’elettronica o la qualità generale quando si parla di modelli di questo calibro.
E comunque l’inserimento di tecnologie sofisticate contribuisce nel rendere piacevole la moto. Bisogna ricordare che su di un qualsiasi veicolo è l’amalgama degli elementi che lo costituisce a renderlo piacevole; perciò, non basta prendere il top e mettere tutto assieme per ottenere il massimo.
Ma quindi è necessario?
In questo caso le risposte sono due. La prima è no. Alla fine, cosa serve avere tutta quella potenza sfruttata davvero poco nella vita di una moto e forse solo per fare qualche sorpasso? Lo abbiamo già detto che le stesse cose si possono fare con un modello di cilindrata minore, perciò rinunciando a qualcosa, a volte la potenza, a volte l’allestimento e altre alla qualità, si può fare davvero tutto con molto meno.
La seconda risposta è ovviamente sì. Fare concorrenza fa bene. Mentre le case lottano per avere i migliori sistemi, la qualità maggiore e il motore più grande, a mano a mano le tecnologie utilizzate tempo fa su quelli che erano modelli premium stanno arrivando anche sulle medie cilindrate. Quindi è importante per velocizzare l’avanzamento tecnologico. La sperimentazione di sistemi particolari potrebbe portare a grandi novità anche nelle due ruote e dettare standard di sicurezza, efficienza e qualità sempre maggiori a favore dei motociclisti.
È un discorso non nuovo per molti ma per qualcuno potrebbe non essere bene chiaro. Alla fine dei conti si tratta di far parlare di sé in una maniera particolare. Il marketing fa fino a un certo punto, i fatti sono sempre ciò che portano audience e di fatto anche noi rimaniamo sempre stupiti da questi valori di cubatura sempre in aumento e allo stesso tempo sbalorditi da quanto le case riescano a farli funzionare bene e vendere.
C’è chi inorridisce alla vista dei GS, Multistrada e KTM Adventure di grossa cilindrata, ma forse non ne hanno mai provato uno. Sicuramente rimane vero che i prezzi non siano di certo contenuti.
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