Attualità
Ecco com'è guidare in moto in India senza lasciarci le penne
Guidare in India tra strade malridotte, senza margini e infestate da un traffico intenso e caotico costringono ad alzare il livello di attenzione, anche se agli indiani sembra tutto nella norma
E pensare che credevo che Milano fosse una città caotica.
Mi è capitato spesso di guidare in altri Paesi in occasione di presentazioni di nuovi modelli di moto, anche se per lo più si è trattato di Stati europei. Ho visto diversi stili di guida, che si tratti di moto o auto ma soprattutto la cosa che noti di più quando ti allontani dall’Italia sono le differenze nel traffico. Non parlo della quantità di auto che trovi nelle tangenziali di Parigi o dell’assenza quasi totale tra i canali di Amsterdam, ma della diligenza di chi guida (che siano mezzi a quattro o due ruote).
Potrebbe non essere una novità per molti ma, per quanto mi riguarda, sembra che l’Italia sia uno dei paesi europei con il traffico più confusionario e frenetico.
Per questo parlo di Milano, città in cui passo la maggior parte del mio tempo. Conosco Roma e so quanto sia più caotica, per non parlare della difficoltà che ho avuto nel tentativo di comunicare a gesti negli incroci siciliani. Ma Milano fa un po’ un caso a sé, è densa di persone e cerca di essere ordinata, ma in realtà non lo è, mi sono solo abituato a guidare qui…
Ecco, adesso questo non lo penso più. Non credo che l’Italia abbia un traffico disordinato, questo perché sono stato in India.
E’ stata la mia prima volta in un Paese asiatico, non avevo idea di quanta fosse la differenza in termini di densità demografica.
Parto dall’inizio: il mio scopo era testare in anteprima la nuova Royal Enfield Himalayan sulle montagne dell’Himalaya: un’esperienza irripetibile. Anche (e soprattutto) perché sono partito da Mumbai.
In strada c'è sempre lo stesso sottofondo: non fai in tempo a salire a bordo di qualsiasi mezzo che circoli in strada che noti subito l’inquinamento generale dell’aria, costante, probabilmente dieci volte più alto di quanto vissuto a Milano non molto tempo fa. E i clacson… camminando per strada li senti di continuo. Solo passandoci abbastanza tempo, in India, riesci a non farci più caso. Ed ecco, proprio del caso clacson ne riparlerò più avanti. Perché in India è fondamentale che funzioni sempre, ed è anche più importante dell'impianto frenante nell'economia generale della sicurezza stradale.
IL BATTESIMO DEL FUOCO A MUMBAI
Lo scalo a Mumbai mi dà un piccolo assaggio del traffico; una quantità assurda di mezzi (perché non sono solo auto e moto) che si muovono apparentemente senza una logica dando l’impressione di dover fare un incidente ogni 10 metri di percorrenza. Tutto questo mi porta a ricordare solo una volta arrivati alla prima destinazione, Chandigar, che qui si guida dal lato sinistro della carreggiata. A Londra mi ha fatto effetto, qui hai molto altro da assimilare prima. Ed ecco il primo trasferimento in taxi. Sarà stata solo fortuna, ma in questo caso nulla di clamoroso: mi aspettavo di peggio in termini di sicurezza alla guida, visti i precedenti di Mumbai. Fa un po’ effetto la mancanza di una fine della carreggiata: sul lato sinistro della strada per lo più c’è terra ed è così quasi ovunque. Chandigar è meno affollata di Mumbai, ma i clacson continuano a fare da colonna sonora nel mio viaggio. Ultimo trasferimento a Manhali, ai piedi dell'Himalaya, e siamo pronti per salire in moto.STRADE ALLUVIONATE E INESISTENTI
Poco prima della mia partenza per l'India, a Manhali ci fu un disastro causato da un’alluvione che ha devastato le strade facendole in alcuni casi scomparire, ma a differenza dell’Italia, qui il traffico non viene fermato. Perciò tutti i mezzi continuano a circolare su queste strade praticamente inesistenti. E il primo giorno di test lo prendo per capire come funzionano le regole in strada. Da Manhali andiamo direttamente verso la catena dell’Himalaya ma passiamo comunque per i paesini. La guida a destra non è un grosso problema, anche perché siamo in gruppo; perciò, basta seguire e fare attenzione nelle partenze da fermo. Nelle strade, nonostante non siamo in città, c’è ancora tanto traffico e ancora non riesco a capire come si muova ma magicamente tutto fila senza alcun rischio di incidente, circa. E il fattore più incisivo sono i camion, sembrano dei mezzi militari italiani degli anni ’70 ma con vetri talmente piccoli da non vedere chi stia guidando. Ecco, loro si muovono quasi come delle auto ma sembrano molto confidenti nel farlo.LA STRADA PIU'PERICOLOSA DEL MONDO
Ciò che non sapevo è che, una volta arrivati sull’Himalaya (luogo dal fascino difficile da descrivere a chi non lo ha mai visto) saremmo andati incontro a una delle strade considerate tra le più pericolose al mondo. Detta così sembra che abbiamo attraversato una di quelle strade sulle pareti delle montagne, larghe quanto una piccola auto. Non è così, ma effettivamente i presupposti non sono dei migliori. Il traffico è minore ma le strade sono strette, dissestate, a tratti sterrate e tappezzati di questi cartelli di BRO (Border Road Organization) con particolari frasi, a volte in rima, che ti ricordano di andare piano. Un esempio: “After Whisky driving risky”. E così per tutto il viaggio. Inizi su strade ben asfaltate con alcune belle curve, altre un po' meno; cieche, strette o a gomito. Per poi finire in un misto tra ghiaia, buche e rischi dietro ogni angolo. La cosa strana è che sembra tutto così normale, percepisci il rischio in alcuni tratti ma per la maggior parte del tempo è l'abitudine che prende il sopravvento. Se continui a guidare su strade dissentate dopo un po' ti costringi a guidare sull'attenti, perciò diventa solo costanza. Per dare un'idea, è come guidare sui passi di montagna italiani ma con strade decisamente più rotte, perciò basta mantenere lo stesso livello di attenzione togliendo un filo di gas e, con un po' di esperienza sulle spalle, vai senza problemi. Il fatto di sapere solo dopo il viaggio che quella fosse una delle strade più pericolose non mi ha fatto rendere davvero conto al tempo di quanto fosse effettivamente rischiosa, soprattutto perché ero influenzato dalle condizioni delle strade colpite dall’alluvione che non erano molto differenti in termini di devastazione. Forse nel tratto finale di strada, in cui ti trovi su questa strada bianca piena di massi a bordo di un dirupo senza barriere mi ha fatto riflettere un po’. In moto non era difficile da percorrere, era abbastanza larga, ma effettivamente sbagliare la posizione dello pneumatico avrebbe potuto giocare un brutto scherzo.IL CLACSON? SERVE PER SOPRAVVIVERE
in realtà tra le montagne non sei "assalito" dal traffico, e alla fine è il traffico a rendere l'India così particolare. Al ritorno dalla montagna, infatti, rientriamo in quella bolla di clacson e caos dei piccoli paesi, ma adesso la confusione inizia a prendere forma. Non vale esattamente "la legge del più grosso" e se passi con decisione nessuno si innervosisce. Sarà perchè nessuno segue pienamente le regole, però mi manca ancora un pezzo del puzzle per capire tutto il meccanismo. Finché non leggo una scritta dietro ai camion prima citati: “Blow Horn”. E lo vedo su tutti, così capisco. Il fatto di avere finestrini così piccoli non permette per davvero ai camionisti di vedere, i loro punti ciechi sono molti di più rispetto ai camion tradizionali europei, perciò sono loro a chiederti di suonare per "farti vedere" e questa cosa si amplia poi a tutti i mezzi. Al posto di avere quel significato quasi di rabbia che c’è intrinseco nei clacson italiani, in India lo usano per dirsi che qualcuno sta passando e, nello specifico, da che lato. E da qui il mio pollice sinistro si inchioda sul pulsante del clacson per il resto del viaggio. Apparentemente quindi un traffico disordinato e caotico ma che trova un senso dopo un po’ che lo vivi. Con questo non dico che sia sicuro ma, se non ti adegui, rischi di essere tu quello più in pericolo.
E per non farci mancare la ciliegina sulla torta, dopo un altro giorno di guida dell’Himalayan su strade questa volta più simili a quelle di montagna italiane, non possono mancare 8 ore di taxi per tornare a Chandigar e iniziare il nostro viaggio di ritorno.
Questa volta c’è da avere paura, il nostro driver sembra sicuro di sé ma le strade accidentate, il traffico intenso sulle strade di montagna, le mucche che bloccano il percorso (ovviamente intoccabili) e i precipizi ti tengono sempre all'erta, persino sul sedile del passeggero. Superata quell’Odissea, di circa 3 ore, arriviamo per la prima volta in quella che sembra un’autostrada, ma anche qui la carreggiata non ha limiti, tutti guidano dove vogliono, camion compresi, e in più ci sono delle piccole moto che trasportano paglia con il volume di una balla di fieno, a volte in contromano. A questo punto quasi mi faccio andare giù tutto ma mai avrei pensato di trovare una situazione così lontana da quella occidentale.
Alla fine noi ce ne andiamo e rimango dell’idea che in una grande città la situazione possa anche essere peggiore data la quantità di popolazione, ma non l’ho vissuta davvero. Magari in alcune il traffico è più occidentalizzato, anche se lo credo poco.
Rimane il fatto che l’India non è un Paese per principianti e infatti mi chiedo come si possa imparare a guidare su quelle strade senza avere timore. Magari anche per loro vale la regola dell’abitudine. Chissà cosa pensano del traffico italiano...